Lezione 8 Le caratteristiche dell’industria italiana: STORIA Corso Analisi dei settori produttivi Sandrine Labory.

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Lezione 8 Le caratteristiche dell’industria italiana: STORIA Corso Analisi dei settori produttivi Sandrine Labory

Abbiamo visto gli strumenti e le preoccupazioni principali degli studiosi dell’analisi dei settori produttivi (economia industriale) Ma quali sono le caratteristiche dei settori produttivi italiani? L’industria italiana è competitiva sul mercato mondiale? Ci sono settori trainanti dell’economia italiana? Sono le problematiche di questa lezione Cominciamo con le caratteristiche dell’industria italiana

Per approfondimenti: Bianchi P. (2013), La rincorsa frenata. L’industria italiana dall’unità alla crisi globale, Il Mulino, Bologna, capitoli I, IV.

1. Formazione ritardata dell’industria italiana L’Italia è un paese “ritardatario”, giunto relativamente tardi all’industrializzazione rispetto ad altri paesi come il Regno Unito e la Francia Riunificazione: Attività manifatturiera bassa Reddito complessivo = 1/3 reddito francese = ¼ reddito inglese - Dotazioni infrastrutturali poco sviluppate: 2000 km di strada ferrata  17000 km in RU  9000 in Francia - Divario Nord / Sud esiste già: in testa Piemonte, Liguria, Lombardia; in coda Regno delle 2 Sicilie e Sardegna

Due caratteristiche principali della storia dell’industria italiana: Ruolo determinante dello Stato che diventa anche produttore Polarizzazione della struttura dimensionale con piccole-piccolissime imprese da un lato, e grandi imprese dall’altro (poche dimensioni intermedie)

1866 – 1913: spesa pubblica italiana > spesa F, G, oppure USA Concentrazione investimenti pubblici in costruzione dell’apparato amministrativo unificato, creazione infrastrutture e innovazione legislazione commerciale Grande espansione industriale: creazione di alcune imprese “moderni” (esempio: settore elettrico: Edison creata nel 1884) + piccole imprese, caratterizzata da una forte connessione tra industria e struttura agricola circostante, soprattutto per legami tra forza lavoro industriale e legami con famiglie contadine di origine

+ sviluppo settore siderurgico (strategico all’epoca): Società degli Altiforni, Acciaierie e Fonderie Terni (1884); Società Elba (1899); Società Ilva (1905); la crescita del settore è rapida e poco organizzata, a tal punto che lo Stato interviene per salvaguardarla + sviluppo settore dei mezzi di trasporto: ad es. settore automobilistico (6 imprese nel 1907, tra cui Alfa, Lancia, Bianchi, ecc. e FIAT fondata nel 1899) + chimica: Montecatini = impresa chiave nel settore => Polarizzazione della dimensione già evidente: poche grandi imprese e tantissime piccole imprese

2. Evoluzione prima e dopo la 2nda GM 1. Periodo fascista - Dopo 1a GM crescita delle imprese che si diversificano (ad es. FIAT nei motori aerei e marini) 1923-29: crescita rapida ed intensa complessivamente tra le due guerre, la produzione manifatturiera  di quasi 2/3, con industrie chimica, elettrica e meccanica che trascinano la crescita Affermazione grandi imprese: Montecatini, Edison, FIAT il settore tradizionale si sviluppa anche: le imprese artigiane si trasformano in PMI

Il periodo fascista è caratterizzato da un continuo aumento dell’industrializzazione: % industria nella produzione nazionale (settore secondario) > % produzione agricola (settore primario) negli anni 30 Crisi 1929: colpisce anche l’Italia a causa dei fragili assetti del rapporto tra banca e industria => Lo Stato interviene con la creazione dell’IRI che diviene proprietario di tutto il capitale italiano: tutte le azioni delle imprese detenute dalle banche sono trasferite all’IRI

l’Italia conserverà questo sistema finanziario particolare a lungo: banche controllate dallo Stato, mercato azionario (borsa) limitato Alcune imprese private tuttavia rimangono fuori dal controllo dell’IRI: Edison, Montecatini, Italcementi, Falck (siderurgia), Italgas Le imprese private sono spesso sotto il controllo di una famiglia (Falck, Agnelli, Pirelli, ecc.) Per alcuni studiosi (ad es. M. Bianco) il capitalismo familiare porta a inefficienze

