Inibitori di Pompa ed assorbimento intestinale di calcio

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Inibitori di pompa protonica:
Transcript della presentazione:

Inibitori di Pompa ed assorbimento intestinale di calcio Siro Bagnoli* – Vito Annese^ *SOD Gastroenterologia Clinica AOU Careggi – Firenze ^ Dept Gastroenterology, Valiant Clinic, Dubai, UAE

Anni ‘80: due eventi “rivoluzionari” per la gestione della patologia acido-correlata Scoperta del ruolo ezio-patogenetico dell’Helicobacter pylori nella patologia peptica gastro-duodenale Commercializzazione degli Inibitori di Pompa Protonica (PPI), che per la loro efficacia nell’abbassare l’acidità gastrica e il loro ottimo profilo di sicurezza (per lo meno nel breve termine) sono diventati una delle classi di farmaci più venduti al mondo

La pompa protonica H+/K+ -ATPasi Kopic S et al, Physiol Rev 2013

Inibitori di pompa protonica Generalità Sono dei profarmaci benzoimidazolici, acido-labili (che devono essere gastroprotetti nelle formulazioni orali), che vengono assorbiti a livello intestinale. Raggiungono per via ematica le cellule parietali gastriche, accumulandosi nei canalicoli secretori dove vengono attivati in ambiente acido. Una volta attivati si legano in maniera irreversibile ai gruppi sulfidrilici dei residui di cisteina della H+/K+-ATPasi, inibendone l’attività

Inibitori di pompa protonica Generalità La pompa protonica viene sintetizzata di nuovo, ma ciò richiede mediamente 72-90 ore. Si calcola che nell’uomo il meccanismo di risintesi sia in grado di riattivare circa 1/3 della capacità acido-secernente delle cellule parietali entro le prime 24 ore dalla somministrazione del farmaco e che ci vogliano circa 3 giorni per tornare ai livelli iniziali di secrezione acida dopo la sospensione del farmaco.

Effetto dei PPI sulla secrezione gastrica in volontari sani Primo giorno di somministrazione Quinto giorno di somministrazione Huang JH et al, Aliment Pharmacol Ther, 2002

Consumo dei farmaci anti-ulcera e dei PPI in Italia Andamento temporale Rapporto OSMED 2015 http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/luso-dei-farmaci-italia-rapporto-osmed-2015

Farmaci a maggiore prescrizione nel 2015 Spesa totale (milioni) % su spesa SSN DDD totali Gruppo Sottogruppo Ipertensione e scompenso 2.126,9 9,4 8.181,7 ACE inibitori 263,0 1,2 1.998,0 Anti-Angiotensina II 364,0 1,6 1.247,3 Calcio-antagonisti 273,6 1.170,8 Antiacidi e anti-ulcera 1.023,0 4,6 1.884,4 PPI 923,3 4,2 1.729,5 Antiasmatici 1.019,7 4,5 847,2 Antibiotici 898,1 4,1 504,9 Antiaggreganti e anticoagulanti 868,4 4,0 2.037,9 Antiaggreganti piastrinici non tienopiridine 187,8 0,9 1.308,7 Antidiabetici 867,0 1.389,1 Osteoporosi 241,0 1,0 261,5 FANS 209,2 468,9 Rapporto OSMED 2015 http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/luso-dei-farmaci-italia-rapporto-osmed-2015

Numero di pazienti in trattamento con PPI nel 2015 in Italia N° pazienti % senza criteri di rimborsabilità Totale 3.490.114 50,4 Area Geografica Nord 1.666.878 52,0 Centro 112.247 44,8 Sud 1.710.989 49,3 Genere Maschio 1.505.265 50,9 Femmina 1.984.849 50,0 Classe età < 45 479.456 73,1 46-65 1.117.116 61,1 66-75 846.505 39,3 >75 1.047.037 33,5 Rapporto OSMED 2015 http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/luso-dei-farmaci-italia-rapporto-osmed-2015

