Teoria dei Sistemi di Trasporto Tematica 5: Introduzione alla teoria delle scelte discrete.

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Teoria dei Sistemi di Trasporto Tematica 5: Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Si applica anche (soprattutto?) a contesti di scelta diversi da quello trasportistico Ipotesi di potere rappresentare i risultati delle scelte effettuate da un decisore Il contesto di scelta viene simulato con un numero discreto (e finito) di alternative di scelta L'analista è in grado di applicare un paradigma formale di scelta che simula il comportamento decisionale  è uno strumento proprio dell'analista e non del decisore  non è necessariamente la riproduzione dei meccanismi individuali “psicologici” e dei processi mentali del decisore Dà luogo a modelli intrinsecamente non descrittivi

Comportamento razionale del decisore  il decisore conosce tutte le alternative dell'insieme di scelta  associa ad ognuna di esse una quantità scalare (modelli monocriterio) che è un indicatore della utilità della alternativa  scegli l'alternativa per cui l'indicatore di utilità attinge il valore massimo Introduzione alla teoria delle scelte discrete

I = insieme di scelta, insieme di tutte le alternative percepite dal decisore; j = generica alternativa di scelta; j  I U j = utilità percepita (variabile aleatoria)  V j = E[U j ]  U j = V j +  j con  j  v.a  V j = utilità sistematica associata nel paradigma formale di comportamento alla generica alternativa   j = dispersione aleatoria dell'utilità percepita rispetto al suo valore medio. Introduzione alla teoria delle scelte discrete

U = [U 1 … U j … U n ] T V = [V 1 … V j … V n ] T  = [  1 …  j …  n ] T  U = V +  V = E[U]  v.a.m. (f(  ), F(  ))  f(  ) e F(  ) funzione di densità di probabilità congiunta e funzione di distribuzione congiunta del vettore aleatorio  Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Le utilità di scelta, in genere, non riescono ad essere direttamente osservate dall'analista Possano essere espresse in funzione di altre grandezze che riescono a “spiegare” le utilità  attributi di scelta U j = V j (X j1, … X jk, … X jm ) +  j = V j (X j )+  j  U = V(X) +   Gli attributi di scelta influenzano solo la parte sistematica (modelli additivi)  f(  /V) = f(  )  E n Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Impossibile dire quando una variabile aleatoria è maggiore di un’altra Possibile dire quale è la probabilità che una variabile aleatoria sia maggiore di un’altra Esempio   1 e  2 indipendenti Introduzione alla teoria delle scelte discrete A 1 →  1 = - 3B 1 →  2 = - 2 A 2 →  1 = - 1B 2 →  2 = 0 A 3 →  1 = + 1B 3 →  2 = +2 A 4 →  1 = + 3 Tutti gli eventi sono disgiunti (elementari) Gli eventi A e gli eventi B sono indipendenti /4 1/3 11 22

Probabilità che una utilità aleatoria sia maggiore di un’altra   j  I p(j) = Prob[ U j = max h  I (U h ) ]   j  I p(j) = Prob[ U j > U h,  h  I, j≠h]   j  I p(j) = Prob[ V j - V h >  h -  j,  h  I, j≠h]   j  I p(j) = Prob[  h < (V j - V h ) +  j,  h  I, j≠h] . Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Perché un modello di scelta discreta discreta sia “ben posto” è necessario che: Prob[U i =U j ]=0  i,j con i≠j In caso contrario, il modello potrebbe essere indeterminato

V = V X (X)+COST La utilità si esprime in “util” (adimensionale) I coefficienti di omogeneizzazione hanno unità misura pari all’inverso dell’attributo che moltiplicano Sono anche detti parametri di reciproca sostituzione  Esempio: Moltiplicando  t /  c per un tempo si ottiene un costo Moltiplicando  c /  t per un costo si ottiene un tempo   t /  c =VOT Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Attributi generici ed attributi specifici  Alternativa 1 Moto da strada, cilindrata 900cc, costo ,00 €, lunghezza 1.80mt.;  Alternativa 2 Scooter da città, cilindrata 250 cc, costo 6.000,00 €, lunghezza 1.45mt.;  Alternativa 3 Moto Custom, cilindrata 883cc, costo ,00 €, lunghezza 2.35mt Introduzione alla teoria delle scelte discrete

