Dai modelli locali di sviluppo alla

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Transcript della presentazione:

Dai modelli locali di sviluppo alla nuova concezione di Sviluppo Locale Corso di laurea SVIC Lezione di Cristina Brasili A.A. 2017-2018 1

Sistemi locali, trans-locali e transnazionali Giacomo Becattini, Sergio Vaccà Sistemi locali, trans-locali e transnazionali Lectiones Magistrales per il conferimento della Laurea Honoris Causa Facoltà di Economia, Università di Urbino “Carlo Bo” Lezione di Giacomo Becattini… 14. Ho fatto un sogno Nel 1790, Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena lascia la Toscana, che ha governato per un quarto di secolo, per Vienna, lasciandosi dietro un immenso patrimonio di coraggiose riforme (es. abolizione della pena di morte) e un documento veramente straordinario: le Relazioni sul governo di Toscana, in cui descrive minuziosamente “ con la maggior sincerità, verità e ingenuità – così dice – tutte le parti del governo, sue aziende e amministrazioni e tutte le province di Toscana”. Ebbene, io sogno una relazione annuale sulla situazione del Paese di tipo leopaldesco, in cui, oltre ai valori del PIL , che consentono – ma più in apparenza che in realtà – confronti nel tempo e nello spazio, ci si fornisca, con tutta una batteria di indicatori, un’idea di come si vive nei luoghi, nonché sul “morale” delle popolazioni ed in cui si descriva minuziosamente, magari modellizzandola, per ogni luogo del Paese, la struttura del processo produttivo del benessere. Il progresso vero non sta, per me, ripeto, nell’incremento medio (una media trilussiana) di un punto percentuale del PIL, ma nella bonifica dei luoghi inquinati, nel salvataggio di Venezia dalle maree, nella costruzione dei cittadini della fiducia nell’azione pubblica, nella possibilità di passeggiare nelle città senza avvelenarsi con lo smog o il timore di scippi, e via continuando. Il progresso di un Paese io lo vedo insomma, nel miglioramento dei luoghi e nella prograssiva trasformazione dei non luoghi in luoghi………..

Modelli interpretativi dello sviluppo economico Modelli locali di sviluppo Come avviene lo “sviluppo locale” quali sono I fattori che lo promuovono? Modelli interpretativi dello sviluppo economico regionale e territoriale Modello Neoclassico (dualismo) Modello di sviluppo “circolare e cumulativo” Modello del “filtro” Modello della “valorizzazione periferica” (Crivellini e Pettenati, Modelli locali di sviluppo in Becattini 1989)

Modello di sviluppo endogeno Modelli locali di sviluppo Modello di sviluppo endogeno I modelli di sviluppo endogeno nascono dalla constatazione del “fallimento“ dei modelli di sviluppo esogeno (Modello neoclassico di Solow) nello spiegare il persistere delle differenze tra i sentieri di sviluppo delle diverse economie

Modello di sviluppo endogeno Modelli locali di sviluppo Modello di sviluppo endogeno Diffusione maggiore nei primi anni Ottanta e negli anni Novanta; si rimuove l’ipotesi dei rendimenti di scala costanti. Romer (1986) propone l’utilizzo dei rendimenti di scala crescenti. Un aumento della conoscenza provoca un aumento del prodotto complessivo Lucas (1988) introduce un modello di “learning by doing” per due beni riprendendo il celebre lavoro di Arrow (1962) per spiegare il permanere di prolungate differenze nei tassi di crescita.

dello sviluppo locale nel nuovo millennio La “nuova” concezione dello sviluppo locale nel nuovo millennio 6

“Sviluppo locale come processo di cooperazione e cambiamento guidato da attori locali, che ha come scopo principale quello di produrre beni collettivi per la comunità.” (Ciapetti, 2010) 7

L’idea di sviluppo che adottiamo vuole evitare l’errore concettuale della teoria economica degli anni cinquanta. quando si pensava che solo per lo studio delle economie arretrate si dovesse tener conto delle relazioni e delle trasformazioni sociali, politiche e istituzionali e quindi si potesse parlare di “sviluppo”, mentre le economie più avanzate si riteneva si potesse parlare solo di “crescita economica”. 8

