La fede cristiana è la Sequela di Gesù La fede cristiana è la Sequela di Gesù. Credere non consiste prima di tutto nel “pensare correttamente di Gesù”, ma nel seguire la sua via, nell’essere discepolo, nel vivere come Egli è vissuto. Non c’è una reale conoscenza della fede fuori dalla sequela. Ci immergiamo nella storia di Gesù per trasformare la nostra vita. E perché Egli continua a chiamarci a transformarla con Lui e come Lui. José Arregi Testo: Matteo 16, 21-27 // 22 Tempo Ordinario –A-. Commenti e presentazione; Asun Gutiérrez. Musica: Mozart. Sinfonía nº 29.
Matteo 16, 21-27 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Inizia la terza parte del Vangelo di Matteo. Dopo la confessione di Pietro, Gesù spiega ai discepoli che le conseguenze per chi lo vuole seguire nella missione saranno ben altre da quelle che si aspettavano La morte è inevitabile. Gesù sa che deve morire. Ma non perché abbia deciso di morire. Gesù non ama la croce, né Dio ama la sofferenza, e non la vuole per i figli suoi. E’ il Dio d’Amore, della Vita, della Gioia. La morte di Gesù sulla croce è la conseguenza, del fanatismo, della paura e all’opposizione dei capi religiosi, per la sua vita spesa a difendere e a liberare dalle oppressioni. Gli annunci che Gesù fa della passione contengono sempre un annuncio di risurrezione. Vivo le circostanze e gli eventi della mia vita alla luce della risurrezione?
Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai» Pietro non è disposto ad accettare le parole di Gesù. Non è in grado di accettare il fallimento. La sua aspettativa non si accorda con la sua vita. Deve continuare ad imparare il significato dell’essere discepolo. Pietro, come noi in qualche occasione, si trova tra la fiducia e il dubbio, tra la accettazione e la paura. Pietro vuole evitare la sofferenza a Gesù? O vuole scansare la propria sofferenza?
E’ un invito a tutti noi a marciare per i sentieri che Egli percorre, Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, Gesù dice a Pietro – e a noi – che non si ponga davanti a Gesù, come un ostacolo, ma dietro, come un discepolo. Le parole di Gesù, ferme e comprensive, sono un nuovo invito alla sequela. Gesù sa che essere discepolo implica un cammino. Si apprende ad essere coerente, a non affermare una cosa e farne un’altra. E’ un invito a tutti noi a marciare per i sentieri che Egli percorre, E a non essere un inciampo, con le nostre parole e la nostra vita, per chi lo voglia conoscere e seguire. Il discepolo è chiamato a seguire Gesù ogni giorno, lasciando a Lui la programmazione del presente e del futuro.
perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Tutti corriamo il rischio di pensare "come gli uomini" e non "come Dio". Il “Pensare come gli uomini”, affanno per accumulare ricchezza, onori, privilegi, potere.., non è compatibile con l’impegno cristiano. Gesù pensò e visse sempre, non secondo criteri e calcoli umani, ma secondo i piani di Dio. A questo chiama chi lo vuole seguire. Vivere come Lui i valori del Regno: austerità, solidarietà, compassione, forza, mpegno... produce una grande soddisfazione e armonia interiore.
Gesù non ci invita a soffrire, ma ci invita ad amare. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua, Sequela di Gesù non vuole dire “lasciare qualcosa”, ma avere incontrato Qualcuno. E’ un invito rivolto a tutti. E non si tratta di sequela esteriore, ma di adesione del cuore. Gesù non ci invita a soffrire, ma ci invita ad amare. Ripete: “venite dietro a me”. Chi lo segue giungerà al trionfo. Rinunciare a se stesso, caricarsi la croce, non è lasciare una vita piena e felice, ma scegliere una felicità più completa per tutti: la felicità che nasce dalla pratica dell’amore condiviso. Gesù ci chiede di rinunciare a quanto ci rende schiavi, travolge, disumanizza...; a tutto quanto ci impedisce di essere felici. Rinunciare a se stessi è vivere di fronte agli altri, non essere egoisti. Vivendo in questo modo, ogni “rinuncia” si cambia in fonte di gioia e di pace.
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Guadagnare la vita, la felicità e la pace, è il servizio silenzioso, disinteressato e semplice, l’impegno per gli altri, essere attenti a chi ha bisogno di noi. Saremo più liberi e felici quanto più ci porremo al servizio degli altri. Non si tratta di cercare croci e fare sacrifici. Questi ce li offre già la vita. Si tratta di vivere aiutando a portare il loro peso quanti hanno una vita più dura. Questo rende gioiosa la nostra vita e quella degli altri. Seguire Gesù suppone un concetto diverso della vita, un concetto in cui ricchezza e successo non consistono nel tesaurizzare o nel trionfare, ma nel condividere e servire.
Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni. Matteo non vede l’imminente “giudizio sulla condotta” come una minaccia e un motivo di timore. Colui che verrà è Colui che già sta dentro e con noi, Colui che ci insegna, che ci precede nella passione e nella risurrezione, si congratula, e, se sbagliamo, ci invita a tornare al nostro posto di discepoli. La sua venuta dona consolazione, fiducia e pace, perché l’atteso FIGLIO dell’uomo non è altri che Gesù, che ci conosce, ci solleva, ci comprende, ci consola, percorre la via con noi e ci offre ben più di quanto possiamo immaginare. L’importante non è sapere “quando" e "come" succederanno queste cose alla fine. Quello che avverrà alla fine del mondo, o al momento della nostra morte, già sta succedendoci quotidianamente.
Guadagnare la vita Tu, Signore, hai detto: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderá; e chi la perderà e la darà per me, la conserverà”. Perdere la vita è lavorare per gli altri, anche senza compenso; fare un favore a chi niente può darci in cambio; perdere la vita è rischiare, anche fino al fallimento, senza false prudenze; è bruciare le navi del ritorn,o per il bene del prossimo. Perdere la vita non è qualcosa che si fa come gesto stravagante e per falsa teatralità. La vita si impegna semplicemente, senza pubblicità, come l’acqua che scorre dalla fonte, come la madre che dà il seno al suo figlioletto, come l’umile sudore del seminatore. Insegnaci, Signore, a buttarci nell’impossibile, perché oltre l’impossibile c’è la tua grazia e la tua presenza e non rischiamo di cadere nel vuoto. Amen Luis Espinal