Parafrasi S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento? Ma s’egli è amor, perdio, che cosa et quale? Se bona, onde l’effecto aspro mortale? Se ria, onde.

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Transcript della presentazione:

“ S’AMOR NON È, CHE DUNQUE È QUEL CHE IO SENTO ? ” di Francesco Petrarca

Parafrasi S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento? Ma s’egli è amor, perdio, che cosa et quale? Se bona, onde l’effecto aspro mortale? Se ria, onde sí dolce ogni tormento? S’a mia voglia ardo, onde’l pianto e lamento? S’a mal mio grado, il lamentar che vale? O viva morte, o dilettoso male, come puoi tanto in me, s’io no ’l consento? Et s’io ’l consento, a gran torto mi doglio. Fra sí contrari vènti in frale barca mi trovo in alto mar senza governo, sí lieve di saver, d’error sí carca ch’i’ medesmo non so quel ch’io mi voglio, et tremo a mezza state, ardendo il verno.

Analisi del testo Questo componimento è stato scritto dal poeta aretino Francesco Petrarca, nato nel 1304 e morto nel 1374 ad Arquà. Esso è un sonetto; quindi è composto da due quartine e due terzine di versi endecasillabi. Fa parte della più importante opera di questo poeta, il Canzoniere. Il poeta in questa poesia, dal verso 1 al verso 6, si chiede qual è la natura delle sue sofferenze e dei suoi tormenti. Non sa se questi possano essere provocati dall’amore e se così fosse si domanda se l’amore è una cosa buona o malvagia, perché gli effetti terribili che ha su di lui lo portano alla morte, ma al tempo stesso sono dolci e piacevoli. Lui si chiede inoltre la causa, la provenienza del suo pianto e dei suoi lamenti, se bruciasse d’amore per sua stessa scelta; me se così non fosse si rende conto dell’inutilità dei suoi lamenti. Nei versi 7 e 8 il poeta si rivolge alla morte e al male (vocativi), chiedendo loro il motivo per cui si impossessano di lui senza il suo consenso. Nel verso 9, però, egli ritratta ciò dicendo che, se lui desse loro il suo consenso, non avrebbe motivo di lamentarsi. Dal verso 10 al 14, ossia l’ultimo, Petrarca dice di sentirsi su una barca fragile e senza timone in preda a dei venti contrari. Su questa barca ci sono quasi solo errori. Lui non sa mai quello che desidera realmente. Inoltre afferma che trema di freddo d’estate e arde d’inverno.   

ANALISI DEL TESTO Tutti gli interrogativi presenti nelle due quartine, escluso i versi 7 e 8, si riflettono nella struttura del componimento attraverso la ripetizione del punto interrogativo alla fine dei versi (epifora) e della congiunzione «Se», con la sua variante «S’» all’inizio dei versi (anafora). Il «Se» (o «S’») è però sostituito al verso 2 dalla congiunzione «Ma». In questo caso la subordinata avversativa rende maggiore l’idea del contrario rispetto a quanto detto in precedenza, se la si confronta con i complementi con la congiunzione ipotetica che hanno significati opposti. Nelle due terzine, a differenza delle quartine, gli interrogativi sono sostituiti da delle affermazioni. Infatti non ci sono i punti interrogativi,ma c’è un punto fermo alla fine del verso 9, perché il contenuto di esso è una continua del contenuto delle quartine. L’altro punto fermo è naturalmente presente alla fine dell’ultimo verso; mentre ci sono due virgole ai versi 11 e 13 che si alternano a un verso precedente senza segni di punteggiatura a fine verso. La scelta di questa punteggiatura nelle terzine è stata voluta da Petrarca per dimostrare come lui stesso si renda conto delle sue incertezze, che si manifestano anche nel non riuscire a fare una scelta definitiva, non sa ciò che vuole, «ch’i’ medesmo non so quel

ANALISI DEL TESTO ch’io mi voglio». In questo verso, il 13, c’è una ridondanza («i’», «medesmo», cioè medesimo, «io» e «mi»), proprio perché il poeta vuole sottolineare la soggettività di quanto è scritto. La poesia, come già accennato in precedenza, presenta delle forti opposizioni binarie. Ci sono delle antitesi tra i versi 1-2, 3-4, 5-6, 7-8 e 14. Nei primi due c’è l’ opposizione tra l’essere o non essere l’amore la causa della sua interiorità lacerata; la seconda oppone la bontà alla malvagità dell’amore; la terza, invece, contrappone la volontà di bruciare d’amore dalla mancata volontà di farlo, nel senso che è costretto a farlo. La penultima antitesi è tra il consenso e il non consenso dato alla morte e al male per soffrire. L’ultima antitesi è quella presente nel verso 14 che contrappone l’avvertire il freddo d’estate al sentire il caldo che brucia d’inverno. Ci sono inoltre due ossimori al verso 7, poiché la morte è definita viva («viva morte») e il male è definito piacevole («dilettoso male»). Nei primi 6 versi c’è un parallelismo nella disposizione delle preposizioni : le ipotetiche si trovano prima delle principali e sono separate da queste dalla virgola. Nei versi 8 e 9 c’è invece una struttura a chiasmo : la principale si trova prima della ipotetica nel verso 7; mentre nel verso 8 la ipotetica precede la principale, così come nei primi versi sei versi.

ANALISI DEL TESTO L’unica differenza è che nel verso 9 c’è l’aggiunta della «E» all’inizio del verso. Nel verso 7 c’è un’allitterazione perché è ripetuta la vocale «o» («O viva morte, o dilettoso male»). Nelle due quartine ci sono le allitterazioni in «e» e in «o». La poesia ha nel complesso un ritmo spezzato e discontinuo perché, come già detto, ci sono delle cesure nelle terzine alla fine e al centro dei versi; nelle quartine esse sono presenti alla fine e al centro di tutti i versi. Esempi sono il verso 1 («S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?») e il verso 9 («E s’io ’l consento, a gran torto mi doglio»). Il ritmo spezzato rappresenta il turbamento del poeta, l’amore che diventa una malattia che porta alla morte a cui il poeta appunto si rivolge. Le contrapposizioni binarie rappresentano invece, in forma scritta, il dissidio interiore che lo domina da sempre.