Verso la formazione del canone

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Transcript della presentazione:

Verso la formazione del canone

Trasmissione autorevole del messaggio Trasmissione: chi è autorizzato a trasmettere il messaggio di Gesù con credenziali adeguate? I missionari itineranti? I credenti sedentari? E tra questi, coloro ai quali sono riconosciute facoltà peculiari, come l’insegnamento, la profezia, etc.? Come tradurre gli insegnamenti in regole di vita valevoli per tutta una comunità, grande o piccola? Canone neotestamentario come soluzione del problema della “localizzazione dell’autorità affidabile i cui enunciati dovevano servire come fonte e criterio di legittimazione di ogni pratica cristiana” (Norelli).

Primi scritti cristiani e formazione delle raccolte autorevoli Paolo di Tarso: lettere autentiche (oralità e scrittura inscindibilmente legati: Paolo predica e scrive), lettere deuteropaoline, che presuppongono quelle autentiche, e che vengono alla fine accolte almeno in parte nel canone (vedi invece il caso di 3Cor e Laod). Fonte Q: parole di Gesù immesse nel quadro di un disegno storico autorevole (articolato nelle vicende: Giovanni Battista, tentazioni con enunciazione del programma di Gesù, predicazione relativa alla fine e al giudizio): oralità e scrittura. Autonomizzazione del testo scritto dai primi tradenti: circolazione delle lettere di Paolo, riutilizzo di Q in contesti urbani (Matteo e Luca)

Tradizione e tradenti Marco come testo scritto in congiunzione con la trasmissione dei detti orali (che sono pochi in esso), ma anche in opposizione a una trasmissione del messaggio gesuano che avvenga solo in maniera orale attraverso persone della cui autorevolezza è legittimo dubitare. Mc sopravvive come autorevole (sostenuto da comunità autorevoli?), a differenza di Q. La base della tradizione: compare in tutti i Vangeli e in Q ha questa forme “Chi accoglie voi accoglie me e chi accoglie me accoglie chi mi ha inviato” (Mt 10,40 // Lc 10,16). I ministeri della trasmissione: profeti, apostoli, maestri. Nuovi ministeri della trasmissione: i presbiteri

Un testimonianza sulla tradizione orale e scritta: Papia di Gerapoli (125 d.C.) Eus. e.c. 3,39 (3) Non esiterò a disporre in ordine per te, includendolo tra le spiegazioni, anche tutto ciò che un tempo ho ben appreso dai presbiteri e ben redatto, garantendone la verità. Infatti non traevo piacere, come fa la moltitudine, da coloro che parlano molto, ma da coloro che insegnano la verità; né da coloro che tramandano la memoria dei precetti estranei, ma da coloro che tramandano la memoria dei precetti dati dal Signore alla fede e provenienti dalla verità stessa. (4) E se per caso veniva anche qualcuno che era stato discepolo dei presbiteri, chiedevo le parole dei presbiteri, che cosa aveva detto Andrea, che cosa Pietro, che cosa Filippo, che cosa Tommaso o Giacomo, che cosa Giovanni o Matteo o qualcun altro dei discepoli del Signore, e ciò che dicono Aristione e il presbitero Giovanni, discepoli del Signore. Infatti non pensavo che le cose tratte dai libri mi giovassero tanto quanto le cose provenienti da una voce viva e permanente.

