FRANCO BASAGLIA E LA COSTITUZIONE

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Transcript della presentazione:

FRANCO BASAGLIA E LA COSTITUZIONE MARTA BARONCELLI DAVIDE CONTE MAIRA DE TELLIS CLAUDIA MATEESCU FRANCESCO NASUTO

INTRODUZIONE ALLA COSTUTIZIONE PRINCIPI FONDAMENTALI ARTICOLI 1-12 Forma di stato ART 1 Rapporti fra stato, cittadini e i diversi soggetti di diritto ART 2-3-4-6 Rapporti tra lo stato e le autonomie locali ART 5 Rapporti tra lo stato, la Chiesa Cattolica e le altri confessioni religiose ART 7-8 Promozione della cultura e tutela del paesaggio ART 9 Rapporti tra lo stato e l’ordinamento internazionale ART 10-11 Simbolo dello Stato ART 12

INTRODUZIONE ALLA COSTUTIZIONE PARTE 1: DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI DIRITTI DI LIBERTA’ Libertà personale, di domicilio, di corrispondenza, di circolazione e soggiorno, di riunione e associazione ART 13-18 Libertà religiosa ART 19-20 Varie libertà tra cui di stampa, della difesa, alla capacità giuridica e al nome ART 21-28 RAPPORTI ETICO- SOCIALI Famiglia ART 29-30-31 TUTELA DELLA SALUTE COME DIRITTO DELL’INDIVIDUO E INTERESSE DELLA COLLETTIVITA’ -ART 32 «La scuola è aperta a tutti» ART 33-34 RAPPORTI ECONOMICI STATO ITALIANO E’ UNO STATO SOCIALE Tutela dei lavoratori, riconoscimento Ius Migrandi ART 35 Tutela della donna lavoratrice e dei minori ART 37

INTRODUZIONE ALLA COSTUTIZIONE PARTE 2: ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA Parlamento (ART 55-82) Presidente della Repubblica (ART 83-91) Composizione del Governo (ART 92-100) Magistratura (ART 101-113) Regioni, Province e Comuni (ART 114-133) Garanzie Costituzionali (ART 134-139) PARTE 3: DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Norme transitorie per il passaggio al nuovo Ordinamento

NOTE SULL’AUTORE DI «Il pensiero lungo NOTE SULL’AUTORE DI «Il pensiero lungo. Franco Basaglia e la Costituzione»: DANIELE PICCIONE Formato alla scuola del costituzionalista Alessandro Pace Al momento della pubblicazione è funzionario parlamentare Padre è uno psichiatra allievo diretto di Basaglia

FASI STORICHE DELLA PSICHIATRIA ITALIANA PERIODO MANICOMIALE: dal 1904 al 1968 «MANICOMIALITA’ ATTENUATA»: dal1968 alla primavera del 1978. PERIODO TERRITORIALE: dal 13 maggio 1978 ad oggi

RUOLO DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE PALMIRO TOGLIATTI PIERO CALAMANDREI MEUCCIO RUINI: «L’autorità di pubblica sicurezza debba riferire immediatamente al magistrato-e qui si noti-per ogni e qualunque restrizione di libertà personale» (plenum dell’Assemblea Costituenti)

RUOLO DELLA COSTITUZIONE ARTICOLO 2:La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Difesa del malato come persona con pienezza assoluta di diritti I malati possono rivendicare la loro diversità umana La malattia non è vista come escludente o come stigma di pericolosità. PREVALERE DEL SINGOLO

RUOLO DELLA COSTITUZIONE ARTICOLO 3, comma 1: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Nessun cittadino deve essere visto come «indegno del trattamento riservato alla generalità degli altri». Si esclude che nell’ordinamento giuridico possano trovare spazio istituti che rendano singoli cittadini indegni di disporre dei propri diritti Principi costituzionali giudicano esplicitamente le strutture manicomiali

RUOLO DELLA COSTITUZIONE ARTICOLO 25, comma 3: Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge Mantenimento del sistema delle misure di sicurezza che consente ancora la sopravvivenza degli ospedali psichiatrici giudiziari in epoca repubblicana

RUOLO DELLA COSTITUZIONE Costituenti ribadiscono la loro fiducia nel principio del DOPPIO BINARIO Pene Misure di sicurezza

RUOLO DELLA COSTITUZIONE ARTICOLO 27, comma 3:Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato Sfavore verso i luoghi di esclusione e ghettizzazione, e verso le afflizioni che spersonalizzano e sottraggono dignità.

RUOLO DELLA COSTITUZIONE ARTICOLO 32: la Repubblica italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana CONCETTO DI DIRITTO ALLA SALUTE 13

Con l’articolo 32… Si gettano le basi per il superamento dell’impostazione seguita negli Stati liberali. Abbandonato lo schema legislativo francese risalente al 1838 correlato con le acquisizioni di Philippe Pinel Il folle è diverso dal reo ma pur sempre pericoloso in potenza, necessita di controllo sociale e osservazione da parte del medico psichiatra

Itinerario costituzionale di Franco Basaglia in Italia «Credo che questa riunione non sia un convegno di psichiatria né un convegno politico nel senso tradizionale della parola, ma un convegno a difesa dei diritti dell’uomo contro l’internamento psichiatrico […]» (Franco Basaglia, 1979)

Articolo 13: il diritto alla libertà personale Le prassi di contenzione medica con le quali si immobilizza una persona nelle cliniche private, nelle case di riposo per anziani e nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura sono illegali; Le istituzioni totali sono terreni anomici, cioè dove le norme costituzionali mancano di effettività, tanto da tradursi in ambiti che perseguono la mera incarcerazione del malato e sfuggono alle finalità cui sarebbero preposti. «La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dalla autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.»

