LA CRISI RELIGIOSA DEL CINQUECENTO

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Transcript della presentazione:

LA CRISI RELIGIOSA DEL CINQUECENTO LA RIFORMA: UNA RIVOLUZIONE EUROPEA

Il Concilio di Trento (1545-1564) Parte ottava Il Concilio di Trento (1545-1564)

Il Concilio di Trento (1545-1564)

Dove convocare il Concilio? Convocato nel 1537 da Paolo III il Concilio avrebbe dovuto riunirsi per la prima volta a Mantova. Ma la famiglia Gonzaga appare troppo vicina al partito imperiale. Si deve quindi trovare una sede che soddisfi le opposte esigenze – soprattutto simboliche - del Papa, dei diversi partiti di curia, dell’Imperatore e del re di Francia. Dopo aver scartato molte sedi (Torino, Piacenza, Bologna, Vicenza), solo nel 1542 e con estrema fatica si individua una sede adatta al Concilio.

La città di Trento, sede del Concilio La scelta cade sulla città di Trento: Principato ecclesiastico in territorio imperiale e pertanto accettato da entrambi gli schieramenti. Principe vescovo è in quel momento Cristoforo Madruzzo esponente del partito imperiale, riformatore. Durante le prime sessioni del Concilio l’imperatore Carlo V pone la sua residenza a Innsbruck, distante una sola giornata da Trento.

La prima sessione (1545-47)

I lavori della prima sessione (1545-47) Convocato da Paolo III, il Concilio si apre a Trento il 13 dicembre 1545, nel pieno di un rigido inverno, in assenza del papa, rappresentato da quattro cardinali di diverso orientamento, ma tutti riformatori: Del Monte, Cervini, Pole, Gonzaga. Due di loro, Del Monte e Cervini, saranno eletti papi durante il Concilio. Uno, Pole, mancherà l’elezione per un solo voto. La prima sessione del Concilio si trascina per due anni con scarsa partecipazione dei delegati (65), intervallata lunghe pause (freddo, epidemie) Il dibattito si concentra sulle definizioni teologiche (giustificazione per fede, grazia, traduzione in volgare della Scrittura) nel tentativo degli spirituali di ottenere risultati significativi.

I partecipanti Partecipano al Concilio di Trento un numero esiguo di delegati (86): 4 cardinali 4 arcivescovi 21 vescovi 5 rappresentanti degli ordini religiosi mendicanti 42 teologi 8 giuristi 2 rappresentanti dell’Arciduca d’Austria Ma le presenze fisse non superano la cinquantina.

Il cardinale Ercole Gonzaga (1505-63) Cardinale e arcivescovo di Mantova e di fatto capo della famiglia Gonzaga, una delle più potenti famiglie italiane, è schierato con il partito imperiale. Nei primi anni quaranta ha capeggiato un congiura di principi e cardinali filoimperiali per spodestare il Papa e consentire a Carlo V di invadere lo Stato della Chiesa. Nominato Legato papale al Concilio di Trento ne presiede le prime sessioni. Poco interessato alla teologia e molto alla politica, giunge a Trento accompagnato da 160 servitori e da solo occupa due residenze nobiliari.

Il cardinale Reginald Pole (1500-1558) Il cardinale inglese Reginald Pole, cugino di Enrico VIII, nel 1545 è il secondo Legato papale al Concilio di Trento. Esponente della corrente degli “spirituali” , tenta fino all’ultimo di imprimere una svolta autenticamente riformatrice al Concilio. Nel 1549 mancherà per un solo voto l’elezione al pontificato. Allontanato da Roma e tornato in Inghilterra nel 1554, sotto la cattolica Maria Tudor, viene inquisito nel 1555 dal suo vecchio avversario Paolo IV Carafa per filoprotestantesimo. Muore prima della conclusione del processo, “in opinione a Roma di luterano et in Alemagna di papista” (Carnesecchi).

I lavori della prima sessione (1545-47) Pole e i riformatori chiedono che si provveda innanzitutto a correggere le irregolarità e gli abusi diffusi nella Chiesa, per mostrare disponibilità al mondo protestante. Cervini oppone invece la necessità di definire innanzitutto i dogmi, ma deve accettare una soluzione di compromesso, consistente nella discussione simultanea di questioni dottrinali e di riforma. Il 28 giugno 1546 Pole lascia Trento adducendo problemi di salute, ma in realtà per non dover sottoscrivere la dichiarazione sulla «giustificazione per fede e opere» contraria ai propri principi. Dopo la delusione di Ratisbona il cardinale d’Inghilterra cerca di non perdere guida degli «spirituali». Entrati nel vivo i lavori sulla giustificazione, Cervini ne propone l’esame preliminare da parte di più congregazioni di specialisti e affida a Seripando il compito di stendere una nuova versione, pronta all'inizio di agosto 1546 e concordata con gli spirituali. Il testo non viene però divulgato mentre Cervini propone che, per superare le diverse posizioni dei teologi, si condannassero solo quelle certamente eterodosse, senza entrare nel merito delle definizioni consolidate nella scolastica. Un nuovo testo viene redatto da Seripando nel mese di settembre, raccogliendo testi patristici sulla giustificazione «sola fide». Il 21 dicembre viene proposta una nuova formulazione di diversi articoli del decreto, pubblicato il 13 gennaio 1547.