Indicazioni al trattamento con PPI Note AIFA Nota 48 Durata 4-6 settimane: Ulcera peptica Hp + Ulcera peptica Hp – (primo episodio) MRGE (con o senza esofagite) Durata prolungata (da rivalutare dopo un anno) Ulcera peptica Hp – recidivante MRGE recidivante Sdr Zollinger-Ellison Nota 1 Prevenzione delle complicanze gravi del tratto gastroenterico superiore: In pazienti in trattamento cronico con FANS o ASA Purchè sussista una delle seguenti condizioni: Storia di pregresse emorragie digestive o di ulcera non guarita con tp eradicante Uso concomitante di anticoagulanti o steroidi Età avanzata

Indicazioni non appropriate dei PPI Sindromi dispeptiche Prevenzione danno gastrico in pazienti in terapia polifarmacologica In associazione a cortisonici o anticoagulanti orali da soli

PPI: effetti collaterali a lungo termine SIBO Infezione da Clostridium Difficile Diminuzione assorbimento magnesio, ferro, vitamina B12 Polipi cistici ghiandole fundiche Colite linfocitica (lansoprazolo) Incremento del rischio di fratture/alterazione metabolismo del calcio

PPI, assorbimento del calcio e metabolismo osseo Possibili meccanismi patogenetici L’assorbimento del calcio, soprattutto se il suo intake è adeguato o elevato, avviene prevalentemente nel piccolo intestino per diffusione passiva. In caso di bassa assunzione alimentare, il calcio viene invece assorbito per via transcellulare (vit. D dipendente e che richiede dispendio energetico), nel duodeno. Un ambiente acido nello stomaco facilita il rilascio di calcio ionizzato dai sali di calcio insolubili (come il CaCO3). Persino se i sali di calcio si riformano nel tenue per azione dell’aumento fisiologico del pH, una porzione di ioni calcio permane in soluzione e viene pertanto assorbita. Diaz de Barboza G et al, WJG, 2015

pH gastrico ed assorbimento del calcio Non è però chiaro quanto sia importante il pH dello stomaco nel modulare l’assorbimento del calcio a livello intestinale. La solubilità del calcio varia certamente con il pH del sito di assorbimento, ma quanto sia importante il pH gastrico rimane ancora controverso. Van der Velde RY et al, Food and Nutrition Research, 2014

pH gastrico ed assorbimento del calcio In modelli animali la gastrectomia o la terapia con PPI diminuiscono l’assorbimento del calcio. Abbassando il pH somministrando per os dei lattati l’effetto si annulla (Chonan O et al, Journal Nutritional Science & Vitaminology, 1998). Anche in soggetti con anemia perniciosa o sottoposti a gastrectomia si è registrato un ridotto assorbimento del calcio (Eastel R et al, Clinical Science, 1992; Nilas L et al, Gut, 1985).

Ruolo del pasto sull’assorbimento del calcio Nei soggetti sani con normale secrezione acida, i sali di calcio insolubili, assunti con o senza cibo, sono assorbiti allo stesso modo sotto forma di sali solubili (Sheikh MS et al, NEJM, 1987). Viceversa nei soggetti acloridrici l’assorbimento del calcio dai suoi sali insolubili praticamente non avviene a digiuno (Recker R, NEJM, 1985). Inoltre è stato riportato che l’assorbimento del calcio carbonato aumenta assumendolo insieme al cibo (Heanney RP et al, Am J Clin Nutr, 1989). Nelle condizioni fisiologiche (quindi non di supplementazione con sali di calcio) gli alimenti ingeriti (soprattutto se ricchi in proteine) potrebbero legare il calcio alimentare rendendolo non disponibile all’assorbimento. In questo caso potrebbe essere l’acidità gastrica l’elemento essenziale per il rilascio degli ioni calcio dalle proteine alimentari. A pH più alto gli ioni calcio resterebbero legati alle proteine alimentari, impedendone l’assorbimento (Yang YX, Curr Gastroenterol rep, 2012).