La vicenda personale di Franco Basaglia Nato a Venezia nel 1924, studia medicina all’università e viene incarcerato sotto il regime fascista. La detenzione si protrae all’incirca per gli ultimi sei mesi del secondo conflitto mondiale, durante i quali vive una situazione che definisce «allucinante». «Qualunque cosa dica il pazzo resta pazzia, come qualunque cosa dica il delinquente resta delinquenza, perché il rapporto istituzionale è solo un rapporto di potere che serve a perpetuare il dominio, la discriminazione attraverso la stigmatizzazione». (Franco Basaglia)

L’esperienza nei manicomi Nel 1961 Basaglia giunge a Gorizia per assumere la direzione del manicomio locale, che fin dal primo momento cui ci mette piede gli trasmette la stessa impressione allucinante vissuta in carcere. Il pensiero dello psichiatra diventa sempre più orientato alla innovazione. A Parma dirige l’ospedale psichiatrico di Colorno per soli due anni, perché ostacolato nei suoi interventi di cambiamento dalle resistenze degli amministratori e dei politici locali. Nel 1971 diventa direttore del manicomio di Trieste, dove le sue idee su come prendersi cura del malato di mente vengono accolte con calore. Il manicomio va chiuso e sostituito da una rete di servizi esterni per l’assistenza dei malati di mente.

Le conferenze in Brasile Nel 1979 Basaglia si reca in Brasile e prende parte a delle conferenze dove espone il suo pensiero. Egli si dimostra abile studioso delle libertà costituzionali oltre che luminare della psichiatria. Data la varietà dei contesti e le differenze con l’Italia non propone una ricetta universale, quanto piuttosto un metodo di lotta alle istituzioni totali e al controllo sociale. Insiste sull’affermarsi come una soggettività e sulla partecipazione degli operatori psichiatrici. Basaglia si mostra consapevole delle inadeguatezze dei sistemi di welfare: la soluzione oppressiva è di gran lunga preferibile alla assistenza nei casi di deboli e infermi, e così nascono le istituzioni totali, dei microordinamenti separati dal resto della società per attuare dell’economico contenimento piuttosto che dell’oneroso aiuto. Per giustificare la loro esistenza agli occhi del cittadino, esso viene bombardato di credenze e convinzioni, come lo stigma di pericolosità che circonda il folle a giustificare la sua reclusione.

Il controllo sociale Elemento fondante di ogni politica sociale, il controllo sociale è un concetto che fa riferimento a quella tendenza di chi esercita l’autorità, a contenere situazioni rischiose e deleterie. Il termine ha un significato profondamente ambivalente: Da un lato è interdipendenza, nel senso che nella collettività le regole, consuetudini e aspettative sono reciproche; ciascun membro, monitorando e ispirando gli altri, riproduce controllo sociale. Da un lato è dipendenza, perché qualcuno è legittimato a corrispondere la funzione di controllore o decisore di cosa è normale e cosa no. Dipendiamo da lui per trovare un deviante. Perfino le Poor Law del 1601, sebbene mascherate da abile e magnanima mossa di aiuto verso i bisognosi, rappresentano un esempio di controllo sociale.

Verso la legge 180 del 1978 Gli anni settanta sono vissuti come un periodo di lotta in nome di valori libertari e processi di inclusione degli svantaggiati, compresi i malati di mente. Durante l’azione di Basaglia è possibile individuare tre diversi momenti di questa lotta: Il succedersi dei governi di centro-sinistra (1963-1972); La collaborazione socialista ai governi (1972-1976); La stagione della solidarietà nazionale (1976-1979). Nel conflitto fra il pluralismo socio-politico che sviluppa sensibilità per i temi della solidarietà e dell’integrazione da una parte, e la repubblica dei partiti, tesa a verificare i fragili equilibri politici di gestione del potere, dall’altra, la riforma del 1978 segnerà un momento cruciale.

Accadimenti rilevanti Il 16 marzo del 1978, Roma è teatro del sequestro dell’onorevole Aldo Moro, in quel momento presidente della Democrazia Cristiana. La tela costruita da Moro aveva permesso l’avvicinamento al partito comunista proprio nel momento in cui doveva vedere luce la nuova legge, favorendo un clima politico diverso da quello di resistenza al cambiamento, così tipico della Repubblica dei Partiti. 55 giorni più tardi fu ritrovato il cadavere dell’onorevole, poco dopo l’entrata in vigore della legge 180, che fece registrare la rottura della vicinanza tra forze politiche ed operatori impegnati sul territorio.