V=E[U] CSA j = E[U j ] – V j X (X j )  j  I  Spiegano la parte di utilità non spiegata dagli attributi di scelta  Rappresentano una utilità “per se” di una alternativa A parità di utilità sistematica dipendente dagli attributi  Preferenze portate in conto dalle CSA  Permettono di essere sicuri che il residuo aleatorio sia a media nulla anche in presenza di errori di specificazione della parte di utilità sistematica dipendente dagli attributi Le utilità aleatorie non sono osservabile  non è possibile stimare l’utilità sistematica come media  l’utilità sistematica viene direttamente scritta in funzione degli attributi di scelta Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Tecnica macchinosa per associare alle CSA degli attributi I CSA sono trattati alla stregua dei   V 1 = V 1 X + CSA 1 ASA 1  V 2 = V 2 X + CSA 2 ASA 2  V 3 = V 3 X Lo trovo macchinoso  Preferisco che le CSA siano viste come la parte costante (indipendente dagli attributi di costo) della utilità sistematica Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Modelli invarianti  le probabilità di scelta stimate dal modello sono invarianti rispetto alla aggiunta all'utilità sistematica di tutte le alternative di una stessa quantità costante V 2 = V 1 + V 0 1 p(j/V 1 ) = Prob[  h < (V j - V h ) +  j,  h  I, j≠h] p(j/(V 2 =V 1 +V 0 1)) = Prob[  h <(V j +V 0 -V h –V 0 )+  j,  h  I, j≠h]

Motivi di aleatorietà  Gli attributi che spiegano la utilità sistematica sono in realtà variabili aleatorie La utilità sistematica è una media  occorre utilizzare la media degli attributi La dispersione degli attributi attorno alla loro media va a finire (in maniera aggregata) in   Gli attributi vengono misurati Tutte le misure sono affette da errori aleatori  Vi è una intrinseca dispersione dei comportamenti nel tempo anche di un singolo decisore  Un modello aleatorio è più profondo di un modello deterministico Paradosso dell’asino di Buridano Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Un modello deterministico non rispetta sempre la condizione che: Prob[U i =U j ]=0  i,j con i≠j Infatti utilità percepite e utilità sistematiche coincidono  Basta che due alternative abbiano la stessa utilità sistematica perché abbiano anche la stessa utilità percepita  Esempio: V 1 =10, V 2 =10… quale è quella di massima utilità? Quale è quella scelta? Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Modelli aleatori ma “mal posti” (ad esempio, modelli con utilità percepite discrete) possono essere anche essi indeterminati U 1 = V 1 +  1,U 2 = V 2 +  2, V 1 = V 2,  1 e  2 indipendenti Introduzione alla teoria delle scelte discrete A 1 →  1 = - 3B 1 →  2 = - 3 A 2 →  1 = - 2B 2 →  2 = - 2 A 3 →  1 = - 1B 3 →  2 = 2 A 4 →  1 = 1B 4 →  2 = 1 A 5 →  1 = 2 A 6 →  1 = 3 Tutti gli eventi sono disgiunti (elementari) Gli eventi A e gli eventi B sono indipendenti

Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Il modello Logit-multimomiale Introduzione alla teoria delle scelte discrete .. ..  è la costante di Eulero (pari a circa 0.577) è il parametro caratteristico della distribuzione  diverse forme della distribuzione di Gumble possono essere ottenute al variare del valore Varianza del generico elemento  j

Nei modelli logit-multinomiale tutte le componenti del vettore di dispersione sono i.i.d. Introduzione alla teoria delle scelte discrete

La probabilità può essere facilmente calcolata in forma chiusa Introduzione alla teoria delle scelte discrete  La definizione di invarianza è facilmente verificabile … Una delle utilità sistematiche può essere presa a riferimento Il modello è sensibile alle differenze di utilità

(perché modello invariante)  Le ipotesi di invarianza e di indipendenza delle componenti del vettore aleatorio danno luogo alla proprietà di indipendenza dalle alternative irrilevanti Introduzione alla teoria delle scelte discrete

Indipendenza dalle alternative irrilevanti Introduzione alla teoria delle scelte discrete Esempi  Quote di mercato telefonia mobile  Linea di bus (blu/arancione)  Percorsi fortemente sovrapposti Definizione IIA  Indipendenza debole  Indipendenza forte

