Transizioni di fase Una sostanza può esistere in tre stati fisici:

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Transcript della presentazione:

Transizioni di fase Una sostanza può esistere in tre stati fisici: solido liquido gassoso Il processo in cui una sostanza passa da uno stato fisico ad un altro è noto come transizione di fase o cambiamento di stato Vi sono sei possibili tipi di transizione di fase: solido  liquido fusione solido  gas sublimazione liquido  solido congelamento o solidificazione liquido  gas evaporazione gas  liquido condensazione o liquefazione gas  solido condensazione o deposizione (brinamento) Scrittura in formule: H2O (s)  H2O (l) fusione H2O (l)  H2O (g) evaporazione H2O (s)  H2O (g) sublimazione . . . . . . . . .

Tensione di vapore I liquidi ed alcuni solidi (quelli molecolari) subiscono un processo continuo di evaporazione. Le molecola sono trattenute nel corpo del liquido da una forza netta di attrazione verso l’interno. Le molecole con maggiore energia cinetica possono però sfuggire dalla superfice.

Le molecole possono sia sfuggire dalla superfice del liquido verso il vapore che ricondensare dal vapore verso la superfice del liquido.

Parte delle molecole del liquido –quelle con energia cinetica maggiore- tenderanno a sfuggire dalla superficie del liquido per cui nello spazio sovrastante il liquido si forma del vapore. Se il liquido è lasciato in un recipiente aperto col tempo evaporerà completamente. Diverso è il comportamento in un recipiente chiuso Consideriamo un liquido in un recipiente chiuso in cui sia stato fatto il vuoto (per evitare interferenze con altre molecole di gas)

La pressione parziale del vapore sovrastante il liquido aumenta progressivamente e con essa aumenta il numero di molecole presenti in fase vapore e, allo stesso tempo, la probabilità che molecole del vapore collidano con la superficie del liquido e ricondensino in fase liquida. Quando la velocità di condensazione diventa uguale alla velocità di evaporazione si raggiunge uno stato di equilibrio dinamico. liquido vapore

La pressione parziale esercitata dal vapore in condizioni di equilibrio con il suo liquido è chiamata tensione di vapore. Lo stato di equilibrio è una funzione di stato: non dipende dalla forma del recipiente, dalla quantità di liquido, ecc. La tensione di vapore di una sostanza dipende dalla temperatura. Al crescere della temperatura aumenta l’energia cinetica molecolare e quindi la tendenza delle molecole a sfuggire dal liquido. Di conseguenza la tensione di vapore aumenta all’aumentare della temperatura.

Misura della tensione di vapore F f f f f f f F f f f f f f f f f f f f f f f

Un liquido (o un solido) è detto volatile se ha una elevata tensione di vapore a temperatura ambiente. Si chiama punto di ebollizione: la temperatura alla quale la tensione di vapore del liquido uguaglia la pressione esterna (pressione atmosferica). Il punto di ebollizione dipende dalla pressione esterna. Ad esempio l’acqua bolle a 100°C ad 1 atm ma a 95°C a 0,83 atm. Il punto di ebollizione normale di un liquido è il punto di ebollizione alla pressione esterna di 1 atmosfera.

Si chiama punto di solidificazione o di congelamento la temperatura alla quale un liquido si trasforma in un solido cristallino. Si chiama punto di fusione la temperatura alla quale un solido cristallino si trasforma in un liquido. Punto di congelamento e punto di fusione coincidono e corrispondono alle temperatura alla quale solido e liquido sono in equilibrio dinamico fra di loro: solido liquido Contrariamente al punto di ebollizione il punto di fusione varia molto poco con la pressione. Sia il punto di fusione che quello di ebollizione sono caratteristici di una data sostanza.

Calore nelle transizioni di fase Una qualsiasi transizione di fase implica liberazione o assorbimento di energia sotto forma di calore. In particolare è richiesto calore per: far fondere un solido (fusione) far evaporare un liquido (evaporazione) far evaporare un solido (sublimazione) Ovvero questi processi fisici sono endotermici (H>0). Al contrario i processi inversi sono esotermici (H<0) e producono la stessa quantità di calore.

Riassunto relazione tra calore e transizioni di fase

Schema delle variazioni di entalpia nelle transizioni di fase Lo scambio di calore durante la transizione di fase fa sì che la temperatura della sostanza rimanga costante

Infatti, riscaldando una sostanza - sia essa solida, liquida o gassosa - il calore fornito provoca un aumento della temperatura secondo la ben nota relazione: q = m x C x T calore = massa x calore specifico x variazione temperatura Durante la transizione di fase nel verso solido  liquido  gas, invece, il calore fornito serve per separare le molecole e la temperatura rimane costante fino a che tutta la sostanza non è passata alla fase successiva. Raffreddando una sostanza il calore viene sottratto e la temperatura diminuisce ma rimane costante durante una transizione di fase nel verso gas  liquido  solido Durante una transizione di fase permane una situazione di equilibrio, fin tanto che siano presenti entrambe le fasi, e la temperatura si mantiene costante

Acqua t=100,0°C Acqua t=0,0°C

Esempio: H2O (s) H2O(l) Hfus=6,01 KJ/mol H2O (l) H2O(g) Hvap=40,7 KJ/mol H2O (s) H2O(g) Hsub=46,7 KJ/mol Osservazioni: Hvap >> Hfus poiché la fusione richiede la perdita della struttura ordinata del solido ma non un allontanamento delle molecole come invece avviene nell’evaporazione. Hsub = Hvap + Hfus come facilmente dimostrabile applicando la legge di Hess. Per i tre processi endotermici il calore è necessario per vincere le forze di attrazione fra le molecole.