Da Trento a Bologna (1547-49 e 1550-1551) A metà marzo 1547, con la scusa di un’epidemia di tifo, il Concilio viene spostato - suscitando l’ira di Carlo V - da Trento a Bologna, città pontificia dove prosegue, senza risultati significativi, fino alla morte di Paolo III nel dicembre 1549. I delegati imperiali, per protesta, rimangono a Trento. Interrotto dal Conclave che porta all’elezione di Giulio III, il Concilio viene riconvocato a Trento solo nel 1551. Per tre anni il Concilio bolognese è di fatto inattivo.

Il Conclave del 1549-1550. Scontro aperto ai vertici della Chiesa Alla morte di Paolo III Reginald Pole entra in Conclave come il papabile più favorito, sostenuto dagli imperiali e dai riformatori. Ma gli imperiali sono divisi. Le votazioni iniziano con i due schieramenti che concentrano i voti su candidati di bandiera (Burgos per gli «imperiali» e De Cupis per i «francesi»), mentre i veri candidati (Pole per gli spirituali e Carafa per gli zelanti) dovrebbero restare in seconda fila. Ma le cose vanno diversamente: Pole si afferma subito come il favorito. 3 dicembre 1549: Primo scrutinio 42 votanti. Quorum a 28 voti: Pole 21, Burgos 13, De Cupis 12, Carafa 10, Cervini 9. Pole è in testa ma lontano dal quorum. 4 dicembre: Pole 24, Burgos 14, De Cupis 11. 5 dicembre: Pole 24, Carafa 16, De Cupis 14. A Pole mancano solo 4 voti. Carpi, Farnese e Del Monte voterebbero Pole, ma aspettano un segnale (Pole può contare su 27 voti). A questo punto Pole potrebbe votare per se stesso e ottenere il quorum, ma non lo fa. L’elezione di Pole è data per sicura al 90% e a Roma si scommette. Si propone l’elezione per adorazione. Ma Pole rifiuta e chiede di attendere l’arrivo dei cardinali francesi. A questo punto Carafa pronuncia un durissimo discorso accusando apertamente Pole di eresia e mostrando alcune carte compromettenti del Tribunale dell’Inquisizione. 6 dicembre: Pole scende a 22 voti. Determinanti per decidere le sorti del Conclave sono i sospetti e le accuse di eresia usate da Carafa come arma di ricatto contro Pole.

Il Conclave del 1549-1550 e la sconfitta di Reginald Pole 12 dicembre 1549: arrivano i cardinali francesi e gli schieramenti si rovesciano. Per tutto il mese Pole si mantiene sui 22-23 voti, mentre Carafa, divenuto il candidato del francesi, sale a 21 voti. 15 gennaio 1550: i riformatori cambiano cavallo e puntano su Morone che ottiene 26 voti; molti, ma non sufficienti ad essere eletto. 7 febbraio 1550: dopo 73 giorni di Conclave e 60 scrutini, tutti ripiegano su un candidato di compromesso eleggendo papa il toscano Giovanni Maria Ciocchi Del Monte che sceglie il nome di Giulio III.

Il Conclave del 1549-50 e la sconfitta di Reginald Pole Nel Conclave del 1549-50, dopo la morte di Paolo III, manca per un solo voto l’elezione al pontificato, segnando così la sconfitta della corrente «spirituale» interna alla Chiesa. Sconfitto in Conclave, Pole si dedica alla stesura di un testo, rimasto inedito, De summo pontifice, proponendosi di «esplicare più pienamente la propria natura» dell’«officio del sommo pontificato». In un implicito rovesciamento delle tesi di Machiavelli, egli trovava nella storia le ragioni dell’intrinseca superiorità del vicario di Cristo, guidato dallo spirito divino e tenuto pertanto a «esser come un sole» per il «magistrato seculare», che esercitava invece il «governo della notte» mediante la «prudenza umana». L’esempio del sommo pontefice, «all’officio del quale» spettava «conformar la vita» alla dottrina evangelica, diventava così indispensabile, se accompagnato da quello degli «altri pastori» e del «gregge dei fedeli», per avviare la «vera et perfetta riforma» e per riportare la pace, inducendo alla conversione anche gli eretici e gli infedeli.