Basaglia e la costituzione Proposta referendaria per l’abrogazione della legge 36 del 1904 che regola gli ospedali psichiatrici provinciali; Proposta di una riforma del sistema sanitario nazionale; Varo della legge 180 del 1978 «Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori» La costituzione è un limite al potere; I meccanismi opprimenti peggiorano la condizione umana; Il sistema di protezione della salute mentale deve essere in evoluzione continua, date le dinamicità e contraddizioni dei fenomeni sociali.

LEGGE 14 FEBBRAIO 1904, N. 36 DISPOSIZIONI SUI MANICOMI E SUGLI ALIENATI. CUSTODIA E CURA DEGLI ALIENATI Pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.43 del 22 febbraio 1904 (Articoli 11) Promulgata dal Governo Giolitti e completata nel 1909 da un regolamento di esecuzione Mette in primo piano il bisogno di protezione della società dai malati di mente, subordinando la ‘cura’ alla ‘custodia’. Si basa sul concetto fondamenta di «pericolosità del malato», che viene definito con il termine «alienato» Art. 1. Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a se' o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi. (…) istituti, (…) nei quali vengono ricoverati alienati di qualunque genere. Il concetto basilare e discriminante sul quale la legge (36) si fondava era quello della pericolosità del malato mentale, o, per usare il linguaggio di allora, dell'alienato. Recitava infatti l'articolo 1: "Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualsiasi causa da alienazione mentale quando siano pericolose a sé o agli altri ...". La pericolosità (verso sé stessi e/o verso gli altri) rimaneva peraltro, senza altre indicazioni, un concetto fin troppo generico. La nozione di pericolosità si collocava nel quadro di ciò che ha rappresentato, a partire dalla seconda metà del 1800 e fino ai primi anni sessanta di questo secolo, l'ideologia e il modello interpretativo prevalente della patologia psichiatrica, ovvero quello biologico. Tale modello, nella sua formulazione più tradizionale, vede in alterazioni biologiche la causa dei disturbi del comportamento, sottovalutando i fattori psicosociali o interazionali a livello di famiglia, di gruppo o, più in esteso, di società. Il terzo criterio, che faceva scattare il ricovero d'autorità in manicomio, era quello del "pubblico scandalo", un parametro quindi ancora più soggetto ai condizionamenti culturali e storici, ma soprattutto teoricamente più debole. Proseguiva infatti l'articolo 1 "...o riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi..." Dunque la legge si disinteressava totalmente degli alienati non pericolosi, i quali non avrebbero sì subito alcuna limitazione della propria libertà personale, ma ai quali non veniva riconosciuto neanche alcun diritto terapeutico, nonostante la dichiarata finalità terapeutica della medicina. A quest'ultimo proposito tuttavia bisogna precisare che la finalità terapeutica ha, fin dalle origini, inciso ben poco sulle decisioni a carattere psichiatrico. Il mandato della psichiatria, influenzata dalle regole e convenzioni sociali più di quanto non accada ad altre discipline della medicina, per molto tempo e prima di tutto, è stato di ordine pubblico e di difesa sociale, piuttosto che terapeutico.

