IL RISORGIMENTO ITALIANO Risorgimento: processo storico basato sull’idea di Nazione. Unità territoriale e politica della penisola RISORGIMENTO: RISVEGLIO DELL’ITALIA DOPO SECOLI DI DECADENZA E RITORNO AL PASSATO “EROICO”
GIUSEPPE MAZZINI 1805-1872 ATTRIBUIVA IL FALLIMENTO DEI MOTI DEL 1820-1821 A TRE CAUSE: FIDUCIA NEI SOVRANI (NON DEGNI) MANCANZA DI DIREZIONE UNITARIA POPOLO NON COINVOLTO (CONTADINI E MASE POPOLARI)
Il programma di Mazzini era a carattere nazionale e democratico 1831 fonda la GIOVINE ITALIA RESE PUBBLICO IL PROGRAMMA POLITICO REPUBBLICA UNITA INDIPENDENTE
alla maggioranza del popolo italiano, formato da contadini analfabeti, il messaggio mazziniano non arrivò mai di conseguenza, neppure le iniziative di Mazzini ebbero l’appoggio popolare sperato. I primi moti mazziniani (1833-1834) furono scoperti ancor prima di cominciare o vennero repressi 1844: Attilio ed Emilio Bandiera, ufficiali della marina austriaca iscritti alla Giovine Italia (senza l’approvazione di Mazzini) sbarcarono in Calabria, per sollevare il popolo contro i Borboni. Ma vennero scambiati per briganti, assaliti dagli stessi abitanti che volevano liberare, presi prigionieri e fucilati.
I liberali moderati si orientarono verso il Dopo il fallimento dei moti mazziniani l’iniziativa passò ai liberali di idee moderate. Italia unita per mezzo di graduali riforme, evitando scontri e rivoluzioni e facendo leva sulla religione cattolica, I liberali moderati si orientarono verso il federalismo risolvere i problemi dell’Italia con una confederazione, un’associazione di Stati italiani, nessuno dei quali avrebbe perduto la propria autonomia.
Vincenzo Gioberti: federalista. Abate che tentò di mettere d’accordo liberalismo e religione cattolica. Gioberti riteneva che l’unità politica d’Italia fosse un progetto irrealizzabile. Propose di formare una confederazione di Stati italiani, presieduta dal papa e protetta militarmente dal regno di Sardegna. Senza guerre né rivoluzioni: ebbe grande successo fra i cattolici e contribuì alla diffusione di una corrente cattolica liberale che fu detta neoguelfa.
Carlo Cattaneo (federalista) Era per una confederazione italiana, inserita nella più grande confederazione europea degli “Stati Uniti d’Europa”. Il federalismo di Cattaneo non fu né papale né monarchico, ma repubblicano (l’Italia doveva essere una confederazione di repubbliche dotate di ampie autonomie) e democratico (Cattaneo era favorevole al suffragio universale maschile).
PIO IX Pio IX: concesse alcune riforme di tipo liberale. Allentò la censura sulla stampa, permise che si costituisse una guardia civica, formata da volontari avviò delle trattative con Piemonte e Toscana per formare una lega doganale, cioè un accordo economico tra gli Stati per abolire le tasse sulle merci scambiate lungo le frontiere.
In tutta Italia ci furono manifestazioni in onore del papa e gli altri principi dovettero seguire il pontefice sulla via delle riforme. Ferdinando II delle Due Sicilie fronteggiò un’insurrezione scoppiata in sicilia nel gennaio 1848. I Siciliani, infatti, non avevano gradito l’unione della loro isola al regno di Napoli, imposta dal congresso di Vienna. Il sovrano fu costretto a concedere una Costituzione
Spinti dalla pressione dell’opinione pubblica Toscana, Piemonte, Stato della Chiesa concessero statuti e Costituzioni. Lo statuto promulgato a Torino da Carlo Alberto (Statuto Albertino) rimarrà in vigore per cento anni, dal 4 marzo 1848 al 1° gennaio 1948, quando sarà sostituito dalla Costituzione della Repubblica italiana.
