Piero della Francesca 1416-1492 pittore e matematico Tra le personalità più emblematiche del Rinascimento italiano
Piero della Francesca nacque a Borgo Sansepolcro nel 1415-20 Piero della Francesca nacque a Borgo Sansepolcro nel 1415-20. Si formò a Firenze insieme a Domenico Veneziano con il quale collaborò per gli affreschi perduti del coro di S. Egidio a Firenze. Piero della Francesca è senza dubbio uno dei più grandi pittori italiani del Quattrocento. La sua pittura spaziosa, monumentale e impassibilmente razionale è senza dubbio uno dei raggiungimenti più alti degli ideali artistici del primo Rinascimento, un'età in cui arte e scienza erano unite da vincoli profondi. Piero fu un grande sperimentatore: grande maestro dell'affresco, tecnica nella quale eccelse, fu interessato soprattutto all'applicazione delle regole recentemente riscoperte della prospettiva alla pittura narrativa e devozionale: l'assoluto rigore matematico delle sue creazioni contribuisce ad esaltare la qualità astratta ed iconica della sua pittura, conferendo ai suoi capolavori una potente valenza sacrale. A partire dal quinto decennio del Quattrocento la carriera di Piero si svolse alternando soggiorni presso le principali corti dell'Italia centro-settentrionale e nella città natale. Nella seconda metà degli anni quaranta dovrebbe collocarsi la sua attività a Ferrara, dove lavorò per il marchese Leonello d'Este, uno dei più raffinati mecenati del Rinascimento.
Datato 1451 è l'affresco raffigurante Sigismondo Pandolfo Malatesta in adorazione di San Sigismondo all'interno del Tempio Malatestiano di Rimini, rinnovato in forme rinascimentali da Leon Battista Alberti; più tardi Piero replicò il ritratto di profilo del condottiero malatestiano nella tavola oggi al Louvre.
Nel 1458-1459 Piero fu attivo a Roma, chiamato da papa Pio II. A questo periodo risale anche la Resurrezione del Museo Civico di Sansepolcro, dall'inarrivabile solennità, data dalla composizione piramidale e dalla ieratica frontalità del Cristo.
Battesimo di Cristo, 1440-1460 dipinto a tempera su tavola (167x116 cm) conservato alla National Gallery di Londra. L'opera, caratterizzata da uno schema apparentemente naturale, ma in realtà dominata da precise regole matematiche, dà un senso di calma e serenità, in cui l'azione è sospesa nel momento in cui l'acqua sta per discendere sul capo di Cristo. Gesù, in posizione frontale, immobile sta ricevendo il battesimo da san Giovanni nel Giordano, mentre dal cielo è comparsa la colomba dello Spirito Santo. Sottili striature d'oro rappresentano la luce divina che discende con la colomba. A sinistra, accanto a un grosso albero dal fogliame fitto, assistono alla scena tre angeli. A destra, più in lontananza, un altro uomo in mutande, battezzando, si sta spogliando, mentre sullo sfondo passa un gruppo di sacerdoti greci, uno dei quali indica, stupefatto, il cielo.
Il dipinto è composto secondo una rigorosa costruzione geometrica tramite l'uso di corpi platonici: un quadrato sormontato da un semicerchio; se dal lato superiore del quadrato si costruisce un triangolo equilatero, il vertice inferiore coincide con il piede di Cristo, mentre nell'incontro delle diagonali del quadrato si trova il suo ombelico. Al centro del triangolo si trovano le mani giunte di Cristo e sull'asse del dipinto si allineano, con esattezza geometrica la colomba, la mano con la coppa di Giovanni Battista e il corpo di Gesù stesso. La colomba si trova sul centro del semicerchio e le sue ali sono disposte lungo il diametro. L'asse mediano, che allude alla rivelazione di Gesù come Figlio di Dio, genera una partizione calibrata, ma non simmetrica in quanto l'albero a sinistra, che divide la tavola in rapporto aureo, ha maggior valore di cesura che non il gruppo centrale. Se nel quadrato si inscrive un pentagono, esso racchiude gran parte delle figure della composizione, con parallelismi tra i suoi lati ed altre linee di forza.