Giulio III (1550-55) e Michelangelo Alla morte di Paolo III (1549) in Conclave si scontrano due candidati: il riformatore Reginald Pole, sostenuto dagli spirituali e l’intransigente Gian Pietro Carafa, sostenuto dagli zelanti. Dopo settantatre giorni - battendo per un solo voto di scarto, Reginald Pole - viene eletto papa un uomo di mediazione: l’anziano cardinale Giovanni Maria del Monte, presidente della prima sessione del Concilio. Il nuovo papa prende il nome di Giulio III e riporta il Concilio a Trento (1551-52). Durante il suo pontificato si fa coinvolgere da Carlo V nella guerra contro Ottavio Farnese, nipote del defunto Paolo III, e invia Pole in Inghilterra con il compito di riportare il cattolicesimo nell’Isola. Mecenate e protettore delle arti, favorisce Michelangelo e Palestrina. Per cinque anni lascia pieno campo libero al Sant’Uffizio guidato da Carafa.

La guerra di posizione continua sotto il papato di Giulio III A dieci giorni dalla sua elezione, 17 febbraio 1550, Giulio III istituisce la Commissione cardinalizia De rebus fidei, preposta alla difesa della fede e all’estirpazione dell’eresia: chiamandone a far parte i principali protagonisti del Conclave, equamente ripartiti: De Cupis (decano), Carafa, Cervini, Sfrondati (tre inquisitori), Crescenzi, Morone e Pole (tre riformatori). Nelle intenzioni del nuovo papa quest’organismo avrebbe dovuto arginare le crescenti interferenze dell’Inquisizione romana, diretta da Carafa e intenta a proseguire l’acquisizione di deposizioni attestanti l’eresia di importanti prelati, a dispetto dell’esplicito divieto di interrogare gli imputati sul conto dei cardinali senza il consenso papale. Pole, inoltre, entra a far parte delle commissioni per la riforma della Dataria e della Penitenzieria e per la riconvocazione del Concilio, che si sarebbe riaperto a Trento il 1° maggio 1551. Nell’aprile 1553 Giulio III viene a sapere che da un anno il S. Uffizio ha raccolto un dossier di accuse contro Pole e Morone e costringe Carafa a recarsi da Pole per porgergli le proprie scuse.

Reginald Pole e la ricattolicizazione dell’Inghilterra (1554-58) Nell’estate 1553 Pole trascorre l’estate sul Garda, presso l’abbazia di Maguzzano dove viene raggiunto dalla notizia della morte di Edoardo VI e dell’ascesa al trono di Maria Tudor. Il 5 agosto Giulio III lo nomina Legato pontificio in Inghilterra con amplissime facoltà per riportare il Regno inglese al cattolicesimo, ma l’opposizione di Carlo V ritarda la sua partenza, costringendolo a trattenersi presso il monastero francescano di Isola del Garda fino al 29 settembre. La nomina di Pole a legato pontificio in Inghilterra è dettata da due ragioni: Giulio III vuole al tempo stesso allontanarlo da Roma e proteggerlo all’Inquisizione. La Chiesa Anglicana è considerata da Pole una chiesa di potere sottoposta al controllo temporale del sovrano e pertanto da combattere, il suo sogno è ottenere il rientro nella Chiesa di Roma degli inglesi per poter poi procedere alla grande riforma a partire dall’accettazione della giustificazione per sola fede. Tornato in Inghilterra nel 1554, dopo le nozze fra Maria Tudor e Filippo II d’Asburgo, Pole si dedica alla restaurazione del cattolicesimo nell’isola e il 30 novembre proclama la riconciliazione del Regno inglese «ad unionem catholicae Ecclesiae». Il cardinale sceglie di collaborare con la regina alla repressione dei vertici anglicani, responsabili della morte dei suoi famigliari. In questo quadro si colloca la condanna a morte di Thomas Cranmer. Deposto l'arcivescovo anglicano Thomas Cranmer, Pole l'11 dicembre 1555 è nominato Primate d’Inghilterra, Amministratore apostolico e Arcivescovo di Canterbury, di fatto padrone della Chiesa d’Inghilterra, trasformata da anglicana in cattolica, e odiato a morte dagli anglicani.

1555: l’anno dei due Conclavi Nel 1555, anno di forti conflitti per la Chiesa di Roma, si tengono a breve distanza due Conclavi. Il primo dal 5 al 10 aprile si conclude con l’elezione del riformatore Marcello II. Il secondo dal 15 al 23 maggio con l’elezione del reazionario Paolo IV.

