SAN FRANCESCO D’ASSISI

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Transcript della presentazione:

SAN FRANCESCO D’ASSISI

VITA Nacque ad Assisi nel 1182 da Pietro Bernardone Di Francesco, si può dire che abbia vissuto due vite, una l’opposto dell’altra. Il giovane Francesco era un ragazzo vivace, amante delle feste, dei banchetti e del lusso: amava mangiare e bere con gli amici, indossare vestiti eleganti e preziosi gioielli.

Fatto prigioniero di guerra a Perugia nel 1204 ci rimase per due anni Fatto prigioniero di guerra a Perugia nel 1204 ci rimase per due anni. Lì cominciò ad avere la sua crisi religiosa che si concluderà più tardi as Assisi con la rinuncia dei beni paterni. Il padre la racconta così: “All’inizio Francesco sembrava uguale a tutti gli altri bambini: era allegro, voleva sempre giocare e gli piaceva cantare. Poi accadde quello che accadde: un giorno incontrò un lebbroso e, invece di fuggire al suono della campanella, scese da cavallo e lo abbracciò. E non basta, un’altra volta si intrufolò nel mio magazzino e si prese tutte le stoffe preziose che c’erano negli scaffali per poi vendersele sottoprezzo, il tutto per pagare i restauri della chiesa di San Damiano”.

Dati storici sul periodo in cui visse San Francesco Il modo di vivere stava lentamente cambiando: i grandi feudatari del Sacro Romano Impero avevano perso molto del loro potere, la gente del castello spesso fuggiva in città, per diventare libera dalla servitù della gleba. Sebbene l'economia continuasse a rimanere fondata sull'agricoltura, i traffici e gli scambi si stavano espandendo sempre di più, e sempre più verso terre lontane. l mercanti, data la loro nuova importanza, erano alla ricerca di un ruolo attivo anche nella vita sociale e politica dei nuovi agglomerati urbani, ma questo non era esente da lotte anche sanguinose tra gruppi e fazioni, tra feudi e città.

In questo contesto si erano costituiti anche alcuni nuovi movimenti religiosi, che predicavano l'allontanamento dalle cose mondane per ritrovare la purezza dello spirito tipica della Chiesa primitiva, contro la corruzione del clero dei loro tempi, troppo coinvolto con il potere politico. Questi gruppi si ponevano sovente in forte contrasto con l'autorità religiosa, al punto da scegliere la clandestinità, a volte anche la violenza, e molti di essi furono dichiarati eretici: frequenti erano le condanne al rogo sulla pubblica piazza, mentre nel caso dei Catari di Provenza, gli Albigesi, fu addirittura indetta una crociata, che terminò in una strage.

Questa esigenza di rinnovamento veniva comunque considerata anche in altri ambienti, persino nelle scuole cattedrali di Parigi (il futuro seme delle Università), dove si discuteva della logica e della filosofia pagane, cercando una conciliazione con la dottrina cristiana. Maestri come San Bernardo di Chiaravalle e soprattutto Ugo e Riccardo di San Vittore proponevano una rielaborazione della filosofia di Platone alla luce del Cristianesimo, contro l'uso della pura logica aristotelica nello studio delle verità di fede. Essi prendevano in considerazione la realtà terrena come immagine di Dio e punto di partenza per lo studio delle verità ultime, cosa che ricorda da vicino il testo del 'Cantico delle Creature', come approfondirà il secolo seguente il francescano San Bonaventura.

SAN FRANCESCO DA ASSISI Nel 1209 cominciò il suo apostolato. Nel 1210 Innocenzo III approva il nuovo ordini dei minori, cui qualche anno dopo si affiancò anche Chiara d’Assisi, con l’ordine delle clarisse. Francersco fu in Terrasanta e in Egitto, dove cercò di diffondere il Vangelo. Nel 1223 tornato in Italia ottenne da Onorio III l’approvazione della nuova regola definitiva dell’ordine; nel 1224/5 compose il Cantico delle creature. Morì nel 1226.

SAN FRANCESCO DA ASSISI 2. Le opere Il messaggio e l’insegnamento di Francesco stanno forse più nella sua esperienza di vita che nei suoi scritti, tanto più che egli era solito definirsi “semplice e illetterato”. Non si può negare, tuttavia, la sua attenzione per la predicazione e per la parola, strumenti necessari per illuminare la vita e dare senso all’esistenza, per esprimere l’amore per la Natura e la lode a Dio. La distinzione consueta delle sue opere proposta dagli editori moderni è la seguente:   - Regole ed esortazioni Regola non bollata (comprende scritti fino al 1221) Regola bollata (approvata da Onorio III nel 1223) Regola di vita negli eremi Ammonizioni (raccolta di riflessioni spirituali) Testamento di Siena (maggio 1226) Testamento finale (autoritratto e spaccato della sua vita)

Cantico di Frate Sole (o delle Creature)  - Laudi e preghiere Lodi di Dio Altissimo Cantico di Frate Sole (o delle Creature) Preghiera davanti al crocefisso Ufficio della Passione del Signore Come nota Carlo Paolazzi in Lettura degli “Scritti” di Francesco d’Assisi, queste opere «non nascono da motivazioni culturali e letterarie, ma da esigenze di vita comunitaria e personale». Da San Francesco d’Assisi come filosofo a cura di Alessandro Sangalli

La lauda La lauda, che canta le lodi di Maria, di Cristo e dei santi, ha come centro di diffusione l’Umbria, a partire dal 1223. L’originaria lauda lirica tende a trasformarsi in drammatica. Con San Francesco (1182-1226) nascono un modo nuovo di vivere l’esperienza cristiana e una poesia nuova.

