Sociologia economica del welfare Piera Rella – 4 maggio

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Sociologia economica del welfare Piera Rella – 4 maggio corso di laurea in Programmazione Gestione e Valutazione dei Servizi Sociali PROSS- I anno 12 crediti formativi (inclusi 6 Vitiello sul welfare locale) – gruppo disciplinare SPS/09 Dal 2 marzo al 26 maggio Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche E-mail: piera.rella@uniroma1.it Ricevimento stanza B12 dopo la lezione di giovedì 1 1

Ieri: SVILUPPO LOCALE tematica dello sviluppo locale, partendo dal significato della parola Le 5 fasi dello sviluppo Globalizzazione come ultima fase dello sviluppo Sviluppo è liberta Dialettica locale/globale Quale locale: Città o territorio? L’espansione e le specificità delle città

Il modo di vita metropolitano Si propaga già alla fine del XIX sec con il telefono, la radio e la circolazione rapida delle merci, oltre che con le migrazioni x lavoro anche al di fuori delle aree urbane Nel ‘ 900 il fenomeno accelera e i confini tra urbano e non sfumano ancor più a partire dagli anni’90 con la II globalizzazione ↙ ↓ ↘ ↘ economica politica culturale vita quotidiana + espansione insediativa nelle aree esterne alla metropoli ≠ ritorno alla campagna La prima globalizzazione è all’inizio del 900,ma lascia fuori vaste aree del mondo

Paradosso: il successo del modello urbano provoca una perdita di rilevanza della città Ridimensionamento della campagna in 2 tappe in Europa Riduzione degli addetti all’agricoltura dal 1960 al 1990 del 65% E poi riduzione del suolo agricolo e assunzione abitudini di vita e di consumo urbani Città contemporanea = cosmopoli o città mondo in 2 sensi estensivo→ il mondo si urbanizza intensivo → riflette il mondo →ha al suo interno molteplicità e contraddizioni

Perdita di rilevanza della città che non ha confini certi: Geografici → Luhmann 1997 propone di studiare il sistema sociale mondiale sociali → Castells: ne “La società in rete” conta lo spazio dei flussi culturali → nella società liquida (Baumann) ogni forma di localizzazione è provvisoria e succube del potere economico che delocalizza e rifiuta responsabilità territoriale

Le ragioni della città Sono difese dai sociologi urbani (non solo per istinto di conservazione) La città ha un radicamento spaziale anche se interagisce col sistema economico mondiale → ha strutture, conoscenze, caratteri socio-culturali legati al territorio E’ un nodo della rete globale, ha capacità di riconoscere la molteplicità di risorse presenti nel suo territorio e di connettersi ad altre città Città come ambiente artificiale, con forte impatto ambientale che si deve adattare all’ecosistema da cui dipende (Berdini) Dunque la città è luogo di forte sedimentazione di fattori materiali e simbolici a prescindere dall’ incertezza dei confini geografici e sociali

A ogni versione di capitalismo corrisponde un tipo di città Nella prima età industriale (XIX sec.) case fatiscenti intorno a fabbriche e botteghe Con la produzione di massa zone distinte per colletti bianche e blu Col post-fordismo le nuove tecnologie informatiche cambiano la produzione con un ruolo attivo delle città: crogiolo del nuovo ordine economico basato sulla cultura e la conoscenza Nodi centrali dell’era globale sono le grandi città regione

Dopo la crisi del fordismo le città rinascono con la nuova economia della cultura e della conoscenza La crisi delle grandi metropoli legate all’ industrializ-zazione negli anni ’70 si risolve negli anni ’90 con produzioni ad elevata intensità tecnologica: informatica e comunicazione, servizi finanziari e alle imprese, industria culturale (media cinema, musica), turismo, produzioni neoartigianali di qualità (dall’alta moda ai prodotti enogastronomici) Attività differenti che hanno in comune la piccola scala e la de-standardizzazione Il fatto di essere meno de-territorializzate Logica organizzativa basata su collaborazione intra e inter-aziendale (reti di scambio che richiedono un contatto interpersonale continuo)