Equazione di Clausius-Clapeyron Abbiamo già osservato in precedenza che la tensione di vapore aumenta al crescere della temperatura. E’ stato osservato che la dipendenza dalla temperatura della tensione di vapore di un liquido o di un solido è data da: in cui A e B sono costanti positive. Questa relazione implica che se riportiamo log P in ordinata contro 1/T in ascissa si ottiene una retta con pendenza -A

Una rigorosa dimostrazione termodinamica mostra che A è proporzionale all’entalpia di evaporazione del liquido Hvap ( di sublimazione Hsub per un solido) e permette di scrivere la seguente relazione nota come equazione di Clausius-Clapeyron Esplicitando rispetto alla tensione di vapore si ha: che mostra come P aumenta esponenzialmente con la temperatura

DIAGRAMMI DI FASE E’ possibile costruire un grafico pressione-temperatura in cui ogni punto del grafico rappresenta uno stato (fase o equilibrio di fase) in cui può trovarsi una sostanza. Tale rappresentazione grafica viene detta diagramma di fase e fornisce le condizioni di temperatura e pressione alle quali una sostanza esiste come solido, liquido o gas, o come due o tre di queste fasi in equilibrio tra loro. Un diagramma di fase consiste di un grafico pressione temperatura e per la maggior parte delle sostanze è costituito da 3 curve

L S V Diagramma di stato dell’acqua C D pressione A B temperatura Temperature di fusione D L S Tensione di vapore del liquido A B V Tensione di vapore del solido

Diagramma di stato dell’acqua pressione temperatura LIQUIDO 1,00 atm 0°C 100°C SOLIDO GAS

Le tre curve dividono il diagramma in tre regioni in cui è stabile lo stato specificato. Ogni punto su ciascuna delle curve corrisponde a valori di pressione e temperatura ai quali i due stati confinanti sono in equilibrio fra di loro. AD liquido gas AC solido liquido AB solido gas La curva AD è la curva della tensione di vapore della sostanza liquida in funzione della temperatura (evapor.) La curva AB è la curva della tensione di vapore della sostanza solida in funzione della temperatura (sublimaz.) La curva AC rappresenta l’effetto della pressione sul punto di fusione della sostanza: essendo questo molto poco influenzato dalla pressione, la curva AC è quasi verticale.

Se il liquido è più denso del solido (come accade per l’acqua) il punto di fusione diminuisce al crescere della pressione (il solido fonde più facilmente a pressioni maggiori) e la curva AC ha pendenza negativa.

Se il liquido è meno denso del solido (come accade in quasi tutti i casi) il punto di fusione aumenta al crescere della pressione (il solido fonde più facilmente a pressioni minori) e la curva AC ha pendenza positiva.

Le tre curve si incrociano in A detto punto triplo e corrisponde al valore di temperatura e pressione in corrispondenza al quale le tre fasi esistono in equilibrio fra di loro. Per l’acqua esso è a 0,01°C e 4,6 mmHg Per la CO2 esso è a –56,7°C e 5,1 atm Il punto triplo è caratteristico di ogni sostanza

Nel diagramma di fase, il riscaldamento della sostanza ad una certa pressione può essere seguito con uno spostamento verso destra lungo una linea orizzontale, mentre l’aumento di pressione ad una certa temperatura può essere seguito con uno spostamento lungo una linea verticale. Ciò permette di determinare le transizioni di fase possibili a quella pressione o a quella temperatura data e a quale temperatura o pressione avvengano approssimativamente Consideriamo ad esempio il diagramma di fase di CO2.

Diagramma di stato di CO2 Se riscaldiamo CO2 solida a 1,0 atm (minore della P del punto triplo 5,1 atm) si incontra solo la curva di sublimazione e quindi a pressione atmosferica il solido sublima senza prima fondere (ghiaccio secco). SOLIDO pressione LIQUIDO 5,1 atm GAS 1,0 atm -78°C -57°C temperatura

Diagramma di stato di CO2 Se invece la CO2 solida è riscaldata a pressione maggiore di 5,1 atm, es. a 10,0 atm, si incontra prima la curva di fusione e poi quella di evaporazione. Quindi il solido prima fonde e poi evapora. pressione SOLIDO LIQUIDO 10,0 atm 5,1 atm GAS -57°C temperatura

Diagramma di stato di CO2 Se la CO2 gassosa è compressa a temperatura costante maggiore di –57°C, si incontra solo la curva di liquefazione, mentre a temperature minori di –57°C i incontra solo la curva di brinamento SOLIDO LIQUIDO pressione 5,1 atm GAS -57°C temperatura

Per l’acqua il cui punto triplo è a 4,6 mmHg, a pressione atmosferica (760 mmHg) in seguito a riscaldamento si ha prima fusione e poi evaporazione

La curva di equilibrio liquido-gas termina in un punto detto punto critico (C in figura) caratterizzato da una temperatura critica TC ed una pressione critica PC. La temperatura critica è quella temperatura al di sopra della quale una sostanza non può più esistere allo stato liquido. La pressione critica è la tensione di vapore della sostanza alla temperatura critica.