Art. 2. L'ammissione degli alienati nei manicomi deve essere chiesta dai parenti, tutori o protutori, e può esserlo da chiunque altro nell'interesse degli infermi e della società. Essa è autorizzata, in via provvisoria, dal pretore sulla presentazione di un certificato medico, (…) ed in via definitiva dal tribunale in camera di consiglio sull'istanza del pubblico ministero in base alla relazione del direttore del manicomio e dopo un periodo di osservazione che non potrà eccedere in complesso un mese. (…) Con la stessa deliberazione dell'ammissione definitiva il tribunale, ove ne sia il caso, nomina un amministratore provvisorio che abbia la rappresentanza legale degli alienati (…). Art. 3. Il licenziamento dal manicomio degli alienati guariti, è autorizzato con decreto del presidente del tribunale sulla richiesta o del direttore del manicomio, o delle persone menzionate nel primo comma dell'articolo precedendo della deputazione provinciale. (…) Il direttore del manicomio può ordinare il licenziamento, in via di prova, dell'alienato che abbia raggiunto un notevole grado di miglioramento(…). Articolo 2: Il ricovero avveniva con la certificazione di un medico e l'ordinanza del questore. Entro 15 giorni (tempo d'osservazione) il direttore del manicomio doveva trasmettere al procuratore della repubblica una relazione scritta; entro 30 giorni la persona veniva o dimessa o sottoposta a "ricovero definitivo". Veniva nominato un tutore, la persona veniva così interdetta e privata dei suoi diritti civili: il diritto a ereditare, a sposare, a comprare e a vendere, ad amministrare il proprio patrimonio, a votare, ad essere genitore. L'ammissione veniva stabilita in via ordinaria dal pretore sulla base di un certificato medico e su richiesta dei parenti, dei tutori, "e di chiunque altro nell'interesse degli infermi e della società" (art. 2, comma 1 e 2). Ma ben più spesso si ricorreva alla procedura del ricovero d'urgenza, così regolamentato: "L'Autorità locale di Pubblica sicurezza può, in caso di urgenza, ordinare il ricovero, in via provvisoria, in base a certificato medico" (art. 2, comma 3), essendo poi obbligata a riferirne entro tre giorni al Procuratore del Re (poi della Repubblica). L'estrema facilità con la quale poteva esser disposto tale ricovero d'urgenza, e la totale assenza di garanzie per il paziente sia prima che durante la procedura di ricovero, spiegano l'abuso che è stato fatto di tale strumento. Secondo il Regolamento di attuazione uscito, con un certo ritardo, nel 1909 e contenuto nel Regio Decreto n. 615 del 16 agosto del 1909 con il titolo "Regolamento per la esecuzione della legge 14 febbraio 1904 n. 36", il certificato medico che stabiliva la necessità del ricovero doveva essere estremamente dettagliato ed esauriente nell'indicare l'indole dell'infermità mentale, i sintomi, l'origine e il decorso di essa, enunciando "in modo chiaro e particolareggiato" i fatti dai quali "si deduca la manifesta tendenza dell'individuo a commettere violenza contro se stesso o contro altri o ad uscire di pubblico scandalo" (art. 39). Sta di fatto che tale norma era largamente disattesa e i suddetti certificati si riducevano all'indicazione di un generico stato psichico alterato, in particolare la formula più ricorrente era quella di "agitazione psicomotoria" . Ma l'aspetto più inquietante della vecchia legislazione era forse rappresentato dalla assenza di limiti temporali alla degenza. Dopo un periodo massimo di osservazione di circa un mese infatti scattava, su indicazione del direttore, il procedimento giudiziario che internava definitivamente il paziente ed in conseguenza del quale questi perdeva la sua capacità d'agire in senso giuridico. Il ricovero diveniva definitivo con un decreto emesso dal tribunale, che deliberava su iniziativa del procuratore della repubblica, al quale era trasmessa dal direttore del manicomio una relazione sull'infermo in seguito al suddetto periodo di osservazione (art. 2, comma 2, legge 36/1904). articolo 3: L'eventuale cessazione del ricovero definitivo era vincolata a una certificazione di guarigione. La dimissione, rarissima, avveniva sotto la diretta responsabilità del direttore, a meno che la famiglia non "ritirasse l'alienato" con l'autorizzazione del tribunale.

Art. 4. Il direttore ha piena autorità sul servizio interno sanitario e l'alta sorveglianza su quello economico per tutto ciò che concerne il trattamento dei malati, ed è responsabile dell'andamento del manicomio e della esecuzione della presente legge nei limiti delle sue attribuzioni. Esercita pure il potere disciplinare (…). Art. 6. Nulla è innovato alle disposizioni vigenti circa l'obbligo delle provincie di provvedere alle spese pel mantenimento degli alienati poveri. (…) Articolo 4: Un altro elemento che caratterizzava la degenza e l'organizzazione interna del manicomio era il potere illimitato conferito al direttore dell'istituto, sancito sia dalla legge n. 36 che dal regolamento del 1909. Così l'articolo 4 della legge "Il direttore ha piena autorità sul servizio interno sanitario e l'alta sorveglianza su quello economico per tutto ciò che concerne il trattamento dei malati, ed è responsabile dell'andamento del manicomio e della esecuzione della presente legge nei limiti delle sue attribuzioni. Esercita pure il potere disciplinare nei limiti del seguente articolo...". Il regolamento del 1909, all'articolo 28, ribadiva la posizione di assoluta preminenza del direttore e, all'articolo 34, stabiliva la responsabilità degli infermieri nella sorveglianza dei degenti. Coinvolgimento giuridico quest'ultimo che, fra l'altro, determinò la resistenza degli infermieri stessi nei confronti di tentativi di alcuni medici, operati ancor prima della legge n. 180, di liberalizzare la vita dei degenti. Per comprendere a fondo il senso e lo spirito di queste disposizioni, bisogna calarsi nella realtà di allora e riflettere sul fatto che esse sono il frutto, in primo luogo dell'atmosfera autoritaria del tempo che induceva ad accomunare il problema dei malati di mente a quello di altri individui socialmente indesiderati come i vagabondi, gli oziosi, gli invalidi, le prostitute, o socialmente pericolosi, come i criminali. Soggetti, questi, che avevano in comune unicamente il dato di un "comportamento abnorme" capace di turbare l'ordine costituito e la tranquillità sociale. A tutto ciò si aggiunge l'influenza della dottrina psichiatrica dell'epoca, dominata, come già osservato, dalla visione organica e biologica del disturbo mentale. In essa dominava incontrastata la nozione di malattia psichica elaborata dalla scienza medica dell'ultimo Ottocento, ossia l'idea della follia come forma di inspiegabile alienazione (nel senso etimologico del termine, di alterità cioè rispetto all'universo delle persone normali), un'idea che vedeva come inscindibilmente legati tra loro disturbo psichico e pericolosità sociale. La conseguenza di tutto ciò era rappresentata dal fatto che una parte consistente delle patologie era considerata inarrestabile e inguaribile, e, non essendo conosciuti interventi terapeutici e farmacologici efficaci, il trattamento si riduceva essenzialmente all'internamento e più tardi alle terapie shock. Articolo 6: L'assistenza psichiatrica era amministrata dalle province, ciascuna delle quali doveva dotarsi di un manicomio. Art. 8. La vigilanza sui manicomi pubblici e privati e sugli alienati curati in casa privata è affidata al ministro dell'interno ed ai prefetti. (…)