Marcello II (Marcello Cervini) 1555 Eletto in soli quattro giorni per acclamazione al primo Conclave del 1555, il cardinale Marcello Cervini, già Legato papale al Concilio di Trento; uomo integerrimo, estraneo ai giochi di potere, legato agli spirituali negli anni trenta, si è via via avvicinato alle posizioni intransigenti di Carafa. Per i riformatori costituisce l’ultima speranza. Dopo aver rifiutato il fasto dell’incoronazione, condanna il nepotismo e la corruzione e propone l’abolizione della Guardia svizzera, a significare la natura spirituale del papato. Papa per soli 22 giorni. Sulla sua improvvisa morte si addensano molti sospetti.

Paolo IV (Gian Pietro Carafa) 1555-59 Alla morte di Marcello II, dopo uno scontro durissimo fra intransigenti e riformatori (che candidano nuovamente il vescovo modenese Giovanni Morone, già sconfitto nel 1549) il 23 maggio 1555 viene eletto papa,col nome di Paolo IV, il settantanovenne cardinale Gian Pietro Carafa (1476-1559), fondatore dell’ordine dei Teatini e poi decano del Sacro Collegio, capofila degli zelanti, esponente del settore più intransigente e reazionario della Chiesa cattolica.

Papa Paolo IV (Gian Pietro Carafa) 1555-59 Con l’elezione papale di Gian Pietro Carafa nel 1555, la Controriforma assume il carattere di una vera e propria reazione contro ogni eterodossia interna ed esterna alla Chiesa. Paolo IV Istituisce nel 1557 l’Indice di libri proibiti e fa largo uso, contro i suoi avversari, del tribunale dell’Inquisizione. Di fatto l’Inquisizione prende il potere e il Concilio riprende come semplice momento esecutivo della volontà papale, mentre tutti gli esponenti della corrente “spirituale” vengono inquisiti, eliminati o allontanati.

1555 - La pacificazione di Augusta Appena eletto il nuovo Papa, l’Imperatore Carlo V, ormai prossimo all’abdicazione, convoca ad Augusta la Dieta imperiale sancendo la spartizione di beni, territori e confessioni in tutto l’impero sulla base del principio “Cuius regio eius religio”. È l’occasione per una duratura pacificazione fra cattolici e protestanti. I sovrani hanno il diritto di imporre la propria religione ai sudditi, ma questi hanno il diritto di abbandonare lo Stato e trasferirsi in un paese dove è ammessa la propria religione.

Gli ultimi anni di Reginald Pole Impegnato nell’attività pastorale in Inghilterra, Pole non partecipa né al Conclave dell’aprile 1555, in cui viene eletto Marcello Cervini, né a quello del 23 maggio 1555 in cui viene eletto Gian Pietro Carafa, il quale un mese più tardi incarica il nuovo commissario del S. Uffizio, contravvenendo ad ogni regola stabilita, di raccogliere deposizioni su qualunque persona sospetta di eresia, inclusi i vertici della gerarchia ecclesiastica. Indotto infine a rinnegare le proprie convinzioni, Pole si schiera senza riserve a favore dell’opinione che «nos ex operibus iustificari», attirando su di sé le dure critiche di Pier Paolo Vergerio e di un altro esule italiano in terra riformata, Francesco Negri. Tra il 1555 e il 1558 in Inghilterra si avvia una dura persecuzione dell’eresia che si traduce in alcune centinaia di condanne al rogo.

Il processo inquisitoriale e la morte (1557-58) Con l’ascesa al pontificato di Paolo IV nel 1555 Pole si trova a dover eseguire gli ordini del nuovo papa ed attuare la repressione dei non cattolici. I suoi amici spirituali e il suo ex amico Vergerio, passato alla chiesa riformata, lo accusano di complicità con i papisti e di tradimento della causa riformata Pole si trova completamente isolato: attaccato dai protestanti, abbandonato dagli spirituali e accusato dall’Inquisizione. Sceglie la fedeltà alla Chiesa di Roma e il sostegno alla regina d’Inghilterra. Nonostante i successi conseguiti nella riconquista cattolica dell’Inghilterra, Pole viene ugualmente inquisito dal suo vecchio avversario Carafa che il 1° giugno 1557, il giorno dopo l’arresto del cardinale Morone, allude a «un altro» cardinale che, «con pericolo di questa santissima fede […], era stato per ottenere questa santissima dignità». Alla fine del 1557 Paolo IV revoca a Pole il titolo di Legato pontificio e lo richiama a Roma: su di lui pende l’accusa di «luteranesimo»; ma Pole rimane in patria, protetto dalla regina Maria e da Filippo II di Spagna. A nulla valgono le pressini della diplomazia britannica per sostenere la sua causa: Paolo IV lo vuole richiamare a Roma per sottoporlo a processo inquisitoriale. Reginald Pole muore a Londra nel palazzo di Lambeth, il 17 novembre 1558, dodici ore dopo la regina Maria Tudor; lasciando il suo processo inquisitoriale aperto, «in opinione a Roma di luterano et in Alemagna di papista».

