Parità – Pari Opportunità – Diritto antidiscriminatorio Monica McBritton Lecce Aprile 2016 1.

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Parità – Pari Opportunità – Diritto antidiscriminatorio Monica McBritton Lecce Aprile

Cinque concetti diversi PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA PARITA’ DI TRATTAMENTO DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE PARI OPPORTUNITA’ DIRITTO DIFFERENZIATO 2

PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA Art. 3, 1° comma, Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” 3

La Corte costituzionale italiana e l’eguaglianza E laborato il principio di ragionevolezza Il legislatore deve trattare in modo eguale situazioni eguali; le situazioni differenti vanno trattate in modo differente; le differenze di trattamento normativo devono essere ragionevolmente giustificate dalle differenze di fatto. 4

Divieto di discriminazione S ignifica che le ipotesi esplicitate dal costituente non possono giustificare una normativa (pregiudizievole) differenziata. 5

Parità di trattamento Nei rapporti interprivati il principio di uguaglianza non ha una portata generale. L’ordinamento riconosce l’autonomia privata. Deve essere espressamente previsto da una disposizione normativa. Art. 37 Cost. 6

Parità e divieto di discriminazione La parità comporta il confronto tra il trattamento di almeno due soggetti e l’eventuale differenza è illegittima se non è giustificata. Il divieto di discriminazione comporta che un soggetto non debba essere danneggiato dall’appartenenza ad un gruppo sociale svantaggiato. 7

I divieti di discriminazione LL egge n. 300/1970: discriminazioni sindacali, politiche e religiose; LL egge n. 903/1977: discriminazioni di sesso; LL egge n. 125/1991: id. (oggi, d. lgs. n. 198/2006) LL egge n. 135/1990: discriminazioni per HIV; DD. lgs. n. 286/1998: discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; DD. lgs. n. 215/2003: discriminazioni razziali o etniche; DD. lgs. n. 216/2003: discriminazioni per religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale. La discriminazione è rilevante a causa dell’appartenenza ad un gruppo sociale svantaggiato: ha necessariamente un carattere c ollettivo. 8

Art. 37 Cost. “ La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione” 9

L’ART. 37 COST. CONTIENE Principio di parità di trattamento fra donna-lavoratrice e uomo- lavoratore La tutela differenziata della lavoratrice madre (diritto diseguale) 10

La legislazione ordinaria (di prima generazione) Parità di trattamento L. 903/77 (oggi, art. 27, d.lgs.n.198/2006) LIMITE: parità formale soggetto neutro La tutela differenziata della lavoratrice madre L. 1204/71 (oggi, d. lgs. n. 151/2001) LIMITE: la cura della prole è un “fatto di donne” 11

Parita’ di trattamento versus pari opportunità Parità di trattamento: principio formale e astratto. Non tiene conto degli assetti sociali concreti. Divieto di discriminazione in chiave repressiva. L n

INSUFFICIENZE DELLA L. 903/77 L , n Introduce la nozione di pari opportunità. La legge ha “lo scopo di favorire l’occupazione femminile e di realizzare, l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l’adozione di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione delle pari opportunità” (art.1) [attualmente art. 42 d. lgs n.198/2006] FONDAMENTO COSTITUZIONALE: ART. 3. CO

La legislazione ordinaria di seconda generazione Queste leggi hanno una caratteristica in comune: sono norme che tendono al superamento degli assetti sociali dati allo scopo di raggiungere la parità sostanziale. LE NOZIONI FONDAMENTALI: Pari opportunità Azioni positive Congedi parentali 14

STRUMENTI PER RAGGIUNGERE LE PARI OPPORTUNITÀ LE AZIONI POSITIVE Sono dirette a: Eliminare le disparità di fatto nella formazione che ostacolano l’accesso al lavoro e la progressione professionale. Superare condizioni, organizzazioni e distribuzione del lavoro che provocano effetti differenziati nella formazione, nella carriera e nel trattamento economico e retributivo. Favorire la conciliazione fra lavoro e responsabilità familiari. 15

Le azioni positive possono: garantire pari punti di partenza non raggiungimento di un risultato La Corte di Giustizia ha ritenuto illegittimo interventi legislativi che, allo scopo di riequilibrare la presenza di donne nel lavoro, le attribuiscono automaticamente, a parità di qualifica, l’assunzione o la promozione (sent. Kalanke - 17 ottobre 1995, C-450/93). Ha, però, ammesso questa tipologia di azione positiva, se la norma prevede la possibilità di deroga se vi sono altre ragioni di preferenza del candidato uomo (sent. Marshall - 11 novembre 1997, C-409/95; sent. Badeck - 20 marzo 2000, C- 158/97). 16

LE NOZIONI DI DISCRIMINAZIONE (art. 25 d. lgs. 198/2006) D IRETTA « qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o anche i lavoratori in ragione del loro sesso» I NDIRETTA Si ha «quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso» 17