LA LEGGE… Regolava l'assistenza psichiatrica nel nostro paese. Obbligatorietà del trattamento Si basava su principi quali: Nozione di pericolosità sociale dell'infermo di mente. Non si poneva alcun fine terapeutico o riabilitativo, avendo piuttosto un diverso e duplice scopo: Mantenere e rafforzare una visione custodialistica e segregante della malattia mentale, vista come una realtà da occultare in quanto problema al quale la nostra organizzazione sociale non vuole o non è in grado di dare risposte diverse. Fornire strumenti di difesa e controllo sociale verso la stessa, tali da sollevare la società dal peso della presenza di soggetti che, pur non essendosi resi colpevoli di alcunché, suscitano paura e creano disturbo all'ordine costituito.

A partire dagli anni sessanta si diffonde una diversa concezione della malattia mentale e si sviluppò una prima presa di coscienza di come il sistema manicomiale fosse, nella pratica, uno strumento di oppressione o, nel migliore dei casi, contenimento della sofferenza psichica, che trasformava il soggetto in oggetto e che Determina insorgenza malattia istituzionale che si sovrappone al disagio o disturbo psichico a cui è impossibile accedere se prima non si rimuove lo stato di cattività. In Italia vediamo come alcuni gruppi di psichiatri guidati da Franco Basaglia, alla fine degli anni sessanta, puntarono il dito sull'istituzione manicomiale. Riportiamo ad esempio il pensiero di Aldo Moro il quale, in un testo scritto dalla prigione del popolo delle Brigate Rosse, condanna il meccanismo sociale escludente alla base degli istituti di segregazione: «io sono prigioniero e non sono in uno stato d’animo lieto. Ma non ho subito nessuna coercizione, non sono drogato, scrivo con il mio stile per brutto che sia. Ma sono, si dice, un altro e non merito di essere preso sul serio (…) e mi trovo sotto un dominio pieno e incontrollato (…)» E ancora Erwong Goffman il quale definisce il manicomio come istituzione totale in cui: «la persona, il folle incarcerato dalla e nella malattia viene incarcerato nell’istituzione e in questo momento la persona sofferente diventa un oggetto (…)» Parla di trasformazione dei Soggetto in Oggetto, trasformazione della natura dell’internato che coincide con l’alienazione. Determina insorgenza malattia istituzionale che si sovrappone al disagio o disturbo psichico a cui è impossibile accedere se prima non si rimuove lo stato di cattività.

Sostenevano che il manicomio, a causa delle condizioni disumane che lo caratterizzavano, non faceva altro che aggravare la sofferenza mentale. Inoltre, il fatto che in manicomio siano internate prevalentemente persone appartenenti ai ceti meno abbienti, conferma la funzione di controllo sociale svolta dallo stesso, il suo essere strumento di contenimento non solo della pazzia ma anche della povertà. Riguardo alle origini del disturbo mentale inoltre, questi psichiatri rifiutavano nettamente una visione organicistica, sostenendo al contrario l'importanza dell'influenza sociale sulla genesi e sul decorso della malattia.   Inizia così un'opera di rinnovamento all'interno delle realtà manicomiali, che pian piano portò, con la legge 180/1978 verso la totale distruzione istituzionale, e ad un diverso modo in cui la società interpretava la malattia mentale. Il primo passo fu quello di non intendere più il manicomio come luogo di contenimento stabile, ma piuttosto di utilizzarlo in senso terapeutico, sviluppando un clima di solidarietà e chiarezza fra medici, infermieri e pazienti, restituendo ad essi i diritti elementari, e creando condizioni di vita finalmente umane.

Procedure rimaste inalterate fino al 1968 Votata in Parlamento la Legge n. 431, nota come «Legge Mariotti», Dalla sua nascita, agli inizi del XIX secolo, fin quasi ad oggi la psichiatria si è occupata del malato soltanto dal momento in cui il suo comportamento diveniva pericoloso. Si istituisce il ricovero volontario: Si riconosce l’opportunità per chiunque manifesti un disturbo psichico, di poter chiedere aiuto. (art. 4) Introduce la possibilità di trasformare il ricovero coatto in volontario, previo accertamento del consenso del paziente, evitando il procedimento di internamento definitivo. Prevedeva alcune trasformazioni organizzative dell'ospedale psichiatrico, tendenti ad equiparalo agli ospedali generali, e tendeva ad istituire delle attività preventive e di cura fuori dalle mura manicomiali. Intento di attenuare l’impianto da istituzione totale degli ospedali psichiatrici e di indirizzare l’tenza psichiatrica il più possibile verso un trattamento ambulatoriale esterno al circuito manicomiale.