La rivoluzione si diffuse rapidamente in tutta l’Europa centrale. Germania, Prussia e Vienna (capitale dell’impero asburgico) insorsero. Si sollevarono anche gli Italiani del Lombardo-Veneto (marzo 1848).
Il 17 marzo 1848 Venezia insorse e proclamò la repubblica Il 18 marzo toccò a Milano: la popolazione eresse le barricate e per cinque giorni (cinque giornate di Milano) combatté contro le truppe austriache, guidate dal maresciallo Radetzky. Il 22 marzo gli Austriaci dovettero abbandonare la città. Gli insorti lombardi chiesero aiuto ai principi italiani e specialmente al vicino Piemonte.
Ma Carlo Alberto esitava («il re Tentenna»): avrebbe voluto estendere i confini del suo regno, ma sapeva che l’esercito austriaco era il più forte d’Europa. Soprattutto, non si fidava degli insorti milanesi, molti dei quali erano democratici e repubblicani Finalmente, il 23 marzo, quando Milano si era già liberata da sé, Carlo Alberto decise di dichiarare guerra all’Austria e l’esercito piemontese varcò il Ticino (il fiume che faceva da confine fra Piemonte e Lombardia): cominciava così la prima guerra d’indipendenza italiana.
La prima guerra d’indipendenza Dalla Toscana, dallo Stato della Chiesa e dal regno delle Due Sicilie accorsero in aiuto di Lombardi e Piemontesi truppe volontarie di patrioti combattenti. I principi italiani partecipavano alla guerra malvolentieri temendo che il regno di Sardegna volesse ingrandirsi a loro spese. In aprile Pio IX dichiarò di non potere, in quanto papa, far guerra alla cattolica Austria e richiamò le sue truppe dal fronte.
Altrettanto fecero gli altri sovrani, anche se molti soldati rimasero a combattere come volontari. L’esercito piemontese vinse a Goito e a Peschiera Nel luglio 1848 Carlo Alberto fu battuto a Custoza e chiese all’Austria un armistizio, cioè un’interruzione della guerra. Un altro tentativo, compiuto nel 1849, si risolse in un disastro: sconfitto a Novara, Carlo Alberto abdicò (cioè rinunciò al trono) in favore del figlio, Vittorio Emanuele II, e si ritirò in volontario esilio
Venezia, che già aveva proclamato la repubblica, si preparò a sostenere l’attacco degli Austriaci. A Roma e a Firenze cominciarono violente agitazioni popolari. Il papa, ormai in aperto contrasto con il movimento liberale, decise di abbandonare la città e si rifugiò a Gaeta, sotto la protezione di Ferdinando II. A Gaeta si rifugiò anche il granduca di Toscana, Leopoldo d’Asburgo-Lorena, quando a Firenze si formò un governo democratico.
A Roma fu eletta a suffragio universale maschile un’assemblea costituente, che dichiarò decaduto il papato e proclamò la Repubblica romana (9 febbraio 1849). Il potere fu assunto da un triumvirato (un comitato di tre uomini) del quale fece parte anche Mazzini.
L’Austria riconquistò tutte le città lombarde che si erano ribellate Nel maggio 1849 un esercito austriaco occupò la Toscana, dove poté ritornare il granduca Leopoldo. Nello stesso mese Ferdinando II portò a termine la riconquista della Sicilia, che si era staccata da Napoli proclamandosi indipendente.
Per ricollocare il papa sul trono si mobilitarono la Francia, l’Austria e il regno delle Due Sicilie. In difesa della Repubblica romana c’erano Garibaldi e Goffredo Mameli Un folto numero di donne, fra cui Anita Garibaldi e la lombarda Cristina di Belgioioso, combatterono a fianco degli uomini o prestarono servizio negli ospedali da campo.