L’idea di sviluppo che adottiamo vuole evitare l’errore concettuale della teoria economica degli anni cinquanta. quando si pensava che solo per lo studio delle economie arretrate si dovesse tener conto delle relazioni e delle trasformazioni sociali, politiche e istituzionali e quindi si potesse parlare di “sviluppo”, mentre le economie più avanzate si riteneva si potesse parlare solo di “crescita economica”. 9

Molti studiosi hanno contribuito a superare quel limite della teoria economica e primo fra tutti quello di Amartya Sen (1984, 2000). L’economista propose fin dagli anni settanta una concezione alternativa dello sviluppo facendo riferimento ai concetti di “capacità”, la possibilità di fare, e quello di “attribuzioni”, l’insieme dei panieri alternativi ai quali una persona può avere accesso usando l’insieme dei diritti e delle opportunità della società in cui vive. 10

(diventa limitativo il discorso se riferito solo ai DI). Se questa è la visione condivisa di SL vediamo quali sono gli elementi che favoriscono la possibilità di innescare il processo: La presenza e la costruzione di un mix di reti di relazioni per appartenenza e sperimentazione e un’azione politica che miri alla costruzione di legami fiduciari e beni collettivi. Adottare chiare strategie per far sì che i sistemi produttivi locali possano adattarsi alle sfide del mercato e della globalizzazione con la creazione di beni collettivi locali, con il miglioramento della struttura economica e con la creazione di imprese ad alta tecnologia (diventa limitativo il discorso se riferito solo ai DI). 11

Se questa è la visione condivisa di SL vediamo quali sono gli elementi che favoriscono la possibilità di innescare il processo: 3. Non arroccarsi su posizioni di difesa dalle pressioni della globalizzazione (sulle comunità locali e sulle imprese) consapevoli del fatto che lo sviluppo non può essere “confinato” nel locale. 4. La produzione di beni collettivi locali considerati intermedi tra “beni pubblici puri” e “beni privati puri”, e quindi definibili come “beni pubblici impuri”: presentano infatti una qualche forma di escludibilità nella fruizione legata al fatto che sono utilizzabili dai cittadini di uno specifico territorio. Potremmo definirli alla Crouch et altri (2001) “beni collettivi locali per la competitività”. Possiamo pensare, ad esempio, ai servizi erogati dai rappresentanti delle Camere di Commercio e associazioni di rappresentanza a favore delle imprese, le infrastrutture locali, lo snellimento delle procedure per l’amministrazione locale, centri di ricerca locali, la promozione artistica e culturale. 12

Se questa è la visione condivisa di SL vediamo quali sono gli elementi che favoriscono la possibilità di innescare il processo: 5. Far diventare metodo di governo sperimentazione e innovazione e non limitarsi ad attrarre risorse per obiettivi specifici. Non pensare, quindi, ai soli mezzi e strumenti ma sperimentazione e innovazione come cultura dell’amministrazione di un territorio. 6. Evitare di assumere che il livello ottimale di decisione sia sempre quello “locale”: bisogna mantenere la consapevolezza che lo SL ha bisogno di un governo del territorio in termini di decisioni politiche e di governance ovvero di processi condivisi che nascono da forme di cooperazione tra attori privati e pubblici a livello locale (principio di sussidiarietà). Possiamo pensare, ad esempio, ai servizi erogati dai rappresentanti delle Camere di Commercio e associazioni di rappresentanza a favore delle imprese, le infrastrutture locali, lo snellimento delle procedure per l’amministrazione locale, centri di ricerca locali, la promozione artistica e culturale. 13

Se questa è la visione condivisa di SL vediamo quali sono gli elementi che favoriscono la possibilità di innescare il processo: 7. Lo SL deve occuparsi attivamente del “capitale territoriale”, così come definito nel documento “Territorial Outlook” dell’OECD nel 2001, e che vedremo in seguito più specificatamente per le città, e cioè quel insieme di caratteristiche quali la localizzazione geografica e i sistemi produttivi, il clima, le tradizioni culturali e sociali, la qualità della vita. 8. Questi elementi congiuntamente dosati rappresentano la capacità di auto-organizzazione locale. Possiamo pensare, ad esempio, ai servizi erogati dai rappresentanti delle Camere di Commercio e associazioni di rappresentanza a favore delle imprese, le infrastrutture locali, lo snellimento delle procedure per l’amministrazione locale, centri di ricerca locali, la promozione artistica e culturale. 14