Piero fu alla corte di Urbino di Federico da Montefeltro, dove soggiornò sicuramente tra il 1469 e il 1472. Nonostante ciò, Piero è considerato a buon diritto uno dei protagonisti e promotori della cultura urbinate, e proprio a Urbino il suo stile raggiunse un insuperato equilibrio tra l'uso di rigorose regole geometriche e il respiro serenamente monumentale. ritratti dei coniugi Federico da Montefeltro e Battista Sforza
La Flagellazione di Cristo è un dipinto, tempera su tavola(58,4x81,5 cm) di Piero della Francesca, creato nel 1453 circa e conservata nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino
La scena mostra la Flagellazione di Cristo, un tema inconsueto come opera a sé stante. Ancora più originale è la composizione della scena, divisa in due parti, con tre figure in primo piano a destra, sullo sfondo di una via cittadina all'aperto, e la flagellazione vera e propria che avviene a sinistra, più distante, al di sotto di un edificio classicheggiante. Due colonne in primo piano inquadrano la scena e, soprattutto quella in posizione semicentrale, fanno da spartiacque con il mondo esterno, regolato da una diversa concezione e illuminazione. Le parti esterne ricevono luce da sinistra verso destra, come si vede bene sulle figure in primo piano e sugli edifici all'estrema destra. La parte al coperto invece riceve la luce per dalle aperture. La complessità della luce produce un'illusione di capovolgimento, che provoca una "vertigine metafisica". Lo scarto luminoso tra le due parti del dipinto potrebbe essere dovuto a una volontà di rimarcare il regno divino della parte destra, oppure quale evento archetipo, fuori da qualsiasi realtà storica.
La Flagellazione è uno dei migliori esempi, nell'arte di Piero, di sintesi tra naturalezza e rigore matematico. La tavoletta è impostata tridimensionalmente secondo accurate leggi geometrico-matematiche, che testimoniano l'interesse di Piero sull'argomento e la sua volontà di pervadere l'opera di simbolismo matematico. La corrispondenza più evidente è l'uso del rapporto aureo nel proporzionare le due metà del dipinto, quella in primo piano e quella del pretorio (il luogo dove Cristo venne flagellato), oppure nell'elaborato disegno del pavimento di marmo, perfettamente scorciato in prospettiva. Schema della sezione aurea del formato Schema della determinazione dell'altezza dell'orizzonte e del punto di fuga
Trattati matematici Oltre all'attività artistica fu anche autore di trattati matematici e di geometria prospettica: un manuale di calcolo intitolato Trattato d'abaco, il De prospectiva pingendi e il De quinque corporibus regularibus. In queste tre opere matematiche è presente una sintesi tra geometria euclidea, appartenente alla scuola dei dotti, e matematica abachistica, riservata ai tecnici Nel secondo trattato De prospectiva pingendi ha proseguito la sua linea di studio teorico codificando, per primo, le regole della moderna scienza prospettica, apportando notevoli novità al punto da poterlo definire uno dei padri della nuova scienza e del moderno disegno tecnico. Tra i problemi affrontati emergono il computo del volume della volta e l'elaborazione architettonica della costruzione delle cupole. Nel terzo trattato Libellus de quinque corporibus regularibus, si è ispirato alla lezione euclidea per l'ordine logico delle espressioni, ed è stato vicino alle esigenze dei tecnici nella determinazione delle figure trattate, solide e poliedriche, e per l'assenza di dimostrazioni classiche e per l'uso di regole aritmetiche e algebriche applicate ai calcoli- Nel testo, in particolare, per la prima volta venivano disegnati i poliedri regolari e semiregolari, studiando le relazioni che intercorrono fra i cinque regolari.