gli otto raggi stanno per il nobile ottuplice sentiero Buddhismo gli otto raggi stanno per il nobile ottuplice sentiero Buddhismo
SIMBOLO
Buddha insegna che la retta via si trova nella via di mezzo (MEDIANA). Il buddismo originario non è una religione nel senso proprio, infatti infatti non si pone il problema di Dio, Dio, quanto piuttosto quello quello dell’uomo.
IL SIGNIFICATO DEL NOME Buddhismo proviene dallo spirito dell’induismo attraverso Siddhiartha denominato Buddha (Buddha = illuminato). Questa religione sorse nella seconda metà del VI secolo A.C. IL SIGNIFICATO DEL NOME Buddhismo proviene dallo spirito dell’induismo attraverso Siddhiartha denominato Buddha (Buddha = illuminato). Questa religione sorse nella seconda metà del VI secolo A.C.
DIFFUSIONE Si ritiene che i buddhisti siano circa 350 milioni (il 6% della popolazione mondiale), e ciò fa del Buddhismo la quarta religione più diffusa nel mondo.
due tradizioni Le varie scuole buddhiste si raggruppano in due tradizioni principali, le quali divergono nel modo di intendere la dottrina del Buddha: Sri Lanka, in Birmania, in Laos, in Bangladesh e in Cambogia; Theravada il Theravada, o Insegnamento degli Anziani Mahayana il Mahayana, o Grande Veicolo Tibet, in Cina, in Corea, in Vietnam, in Mongolia e in Giappone
La letteratura buddista attribuisce la nascita del movimento al principe indiano Siddartha, poi conosciuto col nome di Gotama, che sarebbe vissuto nel VI secolo a.C (pare sia nato intorno al 536 a.C. La letteratura buddista attribuisce la nascita del movimento al principe indiano Siddartha, poi conosciuto col nome di Gotama, che sarebbe vissuto nel VI secolo a.C (pare sia nato intorno al 536 a.C. STORIA
Vita di Buddha Siddartha era figlio del governatore di uno dei piccoli e bellicosi regni dell'India del nord, tra il Gange e il Nepal. La stirpe guerriera era quella degli Sakya ("potenti"). Egli trascorre la prima parte della sua esistenza nel lusso e nella mondanità della casa paterna, dove riceve un'educazione legata al suo rango, acquisendo anche nozioni di legislazione e di amministrazione. A 16 anni il padre lo fa sposare e dopo 13 anni ha un figlio, ma proprio all'età di 29 anni decide di abbandonare tutto e tutti. Siddartha era figlio del governatore di uno dei piccoli e bellicosi regni dell'India del nord, tra il Gange e il Nepal. La stirpe guerriera era quella degli Sakya ("potenti"). Egli trascorre la prima parte della sua esistenza nel lusso e nella mondanità della casa paterna, dove riceve un'educazione legata al suo rango, acquisendo anche nozioni di legislazione e di amministrazione. A 16 anni il padre lo fa sposare e dopo 13 anni ha un figlio, ma proprio all'età di 29 anni decide di abbandonare tutto e tutti.
Infatti, non avendo mai conosciuto alcun aspetto veramente negativo della vita, in quanto non era mai uscito dai confini del proprio palazzo, rimase un giorno letteralmente sconvolto al vedere, in un villaggio, un vecchio decrepito, un malato grave e un corteo funebre. Improvvisamente capì che esistevano anche le malattie, la vecchiaia e la morte come destino universale degli esseri umani. Infine incontrò un povero asceta che aveva rifiutato volontariamente ogni ricchezza e piacere della vita e che errava felice per la campagna: decise così di seguire il suo esempio. Infatti, non avendo mai conosciuto alcun aspetto veramente negativo della vita, in quanto non era mai uscito dai confini del proprio palazzo, rimase un giorno letteralmente sconvolto al vedere, in un villaggio, un vecchio decrepito, un malato grave e un corteo funebre. Improvvisamente capì che esistevano anche le malattie, la vecchiaia e la morte come destino universale degli esseri umani. Infine incontrò un povero asceta che aveva rifiutato volontariamente ogni ricchezza e piacere della vita e che errava felice per la campagna: decise così di seguire il suo esempio.
