2. Socrate ed i socratici minori. A cura di Stefano Ulliana
Panoramica ● 1) Socrate: vita e fonti. ● 2) Socrate: il rapporto con i Sofisti e con Platone. ● 3) La filosofia socratica: ricerca e dialogo. ● 4) Il dialogo socratico. Le definizioni. ● 5) La morale socratica. La virtù e la sua trasmissibilità. ● 6) Il rapporto con la religione. ● 7) La morte di Socrate. ● 8) Le scuole socratiche minori.
2.1. Socrate: vita e fonti. ● Socrate ( a.C.) rappresenta un punto di svolta nell'intera storia intellettuale d'Occidente. Da giovane studiò geometria e astronomia, fu forse scolaro di Anassagora. Soldato ateniese a Potidea, Delio e Anfipoli, venne ricordato per la sua resistenza alla fatica ed allo sforzo, sempre coraggioso e padrone di sé. Si dedicò interamente alla filosofia, intesa come rigoroso esame delle anime propria ed altrui. Non propriamente bello – anzi dall'apparenza silenica – riusciva a dimostrare un'armonia interiore ed una coerenza logica e morale stringenti e senza eccezioni. Aperto all'incontro con l'altro, era sempre attento ed attivo nella propria capacità critica, sovvertendo in tal modo l'opinione altrui (soprattutto quella di chi si riteneva sapiente) ed attirandosi così l'inimicizia di molti.
● Sempre umile ed aperto alla ridefinizione delle questioni e dei problemi, non lasciò nulla di scritto. Egli è infatti il protagonista principale dei Dialoghi composti dal suo allievo, Platone. La sua condanna della scrittura equivaleva alla critica stringente con la quale egli demoliva l'apparenza della sapienza iniziale dei propri interlocutori: la conoscenza umana è mobilità inesausta, che non può lasciarsi ridurre e rinchiudere nella serie – bene o male coerente – di un testo scritto, che al contrario pretende di fissarla ed immobilizzarla, per renderla immodificabile. In alcun modo migliorabile. Socrate così per primo dà invece valore alla perfezione, come ideale continuamente da perseguire.
● Le fonti principali per la vita ed il pensiero di Socrate sono: Aristofane, Policrate, Senofonte, alcuni socratici minori, Platone ed Aristotele. ● L'aristocratico Aristofane nelle Nuvole rappresenta Socrate come un petulante inventore di favole che sviano i giovani dalla tradizione, contro la stabilità dell'ordine sociale e politico. ● Il democratico Policrate nell'Accusa contro Socrate - che lo porterà a morte per cicuta – lo accusa di essere stato l'apripista degli oligarchi più spietati e privi di scrupoli e di avere comunque corrotto la tradizione religiosa della città, danneggiando l'educazione dei più giovani cittadini.
● Senofonte lo mostra nei Memorabili come un moralista sentenzioso, Platone – come detto – lo trasforma nel proprio alter-ego, nel protagonista dei propri Dialoghi, come maestro di argomentazione, di virtù e di coraggiosa coerenza. Aristotele ne fa lo scopritore del concetto (della definizione: x è p) e colui che per primo identifica la scienza e la virtù.
2.2. Socrate, i Sofisti e Platone. ● Socrate ha in comune con il movimento sofistico l'interesse per l'uomo, il suo pensiero e le modalità della sua azione, la mentalità critica ed antitradizionalista ed il metodo dialettico. Ma se ne allontana per l'acuto ed alto, profondo amore per la verità, che lo avvicina alla ricerca di una posizione universale (non relativistica). ● Socrate certamente apre alla modalità dialettica platonica, ma resta al di qua della proposta ideale platonica (teoria delle idee), rimanendo sul terreno più specifico di una ricerca continua della forma migliore per le definizioni dei concetti più importanti.
2.3. La filosofia socratica. ● Partito da studi naturalistici, Socrate resta inizialmente condizionato dall'indicazione sofistica di un mondo più ampio e misterioso di quanto la mente umana possa comprendere. Egli pertanto si rivolge soltanto alle cose umane. Comincia a chiedersi quale debba essere il comportamento umano di fronte ai diversi problemi dell'esistenza. Comincia soprattutto ad aprire una considerazione della filosofia come dialogo fra le persone, atto capace di portare ad emersione le parti migliori dell'animo umano e di stabilire in tal modo un vincolo d'umanità reciproco (amicizia), capace di fondare o rinsaldare qualunque relazione sociale e/o politica.