Sperimentalmente la temperatura critica corrisponde al valore in cui scompare il menisco di separazione fra la fase liquida e la fase gassosa in un recipiente chiuso. Circa 10°C sotto TC Circa 1°C sotto TC Temperatura critica Molti gas hanno una temperatura critica bassa e non possono essere liquefatti per semplice compressione a temperatura ambiente. Ad esempio N2 ha TC = -147°C

Esempio di diagramma di stato per un sostanza con più fasi solide

FORZE INTERMOLECOLARI Per un gas quale il neon che non forma legami chimici, sarebbe logico attendersi che rimanga gassoso a qualsiasi temperatura. In realtà il neon liquefa a 1 atm a –246°C con un calore di evaporazione pari a 1,77 kJ/mol e a temperature più basse può persino solidificare. Per qualsiasi sostanza il comportamento microscopico nelle transizioni di fase può essere schematizzato:

BE(Cl-Cl)=240 kJ/mol E(Cl2----Cl2)=3,0 kJ/mol La formazione degli stati solido e liquido per qualsiasi sostanza suggerisce che tra le molecole o atomi di tale sostanza debbano esistere forze molecolari anche se, come nel caso degli atomi di Ne , molto deboli. Queste deboli forze attrattive, generalmente chiamate forze intermolecolari, si esercitano tra gli atomi o tra le molecole di un composto. Le corrispondenti energie di attrazione sono molto inferiori alle energie di legame che legano fra loro gli atomi di una molecola. Ad esempio per l’energia di attrazione fra molecole di cloro è molto inferiore all’energia di legame fra i due atomi nella molecola di cloro stessa   BE(Cl-Cl)=240 kJ/mol E(Cl2----Cl2)=3,0 kJ/mol Le forze intermolecolari sono però molto importanti perchè sono quelle che permettono la formazione dei liquidi e di alcuni tipi di solidi.

Si hanno tre tipi di forze attrattive fra molecole neutre: Forze dipolo-dipolo, Forze di London o di dispersione, Legame a idrogeno. Le forze dipolo-dipolo e quelle di London sono genericamente chiamate forze di van der Waals Forze dipolo-dipolo 0.1-10 kJ/mol   Forze elettrostatiche che si esercitano fra molecole con un momento di dipolo, cioè che presentano cariche parziali, es: H-Cl d+ d- In una sostanza polare le molecole hanno momenti dipolari permanenti, per cui tendono ad allinearsi con l’estremità positiva di un dipolo diretta verso l’estremità negativa del dipolo vicino.

Forze di London o di dispersione 0.1-10 kJ/mol   Forze elettrostatiche fra dipoli istantanei presentano cariche parziali, dovute alla distribuzione non uniforme nel tempo della densità elettronica attorno ai nuclei. Sono le uniche possibili nel caso di molecole non polari. Anche per le molecole non polari esiste una probabilità che in un certo istante gli elettroni si concentrino casualmente in una parte di un atomo o di una molecola. Di conseguenza è possibile lo spostamento di elettroni in un altro atomo o molecola vicini per produrre un altro dipolo per induzione. Queste forze crescono all’aumentare della massa molecolare (più elettroni) e dipendono anche dalla forma molecolare (maggiori in molecole più allungate e meno simmetriche).

Legame ad idrogeno 10-40 kJ/mol   Forza di attrazione debole fra un atomo di idrogeno legato covalentemente ad un atomo molto elettronegativo X e un doppietto solitario su un secondo atomo elettronegativo Y adiacente: XH-----:Y In genere possono dare legami a idrogeno idrogeni legati a fluoro, ossigeno, azoto, ecc. Formano in particolare legami idrogeno molto forti HF e H2O La formazione del legame idrogeno spiega perché composti apparentemente simili possono avere punti di ebollizione molto diversi. Es: CH3F -78°C CH3OH 65°C Legame a idrogeno in HF

Il legame a idrogeno nell’acqua   L’acqua è la sostanza più comune in cui è presente il legame a idrogeno. Una molecola di acqua è legata da legami a idrogeno ad altre quattro secondo una disposizione tetraedrica.

Proprietà legate alle forze di Van der Waals Le forze di van der Waals sono responsabili del calore di vaporizzazione della maggior parte dei liquidi e dei solidi molecolari Maggiori sono le forze intermolecolari:   - maggiore è il H di vaporizzazione (più energia per separare le molecole) - minore è la tensione di vapore - maggiore è la temperatura di ebollizione Le forze di van der Waals aumentano con la massa molecolare: più elettroni ci sono e più sono lontani dal nucleo, e più è facile deformare la distribuzione elettronica. I punti di ebollizione aumentano quindi con la massa molare.

L’aumento dei punti di ebollizione con la massa molare ha un’importante eccezione per i liquidi in cui si formano legami idrogeno che sono molto più forti delle forze di Van der Waals, quali H2O, HF, NH3 , per i quali i punti di ebollizione sono più alti di quelli previsti sulla base della loro massa molare. Ad esempio per gli idruri degli elementi del sesto gruppo il punto di ebollizione aumenta generalmente con la massa dell’elemento con l’eccezione dell’idruro del primo elemento del gruppo, l’acqua che è l’unica molecola della serie per la quale si formano legami idrogeno: H2O H2S H2Se H2Te +100 oC -60 oC -50 oC -10 oC Situazione analoga si riscontra per gli idruri dei gruppi V e VII in cui gli idruri dei primi elementi, NH3 e HF , formano legami idrogeno.

Tutto regolare invece per il gruppo IV per il quale il primo elemento, il C, non è abbastanza elettronegativo da formare legami idrogeno

STATI DELLA MATERIA: LIQUIDI Studiando i gas si è visto che: a pressioni elevate e basse temperature le forze intermolecolari provocano una deviazione dei gas dal comportamento ideale. Quando queste forze sono sufficientemente forti le molecole sono avvicinate a tal punto da essere confinate in un volume ben definito: il gas condensa a liquido. Il punto di ebollizione di un liquido è quindi strettamente correlato alle forze intermolecolari. Le forze intermolecolari sono anche importanti per stabilire la tensione superficiale e la viscosità di un liquido.

Tensione superficiale I liquidi hanno la tendenza ad assumere l’area superficiale minima. Questo è dovuto al fatto che una molecola all’interno del liquido è attratta con ugual forza in tutte le direzioni mentre una molecola sulla superficie subisce un’attrazione netta verso l’interno del liquido. Le gocce di acqua hanno forma sferica perché la sfera è la forma geometrica con minor area rispetto al volume.