PPI, assorbimento del calcio e metabolismo osseo Possibili meccanismi patogenetici L’ipocalcemia dovuta al ridotto assorbimento determinerebbe una condizione di iper-paratiroidismo secondario responsabile del riassorbimento osseo. L’a/ipo-cloridria indotta dai PPI provocherebbe però anche un quadro di ipergastrinemia capace a sua volta di indurre una iperproduzione di PTH dalle ghiandole paratiroidee. Azione diretta dei PPI sulla K+/H+-ATPasi degli osteoclasti L’ipergastrinemia induce un aumento di produzione di istamina da parte delle cellule ECL. L’istamina, agendo attraverso il recettore H1 situato sui precursori degli osteoclasti, potrebbe favorire l’osteoclastogenesi. Uno studio osservazionale suggerisce che l’uso di H1-antagonisti riduce il rischio di frattura dell’anca, a prescindere dall’utilizzo dei PPI (OR 0.86, 95%% CI 0.79-0.93) (Abrahamsen B et al, Bone, 2013)

PPI, assorbimento del calcio e metabolismo osseo Possibili meccanismi patogenetici Yang YX, Curr Gastroenterol Rep, 2012

PPI, assorbimento del calcio e metabolismo osseo Dati estremamente contrastanti Studi diversi per tipologia, dimensione campionaria, valutazione degli esiti Valutazione rischio di frattura (maggioranza degli studi) Valutazione del rischio osteoporosi Valutazione dell’assorbimento intestinale del calcio (pochi studi)

Terapia con PPI e rischio di fratture I primi studi che hanno messo in correlazione l’uso dei PPI con un aumentato rischio di fratture sono stati pubblicati nel 2006. Si tratta di due studi caso-controllo che evidenziavano un rischio di fratture significativamente aumentato nei pazienti in trattamento con PPI (Vestergaard P et al, Calcif Tissue Int; Yang YX et al, JAMA). In particolare Yang e coll, analizzando i dati del General Practice Research Database (UK) basati su 13.556 fratture d’anca e 135.386 controlli, hanno evidenziato un rischio superiore di frattura in chi assumeva PPI per più di un anno (OR 1.44, 95%CI 1.30-1.59), rischio che era ulteriormente aumentato per chi assumeva PPI a dosaggio più alto (OR 2.65, 95%CI 1.80-3.90). Da allora sono stati pubblicati numerosi studi caso-controllo, osservazionali e varie meta-analisi. Sebbene non tutti i singoli studi siano concordi nel segnalare un aumentato rischio di fratture, le varie revisioni sistematiche della letteratura segnalano tutte un aumento significativo di fratture (soprattutto quelle dell’anca e quelle vertebrali) nei consumatori di PPI. Basandosi su questi dati l’FDA nel 2010 ha pubblicato un “warning” invitando a prestare attenzione a questa associazione e auspicando la pubblicazione di studi specifici su tale argomento. Non sempre è riportato un incremento del rischio di fratture nei soggetti in terapia con dosaggi più alti e di maggiore durata L’incremento del rischio non è elevatissimo (gli OR sono di poco superiori all’unità), ma considerando la enorme diffusione dei PPI anche questo piccolo rischio aggiuntivo si traduce in un elevato numero di fratture associate alla terapia antisecretiva.

Terapia con PPI e rischio di fratture Meta-analisi Proton Pump Inhibitors and risk of fracture: a systematic review and meta-analysis of observational studies. 10 studi (4 coorte e 6 caso-controllo) con 223.210 fratture. OR per frattura dell’anca: 1.25 (95%CI 1.14-1.37) Non effetto della dose (alta vs bassa, p=0.17) Non effetto della durata (< 1 anno vs 3-10 anni, p=0.75) OR per frattura vertebrale: 1.50 (95%CI 1.32-1.72) OR per frattura polso/avambraccio: 1.09 (95%CI 0.95-1.24) Elevata e significativa eterogeneità tra gli studi Proton-pump inhibitors and risk of fracture: an update meta-analys. 18 studi per un totale di 244.109 fratture. RR per frattura anca: 1.26, 95% CI 1.16-1.36. Elevata e significativa eterogeneità tra gli studi (p<0.001) Limitando l’analisi ai soli studi di coorte l’eterogeneità spariva, mentre si confermava sostanzialmente il risultato. Non evidenze di un effetto della durata della terapia (stesso rischio di fratture tra terapie < 1 anno e terapie > 1 anno). Risultati simili per il rischio di fratture del rachide (RR=1.58, 95% CI 1.38-1.82) e di fratture in generale (RR=1.33, 95% CI 1.15-1.54) Ngamruengphong S et al, Am J Gastroenterol, 2011 Zhou B et al, Osteoporos Int 2016