2.4. Il dialogo socratico e le definizioni. ● Socrate è il personaggio principale dei Dialoghi platonici. Il dialogo al quale il filosofo partecipa è un'azione di ricerca, motivata dalla messa in questione delle sicurezze e delle certezze consolidate e più o meno tradizionali esibite di solito dai personaggi più in vista dell'Atene democratica, sia di parte oligarchica ed aristocratica, che popolare. Una messa in questione motivata dall'asserzione che la sapienza vera e reale fosse patrimonio unicamente del dio ( ). Il dio socratico era un'entità misteriosa, che gli si presentava nel momento in cui egli incontrava una persona: in quel momento il dio interveniva per approvare o rifiutare la continuazione del rapporto con l'interlocutore avvicinato dal filosofo. Era come se tale entità rappresentasse la possibilità
● di un orizzonte di felice e positiva conclusione del processo duplicemente argomentativo sviluppato dai dialoganti e dal dialogo stesso. Così se la sapienza era unicamente del dio, all'uomo spettava riconoscere la propria iniziale ignoranza (non sapere). Ma tutti gli interlocutori di Socrate presumevano di sapere con certezza l'argomento sollevato dal filosofo, che doveva pertanto cominciare un'accurata opera di demolizione e di scavo in profondità nelle opinioni del compagno di discorso, alla ricerca di un loro opportuno fondamento e giustificazione. Senza questa giustificazione l'opinione doveva essere modificata e, via via progressivamente, tendere sperabilmente verso una posizione migliore.
● Nel dialogo socratico la parte o il momento distruttivi vengono di solito definiti dall'applicazione da parte di Socrate di un particolare atteggiamento discorsivo ed argomentativo chiamato ironia ( ), per il quale Socrate sembra sapere in anticipo la soluzione del problema (dissimulazione) e pare far tendere l'ascoltatore verso un termine od una finalità lontana, ancora non visibile – o non perfettamente visibile – ma alla possibile portata della conclusione non prossima del ragionamento comune. In tale modo l'anima dell'ascoltatore si apre nel e dal profondo, per cominciare a generare la verità ( è ciò che balza su e si scopre). Ecco dunque comparire l'altra parte o momento – in questo caso positivi – del dialogo socratico: quella parte che
● Socrate stesso riferisce all'abilità della madre – Fenarete – nell'arte ostetrica. Socrate aiuta con l'arte maieutica le anime degli uomini a partorire la verità. In questo modo il filosofo riesce a far tendere autonomamente gli ascoltatori e partecipanti al dialogo verso quel termine e quello scopo prima indicati. Riesce a far migliorare l'anima degli uomini e quindi permette loro di raggiungere una migliore virtù, attraverso la ricerca conoscitiva. I giri e la rivoluzione del movimento, che in precedenza le scuole presocratiche assegnavano agli elementi naturali, nell'opera di composizione / scomposizione alla quale erano soggetti, ora diventano le forme della circolarità continua del discorso, teso verso la propria meta di perfezionamento.
● Con queste circonvoluzioni continue attorno all'oggetto del discorso ( ), l'argomentazione che si sviluppa – solitamente per frasi brevi (brachilogia) - tende a voler preformare una serie di successive e sempre più perfezionate e possibili definizioni dell'oggetto in questione. Così sin dalla domanda iniziale di Socrate – che cos'è ( ) la virtù, o che cos'è la conoscenza? - si inaugura un procedimento che avrà come fine un possibile miglioramento della conoscenza, oppure alla fine la necessità di ricominciare da capo il tragitto della scoperta, per la comparsa improvvisa di nuovi problemi, di più difficile ed ambigua soluzione (cfr. i Dialoghi platonici). Dalla comparsa o nascita del giudizio definitorio Aristotele attribuirà a Socrate l'in-
● -venzione del concetto (nato attraverso i sensi e concepito grazie all'intelletto), con la combinazione di due movimenti: uno induttivo e l'altro di deduzione della forma. Contro dunque la possibile divergenza delle opinioni indicata come necessaria dai Sofisti, Socrate muove l'animo e l'intelletto umano alla possibilità ed alla necessità di un incontro e di un'unità. Di un incontro conoscitivo che si trasforma subito in un'unità interpersonale, dal forte valore morale ed etico.
2.5. La morale socratica. La virtù. ● La greca veniva di solito identificata da una condizione o da uno stato ottimale e/o perfetto, completo e compiuto, nel quale il soggetto (umano o non) era in grado di esprimere il meglio di sé e della propria natura. Prima considerata un dono divino o una trasmissione per via di sangue, con i Sofisti e Socrate la virtù diviene un termine ideale ed un orizzonte di azione per il cittadino co-
● -mune, uno sforzo ed una tensione che avrebbe consentito – tramite l'educazione – di sollevare il proprio stato sociale (Sofisti) o di migliorare comunque se stessi (Socrate). ● L'azione alla quale il dialogo socratico sottometteva l'interlocutore era naturalmente l'azione conoscitiva: così il risultato finale di questa – la virtù – non poteva non consistere e sostanziarsi dei raggiungimenti intellettuali e delle relative e riflesse prassi eventualmente raggiunte, con probabili aggiustamenti, o addirittura conversioni della mentalità e dell'usuale costume del partecipante all'azione maieutica socratica. Senza questo fine operativo di ricerca non si sarebbe potuta raggiungere alcuna virtù.