Papia di Gerapoli (testo greco) Eccl Hist 3.39.3.1 to Eccl Hist 3.39.4.8 3.39.3 οὐκ ὀκνήσω δέ σοι καὶ ὅσα ποτὲ παρὰ τῶν πρεσβυτέρων καλῶς ἔμαθον καὶ καλῶς ἐμνημόνευσα͵ συγκατατάξαι ταῖς ἑρμηνείαις͵ διαβεβαιούμενος ὑπὲρ αὐτῶν ἀλήθειαν. οὐ γὰρ τοῖς τὰ πολλὰ λέγουσιν ἔχαιρον ὥσπερ οἱ πολλοί͵ ἀλλὰ τοῖς τἀληθῆ διδάσκουσιν͵ οὐδὲ τοῖς τὰς ἀλλοτρίας ἐντολὰς μνημονεύουσιν͵ ἀλλὰ τοῖς τὰς παρὰ τοῦ κυρίου τῇ πίστει δεδομένας 3.39.4 καὶ ἀπ΄ αὐτῆς παραγινομένας τῆς ἀληθείας· εἰ δέ που καὶ παρηκολουθηκώς τις τοῖς πρεσβυτέροις ἔλθοι͵ τοὺς τῶν πρεσβυτέρων ἀνέκρινον λόγους͵ τί Ἀνδρέας ἢ τί Πέτρος εἶπεν ἢ τί Φίλιππος ἢ τί Θωμᾶς ἢ Ἰάκωβος ἢ τί Ἰωάννης ἢ Ματθαῖος ἤ τις ἕτερος τῶν τοῦ κυρίου μαθητῶν ἅ τε Ἀριστίων καὶ ὁ πρεσβύτερος Ἰωάννης͵ τοῦ κυρίου μαθηταὶ͵ λέγουσιν. οὐ γὰρ τὰ ἐκ τῶν βιβλίων τοσοῦτόν με ὠφελεῖν ὑπελάμβανον ὅσον τὰ παρὰ ζώσης φωνῆς καὶ μενούσης.

Commento a Papia La catena della tradizione: 1) ascoltatori di Gesù; 2) presbiteri; 3) discepoli dei presbiteri (?). Affidabilità della trasmissione orale, che avviene in ambienti noti, rispetto alla circolazione del testo scritto, che avviene impersonalmente, in ambienti non necessariamente noti, che possono intervenire, interpolare, alterare. D’altra parte Papia sente la necessità di scrivere: ammissione implicita della instabilità della trasmissione orale.

Papia su Marco e Matteo Eus. e.c. 3,39.15-16 (15) ‘Anche questo diceva il presbitero: Marco, che fu interprete di Pietro, mise per iscritto con esattezza, non però con ordine, tutto ciò che ha riferito di quanto era stato detto o fatto dal Signore. Né infatti aveva udito il Signore né lo aveva accompagnato, ma più tardi, come ho detto, aveva accompagnato Pietro, il quale impartiva via via i suoi insegnamenti secondo le esigenze, ma non come se componesse una sintesi organica dei logia del Signore, di modo che Marco non ha commesso alcun errore mettendo per iscritto alcune cose così come ha redatto. Ha avuto infatti una sola preoccupazione, di non tralasciare nulla di quanto aveva udito e di non falsarne alcunché’. (16) Queste dunque sono le informazioni riferite da Papia riguardo a Marco; riguardo poi a Matteo, è detto quanto segue: ‘Matteo dunque ha composto una raccolta dei logia in lingua ebraica, e ciascuno li ha interpretati secondo le sue capacità’».

Papia su Marco e Matteo Eccl Hist 3.39.15-16. 15 καὶ τοῦθ΄ ὁ πρεσβύτερος ἔλεγεν· Μάρκος μὲν ἑρμηνευτὴς Πέτρου γενόμενος͵ ὅσα ἐμνημόνευσεν͵ ἀκριβῶς ἔγραψεν͵ οὐ μέντοι τάξει τὰ ὑπὸ τοῦ κυρίου ἢ λεχθέντα ἢ πραχθέντα. οὔτε γὰρ ἤκουσεν τοῦ κυρίου οὔτε παρηκολούθησεν αὐτῷ͵ ὕστερον δὲ͵ ὡς ἔφην͵ Πέτρῳ· ὃς πρὸς τὰς χρείας ἐποιεῖτο τὰς διδασ καλίας͵ ἀλλ΄ οὐχ ὥσπερ σύνταξιν τῶν κυριακῶν ποιούμενος λογίων͵ ὥστε οὐδὲν ἥμαρτεν Μάρκος οὕτως ἔνια γράψας ὡς ἀπεμνημόνευσεν. ἑνὸς γὰρ ἐποιήσατο πρόνοιαν͵ τοῦ μηδὲν ὧν ἤκουσεν παραλιπεῖν ἢ ψεύσασθαί τι ἐν αὐτοῖς. 3.39.16 ταῦτα μὲν οὖν ἱστόρηται τῷ Παπίᾳ περὶ τοῦ Μάρκου· περὶ δὲ τοῦ Ματθαίου ταῦτ΄ εἴρηται· Ματθαῖος μὲν οὖν Ἑβραΐδι διαλέκτῳ τὰ λόγια συνετάξατο͵ ἡρμήνευσεν δ΄ αὐτὰ ὡς ἦν δυνατὸς ἕκαστος. 1) Il presbitero è garanzia della trasmissione autorevole del Vangelo scritto. 2) Esistono più tradizioni riguardanti Matteo: una sola ha vinto (il Matteo canonico)

Canone “Muratori” (1740) (fine II sec. / inizio III sec.)