Terapia con PPI e rischio di osteoporosi Gli studi condotti per verificare gli effetti della terapia antisecretiva sulla densità ossea, misurata tramite DEXA, sono invece concordi nel sostenere che la terapia con PPI non determini una significativa riduzione della densità ossea (BMD). Uno studio osservazionale prospettico condotto su 161.806 donne in età post-menopausale (Women’s Health Initiative), non ha dimostrato differenze sui valori di densità ossea basali tra i PPI-users e non users. Dopo 3 anni di follow-up si è assistito ad un lieve calo della BMD a carico del femore, mentre non sono state riscontrate altre variazioni in altri distretti corporei (Gray SL et al, Arch Intern Med, 2010). L’analisi del Manitoba BMD database, non ha invece permesso di evidenziare alcuna correlazione tra uso long-term di PPI e riduzione di BMD, né al baseline (OR per il femore 0.84, 95%CI 0.55-1.34, OR per la colonna lombare 0.79, 95%CI 0.59-1.06) né durante il successivo follow-up (Targownik LE et al, Gastroenterology 2010). Uno studio di popolazione condotto in Canada su 8340 soggetti (Canadian Multicentre Osteoporosi Study: CaMos) ha invece dimostrato la presenza di una riduzione significativa del BMD della testa del femore e dell’anca all’inizio dello studio, ma a distanza di 5 e 10 anni non si assiteva a nessun ulteriore di perdita di massa ossea (Targownik LE et al, Am J Gastroenterol, 2012).

PPI e assorbimento del calcio Yang YX, Curr Gastroenterol Rep, 2012

Perché dati così discordanti? Il rischio di fratture ossee è un indicatore surrogato di malassorbimento del calcio. Molti possono essere i fattori confondenti. Maggior consumo di PPI nei pazienti anziani più a rischio di fratture Il consumo di PPI può causare un incremento delle fratture per motivi indipendenti dall’assorbimento del calcio (per esempio determinando un incremento del rischio di cadute) Le fratture potrebbero essere incrementate nei soggetti affetti dalle patologie che vengono trattate con i PPI

Terapia con PPI e rischio di cadute Un ampio studio caso-controllo condotto in Svezia su 64.399 pazienti anziani ricoveratesi per una caduta ha evidenziato che l’uso di farmaci antisecretivi aumentava il rischio di caduta (aOR 1.21, 95%CI 1.14-1.29 per gli uomini, aOR 1.13, 95%CI 1.09-1.18 per le donne) (Kuschel BM et al, European Journal of Health, 2014) Risultati simili sono emersi da uno studio australiano condotto su un’ampia coorte di donne in età post-menopausale che, se in trattamento long-term con PPI (>1 anno) avevano un rischio più alto di caduta e di ospedalizzazione per fratture (aOR 2.17, 95%CI 1.25-3.77 per la caduta, aOR 1.95, 95%CI 1.20-3.16) (Lewis JR et al, J Bone Miner Res, 2014). Non è chiaro il motivo per cui la terapia con PPI aumenti il rischio di cadute; vari studi lo collegano con il malassorbimento di vit. B12 che potrebbe determinare disturbi muscolo-scheletrici e di vista (Lau AN et al, Endocrine, 2015)

Medicine, 2016

Conclusioni I dati su un possibile effetto negativo della terapia con PPI sull’assorbimento del calcio e il metabolismo osseo, non sono univoci e non consentono di trarre conclusioni definitive. E’ ormai invece appurata l’associazione tra consumo di PPI e rischio di fratture (anche se il rapporto causa-effetto di questa associazione è meno evidente). Non tutti gli studi hanno messo in evidenza un effetto della durata e della dose della terapia con PPI sul rischio di fratture e di osteoporosi. Utilizzare i PPI nel rispetto della appropriatezza prescrittiva. Cercare di utilizzare i PPI ai dosaggi minimi e per periodi di tempo più brevi.