1559 – L’Indice dei libri proibiti Nel 1559 viene pubblicato il primo Indice di libri proibiti come nuovo strumento i controllo delle idee. La censura non viene più delegata ai vescovi, ma accentrata alla Congregazione del Sant’Uffizio. Aggiornato periodicamente, l’Indice raccoglie l’elenco di tutti i libri che la Chiesa cattolica ritiene contrari alla religione e pertanto da vietare. Oltre a tutte le opere degli eretici, sono poste all’Indice, fra le altre, le opere di Boccaccio, Aretino, Berni, Machiavelli, Erasmo, Rabelais.

Il Tribunale dell’Inquisizione romana La Congregazione del Sant’Uffizio, dalla quale dipende il Tribunale dell’Inquisizione, viene impiegata come organo di lotta contro l’eterodossia. Molti esponenti del partito riformatore, avversari di papa Carafa – fra i quali i cardinali Pole e Morone - finiscono sotto processo. Entrambi e in diverse occasioni erano stati candidati al papato contro di lui. Tra il 1548 e il 1559 il Sant’Uffizio inquisisce oltre cento predicatori di ogni parte d’italia, quasi sempre protetti dai vertici dei loro Ordini.

Un tribunale fuori da ogni controllo Il Supremo Tribunale dell’Inquisizione agisce fuori dal controllo dei vescovi e risponde unicamente al suo presidente e al papa (che in numerose occasioni cerca di limitarne i poteri), con facoltà di «procedere contra de ciaschun, et principi secolari et prelati ecclesiastici». Oltre a Vergerio (Capodistria), Morone (Modena), Soranzo (Bergamo) e Pole (Viterbo) sono inquisiti i vescovi Nacchianti (Chioggia), Centanni (Limassol), Sanfelice (Cava dei Tirreni), Verdura (Creta), Grimani (Aquileia).

La pratica della tortura L’impiego della tortura per estorcere le confessioni agli inquisiti diviene sistematica. Una volta raccolta la confessione e salvata la loro anima, i rei sono consegnati al “braccio secolare” per l’esecuzione della condanna.

I Roghi Non sono solo i libri proibiti ad essere gettati fra le fiamme. Numerose vittime dell’Inquisizione, condannate per eresia, ma anche per reati come la stregoneria e la sodomia, finiscono arsi vivi sul rogo.

I lavori della seconda sessione (1555-1559) La seconda sessione del Concilio di Trento, riconvocata e chiusa dall’intransigente Paolo IV Carafa, si apre all’insegna della repressione del dissenso e della definitiva sconfitta della componente erasmiana e riformatrice. All’ordine del giorno è la distinzione fra ortodossia e eterodossia. Gli stessi padri conciliari – primo fra tutti il cardinale Giovanni Morone, per due volte candidato al papato - sono sottoposti alla pressione dell’Inquisizione.

Il processo al cardinal Morone (1555-1559) Nel 1555 Morone è inviato da papa Giulio III come legato pontificio alla Dieta imperiale di Augusta, ma l'improvvisa morte del papa lo obbliga a rientrare in Italia, per riproporre la propria candidatura in Conclave contro Gian Pietro Carafa dal qualche viene battuto per pochi voti. Appena eletto, il nuovo papa avvia un procedimento inquisitoriale con l’accusa di eresia contro il suo principale avversario, di cui ordina l’arresto il 31 maggio 1557. Imprigionato a Roma in Castel Sant'Angelo (con altri prelati accusati di eresia, tra cui il vescovo Egidio Foscherari) e interrogato dal cardinale Carlo Carafa, nipote del papa, Morone si difende ad oltranza, negando di essere un luterano e proclamando la sua ortodossia cattolica. Immediatamente il Collegio cardinalizio, guidato dal decano cardinale du Bellay, chiede la convocazione di un Concistoro, imponendo al papa di render conto degli arresti. Paolo IV fronteggia i cardinali dichiarando che vi erano stati dubbi circa l'ortodossia del Morone fin dal tempo di Paolo III, accusando di eresia anche Reginald Pole. Insistendo perché il cardinale rimanesse nelle mani dell'inquisizione fintanto che i cardinali avessero giudicato il caso, Paolo IV affida l'istruttoria ad una commissione composta da Michele Ghislieri (il futuro Papa Pio V), Alessandro Farnese, nipote di Paolo III, Scipione Rebiba e dal cardinale Reumano. Morone rimane in carcere per più di due anni, sottoposto a un estenuante processo inquisitoriale e riottiene la libertà soltanto alla morte di Paolo IV, nel 1559. Il suo processo viene immediatamente sottoposto a revisione da papa Pio IV Medici, già perseguitato dal Carafa, il quale fa arrestare, processare e condannare a morte per omicidio e peculato i due fratelli di Paolo IV: Paolo e Giovanni Carafa. Assolto da tutte le accuse e pienamente riabilitato, Morone è quindi inviato, in qualità di legato papale, a dirigere e chiudere le ultime sessioni del concilio di Trento nel 1563. Nel 1567, ancora in qualità di vescovo, ritorna a Modena dove muore nel 1580 «in odor di santità».