● Nello stesso tempo la virtù socratica non si esauriva nel risultato finale del ragionamento comune, visto che questo poteva o magari doveva essere ulteriormente abbattuto, per fare spazio ad una nuova e migliore ricerca. Piuttosto era l'insieme della via, del metodo e dell'eventuale e sempre momentaneo risultato a costituire un esempio particolare della virtù in generale, comunque unica per tutti gli uomini ed in tutte le situazioni (universale e non relativistica, com'era invece al modo dei Sofisti). La via, la possibilità e la necessità della virtù è infatti aperta a tutti. Tutti la possono perseguire e raggiungere. Essa infatti è acquisibile e trasmissibile, al modo naturalmente socratico. Essa costituisce il procedimento scientifico positivo, sempre giustificato e contestualizzato (“scienza del bene”).
● La possibilità di un raggiungimento aperto e comune nello stesso tempo garantisce la pluralità degli scopi e delle attività umane concrete, consentendo di congiungere – a ciascuno e tutti – positività ed utilità, affiancando in tal modo al perseguimento della virtù il raggiungimento della felicità. La potenza positiva che in tal modo la virtù consente di attingere fa fiorire e moltiplicare le capacità umane, consentendo che la pluralità delle determinazioni d'azione e gli scopi o le finalità pratiche dell'uomo possano trovare reciproca temperanza e sostenibilità, costituendo finalmente un'ottima base per la vita comune, per la vita sociale e politica.
● È la terminalità ideale del bene a costituire quindi per Socrate la ragione e la motivazione all'azione: nessuno quindi orienta la propria volontà al di fuori di questa tendenzialità. Solo l'errore porta ad azioni ed a risultati negativi (“nessuno pecca volontariamente”, “chi fa il male, lo fa per ignoranza del bene”). Stante questa assoluta positività, diventa preferibile subire il male, piuttosto che compierlo. ● Di fronte a questa determinazione della via per la virtù il pensiero cristiano successivo avrebbe fatto valere la distinzione fra intelletto e volontà, assegnando a questa ed al peso delle passioni un condizionamento importante per la vita morale.
2.6. Socrate e la religione. ● Critico della tradizione antropomorfica dei Greci antichi Socrate prestava comunque ossequio agli dei della città, per una forma di rispetto dei significati razionali e politici comunque sottesi alle loro immagini. Ma più profondo ed alto di queste molteplici apparenze stava il dio socratico, intelligenza e bene, garante dell'ordine della vita in generale. Rispetto ad esso la ricerca filosofica socratica si ammantava dei tratti di una religiosità appunto più profonda e più alta, pericolosa per l'ordine costituito, nel momento in cui mettesse in questione i tradizionali ordinamenti gerarchici o la stessa bontà delle ricchezze e dei beni esteriori accumulati dalle classi dominanti (aristocrazia terriera e borghesia commerciale cittadina), quali strumento di potere sulla città.
2.7. La morte di Socrate. ● > Questa l'accusa formulata dai democratici Meleto, Anito e Licone contro Socrate. Sulla base di quest'accusa si svolse un processo oramai leggendario, narrato da Platone nell'Apologia di Socrate. Socrate beve la cicuta
● Così la restaurata democrazia ateniese, dopo la caduta del regime filo-spartano dei Trenta Tiranni (capeggiati da Crizia, amico di Socrate), decide la condanna a morte di Socrate per cicuta, dopo un processo nel quale lo stesso filosofo esalta la propria missione educativa e si autoassegna – come premio e non come condanna - un vitalizio a spese della collettività pubblica. Che la condanna fosse motivata dal desiderio di conservare la stabilità ideologica dello Stato appena restaurato, oppure dalla vendetta nei confronti di una posizione politica filo-aristocratica (avversa alle modalità del libero sorteggio o della libera elezione popolare delle cariche più importanti), la morte di Socrate – soprattutto per la presentazione che ne ha fatto Platone nel Fedone – è subito diventata l'emblema
● della morte eroica, del filosofo che muore pur di conservare intatta la propria dignità e la propria ragione, evitando di infrangere per viltà le leggi del proprio paese.
2.8. Le scuole socratiche minori. ● La scuola megarica. Fondata da Euclide di Megara, essa identifica l'Essere-Uno eleate con il bene socratico, riproponendo in chiave aggiornata argomenti contro la molteplicità e il movimento assicurato dalla possibilità. Stretti assertori della necessità reale degli eventi ed accadimenti, elaborano argomentazioni aporetiche irresolubili (es. il paradosso del “mentitore”), per dimostrare la fallacia della logica binaria (aristotelica). ● La scuola cinica. Fondata da Antistene di Atene, essa perseguiva un ideale di vita naturale, mantenendosi nel contempo ferma alla logica empirica dell'identità. Contro il piacere affermano la stretta necessità della virtù.
● La scuola cirenaica. Fondata da Aristippo di Cirene essa unisce il criterio gnoseologico della sensazione e della sensibilità a quello morale della regolazione del sentimento, della passione e del piacere, che doveva essere istantaneo (non prolungato), per evitare di essere preda dell'ansia del futuro o della melanconia del passato.