Canone Muratori (trad. Norelli) …] ai quali tuttavia partecipò, e così mise per iscritto. Il terzo libro del vangelo, secondo Luca: questo Luca, medico, dopo l’ascensione di Cristo, poiché Paolo lo aveva preso con sé come tirocinante, in proprio nome scrisse secondo la sua idea; ma il Signore, neppure lui lo vide nella carne, e pertanto secondo che poté informarsi così comincia a narrare dalla nascita di Giovanni. Il quarto dei vangeli, di Giovanni, uno dei discepoli. Poiché i suoi condiscepoli e vescovi lo esortavano, disse: ‘Digiunate con me da oggi per tre giorni, e ciò che a ciascuno sarà stato rivelato, l’un l’altro ce lo narreremo’. Quella notte stessa fu rivelato ad Andrea, uno degli apostoli, che, mettendo tutti in comune i loro ricordi, Giovanni a suo nome redigesse il tutto per iscritto. E perciò, benché diversi inizi per ciascuno dei libri dei vangeli siano insegnati, non fa nessuna differenza per la fede dei credenti, poiché da uno Spirito unico e sovrano tutto è stato espresso in tutti, riguardo alla nascita, alla Passione, alla resurrezione, alla vita con i suoi discepoli e alla sua duplice venuta, la prima nell’umiltà, disprezzato, la quale ha avuto luogo, la seconda in potenza regale, gloriosa, la quale avrà luogo. Che vi è dunque di straordinario se Giovanni con tanta chiarezza espone anche i vari aspetti nelle sue lettere, dicendo di se stesso: ‘Ciò che abbiamo visto con gli occhi nostri e udito con le orecchie e le mani nostre hanno toccato, questo vi abbiamo scritto’: così infatti si dichiara, nell’ordine, non solo testimone oculare, ma anche uditore e anche scrittore di tutte le meraviglie del Signore.

Canone Muratori Gli atti poi di tutti gli apostoli sono stati scritti in un solo libro. Luca, per l’eccellente Teofilo, riunisce i singoli fatti che in sua presenza si compivano, così come indica in modo evidente omettendo la passione di Pietro, ma anche la partenza di Paolo quando partì da Roma per la Spagna. Le lettere poi di Paolo, da quale luogo e per quale ragione siano state spedite, esse stesse lo dichiarano a chi vuol capire. Prima di tutto ai Corinzi, proibendo le eresie dello scisma, poi ai Galati [proibendo] la circoncisione; ai Romani, insegnando che Cristo è la regola delle Scritture ma anche il loro principio, ha scritto più ampiamente. Su ciascuna di esse è necessario per noi discutere, dal momento che egli stesso, il beato apostolo Paolo, seguendo la regola del suo predecessore Giovanni, scrive nominalmente solo a sette chiese, nell’ordine seguente: ai Corinzi la prima, agli Efesini la seconda, ai Filippesi la terza, ai Colossesi la quarta, ai Galati la quinta, ai Tessalonicesi la sesta, ai Romani la settima; però, sebbene ai Corinzi e ai Tessalonicesi scriva una seconda volta per rimproverarli, si riconosce che tuttavia una sola chiesa in tutto il mondo è diffusa; anche Giovanni infatti nell’Apocalisse, sebbene scriva a sette chiese, tuttavia parla a tutte. Però una lettera a Filemone e una a Tito e due a Timoteo, [scritte] per affetto e amore, tuttavia in onore della chiesa cattolica per dare ordine alla disciplina ecclesiastica sono state rese sante.

