Lez.2 Industrializzazione, lavoro, società di massa
Nel 1861 l’Italia, appena unificata, è un Paese sostanzialmente agricolo, ma con assetti economici e paesaggi agrari molto diversi. A nord del fiume Po sono presenti moderne aziende agrarie, già di tipo capitalistico, per organizzazione e capacità produttiva. Molti sono i braccianti, operai agricoli che lavorano a giornata. Nel centro è diffuso l’antico rapporto di mezzadria: il proprietario terriero affitta la terra al colono (mezzadro) e il prodotto viene diviso a metà fra i due. In vaste aree del sud e della Sicilia è presente il latifondo: vaste tenute caratterizzate da una proprietà assenteista, coltivate in maniera estensiva attraverso affittuari e braccianti, i cui si alternano agricoltura (spesso poco produttiva, vista la mancanza di investimenti e di innovazioni tecniche e colturali) e Pastorizia. I contadini producono per l’autoconsumo. Pochi sono i prodotti che vanno sui Mercati, prevalentemente locali. Pochi (solo quelli pregiati, come gli agrumi della Sicilia) sono esportati. Un mercato nazionale è tutto da costruire.
I rapporti fra contadini e proprietari e fra braccianti e proprietari, il più delle volte, non sono regolati da contratti scritti. Il potere dei proprietari sui propri dipendenti è molto ampio, spesso totale. La grande depressione che colpisce l’economia agricola europea nell’ultimo quarto del XIX secolo spinge molti di quei contadini, specie quelli delle aree più povere dell’Italia (Il meridione e le isole, il Veneto, le regioni appenniniche) a emigrare verso l’America Latina (Argentina, Brasile) e verso gli Stati Uniti. I lavoratori agricoli che restano in Italia cominciano, negli anni ‘80 del XIX secolo, a organizzarsi (come avviene negli altri Paesi europei) in LEGHE locali, che sono all’origine dei moderni sindacati, trasformando spesso le preesistenti SOCIETA’ DI MUTUO SOCCORSO e passando dal mutualismo solidaristico a una azione – come allora si diceva – di RESISTENZA. Ottengono i primi risultati: patti colonici scritti, aumento dei salari dei braccianti. Le lotte sociali si intensificano nei primi anni del ‘900, in una situazione economicamente più dinamica, e in un mutato quadro politico , in cui il liberalismo tradizionale deve affrontare nuove sfide – la nascita del partito socialista e di un movimento cattolico sociale – e si divide fra una componente progressista e una conservatrice che assumerà sempre più una fisioomia nazionalista. E’ la cosiddetta Età giolittiana.
NASCE ANCHE IN ITALIA LA CLASSE OPERAIA Una base industriale, e quindi operaia, comincia formarsi nell’Italia di Nord-Ovest (il «triangolo industriale» Milano-Torino-Genova) negli anni’80 e si svilupperà nel «decollo» dell’industria dei primi anni del ‘900, quando si verrà allargando ulteriormente la «forbice» fra l’economia del Nord e quel del Sud, economicamente sempre più arretrato. Fra gli operai dell’industria raccoglie consensi il Partito Socialista, nato nel 1893, e nascono i sindacati di mestiere. Nel 1906 nasce la prima Confederazione generale dei sindacati, la CGIL, di ispirazione socialista riformista. Ma i salari, fino agl’inizi del ‘900, sono molto bassi, i margini d’azione per gli operai sono molto ristretti, perché esiste un’ampia manodopera di riserva. Gli scioperi e anche le rivendicazioni collettive sul salario e sugli orari (gli operai lavoravano 10-12 ore al giorno e anche più) erano repressi, anche con l’intervento dell’esercito e portavano al licenziamento degli operai più combattivi.
GIOLITTI E IL MONDO DL LAVORO ALL’INIZIO DEL ‘900 La svolta in senso liberale si ha, all’inizio del ‘900, con Giovanni Giolitti, prima ministro dell’Interno, poi più volte presidente del Consiglio negli anni che precedono la prima GM. Nel tentativo di aprire un dialogo con i socialisti riformisti del PSI rifiuta l’uso della forza pubblica (esercito, carabinieri) contro gli operi del porto di Genova in sciopero. Gli operai conquistano così, non il diritto, ma la libertà di scioperare, e lo Stato decide di non entrare più nelle controversie di lavoro, a fianco degli imprenditori. Ma non sarà una conquista intoccabile: il Fascismo cancellerà la liberta di sciopero e quella sindacale. E quella conquista vale, all’inizio del secolo, solo per gli operai. Contro i contadini in sciopero (non organizzati dal partito socialista) in Sicilia, Sardegna, Pianura Padana, i militari, chiamati dai proprietari terrieri che appoggiano politicamente Giolitti, sparano uccidendo lavoratori solo perché chiedevano salari più alti e condizioni di lavoro più dignitose.
PAROLE CHIAVE DELLA LEZIONE PAROLE CHIAVE DELLA LEZIONE. POLITICA E ISTITUZIONI NELL’ITALIA LIBERALE Monarchia costituzionale e monarchia parlamentare Uno Stato governato da una oligarchia Astensionismo elettorale (votano in pochi: 45-50% ) e limiti di sviluppo politico ed economico-sociale Servizio militare, combattentismo e diritto di cittadinanza E’ più giusto il sistema proporzionale o quello maggioritario?
INDUSTRIALISMO E SOCIETA’ DI MASSA - Nasce anche in Italia un’autentica borghesia capitalistica, alternativa all’aristocrazia tradizionale: che cosa significa questa affermazione? Nuovi imprenditori fra positivismo scientista e nascente nazionalismo Socialismo riformista e cattolicesimo sociale Il ruolo dello Stato nello sviluppo economico I contadini/operai e le nuove avanguardie operaie nell’industria meccanica Fine del vecchio paternalismo industriale: le relazioni industriali fra conflitto e contrattazione Dal «tempo della festa» al tempo libero come conquista. L’utopia del tempo liberato