Giacomo Leopardi (Recanati 1798/Napoli 1837) “Fu di statura mediocre, chinata ed esile , di colore bianco che volge al pallido, di testa grossa, di fronte quadra e larga, d’occhi cilestri e languidi, di naso proffilato, di lineamenti delicatissimi, di pronunziazione modesta e alquanto fioca, e d’un sorriso ineffabile e quasi celeste.” Antonio Ranieri
1798-1818: l’erudizione e lo studio “matto e disperatissimo” Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno a Recanati, primo di cinque figli del conte Monaldo e di Adelaide Antici. Il padre, appassionato bibliofilo (nella biblioteca di famiglia sono raccolti 16.000 volumi), non cura l’amministrazione dei beni familiari, che nel 1803 passa alla moglie, donna dura ed energica. Le finanze di casa saranno risanate, ma l’atmosfera è dominata dalla sua indole severa e bigotta. 1798-1807: 1808-15: “sette anni di studio matto e disperatissimo”, di cui scrive il poeta in un appunto dello Zibaldone dei pensieri, il diario intellettuale in 4526 fogli manoscritti da lui tenuto dal 1817 al 1832. Il padre licenzia il precettore “perché non aveva più altro da insegnargli”. L. si dedica da solo a ricerche erudite (nel 1813 inizia lo studio di greco ed ebraico). Un esempio della sua erudizione è dato dal Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815): ma si tratta di opere aridamente accademiche. Da giovanissimo è conservatore anche in politica, facendo sue le idee ultralegittimiste del padre, avverso a ogni innovazione. Casa di Leopardi sulla piazza dove si affaccia anche la casa della Silvia famosa, morta giovanissima (Teresa Fattorini)
1816. La conversione dall’erudizione al bello ammalatosi, scrive Appressamento alla morte. Nel ‘17 inizia la sua amicizia epistolare con Pietro Giordani, che lo incoraggia ed orienta nel gusto letterario. Si innamora della cugina Gertrude Cassi e scrive Il primo amore 1816-17: compone il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, ove difende la poesia antica come “natura” contrapposta all’artificio. Dopo la visita di Giordani, si converte al patriottismo democratico: scrive All’Italia e Sopra il monumento di Dante 1818: 1819 MALATTI AGLI OCCHI TENTATIVO DI FUGA E CRISI Che cosa è in Recanati di bello? Che l’uomo si curi di vedere o d’imparare?niente…. Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza tutto il resto è noia
1816 crisi del primo amore e prima “conversione” dall’erudizione al bello da uno studio formale e retorico dei classici alla comprensione del loro profondo valore poetico (e, di conseguenza, passaggio da parte di L. dalla compilazione di opere erudite come il " Saggio sopra gli errori popolari degli antichi " ai primi tentativi di poesia lirica ). Nella carriera poetica il mio spirito ha percorso lo stesso stadio che lo spirito umano in generale. Da principio il mio forte era la fantasia, e i miei versi erano pieni d'immagini… Non aveva ancora meditato intorno alle cose, e della filosofia non avea che un barlume, e questo in grande, e con quella solita illusione che noi ci facciamo, cioè che nel mondo e nella vita ci debba esser sempre un'eccezione a favor nostro.
Una malattia agli occhi gli nega il sollievo delle letture, che sole possono alleviare la clausura recanatese (la sua “porca bicoccaccia”). Questa condizione di solitudine e di noia fa maturare il suo ancora indeterminato pessimismo. La volontà di ribellione all’ambiente familiare culmina in un tentativo di fuga, che viene sventato dai suoi. Scrive gli idilli L’infinito e Alla luna e alcune canzoni Sebastiano Timpanaro «Bisogna riconoscere che la malattia dette a Leopardi una coscienza particolarmente precoce e acuta del pesante condizionamento che la natura esercita sull'uomo. … l'esperienza della deformità e della malattia non rimase affatto nel Leopardi un motivo di lamento individuale…, ma divenne un formidabile strumento conoscitivo» (Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano,1965). «Sono così stordito dal niente che mi circonda, che non so come abbia la forza di prender la penna per rispondere […]. Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche della morte, non perch’io la tema in nessun conto, ma non vedo più divario tra la morte e questa mia vita […], e sono così spaventato dalla vanità di tutte le cose, e dalla condizione degli uomini, morte tutte le passioni, come sono spente nell’animo mio, che ne vo fuori di me, considerando ch’è niente un niente anche la mia disperazione».
prime formulazioni di una POETICA antiromantica : in particolare evidenza nel DISCORSO DI UN ITALIANO INTORNO ALLA POESIA ROMANTICA (1818) nel quale egli media posizioni di Rousseau e della Stael combinandole con il classicismo: la sola poesia è quella di "immaginazione " come quella antica di Omero. La poesia " sentimentale " moderna è piuttosto una filosofia o un'eloquenza.
