“AMARE … E DESIDERARE LA VITA”
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. da Piergiorgio Welby Caro Presidente, scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese. Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita. La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore … trascorre tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri … , pulizie personali, medicazioni. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario.
Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina. Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti.
In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”:… Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente “terminale” che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di “approdo” alla morte opportuna.
Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui.
Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico. … Piergiorgio Welby 23 Settembre 2006, h 8.30
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. da Cesare Scoccimarro Ill.mo Presidente, sono Cesare Scoccimarro, 45 anni, e come Lei sa da 12 anni sono affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica. Vorrei fare alcune considerazioni sulle vicende di questi ultimi giorni: telegiornali, quotidiani, trasmissioni TV che parlano di Welby che chiede di morire. Mi ha colpito molto la sua definizione di morte “opportuna”, che condivido pienamente, perchè la morte, a volte, e se invocata, può solo essere opportuna.
Io sono nelle sue stesse condizioni, il respiratore mi accompagna non da qualche mese ma da più di otto anni, anni senza il più piccolo movimento, senza la più corta parola, senza il più minuscolo boccone da deglutire. Uguali, fisicamente, forse. Ma io e Piergiorgio abbiamo una profonda differenza: la posizione riguardo a questa nostra vita, uguale nei fatti, diversa nell’anima.
Io voglio vivere, la mia battaglia è quella di far capire alle persone, al mondo, alle Istituzioni che la Sclerosi Laterale Amiotrofica non è una malattia che uccide dopo una media di tre anni, o meglio, lei lo farebbe pure, ma c’è chi come me glielo impedisce. Rispetto la scelta di Piergiorgio Welby perchè vuole porre fine a una vita che non gli appartiene più.
Ma, altrettanto, chiedo che venga rispettata la mia scelta di vivere dignitosamente, a casa mia. Ecco il senso: morte opportuna o vita dignitosa. … Il mio silenzioso urlo rivendica la vita, e non la pura sopravvivenza, tecnica ed in condizioni spesso precarie, come molti sono costretti a subire. Con grande rispetto, Cesare Scoccimarro
Considerazioni del Cardinale Martini (da un suo articolo apparso il 22 Gennaio 2007 su “Il sole 24 ore”) … Questo ci aiuta a orientarci rispetto a recenti casi di cronaca che hanno attirato la nostra attenzione sulla crescente difficoltà che accompagna le decisioni da prendere al termine di una malattia grave. Il recente caso Welby … ha avuto una particolare risonanza. Ma situazioni simili saranno sempre più frequenti e la Chiesa stessa dovrà darvi più attenta considerazione anche pastorale. La crescente capacità terapeutica della medicina consente di protrarre la vita pure in condizioni un tempo impensabili. Ma nello stesso tempo le nuove tecnologie … richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona.
E’ di grandissima importanza … distinguere tra eutanasia e astensione dall’accanimento terapeutico, due termini spesso confusi. La prima si riferisce a un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte; la seconda consiste nella “rinuncia … all’utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo” (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 471)
Evitando l’accanimento terapeutico”non si vuole … procurare la morte: si accetta di non poterla impedire” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2278) assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale. Il punto delicato è che per stabilire se un intervento medico è appropriato non ci si può richiamare a una regola generale, quasi matematica …, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. In particolare non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete, anche da un punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite, di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate n
E’ responsabilità di tutti accompagnare chi soffre, soprattutto quando il momento della morte si avvicina. Forse sarebbe più corretto parlare non di “sospensione dei trattamenti” (e ancor meglio di “staccare la spina”) ma di limitazione dei trattamenti. Risulterebbe così più chiaro che l’assistenza deve continuare …, assicurando per esempio la sedazione del dolore. Dal punto di vista giuridico, rimane aperta l’esigenza di elaborare una normativa … … senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione all’eutanasia. Un’impresa difficile, ma non impossibile.
E’ soltanto guardando più in alto e più oltre che è possibile valutare l’insieme della nostra esistenza e di giudicarla alla luce non di criteri puramente terreni, bensì sotto il mistero della Misericordia di Dio e della promessa della vita eterna. Cardinale Carlo Maria Martini
Conferenza Episcopale Italiana Messaggio per la 29a Giornata per la vita 4 febbraio 2007 “AMARE E DESIDERARE LA VITA”
Non si può non amare la vita: è il primo e il più prezioso bene per ogni essere umano. Dall’amore scaturisce la vita e la vita desidera e chiede amore.
A volte si è indotti spontaneamente ad apprezzare la vita e a ringraziarne Dio, “amante della vita” (Sap 11,26), altre volte la fatica, la malattia, la solitudine ce la fanno sentire come un peso.
Ma la vita non può essere valutata solo in base alle condizioni o alle sensazioni che la caratterizzano nelle sue varie fasi; essa è sempre un bene prezioso per se stessi e per gli altri.
Se siamo attenti, qualcosa dentro di noi ci avverte che la vita è il bene supremo sul quale nessuno può mettere le mani
Chi ha il dono della fede, poi, sa che la vita di una persona è più grande del percorso esistenziale che sta tra il nascere e il morire: ha origine da un atto di amore di Colui che chiama i genitori a essere “cooperatori dell’amore di Dio creatore” (FC n. 28). Ogni vita umana porta la Sua impronta ed è destinata all’eternità.
… la vita ci è stata affidata e non ne siamo i padroni assoluti, bensì i fedeli, appassionati custodi.
Chi ama la vita si interroga sul suo significato e quindi anche sul senso della morte e di come affrontarla, sapendo però che il diritto alla vita non gli dà il diritto a decidere quando e come mettervi fine.
Amandola … non si cade nel diabolico inganno di pensare di poter disporre della vita fino a chiedere che si possa legittimarne l’interruzione con l’eutanasia, magari mascherandola con un velo di umana pietà.
Né si accanirà con terapie ingiustificate e sproporzionate.
Nei momenti estremi della sofferenza si ha il diritto di avere la solidale vicinanza di quanti amano davvero la vita e se ne prendono cura, non di chi pensa di servire le persone procurando loro la morte.
Chi ama la vita non la toglie ma la dona, non se ne appropria ma la mette a servizio degli altri. Amare la vita significa anche non negarla ad alcuno, neppure al più piccolo e indifeso nascituro … n
Nessuna vita umana, fosse anche alla sua prima scintilla, può essere ritenuta di minor valore o disponibile per la ricerca scientifica.
Sì, la vita umana è un’avventura per persone che amano senza riserve e senza calcoli, senza condizioni e senza interessi
Amare e desiderare la vita è, allora, adoperarsi perché ogni donna e ogni uomo accolgano la vita come dono, la custodiscano con cura attenta e la vivano nella condivisione e nella solidarietà. fine