Tensione superficiale Per aumentare l’area superficiale di un liquido occorre che le molecole si muovano dall’interno alla superficie e ciò significa compiere un lavoro e quindi fornire energia. La tensione superficiale è l’energia richiesta per aumentare la superficie di un liquido di una quantità unitaria. Viscosità Un’altra proprietà correlata almeno in parte con le forze intermolecolari è la viscosità, cioè la resistenza di un liquido al flusso. Questa può essere misurata in base al tempo che una data quantità di liquido impiega a fluire attraverso un tubo capillare. Più forti sono le forze intermolecolari di attrazione maggiore è la viscosità.

Tensione di vapore La tensione di vapore di un liquido dipende dalle forze intermolecolari: la facilità con cui una molecola abbandona il liquido è determinata dalla forza con cui è attratta dalle altre molecole. In generale un liquido in cui le forze intermolecolari sono elevate ha una bassa tensione di vapore e, di conseguenza, un’elevata temperatura di ebollizione. liquido, in cui agiscono solo queste forze, aumenta anch’essa con il peso molecolare, visto che diminuisce la tensione di vapore. Poiché le forze di van der Waals (in particolare quelle di London) aumentano con il peso molecolare, la temperatura di ebollizione di un Un’importante eccezione a questo andamento è rappresentata dalla molecole che formano legami a idrogeno (HF, H2O, NH3)

STATI DELLA MATERIA: SOLIDI Un solido consiste di unità – atomi, molecole o ioni – che si attraggono in maniera sufficientemente forte da dare luogo ad una struttura rigida. Spesso sono costituiti dalla ripetizione nello spazio di un’impalcatura tridimensionale, il reticolo cristallino. Una caratteristica specifica dei solidi è l’anisotropia, cioè il fatto che le proprietà meccaniche dei solidi dipendono dalla direzione in cui le si esaminano. Possiamo classificare i solidi in base alle forze che tengono unite tali unità come: solidi molecolari, solidi ionici, solidi covalenti o solidi metallici.

Solidi molecolari Sono costituiti da molecole o atomi tenuti assieme da forze intermolecolari. H2O, CO2, Ne Sono quindi forze deboli, con basse energie di sublimazione (tendono a passare subito in fase gassosa, fa eccezione l’acqua, per la presenza di legami a idrogeno). Sono solidi facilmente deformabili. CO2 Benzene

Solidi ionici Sono costituiti da cationi ed anioni tenuti assieme da forze elettrostatiche attrattive forti. La carica totale (come per ogni solido) è nulla. NaCl, MgO, KBr Consideriamo NaCl: è costituito da ioni Na+ e Cl- alternati. Ogni ione Cl- è circondato da 6 ioni Na+ (nelle tre direzioni dello spazio) e viceversa. Sono solidi molto duri, difficili da deformare. Sono isolanti allo stato solido (una sostanza per condurre energia deve avere cariche libere di muoversi). Poiché le forze elettrostatiche sono forti occorre molta energia per distruggere un solido ionico, quindi avremo grandi energie di sublimazione e di fusione. Poiché le forze elettrostatiche sono forze coulombiane, la forza del legame è proporzionale al prodotto delle cariche degli ioni (es. NaCl 700 KJ/mol, MgO 2500 KJ/mol).

Diamante, Grafite, Silicio, Silice (SiO2) Solidi covalenti Sono costituiti da atomi tenuti assieme da legami covalenti che formano catene o reticoli estesi nello spazio Diamante, Grafite, Silicio, Silice (SiO2) Non è possibile identificare molecole, tutti gli atomi del solido sono tenuti assieme da legami chimici fra di loro. Questi legami sono piuttosto forti, è molto difficile deformarli e in genere se si applica una forza il legame si rompe perché gli angoli di legame sono molto direzionali. Sono quindi fortemente anisotropi. Es.: diamante (carbonio ibridizzato sp3, struttura tetraedrica). Gli elettroni sono impegnati nei legami chimici, quindi i solidi covalenti sono isolanti. Fondono o sublimano a temperature molto alte, perché occorre rompere legami chimici.

Es.: grafite (carbonio ibridizzato sp2, struttura planare). Abbiamo atomi di carbonio legati covalentemente disposti in esagoni su un piano. Questi piani sono tenuti assieme da forze di van der Waals (molto più deboli), quindi le distanze fra i carboni dei vari piani sono molto più grandi degli atomi di carbonio sullo stesso piano. Mentre è molto difficile deformare gli esagoni è molto facile (= occorre poca energia) far slittare i piani uno sull’altro. Legami covalenti forze di van der Waals Poiché nell’ibridizzazione sp2 per ogni atomo di carbonio rimane un elettrone nell’orbitale p non ibridizzato perpendicolare al piano, gli elettroni p tra i piani sono delocalizzati e quindi la grafite è un discreto conduttore di elettricità in questa direzione  (tra i piani). Forte anisotropia.

Recenti forme allotropiche del carbonio: fullereni e nanotubi Molecole grandi con carboni ibridati sp2 Fullereni: icosaedro troncato Nanotubi: piani di grafite arrotolati

Solidi metallici Sono costituiti da una struttura rigida di ioni positivi circondati da un “mare” di elettroni liberi che danno luogo al legame metallico Fe, Cu, Ag Più di 2/3 degli elementi allo stato elementare sono metalli. Un metallo è molto malleabile, si possono deformare perché gli elettroni sono liberi di muoversi; conduce molto bene sia calore che elettricità, conduce bene anche allo stato fuso. E’ lucente perché la luce che incide può essere riflessa dagli elettroni.

Solidi cristallini Dal punto di vista strutturale i solidi possono essere:   ·   Cristallini Sono composti da uno o più cristalli, ognuno con una struttura tridimensionale ben definita ed ordinata ·   Amorfi Hanno una struttura disordinata: “liquidi rigidi”. Ad esempio il vetro, che si ottiene raffreddando il liquido rapidamente in modo che le unità costituenti rimangono congelate in una posizione casuale.