Art. 2. Personale Dell'ospedale LEGGE MARIOTTI DEL 1968 n. 431 PROVVIDENZA PER L’ASSISTENZA PSICHIATRICA Pubblicata nella gazzetta ufficiale n.101 del 20 aprile 1968 Art. 1. Struttura Interna Dell'ospedale Psichiatrico Gli ospedali psichiatrici dipendenti dalla provincia e da altri enti pubblici devono essere costituiti da due a cinque divisioni, ciascuna delle quali con non più di 125 posti-letto. Art. 2. Personale Dell'ospedale Ogni ospedale psichiatrico deve avere un direttore psichiatra, un medico igienista, uno psicologo e per ogni divisione un primario, un aiuto ed almeno un assistente. L'ospedale deve inoltre avere il personale idoneo per una assistenza sanitaria, specializzata e sociale. (…) Dovrà essere in ogni caso assicurato il rapporto di un infermiere per ogni tre posti-letto e di una assistente sanitaria o sociale per ogni cento posti letto. (…)

Art. 4. Ammissione Volontaria E Dimissioni L'ammissione in ospedale psichiatrico può avvenire volontariamente, su richiesta del malato, per accertamento diagnostico e cura, su autorizzazione del medico di guardia. In tali casi non si applicano le norme vigenti per le ammissioni, la degenza e le dimissioni dei ricoverati di autorità. La dimissione di persone affette da disturbi psichici ricoverate di autorità, ai sensi delle vigenti disposizioni, negli ospedali psichiatrici è comunicata all'autorità di pubblica sicurezza, ad eccezione dei casi nei quali il ricovero di autorità sia stato trasformato in volontario. (…) Art. 5. Concorso Dello Stato Nelle spese degli enti pubblici per l'assistenza psichiatrica e delle province lo stato concorre ai maggiori oneri derivanti alle province e agli enti da cui dipendano ospedali psichiatrici, per l'assunzione delle nuove unità di medici, psicologi, infermieri, assistenti sanitarie visitatrici ed assistenti sociali (…)

Art. 6. Contributi A Province Il ministro per la sanità è autorizzato a concedere, sui fondi stanziati con il precedente articolo 5, contributi a quelle province che, non disponendo di ospedale psichiatrico proprio ed avvalendosi, in base a regolari convenzioni, di istituti ospedalieri eretti in ente morale e non aventi finalità di lucro, provvedano a migliorare l'assistenza ai malati di mente secondo i criteri della presente legge. Art. 8. Contributi Per Le Attrezzature Tecnico-sanitarie (…) il ministero della sanità può concedere contributi e sussidi agli ospedali psichiatrici dipendenti dalle province e da altri enti pubblici, per il rinnovo delle attrezzature tecnico-sanitarie degli ospedali e dei servizi di igiene mentale, per il miglioramento e adeguamento di esse nei casi in cui la quota della retta di degenza stabilita ai sensi delle vigenti disposizioni non riesca a coprire le spese occorrenti (…)

Art. 9. Garanzia Per L'assunzione Dei Mutui La cassa depositi e prestiti e gli enti ed istituti pubblici autorizzati a concedere mutui garantiti da delegazioni ai comuni e alle province possono concedere mutui anche agli enti pubblici da cui dipendano ospedali psichiatrici per la costruzione di nuovi ospedali, l'ampliamento, la trasformazione e l'ammodernamento degli ospedali esistenti, nonché per l'acquisto delle relative attrezzature di primo impianto. con decreto del presidente della repubblica,, su proposta del ministro per il tesoro, saranno definite le modalità relative al conferimento delle delegazioni. gli enti di previdenza sono autorizzati, nei limiti del 10 per cento delle disponibilità investibili in beni patrimoniali, a concedere mutui agli enti <da cui dipendano ospedali psichiatrici. Art. 11. Abrogazione E’ abrogato l'articolo 604, n. 2, del codice di procedura penale per quanto attiene all'obbligo dell'annotazione dei provvedimenti di ricovero degli infermi di malattie mentali e della revoca di essi nel casellario giudiziario. norma transitoria art. 12. le amministrazioni pubbliche da cui dipendono attualmente ospedali psichiatrici, per quanto concerne il numero delle divisioni, provvederanno ad adeguarsi ai limiti fissati dall'articolo 1 entro il termine di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Legge 431 Legge 180 Stabilisce che alla base del trattamento sanitario psichiatrico ci sia il diritto della persona alla cura e alla salute e non più il giudizio di pericolosità o di pubblico scandalo Rappresenta uno spartiacque sia rispetto alle norme e alla prassi precedente, sia rispetto al sentire comune sulla malattia mentale. Ha ridisegnato i ruoli della psichiatria, chiamata a darsi una nuova identità, un nuovo mandato di tipo sanitario e non più ispirato a finalità di ordine pubblico. Ha decretato la fine del manicomio, mantenendo la possibilità di adottare soluzioni coercitive nei confronti di malati di mente. Attraverso il TSO, provvedimento adottabile solo in presenza di precisi e rigidi presupposti e solamente rispettando una complessa e dettagliata procedura, è ancora possibile disporre di misure restrittive della libertà personale, come il ricovero coatto, nei confronti di un soggetto malato di mente, formalmente ritenuto non più pericoloso a sé e agli altri, ma soltanto (al pari degli infermi) bisognoso di cure.