Le politiche scolastiche Di Ennio Pattarin

La scuola come agenzia della riproduzione sociale Agenzia di riproduzione sociale, la scuola subisce le asimmetrie del sistema socio-economico, culturale e politico Le riforme Casati (1859) e Gentile (1922-24) non sono alternative e definiscono ancora l’attuale struttura in 3 gradi dell’istruzione con la secondaria superiore in posizione di centralità culturale  forte centralizzazione per contrastare l’egemonia della Chiesa nella formazione delle élite dirigenti Scuola primaria inclusiva e secondaria elitaria secondo il pensiero di Croce e del suo allievo Gentile Gramsci invece proponeva una scuola unitaria fino a 16 anni “La scuola italiana mentre il paese ha bisogno di ingegneri continua a sfornare avvocati” (Bottai 1937) Continuità delle riforme anche se Gentile da più potere ai presidi e lamentele sulla sua scarsa capacità di professionalizzazione già nel 1937

Le riforme dagli anni ‘50 ai ‘70 In un periodo di crescita economica regolata dall’intervento statale non sono più i filosofi a interessarsi di scuola ma i tecnici della programmazione Media unica nel 1962 Inserimento disabili nella materna e insegnanti di sostegno Apertura alla società (150 ore dei metalmeccanici) Organi collegiali di partecipazione La crisi economica degli anni ’70 interrompe la fiducia nella programmazione e blocca le riforme  in altri paesi europei (R.U.,Francia paesi scandinavi) l’obbligo scolastico sale a 15 anni, mentre in Germania sistema molto stratificato ma con ampie possibilità di accesso al mercato del lavoro

Neoliberismo e autonomia scolastica Il neoliberismo penetra nei sistemi di educazione europea  si guarda a competitività ed efficienza trascurando il nesso tra disuguaglianze economiche e formative La spinta al decentramento deriva da aspetti ideologici (maggior potere di controllo alle famiglie, agli enti locali e ai privati) Politici (movimenti separatisti e federalisti) “amministrativi”: la BM ritiene che un sistema accentrato aumenta il potere di veto dei sindacati, prospettiva accettata sia a destra che a sinistra Di fatto le disuguaglianze educative non diminuiscono e non migliora la qualità dell’insegnamento dato che si fanno solo cambiamenti organizzativi

3 modelli di organizzazione scolastica Burocratico professionale: con una buona capacità di gestione e capacità di promozione verso l’esterno Manageriale: organizzazione gerarchica interna distinta per livelli di competenze Cooperativo: legami basati sulla specializzazione e fiducia reciproca

I cambiamenti in Italia L’autonomia scolastica ≈ decentramento dei poteri o ai manager (presidi) o al Collegio docenti ≠ dal decentramento agli enti locali derivante dalla riforma del Titolo V della Costituzione Anni ’80 : richiesta dei presidi dei licei di avere i poteri dei presidi degli istituti professionali Anni ’90 anticipo del POF stabilito dalla Riforma Berlinguer (1997-99), inizialmente innovativa, poi gravata da tagli di spesa, involuzione amministrativa e corporativismo docenti poca attenzione alle disuguaglianze formative e incapacità di risolvere il nodo della formazione professionale  Pacchetto Treu aggrava tale problema Piano di Offerta Formativa

La (mancata)riforma dei cicli scolastici Berlinguer ha come riferimento la proposta di Gramsci di un unico ciclo scolastico fino ai 16 anni, ma di fatto il limite non si eleva (neppure con Moratti e Gelmini)il successivo governo di centro-destra non applica la legge, ma la nuova ministra Moratti nomina un commissione di saggi che produce (2003) una fotocopia peggiorativa dell’esistente dividendo tra licei e formazione professionale e lancia lo slogan delle 3 I (Inglese, Informatica, Impresa) difficoltà di attuazione della riforma per la scarsa collaborazione delle Regioni (di Centro sinistra) nella gestione della formazione professionale - crea l’Invalsi distribuzione dei finanziamenti in base al numero degli studenti e al livello di apprendimento raggiunto (maggior ruolo del Ministro dell’Economia) T