La morte di Paolo IV nel 1559 Il 18 agosto 1559 la morte di Paolo IV Carafa viene accolta a Roma con con un’esplosione di incontenibile gioia e sollievo, come la fine di un regime di terrore. Le statue del papa sono abbattute e gettate nel Tevere e il palazzo dell’Inquisizione dato alle fiamme. Per molti anni nome del pontefice inquisitore sarà oggetto di una vera e propria damnatio memoriae.

Pasquinate in morte di Paolo IV Morto è il gran volpacchion, popul di Marte, quel ch’ha ingannato sempre tutto il mondo: Un hipocrito papa arcitiranno inimico de Cristo e della fede usurpator della romana sede, espresso luteran, homo nefando. Un che volea per santo esser tenuto sendo un ribaldo, né con opre buone, ma volea con crudel inquisizione e con ferro e con foco esser temuto.

Pio IV (Giovanni Angelo Medici) 1559-65 Di origini modeste e fratello di un noto condottiero che aveva conquistato sul campo il titolo nobiliare, Giovanni Angelo Medici di Marignano era stato un uomo di fiducia di Paolo III, poi allontanato da Roma sotto il pontificato di Paolo IV. Conservatore, ma non intransigente, il nuovo papa riprende e conclude il Concilio di Trento (terza ed ultima sessione: 1562-63). Appena eletto papa riabilita il cardinale Morone, ormai morto, e fa condannare a morte per omicidio e peculato i due fratelli di Paolo IV: Paolo e Giovanni Carafa. Si avvale della collaborazione del nipote Carlo Borromeo arcivescovo di Milano.

Carlo Borromeo (1538-1584) Nipote di Pio IV, dal 1563 vescovo di Milano e protagonista dell’ultima fase del Concilio di Trento. Si adopera per allontanare dalla Lombardia il “morbo protestante”. Infaticabile organizzatore della vita pastorale, soprattutto dei laici, si propone di dar vita ad una società di santi.

L’ultima sessione del Concilio (1562-1563) L’ultima sessione del Concilio affronta il problema del rapporto fra Stati, dopo la pace di Augusta. Viene sancito l’uso del latino nella liturgia. Vengono definite le competenze dei vescovi e i principali problemi disciplinari. Viene regolamentato il matrimonio.

Il Diario del Concilio di Trento

La “Professio fidei Tridentina” (1564) e il “Catechismo Tridentino” (1566) Chiuso ufficialmente il 4 dicembre 1563, dopo diciotto anni dalla prima convocazione, il Concilio si conclude con la Bolla papale di Pio IV Benedictus Deus, con una solenne professione di fede imposta a tutti i cattolici (1564) e con la pubblicazione del Catechismo Tridentino (1566), pubblicato sotto il pontificato di Pio V.

Come cambia la Chiesa dopo il Concilio di Trento? Miglior formazione del clero: imposizione del celibato, istruzione obbligatoria in Seminario, obbligo di residenza. Istituzione dei Seminari diocesani Obbligo di tenere archivi parrocchiali (battesimi, matrimoni, sepolture) Periodicità delle visite pastorali Risposta a bisogni della società: assistenza ed educazione Impegno nella formazione superiore delle classi dirigenti (Gesuiti) Imposizione del latino come unica lingua della Chiesa Imposizione della confessione auricolare Missioni nelle campagne europee Missioni in America, Asia, Africa Fondazione di nuovi Ordini religiosi: Cappuccini, Gesuiti, Teatini, Carmelitane, Filippini, Fatebenefratelli, ecc.