Principi generali Legge 180 Sancisce nel nostro paese il diritto alla salute e all’assistenza sanitaria Superamento ospedali psichiatrici Integrazione dell’assistenza psichiatrica nel SSN Orientamento prevalentemente territoriale dell’assistenza psichiatrica Limitazione dei TSO in condizioni di emergenza e situazioni ben precisate

Art. 1 Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori. LEGGE DEL 1978 N. 180 ACCERTAMENTI E TRATTAMENTI SANITARI VOLONTARI E OBBLIGATORI Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 16 maggio 1978, n. 133. Pone fine al vecchio sistema manicomiale basato essenzialmente sulla legge n. 36/1904 Art. 1 Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. (…) possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori a carico dello Stato e di enti o istituzioni pubbliche sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate. Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio chi vi è sottoposto ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori (…) devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del Sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, su proposta motivata di un medico.

Art. 2 Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale. (…) possono essere disposte nei confronti delle persone affette da malattie mentali. Nei casi di cui al precedente comma la proposta di trattamento sanitario obbligatorio può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall'infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra ospedaliere. Il provvedimento (…) deve essere preceduto dalla convalida della proposta (…) da parte di un medico della struttura sanitaria pubblica(…).

Art. 3 Procedimento Relativo Agli Accertamenti E Trattamenti Sanitari Obbligatori In Condizioni Di Degenza Ospedaliera Per Malattia Mentale. (…) Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera. (…)Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico di cui all'articolo 6 è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso. (…)

Art. 4 Revoca e modifica del provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio. Chiunque può rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio. Sulla richiesta di revoca o di modifica il sindaco decide entro dieci giorni. (…)

Art. 6 Modalità relative agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale. Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presìdi psichiatrici extra ospedalieri. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge i trattamenti sanitari per malattie mentali che comportino la necessità di degenza ospedaliera e che siano a carico dello Stato o di enti e istituzioni pubbliche sono effettuati, salvo quanto disposto dal successivo articolo 8, nei servizi psichiatrici (…). i servizi speciali obbligatori negli ospedali generali e che non devono essere dotati di un numero di posti letto superiore a 15 - al fine di garantire la continuità dell'intervento sanitario a tutela della salute mentale sono organicamente e funzionalmente collegati, in forma dipartimentale con gli altri servizi e presìdi psichiatrici esistenti nel territorio.

Art. 7 Trasferimento alle regioni delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera psichiatrica. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge le funzioni amministrative concernenti la assistenza psichiatrica in condizioni di degenza ospedaliera, già esercitate dalle province, sono trasferite, per i territori di loro competenza, alle regioni ordinarie e a statuto speciale. (…) A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge le regioni esercitano anche nei confronti degli ospedali psichiatrici le funzioni che svolgono nei confronti degli altri ospedali. E' in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche e utilizzare come tali divisioni o sezioni neurologiche o neuropsichiatriche. (…)

Art. 8 Infermi Già Ricoverati Negli Ospedali Psichiatrici. Le norme di cui alla presente legge si applicano anche agli infermi ricoverati negli ospedali psichiatrici al momento dell'entrata in vigore della legge stessa. Il primario responsabile della divisione, entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge, con singole relazioni motivate, comunica al sindaco dei rispettivi comuni di residenza, i nominativi dei degenti per i quali ritiene necessario il proseguimento del trattamento sanitario obbligatorio presso la stessa struttura di ricovero, indicando la durata presumibile del trattamento stesso. Il sindaco dispone il provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera secondo le norme di cui all'ultimo comma dell'articolo 2 e ne dà comunicazione al giudice tutelare con le modalità e per gli adempimenti di cui all'articolo 3. (…) negli attuali ospedali psichiatrici possono essere ricoverati, sempre che ne facciano richiesta, esclusivamente coloro che vi sono stati ricoverati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e che necessitano di trattamento psichiatrico in condizioni di degenza ospedaliera.

Art. 10 Modifiche al codice penale. Nella rubrica (…) del codice penale sono soppresse le parole: "di alienati di mente". (..) "di infermi di mente o". (…)"a uno stabilimento di cura o". Art. 11 Norme Finali. Sono abrogati gli articoli 1, 2, 3 e 3-bis della legge 14 febbraio 1904, n. 36, concernente "Disposizioni sui manicomi e sugli alienati" e successive modificazioni, l'articolo 420 del codice civile, gli articoli 714, 715 e 717 del codice penale, il n. 1 dell'articolo 2 e l'articolo 3 del testo unico delle leggi recanti norme per la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, nonché ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge. (…)

«La distruzione del manicomio non significa dunque abbandono del malato a se stesso, ma significa creare le premesse perché egli possa essere seguito in modo migliore ed aiutato in quelle che sono le sue reali difficoltà». (Franco Basaglia, Conversazione: a proposito della nuova legge 180, Scritti, Einaudi, Torino, 1982, II, 479).