La prevalente attenzione al risparmio della spesa pubblica Per risparmiare si cerca di ridurre il tempo pieno, passando al tempo prolungato: il tempo della mensa non è più parte del progetto formativo, ma viene affidato a privati. In conclusione Moratti rinuncia a riformare la media Gelmini si preoccupa soprattutto dei tagli di spesa (mancata assunzione di 30.000 precari) e cerca un rapporto con le famiglie, ripristinando il voto in condotta e i voti in decimi interessandosi al bullismo e creando una rete telematica per segnalare le assenze  si oscilla tra atteggiamento securitario e volontariato Tra Moratti e Gelmini Fioroni fa poco

La risposta ambivalente degli attori sociali A famiglie, enti locali e volontariato si ricorre per integrare le carenti risorse, oppure i presidi cercano sponsor in alternativa all’autofinanziamento (con l’effetto di una divaricazione Nord Sud nella formazione professionale) Sono nuovi attori sociali gli immigrati che richiedono attenzione all’integrazione e confronto interculturale Gli insegnanti, sempre peggio pagati, oscillano tra rivendicazioni professionali e coinvolgimento personale nel tappare le falle della scuola

Spesa e rendimento scolastico Secondo Pattarin in una struttura scolastica immutata, il clima neoliberista non ha agito in modo significativo, se non per le strategie di azione degli attori sociali L’Italia ha una spesa scolastica in diminuzione dal 1995 ad oggi, più bassa di quella di altri paesi Ue (tranne che alle elementari, la scuola che funziona meglio) Bassi stipendi dei docenti hanno prodotto un’alta femminilizzazione e meridionalizzazione  basso prestigio scolastico anche per cattiva manutenzione edifici scolastici nonostante PIRL- Progress in International Reading Literacy Studies-(capacità di lettura a 10 anni) elevati. PISA (per i 15-enni) mostra scarse conoscenze di matematica PISA Programme for International Student Assessment.  Critiche a test di valutazione

Le disuguaglianze formative Il Nord ha più elevati punteggi PISA ma tassi di regolarità bassi come al Centro Sud e tassi di diplomati anche più bassi (regione più virtuosa le Marche: PISA> media Italia, 82,8% diplomati su 100 19-enni/Italia 74,2%;tasso regolarità 78,7%/ Italia 76% oltre alla divaricazione territoriale dovuta alla peggiore formazione professionale, divaricazione classista ↙↘ Figli borghesia classi meno abbienti nei licei nei professionali↓ concludono la scuola presto, ma al Nord hanno la rete di salvataggio della formazione professionale (anche se + figli migranti respinti)  Programme for International Student Assessment 

In conclusione 3 domande Quale grado di successo hanno avuto le politiche scolastiche? obiettivo parità formazione prof. e liceale mancato dalla riforma Moratti a causa tagli spesa Il clima neoliberista ha mutato i rapporti tra gli attori sociali?  famiglie più impegnate, insegnanti attaccati rispondono in modo ambivalente Rimangono disuguaglianze formative?  Tra Nord e Sud specie per la formazione professionale e tra ceti sociali, con in fondo gli immigrati

La scuola strumento di welfare universalistico Va considerato anche il ruolo della Ue contro la dispersione scolastica, per la parità di genere, per l’incremento della scolarizzazione secondaria, delle competenze linguistiche,per la formazione continua  l’Italia tra i paesi mediterranei Nonostante le contraddizioni la scuola rimane uno dei capisaldi del welfare universalistico di ispirazione costituzionale