Reticoli cristallini Un cristallo è caratterizzato da una disposizione tridimensionale ordinata delle unità costitutive – atomi, ioni o molecole – nota come reticolo cristallino La cella elementare di un cristallo è la più piccola unità a forma di parallelepipedo dalla quale è possibile costruire il cristallo per accostamento di più unità nelle tre dimensioni.

Reticoli cristallini I reticoli cristallini possono essere classificati in sette sistemi cristallini a seconda della forma della cella elementare In una cella elementare può infatti essere caratterizzata da tre spigoli e tre angoli e i sette sistemi cristallini si differenziano per i loro valori   Cubico: a=b=c ===90° Tetragonale: a=bc ===90°   Ortorombico: abc ===90° Monoclino: abc ==90° 90° Triclino: abc 90° Esagonale: a=bc ==90° =120° Trigonale: a=b=c ==90°

I sette reticoli cristallini

Ad un sistema cristallino può corrispondere più di un reticolo Ad esempio un reticolo cubico può essere   Cubico semplice Cubico a corpo centrato Cubico a facce centrate

Diffrazione ai raggi X Equazione di Bragg: n = 2d sin

SOLUZIONI

Una soluzione è una miscela omogenea (la sua composizione e le sue proprietà sono uniformi in ogni parte del campione) di due o più sostanze formate da ioni o molecole. Differenza con i colloidi che differiscono in quanto le particelle sono più grandi delle molecole normali ma non ancora visibili al microscopio (10-2000 Å). Le soluzioni possono esistere in ognuno dei tre stati della materia: gas, liquido o solido. Il solvente è il componente presente in quantità maggiore o che determina lo stato della materia in cui la soluzione esiste. Il soluto è un componente presente in quantità minore.

Il caso più comune è quello di soluzioni liquide (soluzioni di gas, solidi o liquidi sciolti in un liquido). Si possono però avere: Soluzioni gassose: in genere i gas possono mescolarsi in tutte le proporzioni per dare soluzioni gassose. Soluzioni liquide: sono le più comuni e sono ottenute nella maggior parte dei casi sciogliendo un gas o un solido in un liquido. Sono comuni anche le soluzioni liquido-liquido (possono non essere miscibili in tutte le proporzioni). Soluzioni solide: sono principalmente leghe di due o più metalli. Le leghe di mercurio (l’unico metallo liquido) con altri metalli sono chiamate amalgame e possono essere sia liquide che solide.

Solubilità In generale solo una quantità finita di un solido si scioglie in un dato volume di solvente dando luogo ad una soluzione satura, cioè una soluzione in equilibrio con un eventuale solido in eccesso. Equilibrio dinamico La concentrazione del soluto nella soluzione satura è detta solubilità. Ad esempio la solubilità di NaCl in acqua è di 36 g per 100 ml di acqua a 20°C.

La solubilità di una sostanza in un’altra può essere spiegata sulla base di due fattori: Una naturale tendenza al disordine (fattore entropico). E’ praticamente l’unico fattore ad agire nel caso dei gas (ideali) che sono miscibili in tutte le proporzioni. Forze intermolecolari di attrazione tra le molecole delle due sostanze (fattore energetico). Chiamando A le molecole di una sostanze e B quelle dell’altra, se la media delle attrazioni A-A e B-B è superiore all’attrazione A-B le due sostanze non tendono a mescolarsi. La solubilità di un soluto in un solvente dipende da un bilancio fra questi due fattori.

Soluzioni molecolari C7H16 – C8H18 Forze di London Legami idrogeno In questi casi il soluto (solido o liquido) è costituito da molecole tenute assieme da forze intermolecolari deboli. Nel caso di liquidi essi sono solubili se sono tenuti assieme da forze intermolecolari simili. (Il simile scioglie il simile). Cloroformio-acetone C7H16 – C8H18 Forze di London Legami idrogeno

+ - + - Alcool metilico (metanolo), CH3OH in acqua soluto solvente soluzione - + solvente

Soluzioni ioniche In questo caso il soluto è un solido ionico tenuto assieme da forti legami ionici e può sciogliersi solo in solventi polari. I fattori che determinano la dissoluzione di un solido ionico in un solvente polare sono due: l’energia reticolare del solido (somma delle energie di attrazione fra anioni e cationi): più è grande e minore è la tendenza del solido a sciogliersi l’energia di attrazione ione-dipolo fra gli ioni e i dipoli elettrici costituiti dalle molecole di solvente opportuna- mente orientati: più è grande maggiore è la tendenza del solido a sciogliersi

NaCl(s)  Na+(aq) + Cl-(aq) Ad esempio NaCl in acqua: NaCl(s)  Na+(aq) + Cl-(aq) + - - + CRISTALLO IONICO IONI SOLVATATI

NaCl(s)  Na+(aq) + Cl-(aq) Tale fenomeno è detto idratazione e l’energia elettrostatica di interazione di uno ione con le molecole di acqua è detta energia di idratazione. La solubilità di un solido ionico in acqua dipende da un bilancio fra energia reticolare ed energia di idratazione. + - IONI SOLVATATI

Maggiore è l’energia reticolare di un composto ionico e minore è la sua solubilità e viceversa. L’energia reticolare dipende sia dalle cariche degli ioni che dalla loro distanza: maggiore è la carica dello ione e maggiore è l’energia reticolare maggiore è la distanza fra gli ioni (più grandi sono gli ioni) e minore è l’energia reticolare La situazione è complicata dal fatto che l’energia di idratazione è più grande per ioni di carica elevata e di dimensioni piccole. In genere l’energia reticolare prevale per cui è possibile quindi prevedere che: solidi formati da ioni con una sola carica specie se di grandi dimensioni (K+, NH4+) sono in genere solubili solidi formati da ioni con due o tre cariche specie se di piccole dimensioni (S2- PO43-) sono in genere insolubili.

