GIOTTO DI BONDONE Nel Duecento particolari condizioni economiche politiche e sociali determinarono la fortuna della città di Firenze e venne a definirsi una nuova classe sociale (il popolo) che di lì a poco sarebbe divenuta la borghesia. Furono queste alcune delle caratteristiche dell'epoca in cui si formò e iniziò la sua attività artistica Giotto di Bondone. A ciò si aggiunga l'ascesa incontrastata dell'ordine religioso dei francescani, con cui il maestro ebbe a collaborare quasi tutta la vita e dal quale fu influenzata la sua cultura e - di conseguenza - la sua attività. Ovunque la religione francescana fu accolta come il culto proprio del popolo (quindi della borghesia), soprattutto nei centri rurali e presso i ceti contadini. Boccaccio definì Giotto "il miglior dipintor del mondo": la sua fama d'innovatore del gusto e dello stile artistico iniziò subito, sin dai primordi della sua attività.
La tradizione afferma unanime che Giotto fu iniziatore di uno stile nuovo, il quale segnò un punto di rottura con il passato, aprendo la via alla modernità del gotico. Già alcuni germi del gotico francese erano presenti nella compagine artistica della metà del Duecento. Il Battistero di Pisa e il Pulpito del Duomo di Siena (opera di Nicola Pisano, del figlio Giovanni e di Arnolfo di Cambio) erano lontani dalla scultura romanica e più vicini al gotico d'oltralpe. Assisi, già luogo di scambi artistici provenienti dall'estero (i frati francescani vi confluivano da ogni parte del mondo), divenne sede di un nuovo gusto artistico. Il Battistero di Pisa Pulpito del Duomo di Siena
Madonna di San Giorgio alla Costa Le prime esperienze artistiche di Giotto oscillarono tra il neo-romanico e il gotico, spesso sottintendendo una base classica. la "Madonna" di San Giorgio alla Costa”, le "Storie del Nuovo e dell'Antico Testamento" della Chiesa di Assisi dimostrano l'uso di un apparato classico, eppure svelano alcune importanti novità. La struttura logica della composizione risponde a un criterio di centralità della narrazione. Ogni elemento è secondario al racconto, una mentalità che Giotto ha in comune con la laica borghesia in ascesa. La classicità in Giotto è, nel senso dantesco del termine, un riconoscimento dei classici in quanto possessori del miglior metodo di interpretazione della realtà. Madonna di San Giorgio alla Costa
Lo stesso realismo pervade il "Crocifisso" di Santa Maria Novella a Firenze. Giotto supera qui la tradizione bizantina e il Cristo si trasforma da icona in uomo terreno crocifisso. Il Crocifisso Bizantino che , secondo la tradizione , parlò a S. Francesco,
Negli affreschi della Basilica di Assisi quello che viene rappresentato è un S. Francesco privo degli aspetti più rivoluzionari della sua figura. Ai tempi di Giotto, infatti, la figura di Francesco era nota per gli scritti di S. Bonaventura che si preoccupò di eliminare le parti dell’epopea francescana che più disturbavano la Chiesa (ad es. la solidarietà verso i poveri e gli oppressi, la spoliazione dalle ricchezze, ecc.). Vediamo così che il presepe di Greccio (1290-92 circa) è diventato una chiesa ricca con fedeli ricchi ed elegantemente vestiti e che ad essere messa in evidenza è la similitudine con la vicenda del Cristo, testimoniata dalla presenza dei miracoli e dalla deposizione del corpo del santo che riprende le varie deposizioni del Cristo Francesco e il miracolo del fuoco davanti al sultano
L‘impostazione degli affreschi rimane legata alla tradizione bizantina (luci e ombre ben delineate, mani, occhi, bocche rappresentate secondo formule prestabilite, composizioni codificate), lo svolgimento però, cambia nettamente. Giotto legò l’arte al suo tempo, rinforzò il chiaroscuro (mutuando questo senso delle ombre dalla scultura coeva), tenne ben presente l'unitarietà della rappresentazione e la plasticità della medesima, dunque puntò tutti i suoi sforzi per passare dalla scrittura alla rappresentazione. Il pittore attese a tutte le sue opere con un intento consapevole di distacco dalla tradizione e di rivoluzione pittorica.