DALLA POESIA D’IMMAGINAZIONE ALLA POESIA FILOSOFICA 1819: seconda conversione DAL BELLO AL VERO e definizione del primo sistema DALLA POESIA D’IMMAGINAZIONE ALLA POESIA FILOSOFICA nel 1818 - 19 durante la prima grave crisi (esistenziale e fisica) si ha la "conversione dal bello al vero " cioè il passaggio da interessi estetici e poetici a interessi filosofici. La conversione filosofica L’anima umana desidera sempre, e mira unicamente al piacere, ossia alla felicità Tutti i piaceri debbono esser misti di dispiacere, perché l’anima nell’ottenerli cerca avidamente quello che non può trovare, cioè una infinità di piacere, ossia la soddisfazione di un desiderio illimitato “La mutazione totale in me, e il passaggio dallo stato antico al moderno, seguì si può dire dentro un anno, cioè nel 1819. dove privato dell'uso della vista, e della continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la mia infelicità in un modo assai più tenebroso…, a divenir filosofo di professione (di poeta ch'io era), a sentire l'infelicità certa del mondo, in luogo di conoscerla “
Tra 1824-1832 Il viaggio a Roma del 1822 il padre gli concede di accettare l’ospitalità degli zii Antici, a Roma: è il primo viaggio fuori Recanati. L’esperienza tanto desiderata di visitare la grande città e i suoi elitari salotti, costituì un nuovo cocente motivo di delusione poiché il mondo oltre le mura di Recanati si rivelò ancora più meschino di quanto immaginasse. 1823 nell’aprile torna a Recanati. Con Alla sua donna si congeda provvisoriamente dalla poesia. Tra 1824-1832 Scrive il primo gruppo di venti Operette Morali. La forma stilistica prevalente è quella del dialogo, emulando Luciano di Samosata, celebre autore di dialoghi satirici.
Il RISORGIMENTO a Pisa 1828-29 a Pisa torna a comporre poesie (A Silvia, Il risorgimento). Riceve varie proposte di impiego, ma le rifiuta per la salute malferma (università di Bonn e Bologna). In giugno è di nuovo a Firenze dove intrattiene rapporti con alcuni esuli napoletani (fra cui Antonio Ranieri). Privo di mezzi di sostentamento, a novembre ritorna a Recanati. Il 1829 è l’anno dei “grandi idilli”: Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio. torna a Firenze grazie a Pietro Colletta che raccoglie il denaro sufficiente per un anno. Diviene amico di Ranieri e nutre un amore infelice per Fanny Targioni Tozzetti che gli ispirerà le poesie del “ciclo di Aspasia” (1831-35). 1830-31:
1833-1837: gli anni napoletani e la fase “eroica” il ritorno a Firenze non è lieto: il poeta si macera nell’amore non corrisposto per Fanny Targioni Tozzetti che apprezza invece le attenzioni di Ranieri. 1833: In seguito a un peggioramento delle condizioni di salute, lascia la casa napoletana presso Capodimonte per recarsi a Torre del Greco, nella villa del cognato di Ranieri, Giuseppe Ferrigni. Qui scrive La Ginestra, Il tramonto della luna e I nuovi credenti: il pessimismo cosmico è sostituito da una nuova visione che chiama gli uomini a un afflato di solidarietà contro il dolore e la sofferenza. 1836 Quando scoppia l’epidemia di colera, il poeta impone a Ranieri di riportarlo a Napoli. La sua salute peggiora e si aggrava l’idropisia. Il 14 giugno muore: Ranieri riesce a stento a sottrarre il corpo dalla fossa comune cui sono destinati i morti di colera. Viene sepolto nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Nel 1844 Ranieri poté far trasportare la bara nel vestibolo e adornarla con un monumento sepolcrale. Il 22 febbraio 1939 i resti del poeta furono traslati nel Parco Virgiliano a Mergellina (Napoli). 1837:
Per una biografia intellettuale: dal particolare al generale Leopardi contestò sempre che la sua protesta e il suo pessimismo derivassero dal suo stato. Si può tuttavia affermare che egli trasse spunto dalla sua esperienza per giungere a una consapevolezza più generale della condizione umana Per comprendere a pieno la biografia leopardiana occorre pertanto adottare una prospettiva che muove dal particolare al generale La chiusura e il tradizionalismo familiari rinviano al più generale grado di arretratezza dello Stato pontificio in cui vive La sofferenza e la frustrazione personale non sono che la manifestazione del dolore universale che ci riserva la natura matrigna Leopardi esprime un forte antagonismo verso la società del suo tempo. Gli studi e la stessa malattia furono il mezzo per sottrarsi ai limiti impostigli dalla famiglia e da Recanati (il borgo selvaggio). E così pure l’accettazione dell’indigenza gli servì ad evitare ogni forma di adattamento alle convenzioni sociali, da cui negli ultimi anni si scostò platealmente durante il sodalizio con Ranieri conducendo una vita alla giornata