In conseguenza di questa tendenza si possono dare le seguenti regole di solubilità: Sono sempre solubili sali di:  metalli alcalini e ione NH4+  nitrati perclorati e acetati Sono per lo più solubili sali di:  cloruri, bromuri e ioduri tranne quelli di Ag+ e Pb2+  solfati tranne quelli di Ca2+, Sr2+, Ba2+e Pb2+ Sono per lo più insolubili sali di:  solfuri e idrossidi tranne che dei gruppi I-II e NH4+  carbonati e fosfati tranne che del gruppo I e NH4+

Entalpia di soluzione Per il processo di dissoluzione di un solido in un liquido è possibile definire un calore o entalpia di soluzione, Hsol che è sostanzialmente uguale all’energia di solvatazione (negativa) più l’energia reticolare (positiva): Hsol = energia di solvatazione + energia reticolare Se prevale l’energia di solvatazione il processo di soluzione è esotermico Hsol<0 mentre se prevale l’energia reticolare il processo è endoternico, Hsol>0. Solidi con Hsol<0 sono molto solubili ma anche solidi con Hsol>0 sono spesso solubili (purchè il Hsol non sia troppo grande) per effetto della tendenza al disordine Di fatto, la maggior parte dei solidi ionici solubili ha Hsol piccolo e positivo.

Solubilità in funzione della temperatura La solubilità di un solido ionico aumenta con T se Hsol>0 mentre diminuisce se Hsol<0 (Principio di Le Chatelier)

Solubilità in funzione della pressione La pressione ha poco effetto sulla solubilità di solidi e di liquidi. E’ invece importante per la solubilità dei gas. Solubilità dei gas La solubilità di un gas in un liquido dipende dalla pressione parziale del gas secondo la legge di Henry. La solubilità di un gas è direttamente proporzionale alla pressione parziale del gas, P, sopra la soluzione: s=kHP La solubilità s è generalmente espressa in grammi di soluto per litro di soluzione e kH è una costante.

legge di Henry. La solubilità di un gas è direttamente proporzionale alla pressione parziale del gas, P, sopra la soluzione: s=kHP

Pertanto un grafico della solubilità in funzione della pressione parziale del gas corrisponde ad una retta

Interpretazione molecolare: maggiore è la pressione parziale del gas e maggiore è il numero di molecole di gas che urtano la superficie e passano in soluzione

CONCENTRAZIONE DELLE SOLUZIONI In generale la concentrazione di una soluzione è una misura della quantità di soluto presente in una data quantità di solvente (o di soluzione). La quantità di soluto o di solvente possono essere espresse in numero di moli, massa o volume per cui vi sono diversi modi di esprimere la concentrazione di una soluzione: Molarità Percentuale in massa (peso) Molalità Frazione molare

Molarità E’ il numero di moli di soluto presenti in un litro di soluzione: Le unità sono mol/litro ma sono generalmente indicate con M. Ad esempio una soluzione ottenuta sciogliendo 0,20 moli di NaCl in acqua sino ad un volume di 2,0 L ha molarità:

Preparazione in laboratorio di una soluzione 0,01M di di K2MnO4 0,0025 moli (0,395 g) in 250 ml di acqua

Percentuale in massa di soluto E’ definita come: Ad esempio per una soluzione ottenuta mescolando 3,5 g di NaCl e 96,5 g di acqua si ha: Tale soluzione contiene 3,5 g di NaCl per 100 g di soluzione

molalità E’ il numero di moli di soluto per chilo di solvente: Le unità sono mol/Kg ma sono generalmente indicate con m. Ad esempio una soluzione ottenuta sciogliendo 0,20 moli di NaCl in 2000 g di acqua ha molalità:

Esempio: Calcolare la molalità di una soluzione ottenuta sciogliendo 5,67 g di glucosio (C6H12O6) in 25,2 g di acqua

Frazione molare Per una soluzione fra due componenti A e B la frazione molare di A è definita: Ad esempio in una soluzione ottenuta sciogliendo 0,0315 moli di glucosio in 25,2 g di acqua la frazione molare del glucosio è:

Conversione fra unità di concentrazione Conviene far riferimento ad una certa quantità di solvente o di soluzione, determinare le quantità di soluto e di solvente corrispondenti e riutilizzarle per il calcolo della nuova concentrazione. Le quantità di riferimento per le concentrazioni da convertire sono: Molalità 1 Kg di solvente Molarità 1 litro di soluzione Frazione molare 1 mole di soluzione % massa 100 g di soluzione Quando è implicata la molarità è necessario conoscere la densità della soluzione (mette in relazione massa e volume).

Molalità Frazione molare Una soluzione di glucosio è 0,120 m. Calcolare le frazioni molari di glucosio e acqua. Tale soluzione contiene 0,120 moli di glucosio per 1 Kg di solvente (acqua). Si ha quindi:

Molalità % massa Calcolare la % in massa di una soluzione di glucosio 0,120 m. Tale soluzione contiene 0,120 moli di glucosio per 1 Kg di solvente (acqua). Si ha quindi:

Frazione molare Molalità Calcolare la molalità di una soluzione acquosa di glucosio la cui frazione molare è 0,150. 1 mole di tale soluzione contiene 0,150 moli di glucosio e (1 - 0,150) = 0,850 moli di acqua. Si ha quindi:

Frazione molare % massa Calcolare la % in massa di una soluzione acquosa di glucosio la cui frazione molare è 0,150. 1 mole di tale soluzione contiene 0,150 moli di glucosio e (1 - 0,150) = 0,850 moli di acqua. Si ha quindi:

Molalità Molarità Calcolare la molarità di una soluzione 0,273 m di KCl in acqua, avente densità 1,011103 g/l. Per 1 Kg di solvente vi sono 0,273 moli di KCl e quindi: La massa totale di soluzione è: Nell’espressione per il calcolo della molarità c’è però il volume in litri della soluzione, calcolabile tramite la densità: Si noti che per soluzioni diluite molarità  molalità

Molarità Molalità Calcolare la molalità di una soluzione 0,907 M di Pb(NO3)2 in acqua, avente densità 1,252 g/ml. Per 1 litro di soluzione vi sono 0,907 moli di Pb(NO3)2. La massa di un litro di soluzione è: La massa di Pb(NO3)2 è: La massa di acqua è: La molalità è quindi:

Proprietà colligative Abbassamento della tensione di vapore Le proprietà colligative delle soluzioni sono proprietà che dipendono dalla concentrazione delle molecole di soluto o degli ioni in soluzione, ma non dalla loro natura. Abbassamento della tensione di vapore Alla fine dell’800 fu sperimentalmente osservato che la tensione di vapore del solvente veniva abbassata dall’aggiunta di un soluto non volatile. In particolare nel 1886 Raoult osservò che l’entità di questo abbassamento non dipendeva dal tipo di soluto ma solo dalla sua frazione molare.

Abbassamento della tensione di vapore Consideriamo la soluzione di un solvente volatile A e un soluto non elettrolita B (volatile o non volatile). La legge di Raoult stabilisce che: la tensione di vapore parziale del solvente, PA, sopra la soluzione è uguale alla tensione di vapore del solvente puro, PA°, moliplicata per la frazione molare del solvente, xA PA = xA PA° Se il soluto è non volatile PA è la pressione di vapore totale della soluzione. Poiché xA è minore di 1 si ha un abbassamento della tensione di vapore rispetto al solvente puro.

P= PA° - PA° xA= PA°(1- xA)= PA°xB Questo abbassamento sarà dato da: P= PA° - PA In base alla legge di Raoult P= PA° - PA° xA= PA°(1- xA)= PA°xB xB L’abbassamento della tensione di vapore dipende dalla concentrazione del soluto xB ma non dalla sua natura ed è quindi una proprietà colligativa.

PA PA0 PA 1 XA 1 XB Quando vale la legge di Raoult? Vale in genere per soluzioni diluite (con xA vicino ad 1). Quando essa vale per qualsiasi frazione molare (ciò accade quando A e B sono simili, es. benzene e toluene) la soluzione è detta ideale. In altre parole, una soluzione ideale si ha quando sia A che B seguono la legge di Raoult per ogni valore della frazione molare (oppure quando si mescolano senza sviluppo o assorbimento di calore). PA PA0 Soluzione non ideale PA Soluzione ideale Raoult XA 1 XB 1

Esempio: Calcolare P dell’acqua a 25°C quando 5,67 g di glucosio (C6H12O6) sono sciolti in 25,2 g di acqua. A tale temperatura la tensione di vapore dell’acqua pura è 23,8 mmHg Dalla legge di Raoult: P= PA°xglucosio = 23,8 mmHg 0,0220 = 0,524 mmHg PA= PA°xH2O = 23,8 mmHg (1-0,0220) = 23,3 mmHg

Soluzioni ideali di due sostanze volatili La tensione di vapore totale di una soluzione ideale di due sostanze volatili A e B con frazioni molari XA e XB può essere ottenuta applicando la legge di Dalton e la legge di Raoult: P = PA + PB = PA° xA + PB° xB

Composizione fase vapore – Applicando la legge di Dalton è possibile calcolare le frazioni molari di A e B in fase vapore, yA e yB. Queste sono in genere diverse dalle frazioni molari in soluzione xA e xB. In particolare si può dimostrare che la fase vapore è più ricca del solvente più volatile, cioè quello con P° maggiore: PA° > PB°  yA > xA ( yB < xB) . . . . . . HhyAhhhyBhhhhhhhhhhhh . . . vapore HhxAhhhhxBhhhhhhhhhhh liquido Soluzione A + B

Esempio – Sia data una soluzione di benzene e toluene con frazioni molari 0,70 e 0,30. Sapendo che le tensioni di vapore di benzene e toluene puri sono 75 mmHg e 22 mmHg calcolare le frazioni molari di benzene e toluene nel vapore Pben= P°ben xben = 75 mmHg  0,70 = 52 mmHg Ptol = P°tol xben = 22 mmHg  0,30 = 6,6 mmHg Ptotale = Pben + Ptol = 52 + 6,6 = 58,6 mmHg Si noti che il vapore è più ricco del solvente più volatile, il benzene con P°ben = 75 mmHg > P°tol = 22 mmHg Infatti: yben= 0,88 > xben= 0,70

Distillazione frazionata – Tale fenomeno può essere sfruttato per separare benzene e toluene. Infatti se distilliamo la soluzione con frazioni molari 0,70 e 0,30 otteniamo un nuovo liquido con frazione 0,88 e 0,12. Se lo distilliamo di nuovo si otterrà una soluzione ancora più ricca di benzene e procedendo così si arriva a benzene quasi puro. Il processo può essere automatizzato con una colonna di frazionamento con grani di vetro in cui sia ha evaporazione e condensazione in continuo

Innalzamento ebullioscopico ed Abbassamento crioscopico Abbiamo visto che l’aggiunta di un soluto non volatile abbassa la tensione di vapore della soluzione. Un grafico della tensione di vapore contro T mostra che occorre una temperatura maggiore affinchè la tensione di vapore raggiunga una atmosfera e si abbia ebollizione

pressione LIQUIDO soluzione SOLIDO GAS temperatura Temperatura di congelamento della soluzione Temperatura di ebollizione della soluzione soluzione 1,00 atm 0°C 100°C

Un diagramma di fase completo mostra che per una soluzione si ha un innalzamento del punto di ebollizione e un abbassamento del punto di fusione rispetto al solvente

Per soluzioni diluite si può dimostrare che Tb= Tb(soluzione) - Tb(solvente) = Kb m Tf= Tf(solvente) - Tf(soluzione) = Kf m Kb, nota come costante ebullioscopica, e Kf, nota come costante crioscopica, sono costanti caratteristiche solo del solvente. Esse hanno unità °C/m.