Un caso concreto: il caso Barclays U n istituto scolastico denuncia la politica di reclutamento di questa Banca al competente organo per le pari opportunità britannico (EOC): R agazzi e ragazze di giovane età (16-18 anni) venivano sottoposte a prove di selezione I n maggioranza superavano le prove le ragazze e venivano assunte. I nvece, spesso i maschi continuavano gli studi… 18

Cosa succedeva nel tempo? L ’EOC avvia un indagine e constata che: L e donne sono segregate nei livelli bassi di carriera H anno in media una retribuzione inferiore a quella maschile F ra le cause di questa situazione viene individuata la scarsa preparazione professionale delle donne poiché avevano interrotto gli studi troppo presto 19

Le parti concordano un piano di azioni positive Maggiore attenzione alla formazione professionale anche successivamente all’assunzione La clausola di mobilità come condizione per l’accesso ai livelli dirigenziali viene rimossa dai contratti Diffusione di un opuscolo aziendale volto a contrastare il pregiudizio che le donne non siano portate ad assumere incarichi di responsabilità Monitoraggio dell’evolversi della situazione per 4 anni 20

Il diritto antidiscriminatorio oltre il genere Principali fonti:  D. lgs. n. 286/1998: discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi: art. 43 e 44;  D. lgs. n. 215/2003: discriminazioni razziali o etniche;  D. lgs. n. 216/2003: discriminazioni per religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale. 21

D. lgs. n. 215/2003: discriminazioni razziali o etniche «Il presente decreto reca le disposizioni relative all'attuazione della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, disponendo le misure necessarie affinché le differenze di razza o di origine etnica non siano causa di discriminazione, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini, nonché dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso.» 22

D. lgs. n. 216/2003: discriminazioni per religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale «Il presente decreto reca le disposizioni relative all'attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall'età e dall'orientamento sessuale, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro, disponendo le misure necessarie affinché tali fattori non siano causa di discriminazione, in un'ottica che tenga conto anche del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini.» 23

L’ampiamento delle ipotesi a rischio discriminazione Sempre di più, la tutela antidiscriminatoria appare come uno strumento per contrastare la flessibilizzazione delle condizioni di lavoro e all’introduzione di tipologie contrattuali precarie. Ad. es. lavoro part-time, anche in ragione degli obblighi comunitari, dispone che il lavoratore non venga discriminato a causa del proprio status lavorativo. 24

Il diritto antidiscriminatorio come tutela della dignità della persona L’equivalenza fra discriminazione e molestie. Attenzione: non necessariamente molestie sessuali. Ad es. d.lgs. n. 215/2003- art. 2, co. 3: «Sono, altresì, considerate come discriminazioni … anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi di razza o di origine etnica, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo». 25

Di converso.. Crescono anche le ipotesi giustificative Il dibattito: in passato: i divieti di discriminazione erano tassativamente elencati; le eccezioni che potevano giustificare la discriminazione erano altrettanto determinate avendo il carattere della essenzialità. oggi: tendenziale allargamento universalistico della tutela antidiscriminatoria; ci sono più concetti di discriminazione e ciò comporta un allargamento anche delle cause giustificatrici della discriminazione. 26

Un esempio di deroga: d.lgs. n. 216/2003 art «Non costituiscono atti di discriminazione (..) le differenze di trattamento basate sulla professione di una determinata religione o di determinate convinzioni personali che siano praticate nell'ambito di enti religiosi o altre organizzazioni pubbliche o private, qualora tale religione o tali convinzioni personali, per la natura delle attività professionali svolte da detti enti o organizzazioni o per il contesto in cui esse sono espletate, costituiscano requisito essenziale, legittimo e giustificato ai fini dello svolgimento delle medesime attività. 6. Non costituiscono, comunque, atti di discriminazione (..) quelle differenze di trattamento che, pur risultando indirettamente discriminatorie, siano giustificate oggettivamente da finalità legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari. (..)» 27

La (bassa) effettività della tutela antisdiscriminatoria. Cause Difficoltà di provare la discriminazione, nonostante la parziale inversione dell’onere della prova e la possibilità di utilizzare dati statistici: («Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico (…) idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori(…) spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione.») La molteplicità di discipline normative. 28

La tutela processuale antidiscriminatoria D.lgs n. 150/2011- art. 28 delle controversie in materia di discriminazione « Le controversie in materia di discriminazione di cui all'art. 44 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, quelle di cui all'art. 4 d.lgs. 9 luglio 2003, n. 215, quelle di cui all'art. 4 d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'art. 3 della l. 1° marzo 2006, n. 67, e quelle di cui all'art. 55-quinquies d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.» 29

Il comportamento, l’atto, il patto ecc. discriminatorio Va valutato nella sua oggettiva capacità di ledere il bene protetto. Non rileva l’intenzionalità del datore di lavoro. 30

La ritorsione D.lgs n. 150/2011- art. 28, co. 6 «Ai fini della liquidazione del danno, il giudice tiene conto del fatto che l'atto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attività del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento.» 31