Il Buddha dunque visse per sette anni nella foresta, sottoponendosi - sotto la guida di vari maestri -a digiuni, sofferenze e privazioni d'ogni genere, al fine di conseguire la pace interiore e la conoscenza della verità. Ma non rimase soddisfatto di questa vita.
Abbandonò ogni maestro e decise di ricercare da solo la via della Liberazione (mukti). A 35 anni, giunto alla soglia della morte per esaurimento, una notte -secondo la tradizione-, mentre era seduto ai piedi di un albero, sprofondò nei suoi pensieri pervenendo all’“Illuminazione" (Buddha infatti significa "illuminato" o "risvegliato"). Essa consisteva nel rifiutare sia una vita di piaceri, perché troppo effimera, che una vita di sofferenza volontaria, perché fonte di orgoglio.
DOTTRINA Partendo da alcuni concetti induisti (ma anche intervenendo su di essi in maniera radicale), come quelli del ciclo delle rinascite (samsara), dell’anima eterna di ogni essere vivente (atman), e dell’atto con le sue conseguenze sulle vite successive (karma), il Buddhismo pone al centro del suo insegnamento la via per raggiungere la cessazione della sofferenza e la fine delle trasmigrazioni di esistenza in esistenza.
La condotta morale dei buddhisti è inoltre regolata da cinque precetti, o panchasila (non uccidere esseri viventi, non rubare, non commettere atti impuri, non mentire, non consumare bevande inebrianti), a cui si aggiungono altri cinque precetti che valgono soprattutto per i monaci (non mangiare cibo nei tempi non dovuti, astenersi dal canto, non usare sedili alti e lussuosi, non adoperare letti grandi e confortevoli, non commerciare cose d’oro e d’argento).
Il nucleo centrale della dottrina buddhista si articola nelle tradizionali Quattro Nobili Verità: - la prima Verità è l’universalità della sofferenza (o dukkha): la vita è dolore, rimpianto (per ciò che abbiamo avuto e non abbiamo più), insoddisfazione (per ciò che desideriamo e non abbiamo) e inquietudine (per l’inconsistenza di ciò che abbiamo): soffriamo perché ci rendiamo conto che tutto è effimero.
- la seconda Verità è che la sofferenza ha origine dentro di noi, nel nostro tentativo - destinato all’insuccesso - di cercare la felicità in ciò che è transitorio, spinti dalla bramosia/avidità/desiderio allettante (o tanha – “sete”) di far nostre delle cose, o delle situazioni, che consideriamo attraenti;
- la terza Verità è che potremo porre fine alla sofferenza solo se impareremo a liberarci dalla scala di valori ingannevole per abbandonare ciò che nella vita è soltanto provvisorio (i desideri, le passioni, l’idea errata che esista un “sé” permanente), estinguendo la “sete”;
- l’ultima nobile Verità riguarda la strada da intraprendere per avvicinarsi al nirvana (all’estinzione del ciclo delle rinascite), che il Buddha indica come “Nobile ottuplice sentiero”: retto pensiero, retta intenzione, retta parola, retta azione, retti mezzi di sussistenza, retto sforzo, retta attenzione e retta concentrazione (dove “retto” significa conforme agli insegnamenti buddhisti e ai precetti esplicitati dalle varie scuole).
La dottrina è raccolta in due “canoni”, cioè libri scritti in pali e in sanscrito. Può essere cosi’ riassunta : 1 La vita è dolore : ciò si manifesta nei momenti più importanti della vita umana. La nascita, la malattia, la vecchiaia, la morte. 2 La sofferenza è causata dall’attaccamento alla vita e ai suoi piaceri. 3 Per guarire dalla sofferenza, bisogna quindi spegnere ogni desiderio ed ogni attaccamento alla vita al piacere e ai beni terreni. 4 Percorrendo gli “otto sentieri”, si giunge al nirvana, cioè all’esistenza impersonale che non conosce dolore e sofferenza.