Modello Nested-Logit  Costruzione dell’albero delle alternative (albero delle scelte) Alternative correlate vengono raggruppate all’interno della stessa alternativa composta (cesto/gruppo) Introduzione alla teoria delle scelte discrete R, 0 A, A B, B 1, V 1 2, V 2 3, V 3 4, V 4  Ad ogni livello di scelta si ipotizza un logit-multinomiale (con parametri diversi)  Per il calcolo delle probabilità si applica la regola delle probabilità condizionate La probabilità di scelta congiunta del gruppo e della alternativa è data dal prodotto di probabilità di scelta della alternativa condizionata al gruppo e probabilità di scelta del gruppo  p(1) = p(1  A) = p(1/A) p(A)  p(2) = p(2  A) = p(2/A) p(A)  p(3) = p(3  B) = p(3/B) p(B)  p(4) = p(4  B) = p(4/B) p(B)

Ipotesi: il massimo delle utilità contenute nel gruppo determina la utilità del gruppo Introduzione alla teoria delle scelte discrete R, 0 A, A B, B 1, V 1 2, V 2 3, V 3 4, V 4 Il massimo di Gumble di dato parametro è una Gumble con lo stesso parametro (stabilità alla massimizzazione)

η k (indipendente da τ k ) necessario per riportare a congruenza ε k Introduzione alla teoria delle scelte discrete R, 0 A, A B, B 1, V 1 2, V 2 3, V 3 4, V 4 I residui aleatori che si incontrano percorrendo l’albero verso l’alternativa elementare sono: η k τj/ k (indipendente da η k ) Probabilità di scelta dei gruppi

Introduzione alla teoria delle scelte discrete R, 0 A, A B, B 1, V 1 2, V 2 3, V 3 4, V 4 Se j ed h appartengono allo stesso gruppo Altrimenti Nel modello completo, dunque, le alternative non sono indipendenti e la loro correlazione è stata indotta proprio dalla gerarchizzazione dei livelli di scelta:  Alternative aventi in comune una alternativa composta  Alternative correlate Si può dimostrare che

Introduzione alla teoria delle scelte discrete 0 A B V1V1 V2V2 V3V3 V4V4 0 A, v A B, v B v 1/A v 2/A v 3/B v 4/B (modello invariante)

Introduzione alla teoria delle scelte discrete Esempi di Modelli Nested-Logit “notevoli” Caso 1 0 =1,0; A =1,0; B =1,0; v A =0,2; v B =0,3; v 1/A =0,4; v 2/A =0,4 v 3/B =0,3; v 4/B =0,3 p(1)= 0.25p(2)= 0.25p(3)= 0.25p(4)= 0.25 Caso 2 0 =1,5; A =0,8; B =0,8; v A =0,6; v B =0,6; v 1/A =0,2; v 2/A =0,2 v 3/B =0,2; v 4/B =0,2 p(1)= 0.25p(2)=0.25p(3)=0.25p(4)=0.25 Caso 3 0 =0,5; A =0,0; B =0,0; v A =0,3; v B =0,2; v 1/A =0,3; v 2/A =0,4 v 3/B =0,5; v 4/B =0,4 p(1)= 0.0p(2)= 0.5p(3)= 0.5p(4)= 0.0

Introduzione alla teoria delle scelte discrete Modello Nested Logit a più livelli Una qualsiasi covarianza si ottiene risalendo al primo “nodo” comune alle alternative per cui la si sta calcolando

Introduzione alla teoria delle scelte discrete Modello Probit Il modello Probit permette di trattare matrici di dispersione (varianza-covarianza) qualsiasi (purché semi-definite positive) È basato sulla ipotesi che il residuo aleatorio sia distribuito secondo una variabile normale multivariata  MVN(0,   ) Di media nulla (per definizione) E[  ]=0 Di matrice di dispersione   qualsiasi Non è nota una soluzione dell’integrale multiplo che serve per il calcolo della probabilità nel caso di normale multivariata

Introduzione alla teoria delle scelte discrete Risoluzione del Modello Probit Il modello può essere risolto in via numerica Il metodo più utilizzato è il cosiddetto «algoritmo Montecarlo» Si suppone sia disponibile un «realizzatore» della variabile aleatoria normale multinomiale Cioè uno strumento in grado di generare un campione di valore distribuiti come la variabile aleatoria considerata R  : {R(1), R(2), …, R(k), …, R(m)}  MVN(0,   ) Si eseguono m realizzazioni di  utilizzando R  A queste corrispondono m realizzazioni di U (le V sono note e fisse) Per ognuna di tali realizzazioni si verifica quale alternativa sia di massima utilità percepita realizzata Si indica con m j il numero di volte in cui l’alternativa j sia quella di massina utilità percepita realizzata Si stima la probabilità di scelta