DAL RANCORE… AL PERDONO PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI DAL RANCORE… AL PERDONO SECONDA PARTE: …AL PERDONO 7° giorno Anno Pastorale 2015-2016
La correzione fraterna Quanto abbiamo sottolineato può essere ulteriormente esplicitato mediante la pratica della correzione fraterna, che costituisce un altro momento importante nell’itinerario del perdono.
Tale esperienza, per essere vissuta in maniera feconda e raggiungere l’obiettivo che si propone, deve essere collocata nel giusto orizzonte, mettendo in atto una serie di atteggiamenti adeguati che, viceversa, porterebbero a falsificare tale pratica.
Infatti, la correzione fraterna, soprattutto in ambito cristiano, si realizza all’interno di un’esperienza di fraternità, in cui l’altro si concepisce come un fratello con il quale sono in cammino verso l’unica meta che è la piena comunione con il Padre.
Un cammino in cui ci si incontra da fratelli, ci si riconosce peccatori amati da Dio, fragili, bisognosi di aiuto e di reciproca correzione.
Nella vera comunione fraterna ognuno di noi diventa responsabile del cammino spirituale dell’altro, che nel momento del bisogno e dello smarrimento deve essere aiutato a rialzarsi per continuare a camminare.
Pertanto, nella correzione fraterna si esprime in pienezza la misericordia di Dio che passa attraverso l’impegno e la sollecitudine di ognuno di noi, chiamato a tendere la mano verso chi ha sbagliato.
Così intesa la correzione fatta con sincerità, delicatezza e amore, diventa un puro atto di carità senza nessun tipo di tornaconto, ma avendo semplicemente a cuore il bene del fratello.
Il testo più esplicito su tale pratica lo troviamo nel Vangelo di Matteo: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla la terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo» (Mt 18, 15-18).
Non a caso, tale esortazione costituisce la parte centrale del capitolo 18 del Vangelo di Matteo, che delinea le norme della vita ecclesiale, in cui la correzione fraterna si pone come il criterio di verifica del cammino di fede personale e comunitario.
La dinamica della correzione è illustrata secondo una certa gradualità che va dalla dimensione più privata, da svolgere a tu per tu con il fratello, fino al coinvolgimento della comunità.
Vengono proposte, quindi, tutte le possibilità al fine di “guadagnare il fratello”, cioè riportarlo sulla strada dell’amore verso Dio e verso i fratelli.
Ma attenzione, nel cuore di chi attua la correzione ci deve essere un unico obiettivo: quello di salvare il fratello; per questo si richiede una grande umiltà, per evitare di sentirsi superiori, e soprattutto dolcezza e mitezza, come sottolinea san Paolo:
«Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza» (Gal 6,1a);
«Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti, capace di insegnare, paziente, dolce nel rimproverare quelli che gli si mettono contro, nella speranza che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la verità e rientrino in se stessi, liberandosi dal laccio del diavolo, che li tiene prigionieri perché facciano la sua volontà» (2 Tm 2,24-26).
Se l’umiltà deve caratterizzare il modo di attuare la correzione fraterna, altrettanta se ne richiede a chi ne è destinatario; infatti, l’orgoglio, il sentirsi dalla parte della verità, il non volere riconoscere i propri errori, spesso determinano il fallimento della correzione.
Viceversa, se accolta con spirito di fede, sapendo che Dio in quel momento mi sta correggendo servendosi del fratello, allora essa raggiunge il suo obiettivo che è quello di rimarginare le ferite provocate dal rancore ed educare a costruire rapporti sempre più autentici.
Infatti, l’autore della Lettera agli Ebrei sottolinea tale pedagogia che, attraverso la fatica e la sofferenza nell’accogliere la correzione, fa crescere la coscienza di essere figli di Dio e, nello stesso tempo, ci educa alla fraternità:
«È per la vostra correzione che voi soffrite «È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? [...] Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati (Eb 12,7.11).
Comprendiamo l’importanza di questa pratica cristiana, che dovrebbe diventare uno stile di vita nel cammino del cristiano per evitare quella tiepidezza nelle relazioni che non di rado sperimentiamo nelle nostre famiglie, nelle comunità e nei rapporti in genere.