IL DIRITTO ALLA SALUTE MENTALE: IL MODELLO ORGANIZZATIVO ITALIANO

Contenuto propositivo della legge 13 maggio 1978, n. 180 Essa rientra all’interno del decennio di atti normativi che hanno cercato di innovare i rapporti etico- sociali e la condizione delle minoranze. La legge fu largamente condivisa , generando entusiasmo per il suo carattere innovativo. Suscitò una serie di fenomeni di rigetto/RESISTENZE/CRITICHE. In seguito

Sono state 3 le LINEE DI CRITICA alla legge 180: Sostenitori dell’idea che la legge rappresentasse una filiazione ideologica Critica reazionaria con intento di ripristino dei manicomi Inattuabilità e velleitarismo 1 2 3 Il piano di REDAZIONE-IDEAZIONE ≠ da quello di ESECUZIONE Aspetto importante per comprendere il contenuto propositivo della legge

Attacco alla riforma Accusa di aver riconsegnato alle famiglie il peso materiale ed umano degli infermi Legge 180/1978 = atto di scarica di DERESPONSABILIZZANTE della malattia mentale nel privato. «Basaglia distruttore dei manicomi» «Intellettuale che nega l’esistenza della malattia mentale» «Abbandono!» «Non ha saputo trovare alternative valide»

La scelta costituzionale dietro al nuovo trattamento per la malattia mentale (TSO). Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. Nei casi in cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti all’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori a carico dello Stato o di enti o di istituzioni pubbliche sono attuati dai presidi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate. Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio chi vi è sottoposto ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco, nella sua qualità di autorità sanitaria locale, su proposta motivata di un medico. Articolo 33 della l. n. 833/1978

Trattamento sanitario obbligatorio Quali caratteristiche deve avere? Risposta eccezionale Residuale Di breve durata Reversibile Assistita da garanzie procedimentali

Le misure di cui al secondo comma del precedente articolo (il trattamento sanitario generale dianzi illustrato, n.d.r.) possono essere disposte nei confronti delle persone affette da malattie mentali. Nei casi di cui al precedente comma la proposta di trattamento sanitario obbligatorio può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extra ospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui all’ultimo comma dell’articolo 33 da parte di un medico della struttura sanitaria pubblica e deve essere motivato in relazione a quanto previsto dal precedente comma. Articolo 34 della l. n. 833/1978

Strutture e servizi di salute mentale alternativi al manicomio Al manicomio si sostituisce un MODULO DIPARTIMENTALE A RETE, cioè composto da strutture differenziate per funzione e ruolo sul territorio. SPDC  Servizi psichiatrici di diagnosi e cura DSM  Dipartimento di salute mentale Tuttavia le critiche sulla legge 180/1978 continuarono a sostenere la generalità e l’inattuabilità per non aver trovato una soluzione alla chiusura dei manicomi.

Ragioni generali della non immediata e parziale esecuzione della riforma psichiatrica La legge implica un trasferimento di competenze dalle Provincie alle Regioni. Gigantesco mutamento culturale. Impreparazione delle politica locale nel controllo sociale. PREVENZIONE Nuova frontiera di lotta =

Sistema di tutela della salute mentale Reticolare Aperto Diversificazione territoriale e sociale Collaborazione Rispetto della dignità Degenza ospedaliera minima Interazione psichiatra-paziente

Senso simbolico dell’abolizione del manicomio Diritto alla salute Acquisizione della libertà per i malati Follia sottratta alla “generale” pericolosità sociale Gli istituti totalizzanti Falliscono l’obiettivo di curare Mascherano e nascondono il disagio di figure già socialmente emarginate Critica ad ogni funzione istituzionale

Riguardo il mantenimento degli OPG Contraddizione col moderno modo di concepire la malattia mentale Prevale l’inquadramento della follia come necessità di sicurezza degli altri Alternativa al carcere a causa della non imputabilità (doppio binario) Doppio binario Il concetto di pericolosità sociale è evanescente; è impossibile determinare un trattamento efficace Misure di sicurezza comportano una trasformazione in un carcere Funzioni miste L’istituzione abdica alle altre funzioni in favore di una sola

Approcci al superamento degli OPG Approccio massimalista: Deistituzionalizzare gli OPG Predisporre il carcere di un idoneo sistema di terapia Approccio riformista: Migliorare le condizioni di vita all’interno degli OPG Modificare termini e modalità di permanenza, responsabilità di gestione, caratteristiche strutturali e nome

Disposizioni dell’articolo 3-ter del decreto-legge del 2011 Scadenze 31/03/12: termine per l’adozione di misure sostitutive 1/02/13: superamento degli OPG Strutture sostitutive Prevalenza della componente medica rispetto a quella custodiale Soggetti provenienti dal territorio regionale Percorsi terapeutico-riabilitativi Dimissioni dei pazienti appena possibile

Riforma del 2012 Temi in comune con la legge 180 Differenze Fini delle misure restrittive Permanenza in vita di istituzioni totali Lotta inesausta contro le istituzioni dell’esclusione Differenze Periodo storico e politico

Contro le tecniche del controllo sociale Partecipazione dal basso Nuova dialettica contrapposta alla psichiatria tradizionale Futuro dei servizi di salute mentale legato all’effettività del sistema di protezione sociale

Grazie per l’attenzione