2. Dopo la seconda GM Apparato produttivo non molto intaccato dai danni della guerra; la struttura produttiva appare molto diversificata La polarizzazione italiana continua: poche grandi imprese, tantissime piccole e piccolissime Ruolo IRI confermato, per la ricostruzione dell’economia. Componente importante della ricostruzione: Piano Marshall, vale a dire aiuto americano finanziario per la ricostruzione europea. I paesi dovevano presentare dei piani d’investimento che venivano finanziati: piano dell’IRI allora diretto da Pasquale Saraceno mira soprattutto ad aumentare l’efficienza l’Italia riceve tra il 1948 e il 1952 1,47 milioni di $, 11% del Piano Marshall

3. Miracolo economico Dagli anni 50 inizia il decollo italiano:  reddito nazionale del 6% annuo % industria nel PIL: 41,2  44,7% Sviluppo soprattutto dei comparti ad alta intensità di capitale Forte esodo rurale e affermazione del triangolo industriale crescita trainata dalla domanda interna fino al 1958, poi da domanda estera: con inizio CEE,  scambi commerciali tra i 6 paesi fondatori in particolare

Fattori della crescita: - Domanda esterna ed interna: il reddito medio europeo  e i consumatori si attrezzano: sviluppo mercato di massa Forza lavoro sotto occupata (baby boom) Prezzi materie prime abbastanza stabili Ruolo dello Stato imprenditore: finanziarie create dall’IRI (Finmeccanica, 1948; Finelettrica, 1952; Fincantieri, 1959); Fondo per il finanziamento dell’industria meccanica: FIM, 1947; nascita dell’ENI nel 1953 (fondatore: Enrico Mattei) Affermazione medie imprese: Candy, Merloni, Zanussi, Barilla, Buitoni, ecc.

Problemi: Nessuna politica per la concorrenza => monopoli favoriti Nessuna politica per l’energia (per rendere l’Italia meno dipendente da altri paesi, e autosufficiente almeno per l’elettricità); Mattei la voleva ma il suo progetto finisce con la sua morte nel 1962 Alcune scelte imprenditoriali sbagliate: ad esempio, ENEL creata per raggruppare tutte le imprese esistenti, ma sviluppa una strategia di diversificazione piuttosto che concentrazione su competenze distinte

4. Anni ’70 in poi Fine miracolo Inizio declino impresa pubblica (l’impresa pubblica è usata a scopo sociale e industriale senza progetto di sviluppo industriale e politica industriale complessiva): è usata per salvare le imprese in difficoltà piuttosto che per sostenere lo sviluppo industriale a lungo termine del paese Conflittualità sindacale Crisi energetiche Aumento concorrenza internazionale

Anni ’80: crisi grande impresa ma successo distretti industriali e altri cluster di PMI La specializzazione dell’industria italiana rimane focalizzata su settori tradizionali Impresa pubblica: programma di privatizzazione avviato negli anni ’90, con chiusura dell’IRI Problema (Gallo-Silva, 2005): obiettivo privatizzazione è più risanamento conti pubblici che aumento efficienza imprese; lo Stato mantiene spesso quota maggioritaria di azioni; manca ancora piano industriale nazionale (politica industriale)

Caratteristiche dell’industria italiana negli anni 90-2000 = peculiarità rispetto ad altri paesi europei Dualismo dimensionale della struttura produttiva Forte specializzazione nei settori tradizionali Modello di controllo dov’è ancora forte la proprietà pubblica e, nel privato, la prevalenza di famiglie e coalizioni, spesso organizzate in gruppi piramidali Vediamo panorama dell’industria italiana oggi