Problema: Sapendo che per l’acqua Kb= 0,512 °C/m e Kf=1,86 °C/m calcolare il punto di ebollizione e di fusione di una soluzione acquosa di glucosio 0,0222 m. Tb= Kb m = 0,512 °C/m  0,0222 m = 0,0114 °C Tb= 100,00 + 0,0114 = 100,011°C Tf= Kf m = 1,86 °C/m  0,0222 m = 0,0413 °C Tf= 0,000 - 0,0413 = - 0,041°C

Le proprietà colligative possono essere usate per determinare il peso molecolare di sostanze non note. Problema: La canfora è un solido che fonde a 179,5°C ed ha Kf= 40°C/m. Se 1,07 mg di un composto sono sciolti in 78,1 mg di canfora fusa la soluzione congela a 176,0 °C. Determinare il peso molecolare del composto. L’abbassamento del punto di congelamento è: Tf= 179,5 –176,0 = 3,5 °C Da cui si ricava la molalità della soluzione: Dalla definizione di molalità si può ottenere il numero di moli del composto: moli= m  Kg solvente

Moli = m  Kg solvente = 0,088 mol/Kg  78,110-6 Kg = 6,9 10-6 mol Quindi: Moli = m  Kg solvente = 0,088 mol/Kg  78,110-6 Kg = 6,9 10-6 mol La massa molare del composto è data da:

Osmosi Anche il fenomeno dell’osmosi (pressione osmotica) è associato all’abbassamento della tensione di vapore. Esso riveste una grande importanza in relazione a sistemi biologici. Coinvolge membrane semipermeabili, cioè strati sottili e con fori abbastanza larghi da far passare le molecole di solvente, ma non di soluto, specie di elevato peso molecolare.

A B solvente puro soluzione Osmosi: flusso di molecole di solvente dal solvente puro alla soluzione (in generale dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata) Pressione osmotica: pressione che occorre esercitare sulla soluzione, A, per bloccare il flusso osmotico soluzione solvente puro A B Membrana semipermeabile P flusso di solvente (osmosi)

La pressione osmotica è indicata con  La pressione osmotica è indicata con . Un esempio è anche la pressione esercitata dalla colonna di solvente in questo esperimento: 

PV=nRT P=(n/V) RT P=MRT La pressione osmotica è una proprietà colligativa ed è proporzionale alla concentrazione molare del soluto M: = M R T In cui R è la costante dei gas e T è la temperatura assoluta. Si noti l’analogia tra questa equazione e quella per i gas ideali, più evidente se si tiene conto che M=n/V e quindi: PV=nRT P=(n/V) RT P=MRT Esempio: Calcolare la pressione osmotica di una soluzione 0,02 M di glucosio a 25°C = MRT = 0,02 mol/L0,0821 Latm/(K mol)298 K= = 0,5 atm

La pressione osmotica viene utilizzata per calcolare il peso molecolare di sostanze polimeriche o macromolecole. Problema: 50 ml di una soluzione acquosa contengono 1,08 g di una proteina e presentano una pressione osmotica di 5,85 mmHg a 298 K. Quale è il peso molecolare di tale proteina? La pressione in atmosfere è: La concentrazione molare della proteina è: Il numero di moli della proteina è: La massa molare della proteina è:

Soluzioni di Elettroliti Un elettrolita è una sostanza che si scioglie in acqua producendo ioni e formando una soluzione che conduce l’elettricità. Un non-elettrolita è una sostanza che si scioglie in acqua senza produrre ioni e forma una soluzione che non conduce l’elettricità. Un elettrolita può essere un composto ionico o molecolare: NaCl (s)  Na+ (aq) + Cl (aq) Dissociazione H2O HCl (g) + H2O(l)  H3O+ (aq) + Cl (aq) Ionizzazione Un non-elettrolita è un composto molecolare che non ionizza Un elettrolita può essere debole o forte Un elettrolita forte è presente in soluzione completamente sotto forma di ioni HCl(g) + H2O(l)  H3O+ (aq) + Cl (aq) Elettrolita forte

Un elettrolita debole è solo parzialmente ionizzato in soluzione  NH3 (g) + H2O(l)  NH4+ (aq) + OH (aq) Elettrolita debole

Proprietà colligative di soluzioni di elettroliti Per spiegare le proprietà colligative di soluzioni di elettroliti si deve tener conto della concentrazione totale di tutti gli ioni piuttosto che della concentrazione dell’elettrolita. Ad esempio l’abbassamento del punto di congelamento di una soluzione di NaCl 0,1 m è (circa) il doppio di quello di una soluzione di glucosio 0,1 m. Ciò perché ogni unità formula NaCl si dissocia in ioni Na+ e Cl-, cioè in due particelle che contribuiscono entrambe a tale proprietà colligativa.

In generale per le principali proprietà colligative si può scrivere: Tb= i Kb m Tf= i Kf m  = i M R T in cui i è il numero di ioni provenienti da ogni unità formula. NaCl Na+ + Cl- i=2 K2SO4 2K+ + SO42- i=3 Fe2(SO4)3 2Fe3+ + 3SO42- i=5 Questo è rigorosamente vero solo per soluzioni molto diluite.