TORQUATO TASSO SORRENTO 1544 – ROMA 1595

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Transcript della presentazione:

TORQUATO TASSO SORRENTO 1544 – ROMA 1595 1544 Nasce da genitori nobili (Bernardo e Porzia de’ Rossi), madre toscana e padre bergamasco, che presta servizio a Salerno presso il principe Ferrante Sanseverino 1552 Inizia gli studi a Napoli 1554 Conosce per la prima volta a Roma il padre – che nel frattempo non era potuto rientrare in Campania perché il Sanseverino era stato esiliato 1556 Muore la madre, viene inviato dai parenti a Bergamo 1557 Il padre lo prende con sé a Urbino alla corte di Guidubaldo della Rovere 1559 Si trasferisce a Venezia con il padre  Il Gierusalemme (poema sulla prima crociata)

1560 Studi di Diritto all’Università di Padova  periodo di grande irrequietezza, passa subito agli studi di eloquenza 1562 Il Rinaldo (primo poema cavalleresco); allontanato dall’Università per aver scritto una satira su prof e studenti, si iscrive a Bologna, ma poi rientra a Padova e entra nell’Accademia degli Eterei. 1565 Si trasferisce a Ferrara al servizio del cardinale Luigi d’Este  grande stimolo intellettuale e letterario, riprende il Gierusalemme e lo intitola Gottifredo 1569 Muore il padre e segue Luigi d’Este in Francia 1572 ritorna a Ferrara al servizio del duca Alfonso II 1573 scrive l’Aminta 1575 termina il Gottifredo e si reca a Roma per sottoporlo alla revisione di quattro autorevoli intellettuali  periodo di «squilibrio psichico» 1578 E’ a Urbino e poi a Torino

1579 a Ferrara viene rinchiuso nell’ospedale di Sant’Anna per aver offeso il duca Alfonso; viene messo, come pazzo, alla catena, trattato più come prigioniero che come infermo, e vi resta fino al 1586  scrive rime, dialoghi e vengono pubblicati senza il suo consenso 14 canti del Goffredo 1581 il poema viene dato alle stampe nuovamente con il titolo di Gerusalemme liberata = PRIMA EDIZIONE INTEGRALE DELL’OPERA 1586 viene liberato dall’ospedale e si reca a Mantova, a Bergamo, a Roma 1587 dà alle stampe le opere Discorsi dell’arte poetica e in particolare sopra il poema eroico, Re Torrismondo 1591 dopo aver soggiornato a Napoli e Firenze, torna a Mantova e poi a Roma, pubblica la prima parte delle Rime, la Gerusalemme conquistata, i Discorsi del poema eroico e altro

1594 papa Clemente VIII gli assegna una pensione e gli promette l’incoronazione poetica (= Riconoscimento ufficiale del valore di un poeta, anticamente accompagnato dal conferimento della corona di alloro. Dante la auspica per sé nel I canto del Paradiso, Petrarca la ottiene nel 1341 con una cerimonia solenne in Campidoglio) 1595 muore gravemente malato e ricoverato nel convento di Sant’Onofrio sul Gianicolo

Lettera del 18 ottobre 1581 al medico Maurizio Cataneo: Tasso lamenta due tipi di disturbi: i disturbi «umani» che consistono in «grida di uomini, e particolarmente di donne e di fanciulli, e risa piene di scherni, e varie voci d'animali» e «strepiti di cose inanimate»; i disturbi «diabolici» constano invece di «incanti e malìe». Persino i topi «paiono indemoniati». Ma soprattutto, dichiara il poeta, «mi pare d'esser assai certo ch'io sono stato ammaliato: e l'operazioni de la malia sono potentissime». Così potenti da risuonargli nelle orecchie «voci» nelle quali distingue «i nomi di Pavolo, Giacomo, Girolamo, Francesco, Fulvio e d'altri, che forse sono maligni e de la mia quiete invidiosi» Lettera del 1583 al medico Girolamo Mercuriale: la sofferenza causata da questi disturbi è aumentata. La stessa scrittura sembra più dettagliata ma allo stesso tempo disordinata e convulsa. Tasso sa di essere infermo sebbene «l'infermità mia non è conosciuta da me» e neppure «la cagione del mio male». Ma una cosa sa: «io ho certa opinione di essere stato ammaliato». E tra gli effetti ci sono i «tintinni ne gli orecchi e ne la testa, alcuna sì forti che mi pare di averci un di questi orioli da corda»; allo stesso tempo gli pare che molto spesso «parlino le cose inanimate».

Leggiamo in data 10 novembre 1585, come stanno andando le cose: «... le cose peggiorano molto; perciochè il diavolo, co'l quale io dormiva e passeggiava, non avendo potuto aver quella pace ch'ei voleva meco, è divenuto manifesto ladro de' miei danari, e me gli toglie da dosso quand'io dormo, ed apre le casse, ch'io non me ne posso guardare. [...] E prego Vostra Signoria che m'avvisi d'averli ricevuti, e che faccia ufficio perch'io esca di mano del diavolo co' miei libri e con le scritture, le quali non sono più sicure de' danari» Lettera del 25 dicembre all'amico Maurizio Cataneo: Tasso torna a lamentarsi ancora del «folletto» il quale, oltre a rubargli i "danari", «mi mette tutti i libri sottosopra: apre le casse: ruba le chiavi, ch'io non me ne posso guardare». Nella stessa lettera il poeta confida all'amico un desiderio o una necessità: «Vostra Signoria dee sapere ch'io fui ammalato , nè fui mai risanato; e forse ho maggior bisogno de l'essorcista che del medico, perch'il male è per arte magica».