Il Cantico delle creature Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria, l’honore et onne benedizione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, e nullu homo ène dignu te mentovare.   Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le tue creature, spezialmente messor lo frate Sole, lo quale è iorno et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significazione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le Stelle: in celu l’ài formate clarite e preziose e belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento e per aere e nubilo e sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.   Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua, la quale è multo utile et humile e pretiosa e casta. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la notte: et ello è bello e iocundo e robustoso e forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta e governa, e produce diversi frutti con coloriti flori et herba.   Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore e sostengo infirmitate e tribulazione. Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo sirano incoronati. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati, ka la morte seconda no ‘l farrà male.   Laudate e benedicete mi’ Signore e rengraziate e serviateli cum grande humiltate.                     

Commenti critici Il Cantico è stato fatto per essere compreso e condiviso - cantato o recitato - dal più ampio numero di persone; in questo quadro si colloca la scelta del volgare.(Armellini/Colombo, p.1.103). volgare di tono elevato, ma usato in un modo da essere capito da tutti. si possono notare: “l’elemantarietà della struttura sinttatica, scandita in strofe introdotte da un’anafora (Laudato si’...)” (p.1.103). Ispirato in due Salmi biblici - Salmo 148; Daniele III, 52-90.

No 1º verso temos três adjetivos (Altissimu, onnipotente, bon), que dão um ritmo solene ao verso. O terceiro adjetivo BON, por sua brevidade, comporta uma pausa da voz e aparece como o mais importante. Deus é altissímo, mas é sobretudo bom, criou o mundo belo e útil para o homem. (Letizia Zini) PER - secondo alcune interpretazione per è causativo, secondo altre, invece, per verrebbe dal francese par (da), che introduce la voce passiva, allora il poeta starebbe invocando tutte le creature a lodare il Dio che le ha create (è il cantico, le lode delle creature verso Dio seria [o louvor por parte das criaturas e não dirigido a elas]).

Non vi è una forma metrica ben precisa e riconoscibile in altri componimenti del tempo, si tratta di una prosa ritmica, con rare rime (es.: stelle I belle) e costanti assonanze (es.: vento I tempo I sostentamento, Terra I governo I herba). Si compone di dieci periodi, di misura strofica varia, ciascuno dei quali contiene una lode al Signore La formula che si ripete nella prima parte, Laudato si', ricorda da vicino i Salmi dell'Antico Testamento, mentre le espressioni Beati quelli... e Guai a quelli..., che ricorrono nella seconda e nella terza parte sono un forte richiamo alle Beatitudini del Nuovo Testamento, quasi a voler richiamare tutte intere le Sacre Scritture.

Il testo è infatti diviso in tre parti, composte tra il 1224, anno delle stimmate, e la morte, avvenuta nel 1226. La prima (vv. 1-24) è stata composta, come abbiamo visto, dopo una notte di particolari sofferenze: Francesco era ormai quasi cieco, ma il ricordo della bellezza del Creato è ben vivo in lui come sempre, fin da quando, da giovane e ancora senza compagni, andava per i boschi cantando le lodi a Dio. Tutto è ben fatto e trasmette pace ed armonia, non ci sono tempeste o terremoti a sconvolgere il nubilo o la terra; addirittura, tutto è bello in se, e utile per l'uomo, che in questa parte non compare, ma la cui presenza è sottintesa: il Sole è raggiante e splendido, e per mezzo suo Dio illumina la strada degli uomini; allo stesso modo la Luna e le Stelle sono belle e chiare, ma anche preziose; ogni tempo atmosferico è bello perche rende variegata la volta celeste, ma anche perche dà di che vivere alle creature; e così via, lo stesso vale per sor' Aqua, frate Focu e la Terra, che è sorella e madre: tutte le creature si amano e si sostengono con amore fraterno, perché sono tutte immagini visibili del loro Creatore.

La seconda parte (vv. 25-28) è stata aggiunta in seguito, come possiamo leggere nella Leggenda Perugina (FF §1593), quando un'aspra contesa divideva il podestà e il Vescovo di Assisi: Francesco, malato com'era, fu preso da pietà per loro, soprattutto perché nessun ecclesiastico o secolare si interessava di ristabilire tra i due la pace e la concordia. E disse ai suoi compagni: “Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il Vescovo e il podestà si odino talmente l'un l'altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace concordia”. Compose allora questa strofa, da aggiungere alle Laudi.

La terza parte (vv. 29-33) fu composta da Francesco qualche giorno prima di morire, quando egli sentì che non bisogna temere sorella Morte, se si è nella grazia di Dio, perché allora non farà male la morte 'secunda', cioè il giudizio divino. Gli ultimi due versi sono un richiamo all'incipit, in cui si esorta ancora una volta a lodare Dio.