Nelle chiese appare un nuovo mobile: il confessionale La confessione auricolare caratterizza la religiosità post-tridentina e i padri confessori divengono i nuovi «signori delle anime»

All'inizio del V secolo, AGOSTINO, polemizzando con la setta dei "donatisti" che praticava la confessione auricolare, affermava: "Perché esporre agli uomini le piaghe della mia anima? È lo Spirito Santo che rimette i peccati; L'UOMO NON LO PUÒ FARE, perché ha bisogno di medico al pari di chi cerca in lui il rimedio. E se mi dici: 'Come si adempie la promessa di Cristo fatta agli apostoli: 'Tutto quello che scioglierete in terra sarà sciolto nel cielo', rispondo che il Signore prometteva di mandare il Suo Spirito DAL QUALE dovevano essere rimessi i peccati. Or dunque è lo Spirito di Dio che rimette i peccati, E NON VOI!" (Serm. 99; De Verb. Evang. Luca 7). Sulla base di questo testo i protestanti hanno sempre negato ogni valore alla confessione auricolare.

Centralità della confessione La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: "E' necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo (Esodo 20:7; Matteo 5:28),perché spesso feriscono più gravemente l'anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi" . Il Concilio di Trento ribadisce e perfeziona la dottrina della confessione auricolare, con l'affermazione del potere giudiziale da parte del sacerdote, il quale "anche se reo di peccato mortale", mantiene il suo potere di assoluzione o meno.

Seminario arcivescovile di Bologna

I vescovi: un impegno nuovo Il Concilio di Trento impone una serie di nuovi obblighi ai vescovi e individua nella Diocesi l’unità amministrativa della chiesa. Ogni vescovo è tenuto a: Risiedere stabilmente nella Diocesi; Non cumulare cariche amministrative esterne alla Diocesi; Possedere una formazione giuridica (più che teologica) Vigilare sui Seminari e sulla formazione del clero diocesano; Vigilare sul clero diocesano e indirizzarlo; Visitare periodicamente l’intera Diocesi; Convocare i Sinodi diocesani; Presiedere il Tribunale ecclesiastico diocesano (Inquisizione locale) Ai vescovi e ai cardinali è fatto divieto di possedere più di 60 servitori e di partecipare a battute di caccia, festini, danze, spettacoli teatrali.

L’impegno della Chiesa cattolica dopo il Concilio Rafforzamento dell’autorità papale e della gerarchia ecclesiastica Lotta contro l’eresia e il dissenso religioso (Sant’Uffizio, Inquisizione e Indice) Repressione del dissenso culturale e disciplinamento delle arti (pittura, letteratura, ecc.); introduzione del concetto di osceno Stretto controllo dei comportamenti individuali (matrimonio, sessualità)

Pio V (Antonio Ghislieri) 1566-72 Eletto papa nel 1566 è il vero erede del “duro” Paolo IV Carafa. Frate domenicano proveniente dal Sant’Uffizio, dove si era distinto come inflessibile inquisitore, gestisce con estrema durezza la fase post-conciliare Riorganizza la Chiesa cattolica come monarchia papale e come “bastione antiprotestante” Nega qualsiasi tolleranza per le voci dissidenti Rianima l’antigiudaismo cattolico Incrementa il culto dei santi e il culto mariano

La riorganizzazione della monarchia papale Il Papa è un principe senza continuità dinastica (papato come monarchia elettiva) Il Sacro Collegio è al tempo stesso organo di governo della Chiesa, strumento di consenso e potenziale elemento di disgregazione. Gradatamente il papa trasforma il Sacro Collegio in un corpo di funzionari disciplinati e a lui sottoposti, compiendo così il passaggio al governo assoluto della Chiesa (sconfitta del conciliarismo). I Vescovi divengono la principale articolazione del potere papale sul territorio (Diocesi) I Nunzi sono invece le articolazioni della politica pontificia nei confronti delle corti europee.

Le confessioni cristiane in Europa a metà Cinquecento Luterani Calvinisti Anglicani

Le confessioni religiose in Europa a fine Cinquecento

“Controriforma”: storia di una categoria storiografica Il termine Controriforma compare per la prima volta nel 1770 nel manuale di storia tedesca di Johann Stephan Pütter, giurista dell’università di Göttingen, ad indicare il “ripristino dell’obbedienza confessionale” nel Sacro romano impero tra il 1555 e il 1648. Il termine si afferma definitivamente a metà ottocento grazie allo storico protestante Leopold von Ranke, autore di una celebre Storia dei Papi.