Stupa termine con il quale si indicano tipici monumenti risalenti al 3°a.C destinata a conservare le reliquie del Buddha. LUOGO SACRO
I LIBRI SACRI L’insegnamento di Buddha all’inizio fu tramandato oralmente, solo in seguito fu fissato per iscritto la sua dottrina. Il canone, l’elenco ufficiale dei testi sacri, fu ridotto in lingua pali (dialetto sanscrito ) nel I secolo a.C… sotto il re Ceylon. Il Tripitaka (i tre canestri), cosi chiamato perché gli scritti di pergamena erano raccolti entro canestri, o Triplice Canone delle scritture Buddiste, si compone in tre raccolte di libri: Suttapitaka, che contiene prediche, discorsi massimi, parabole del Buddha; Vinaya Pitaka, che contiene le regole della comunità monastica; Abhidhamma Pitaka, commento ai Sutta e agli altri testi più antichi.
L’UOMO SACRO Alla sua morte Buddha lascia una comunità monastica che costituisce uno dei perni fondamentali della dottrina. I membri maschi sono chiamati Bhiksu e le donne Bhikicum. In Tibet si chiamano “lama” e in Giappone “bonzi”. A15 anni l’aspirante novizio viene ammesso alla comunità con la recita della formula “tre gemme”. A 20 anni l’aspirante può diventare monaco e dovrà rispettare tre regole fondamentali: -assoluta povertà -non essere mai causa di dolore per nessun vivente -astensione totale dai rapporti sessuali.
Il monaco vive all’insegna della massima semplicità e non possiede che gli 8 oggetti dell’asceta: due sottovesti e una tunica, una spilla, un rasoio per mantenere rasato il capo, una cintura con 108 grani infilati, un colino, una ciotola per l’elemosina. Il monaco mangia solo una volta al giorno nutrendosi delle offerte dei laici che ne vengono gratificati.
Il monaco è un viandante a continuo contatto col prossimo e con la natura, eccetto i tre mesi monsonici in cui è vietato uscire dal monastero per non arrecare danno ad esseri viventi, insetti o germogli appena nati. Uno dei riti più importanti della vita monastica è il “patimokkha”, una sorta di confessione collettiva, in coincidenza coi giorni del digiuno ricorrenti ad ogni plenilunio e novilunio.
Secondo i buddhisti, per 49 giorni dopo la morte l’individuo va errando tra il mondo dei morti e quello dei vivi; dopodiché il meccanismo del karma decide in quale corpo si reincarnerà. Come per gli induisti, l’obiettivo ultimo dei buddhisti è di porre fine al ciclo ininterrotto delle rinascite per raggiungere l’estinzione delle sofferenze, o nirvana.
PREGHIERA Nella casa c’è in genere un altare in cui è posta un’immagine del Buddha, a cui ogni giorno vengono presentate delle offerte simboliche (frutti, acqua, incenso). Accanto alla statua del Buddha vengono esposte le fotografie o le tavolette dei parenti defunti. Per meditare, i buddhisti assumono la “posizione del loto” (seduti a terra con la schiena dritta e le gambe incrociate).
TEMPO SACRO: L’inizio dell’ era Buddhista coincide con il momento in cui il Buddha storico giunse al Paranirvana, questo evento viene collocato anni prima della nascita di Cristo, data che tuttavia non coincide con quella a cui storicamente si fa risalire la morte del Buddha, il 483 a.C. TEMPO SACRO: L’inizio dell’ era Buddhista coincide con il momento in cui il Buddha storico giunse al Paranirvana, questo evento viene collocato anni prima della nascita di Cristo, data che tuttavia non coincide con quella a cui storicamente si fa risalire la morte del Buddha, il 483 a.C.
Non esiste tuttavia una uniformità di calendario; ciascuna nazione tiene infatti conto anche di scansioni del tempo e di riti indigeni e prebuddhisti. Il calendario delle festività buddhiste segue l’anno lunare e non quello solare, tranne in Giappone. Le festività cadono sempre in un plenilunio.