Canone Muratori È trasmessa anche una ai Laodicesi, un’altra agli Alessandrini, sotto il nome di Paolo fabbricate per l’eresia di Marcione, e molto altro che nella chiesa cattolica non si può ricevere: infatti non è appropriato mescolare fiele con miele. Certo una lettera di Giuda e due del summenzionato Giovanni sono accolte nella [chiesa] cattolica, come la Sapienza scritta dagli amici di Salomone in suo onore. Delle apocalissi, anche, solo quelle di Giovanni e di Pietro accettiamo, la quale [seconda] alcuni dei nostri non vogliono che sia letta nell’assemblea. Ma il Pastore molto di recente, alla nostra epoca, nella città di Roma lo ha composto Erma mentre sedeva sulla cattedra della chiesa della città di Roma il vescovo Pio suo fratello, e perciò è opportuno leggerlo, ma non si può proporlo in pubblico nell’assemblea al popolo, né tra i profeti, il loro numero essendo completo, né tra gli apostoli alla fine dei tempi. Di Arsinoe però, di Valentino e di Milziade non accettiamo assolutamente nulla, essi che hanno anche composto un nuovo libro di salmi per Marcione insieme con Basilide d’Asia fondatore dei catafrigi […

Commento al Canone Muratori Non vi è allusione all’oralità. Si menzionano tradizioni di vario tipo per legittimare i singoli scritti, ad esempio Gv e 1-2Gv. La verità trova il suo luogo nei quattro Vangeli, nel loro insieme a dispetto dei difetti dei singoli, oltre che negli Atti e lettere. Criterio di legittimazione: universalità di vangeli, delle sette lettere di Paolo, etc.

Esempio di canone: Atanasio di Alessandria, lettera del 367 d.C. “Ci sono dunque in tutto ventidue libri dell’Antico Testamento – tante, infatti, come ho sentito dire, si tramanda che siano le lettere presso gli Ebrei –; per ordine e per nome ciascuno è in questo modo: per primo la Genesi, poi l’Esodo, poi il Levitico, e dopo questo i Numeri e quindi il Deuteronomio, di seguito a questi c’è Giosuè, figlio di Nauè e i Giudici e dopo questo Ruth, e di nuovo, di seguito i quattro libri dei Re, e di questi il primo e il secondo sono contati come uno solo, il terzo e il quarto, ugualmente, come uno solo;

Esempio di canone: Atanasio di Alessandria, lettera del 367 d.C. il primo e il secondo dei Paralipomeni, ugualmente contati come un solo libro; poi il primo e il secondo di Esdra, ugualmente, come uno solo; dopo di questi, il libro dei Salmi; e, di seguito, i Proverbi; poi l’Ecclesiaste e il Cantico dei Cantici; oltre a questi c’è Giobbe e, quindi, i Profeti, i dodici contati come un solo libro; quindi Isaia, Geremia e, con questo, Baruch, le Lamentazioni e l’Epistola e, dopo questo, Ezechiele e Daniele; a questo punto si ferma l’Antico Testamento.

Esempio di canone: Atanasio di Alessandria, lettera del 367 d.C. Non bisogna esitare a nominare quelli del Nuovo. Sono infatti questi: i quattro Vangeli, secondo Matteo, secondo Marco, secondo Luca, secondo Giovanni; poi, dopo questi, gli Atti degli Apostoli e le Epistole chiamate “cattoliche”, degli apostoli, sette, in questo modo: una di Giacomo, due di Pietro, poi tre di Giovanni, e, oltre a queste, una di Giuda; oltre a questi, ci sono quattordici epistole di Paolo, scritte per ordine in questo modo: la prima ai Romani, poi due ai Corinzi e, dopo queste, ai Galati e, di seguito, agli Efesini, poi ai Filippesi e ai Colossesi, e dopo queste, due ai Tessalonicesi e quella agli Ebrei. e, immediatamente, due a Timoteo, una a Tito e, ultima, quella a Filemone; e ancora l’Apocalisse di Giovanni.

Esempio di canone: Atanasio di Alessandria, lettera del 367 d. C Esempio di canone: Atanasio di Alessandria, lettera del 367 d.C.: “testi non canonizzati ma prescritti dai padri Questi (libri) sono le fonti della salvezza, cosicché chi ha sete possa saziarsi delle parole che sono in essi; in questi soltanto è infatti proclamata la dottrina della retta fede. Ma per una maggiore esattezza aggiungo anche questo, obbligato a scriverlo, che ci sono anche altri libri al di fuori di questi, non canonizzati, ma prescritti dai padri per essere letti da coloro che sono entrati di recente e vogliono essere catechizzati circa il discorso della retta fede: la Sapienza di Salomone, la Sapienza di Sirach, Esther, Giuditta, Tobia, quella che viene chiamata la Dottrina degli apostoli e il Pastore”.