“Controriforma” o “Riforma cattolica”? Ad esso si contrapporrà il concetto di Riforma cattolica, introdotto a fine Ottocento dagli storici cattolici tedeschi (Ludwig von Pastor, 1886) e sancito nel 1949 con l’opera dello storico della chiesa Hubert Jedin. In Italia è introdotto dagli studiosi cattolici Paolo Prodi e Giuseppe Alberigo. In questa prospettiva non si tratta solo di una reazione contro la Riforma, ma di un’autonoma spinta riformatrice nata all’interno della Chiesa e culminata con le grandi riforme post-tridentine.

Hubert Jedin (1900-1980) Teologo e storico cattolico tedesco, sacerdote ma figlio di madre ebrea, sotto il nazismo è sospeso dall’insegnamento per ragioni razziali. Studia a lungo Roma, negli archivi vaticani, dal 1927 al 1930 e dal 1939 al 1945. Professore di storia della Chiesa all’università di Breslau (1930-36) e di Bonn (1948-75), è stato uno dei maggiori storici della Chiesa del Novecento, oltre che collaboratore di Giovanni XXIII nella preparazione del Concilio Vaticano II. Autore di una grande Storia del concilio di Trento (1949-1976).

Il concetto jediniano di “ Riforma cattolica” (1460-1566) “Riflessione su di sé attuata dalla Chiesa in ordine all’ideale di vita cattolica raggiungibile mediante un rinnovamento interno” (H. Jedin) Autoriforma delle membra o Riforma latina: Erasmo (1460-1535) L’Evangelismo italiano come “breccia aperta verso il centro della Chiesa”: G. Contarini, R. Pole, G. Morone (1535-1555) Il compromesso di Trento fra tradizione e novità: Marcello I Cervini, Paolo IV Carafa (1545-1563) L’esecuzione dei decreti tridentini come riforma della Chiesa: Pio V Ghislieri (1564-1610)

Due interpretazioni contrapposte Reazione cattolica alla Riforma e risposta in chiave prevalentemente repressiva ai problemi da essa posti [lettura protestante]. Autonoma spinta riformatrice nata in seno alla Chiesa cattolica, capace di risolvere in maniera diversa una parte di quegli stessi problemi [lettura cattolica]. È possibile una lettura diversa?

Una nuova interpretazione La Controriforma come risposta repressiva alle tensioni interne alla Chiesa cattolica, più che come risposta alla Riforma protestante. La Controriforma come esito del fallimento delle istanze riformatrici manifestatesi nella Chiesa fino alla conclusione del Tridentino. La Controriforma come esito di un durissimo scontro interno alla Chiesa di Roma e come sanzione della vittoria del partito degli zelanti guidato da Carafa e Ghisleri.

Non credere alla continuità Attorno al Concilio di Trento si combatte uno scontro durissimo ai vertici della Chiesa cattolica il cui esito è la vittoria del fronte più reazionario. Comunque la si voglia leggere, la Chiesa post-tridentina è molto diversa da quella precedente. Parallela alla costituzione degli Stati moderni, la svolta cinquecentesca trasforma la Chiesa cattolica in una struttura gerarchica, piramidale ed efficiente fondata sull’assolutismo monarchico e sulla netta supremazia del papa.

La Roma dei papi e il problema della residenza papale Diversamente da quanto si crede il Vaticano diventa residenza papale stabile solo dopo il 1870. Fra il VI e il XIII secolo la residenza preferita è il palazzo del Laterano. Solo con Innocenzo III, attorno al 1200, si inaugura una residenza in Vaticano, oltre Tevere, ma fra Tre e Quattrocento i papi prediligono S. Maria Maggiore o Palazzo Venezia. In età moderna, fra Cinque e Seicento, la residenza preferita dai papi è il palazzo del Quirinale, sede di governo e priva di chiesa, ben distinta dalla sede vaticana attigua alla basilica di San Pietro, centro della cattolicità.

Il palazzo del Quirinale. Sede del governo papale

La tiara e le chiavi, emblema del potere pontificio

Bibliografia: P. Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino [1629], ediz. a cura di C. Vivanti, Einaudi, Torino 1974. H. Jedin, Il Concilio di Trento, Morcelliana, Brescia 1949 P. Prodi, W. Reinhard (a cura di) ,Il Concilio di Trento e il moderno, Il Mulino, Bologna 1996 A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Einaudi, Torino 1996 A. Prosperi, Il Concilio di Trento: una introduzione storica, Einaudi, Torino 2001 M. Firpo (a cura di), Inquisizione romana e Controriforma. Studi sul cardinal Giovanni Morone (1509-1580) e il suo processo d'eresia, Nuova edizione, Morcelliana, Brescia 2005 M. Firpo, La presa di potere dell'Inquisizione romana, Laterza, Roma-Bari 2014