Non sorprenda la richiesta: «forse ho maggior bisogno de l'essorcista che del medico». Sono ancora tempi, quelli del Tasso, in cui l'esorcista tende a confondersi con il medico poiché entrambi (più spesso il primo) conoscono il potere e le virtù delle erbe e delle pozioni e tutti quei rimedi che permettono di scacciare uno spirito maligno. È nuovamente il Tasso, circa un anno dopo, a presentare la stessa richiesta all'amico Scipione Gonzaga: «Sono infermo, e l'infermità non è da giuoco, né senza pericolo…. avrei bisogno di medico e di confessore, e forse di chi scongiurasse i spiriti, ed incantasse la fantasima» Testimone di un'allucinazione o «inganno della fantastica virtù» del Tasso fu Giovan Battista Manso (1567-1645) che nella Vita ci racconta che non solamente il folletto veniva a trovare il nostro poeta: «egli, rivolto lo sguardo verso una finestra, e tenutolovi buona pezza buona pezza fitto, sì che rappellandolo io nulla mi rispondeva, alla fine: "Ecco (mi disse) l'amico spirito che cortesemente è venuto a favellarmi; miratelo, e vedrete la verità delle mie parole". Io drizzai gli occhi colà incontanente, ma per molto ch'io gli aguzzassi, null'altro vidi che i raggi del sole, che per gli vetri della finestra entravano nella camera.

E mentre io andava pur con gli occhi attorno riguardando e niente scorgendo, ascoltai che Torquato era in altissimi ragionamenti entrato con chi che sia; percioché quantunque io non vedessi né udissi altri che lui, nondimeno le sue parole, or proponendo e or rispondendo, erano quali si veggono essere fra coloro che d'alcuna cosa importante sono a stretto ragionamento; e da quelle di lui agevolmente comprendeva con lo 'ntelletto le altre che gli venivano risposte, quantunque per l'orecchio non l'intendessi» Lettera del 1 ottobre 1587 scritta a Scipione Gonzaga: nella quale il Tasso descriveva la propria condizione: «Io son poco sano, e tanto maninconico, che sono riputato matto da gli altri e da me stesso, quando non potendo tener celati tanti pensieri noiosi, e tante inquietudini e sollecitudini d'animo infermo e perturbato, io prorompo in lunghissimi soliloqui; li quali se sono da alcuno ascoltati (e possono esser da molti), a molti son noti i miei disegni, e quel ch'io speri, e quel ch'io desideri. La medicina de l'animo è la filosofia, con la quale io mi medico assai spesso. Laonde comincio a rider di tutti i miei infortuni, e di tutti i disfavori ch'io ricevo: che più?

Rido ancora de la mala opinione c'hanno gli uomini di me, e de la mia passata sciocchezza, con la quale io la confermai: ma questo riso è così vicino al furore, ch'ho bisogno di veratro, o d'altro sì fatto medicamento che risani il corpo ripieno di cattivi umori, e purghi lo stomaco, dal quale ascendono al cervello alcuni vapori che perturbano il discorso e la ragione»

Eugene Delacroix, Tasso in manicomio, 1839  mito del poeta geniale e ribelle, isolato dal mondo (tenda che divide il poeta dal mondo al di là delle sbarre) ma anche strumento di un nuovo modo di stare al mondo (letto che unisce il poeta con il dito del villano che indica le sue carte); arte al servizio del popolo

Charles Baudelaire, Sul «Tasso in prigione» di Eugene Delacroix, 1866 Il poeta in cella, trasandato, malato, sgualcendo un manoscritto con il piede agitato, osserva con lo sguardo infiammato dal terrore, l’abisso di vertigine dove sprofonda il suo cuore. Le risa inebrianti di cui risuona la prigione allo strano e all’assurdo portan la sua ragione; il Dubbio lo assedia, e la Paura orrenda, multiforme e ridicola, lo circonda. Questo genio rinchiuso in un tugurio infame, queste smorfie, queste grida, queste ombre il cui sciame turbina dietro il suo orecchio, tumultuoso, questo sognatore risvegliato dal suo alloggio spaventoso, ecco il tuo emblema, Anima dai sogni oscuri, che il Reale soffoca tra i suoi quattro muri!

Franco Fortini, Monologo del Tasso a Sant’Anna, 1984 Grazie a Dio e alla Vergine Santa. Qui non vedo nessuno, le finestre hanno una inferriata nuova murata, le porte catenacci fortissimi anche se sono solo anche se a evadere neanche penso. Ringrazio il Signore che mi ha voluto restringere. Mi hanno detto che il Duca vuole concedermi di vedere persone amiche e di discutere con loro di letteratura e di cose religiose. È chiaro che ho paura di parlare e di sapere. Mi dicono che il mio poema ha successo e che nei paesi stranieri è letto e cantato. Il dolore che ho nel petto sarebbe più terribile quando gli ospiti se ne andassero.

Genesi editoriale della Gerusalemme liberata 1559 Il Gierusalemme (opera giovanile, incompiuta, poema in ottave sulla prima crociata dedicato a Guidubaldo II della Rovere, duca di Urbino) 1562 Rinaldo (poema cavalleresco in ottave) 1565-1575 Gottifredo (ripresa del poema sulla prima crociata)  continui ripensamenti e tormenti 1580 Celio Malespini, editore veneziano, pubblica senza il consenso di Tasso i primi 14 canti, col titolo di Goffredo 1581 Angelo Ingegneri, letterato e cortigiano, pubblica un’altra edizione pirata in 20 canti col titolo di Gerusalemme liberata (PRIMA EDIZIONE INTEGRALE); contemporaneamente Tasso affida all’amico Febo Bonnà l’edizione del poema, che poi viene ristampato nel 1582 1584 altra edizione in 20 canti con revisioni e tagli a opera di Scipione Gonzaga 1593 edizione completamente rielaborata in 24 canti col titolo di Gerusalemme conquistata