Il ruolo del Capitale Territoriale “Ogni regione possiede uno specifico capitale territoriale distinto da quello delle altre aree, che genera un più elevato ritorno per specifiche tipologie di investimento, che sono meglio adatte per questa area e che più efficacemente utilizzano i suoi asset e le sue potenzialità. Le politiche di sviluppo territoriale devono innanzitutto e soprattutto aiutare le singole regioni a costruire il loro capitale territoriale”[Commissione Europea, 2005] 15

Ogni territorio cerca una sua “specificità” puntando sull’accesso al mercato, sulla propria immagine, sul potere di attrarre menti creative e imprese (vedi anche la Sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale CE 2009 che a tale proposito propone gli “indici di creatività”), la capacità di rinnovare la governance, ecc. 16

L’OECD ha stilato una lunga lista, di fattori che determinano il capitale territoriale e che vanno dai tradizionali asset materiali a quelli più recentemente sviluppati a carattere immateriale: queste nuove tipologie di beni includono la localizzazione geografica dell’area, la sua dimensione, disponibilità di fattori produttivi, clima, tradizione, risorse naturali, qualità della vita o economie di agglomerazione prodotte dalle sue città, ma possono anche includere i suoi incubatori, i suoi distretti industriali o altre reti di impresa che permettono di ridurre i costi di transazione. 17

Altri fattori possono essere le interdipendenze “non di mercato” come le convenzioni, le tradizioni, e regole informali che permettono agli attori locali di lavorare insieme, o le reti di solidarietà, di associazionismo e di collaborazione nello sviluppo e nel supporto di nuove idee che si possono trasformare in cluster di piccole e medie imprese che operano nello stesso settore. 18

Sixth Progress Report On Economic and Social Cohesion (2009) 19

Sixth Progress Report On Economic and Social Cohesion (2009)

urban@bo La qualità della vita nelle città Eurobarometer 2015 – Quality of life in European cities Le politiche per le città: piattaforma di condivisione della conoscenza sulle politiche urbane urban@bo Invito all’iniziativa: "Mind the Gap. Il distacco tra politiche e città" è il titolo del terzo Rapporto, i curatori del volume sono: Alessandro Balducci, Presidente di Urban@it, Politecnico di Milano, Ota De Leonardis, docente di Sociologia, Università Milano Bicocca e Valeria Fedeli, docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica, Politecnico di Milano. L'appuntamento è per venerdì 20 ottobre p.v., alle ore 10.30, a Bologna, presso l'Aula Giorgio Prodi, Università di Bologna, in Piazza San Giovanni in Monte 2.  Come lo scorso anno, la mattinata (ore 10.30-13) sarà dedicata a una tavola rotonda di discussione sul Rapporto. Nel pomeriggio alle 14.30 presentazione dei vincitori della Call Innovation stories.0.1, progetto a cura di Valeria Fedeli e Camilla Perrone, docenti di Tecnica e Pianificazione Urbanistica Politecnico di Milano e Università di Firenze. Alle ore 15.30 avremo il piacere di assistere ad una lettura di Franco Farinelli, docente di geografia all'Università di Bologna sul tema "L'intelligenza delle città". 21

Da studiare Ciapetti L., Lo Sviluppo locale, Il Mulino, 2010. Da pag. 7 a pag.33 e da pag. 113 a pag. 131 Da leggere Bertini, Brasili “Città e sviluppo locale” Cap 12 pp. 219-236 nel Volume a cura di Walter Vitali “Un’Agenda per le città”, Il Mulino 2014 Quali politiche regionali per l’Italia non-metropolitana? una topografia economica delle città medie in attesa del Titolo V Lorenzo Ciapetti RAPPORTO SULLE CITTÀ 2015 METROPOLI ATTRAVERSO LA CRISI ottobre, Urban@it Background Papers,ottobre 2015 COMMISSION OF THE EUROPEAN COMMUNITY (2009) SIXTH PROGRESS REPORT ON ECONOMIC AND SOCIAL COHESION Eurobarometer 2015 – Quality of life in European cities – Fino a pag 108 22