Maestro affermato con una nutrita bottega, uomo ricco con proprietà terriere (confermate da documenti fiorentini), egli aveva superato per fama il suo maestro Cimabue. Lo stesso Dante scrisse, infatti, "credette Cimabue nella pittura tener lo campo", ma "ora Giotto ha il grido". Tale fu la sua fama che egli venne chiamato nell'Italia settentrionale - fatto eccezionale per l'epoca - per realizzare il suo capolavoro: il ciclo pittorico della Cappella degli Scrovegni di Padova, terminato intorno al 1305 circa, dopo solo due anni di lavoro.
Nelle tre diapositive che seguono abbiamo un classico esempio della struttura narrativa che Giotto inserisce nei dipinti. Si tratta dello sposalizio della vergine. Nel primo affresco assistiamo alla consegna delle verghe che i pretendenti portavano al sacerdote. Notate come Giuseppe resti in disparte. Era molto anziano e riteneva di non avere la possibilità di diventare il prescelto di Maria.
Le verghe vengono benedette, come si vede nella seconda scena Le verghe vengono benedette, come si vede nella seconda scena. Nella terza scena, che rappresenta il matrimonio, si può notare che uno dei pretendenti spezza la sua verga ,secondo le usanze del tempo questo gesto significava l’inizio di una nuova vita e la chiusura dei legami precedenti
Lo stessa simbologia venne ripresa da Raffaello nel celebre quadro Lo sposalizio della Vergine oggi in restauro alla Pinacoteca di Brera
In questa immagine è rappresentata la strage degli innocenti In questa immagine è rappresentata la strage degli innocenti. Probabilmente Giotto si ispirò alle stragi compiute dal tiranno Ezzelino che uccise molti bambini durante gli anni del suo governo. Infatti anche nelle immagini che raffigurano le allegorie dei vizi e delle virtù troviamo che Giotto per rappresentare “Iniustitia” (ovvero l’Ingiustizia) sembra aver ritratto le sembianze di Ezzelino. Nel più recente restauro si è scoperto che i volti delle madri sono solcati dalle lacrime e la sofferenza è evidente. Era insolito in quegli anni porre tanta attenzione ai bambini perché la mortalità infantile era tanto alta che i bambini fossero erano considerati interscambiabili All’estrema sinistra Erode si sporge dalla loggia incrostata di marmi che potrebbe essere quella di un palazzo comunale ai tempi di Giotto . A destra l’edificio ottagonale può essere un battistero che allude alle tante piccole vite che non avranno un futuro nella società e che non hanno ancora ricevuto il battesimo dunque non avranno un futuro nemmeno nella vita religiosa . La Chiesa del tempo poneva nel Limbo i bambini morti prima del battesimo.
Iniustitia siede sullo sfondo di una torre merlata, tiene le gambe incrociate nella postura di chi ha il potere di giudicare, del sovrano o del giudice. Al posto delle mani ha delle zampe uncinate, è abbigliato con ricercatezza ma, dal collo, spunta una maglia metallica. Bisogna sapere che Padova si era liberata dal tiranno nel 1257 con grande sofferenza e, al tempo in cui Giotto dipinse gli affreschi, in città veniva ancora festeggiata la liberazione
In questa immagine viene raffigurato il committente, Enrico degli Scrovegni, mentre offre la chiesa a Dio. Quella raffigurata avrebbe dovuto essere la struttura originale della cappella che, in seguito, venne modificata. La sua costruzione attirò sugli Scrovegni l’ira dei monaci eremitani che avevano la loro sede vicino alla chiesa. La gente infatti andava a messa nella nuova sede disertando la loro chiesa e, di conseguenza, facendo diminuire le elemosine. Si dice che Enrico degli Scrovegni facesse costruire la chiesa per emendare i peccati del padre, diventato ricco prestando denaro a usura, in realtà nelle immagini di Giotto tutto porta a far dimenticare il reato di usura
Le due navate della cappella degli Scrovegni, nella parte più bassa, contrappongono i vizi alle virtù ma Giotto compie diverse innovazioni rispetto all’iconografia tradizionale, Per esempio non contrappone Carità ad Avarizia in modo che i visitatori non si trovassero a collegare tali aspetti alla professione del ricco committente. Caritas si posa sugli oggetti con leggerezza quasi fossero un panchetto per avvicinarsi a Dio: un sacco di farina,uno di grano, pergamene che vogliono indicare lasciti pii. Non compaiono monete proprio per evitare il collegamento con la professione di Enrico degli Scrovegni Invidia è una orribile vecchia dalla lingua velenosa che si trasforma in serpente e si ritorce contro di lei. Ha orecchie smisurate perché sempre pronta ad ascoltare e mani unghiute per arraffare, stringe un sacchetto di monete ( sempre non visibili). E’ un ammonimento contro i maldicenti