ROMA SI ARRESE e i Francesi restaurarono il potere temporale dei papi. Venezia resistette ancora più di un mese. Ma poi, assediata, cannoneggiata, priva di viveri e colpita da un’epidemia di colera, fu costretta ad arrendersi: gli Austriaci vi entrarono il 26 agosto.
Gli Austriaci tornarono nel Lombardo-Veneto e i principi sui loro troni, le Costituzioni liberali furono soppresse. Soltanto nel regno di Sardegna rimasero in vigore sia lo statuto sia il parlamento Il Piemonte costituzionale divenne un punto di riferimento per i patrioti perseguitati negli altri Stati italiani e migliaia di esuli vi trovarono rifugio.
Camillo Benso, conte di Cavour Era un liberale moderato, sostenitore di una politica di riforme da attuarsi gradualmente all’interno di una monarchia costituzionale. Credeva che lo sviluppo economico doveva andare di pari passo con il progresso politico e volle fare del regno di Sardegna un Paese moderno. Per dare slancio all’economia, firmò trattati di libero scambio con altri Paesi, costruì canali, strade e ferrovie. Fece di Genova il primo porto d’Italia. Il Piemonte divenne, in pochi anni, uno Stato prospero e in pieno sviluppo.
CAVOUR FU UN ABILE DIPLOMATICO L’occasione fu offerta dalla guerra di Crimea, fra impero russo e impero ottomano. Temendo che la Russia si rafforzasse troppo, Francia e Inghilterra appoggiarono gli ottomani. A fianco delle truppe franco-inglesi anche il Piemonte inviò 18.000 uomini: la partecipazione al conflitto permise a Cavour di intervenire al congresso di Parigi, che si tenne nel 1856. Cavour spiegò il problema italiano e gettò le basi per un’alleanza con Napoleone III
Nel 1858 in Francia, si svolse un incontro segreto fra l’imperatore e Cavour. Napoleone III si impegnò ad aiutare il Piemonte in una guerra contro l’Austria, purché fosse l’Austria ad attaccare per prima. In cambio dell’aiuto prestato, le regioni di Nizza e della Savoia, appartenenti entrambe al regno di Sardegna, sarebbero passate alla Francia. Con il pretesto di compiere esercitazioni, venivano ammassate truppe sul confine del Lombardo-Veneto. L’Austria ordinò al Piemonte di disarmare il 26 aprile 1859 dichiarò guerra.
LA SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA GIUNSERO migliaia di volontari da ogni parte d’Italia: quindicimila andarono a formare il corpo dei Cacciatori delle Alpi, che si batté vittoriosamente al comando di Garibaldi. NAPOLEONE III assunse il comando delle operazioni e vinse gli Austriaci a Magenta In Lombardia: ai primi di giugno l’imperatore e Vittorio Emanuele II entrarono a Milano, Gli Austriaci furono battuti a Solferino (dai Francesi) e a San Martino (dai Piemontesi).
La Toscana, i ducati di Parma e Modena e la Romagna, dopo aver cacciato i loro sovrani, chiedevano l’annessione, cioè l’unione, al regno di Sardegna. Queste richieste erano in contrasto con i piani di Napoleone III, che voleva tenere l’Italia sotto il suo controllo Napoleone decise di porre fine alla guerra all’insaputa di Vittorio Emanuele e concluse con l’Austria l’armistizio di Villafranca (11 luglio 1859). la Lombardia veniva ceduta a casa Savoia; il Veneto invece restava ancora in mani austriache.
Toscana, Emilia e Romagna, che sarebbero dovute tornare ai sovrani cacciati, rifiutarono di sottomettersi e si prepararono a resistere con le armi. Nel marzo 1860 i governi provvisori indissero dei plebisciti per decidere l’annessione al Piemonte: a schiacciante maggioranza le popolazioni votarono per l’unione.