Che cosa sono le migrazioni?

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Transcript della presentazione:

Che cosa sono le migrazioni? Le migrazioni sono un fenomeno sociale causato da diverse motivazioni. Consistono in uno spostamento di persone da un Paese ad un altro fatto con l'intenzione di stabilirsi temporaneamente o permanentemente nel nuovo Paese. Si emigra dal paese di origine Si immigra in quello di destinazione

Cause delle migrazioni Guerre tra stati o guerre civili Povertà Discriminazioni razziali Persecuzioni religiose o politiche Dittature Catastrofi naturali

Gli Italiani negli U.S.A. 1876 - 1900 interessò prevalentemente le regioni settentrionali (Veneto, Friuli, Piemonte). Tra il 1900 e il 1920Le emigrazioni interessarono soprattutto le regioni meridionali (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia: 3 milioni).

LA PARTENZA (Mamma mia dammi cento lire - Canzone popolare) Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar ...! Cento lire io te li dò, ma in America no, no, no. I suoi fratelli alla finestra, mamma mia lassela andar. Vai, vai pure o figlia ingrata che qualcosa succederà. Quando furono in mezzo al mare il bastimento si sprofondò. Pescatore che peschi i pesci la mia figlia vai tu a pescar. Il mio sangue è rosso e fino, i pesci del mare lo beveran. La mia carne è bianca e pura la balena la mangierà. Il consiglio della mia mamma l'era tutta verità. Mentre quello dei miei fratelli l'è stà quello che m'ha ingannà.

IL VIAGGIO (Titanic - Francesco De Gregori) La prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento. E puzza di sudore dal boccaporto e odore di mare morto. Sior Capitano mi stia a sentire, ho belle e pronte le mille lire, in prima classe voglio viaggiare su questo splendido mare. Ci sta mia figlia che ha quindici anni ed a Parigi ha comprato un cappello, se ci invitasse al suo tavolo a cena come sarebbe bello. E con l'orchestra che ci accompagna con questi nuovi ritmi americani, saluteremo la Gran Bretagna col bicchiere tra le mani e con il ghiaccio dentro al bicchiere faremo un brindisi tintinnante a questo viaggio davvero mondiale, a questa luna gigante. Ma chi l'ha detto che in terza classe, che in terza classe si viaggia male, questa cuccetta sembra un letto a due piazze, ci si sta meglio che in ospedale. A noi cafoni ci hanno sempre chiamato ma qui ci trattano da signori, che quando piove si può star dentro ma col bel tempo veniamo fuori

L’ARRIVO (Pane e coraggio – Ivano Fossati) Proprio sul filo della frontiera il commissario ci fa fermare su quella barca troppo piena non ci potrà più rimandare su quella barca troppo piena non ci possiamo ritornare. E sì che l'Italia sembrava un sogno steso per lungo ad asciugare sembrava una donna fin troppo bella che stesse lì per farsi amare sembrava a tutti fin troppo bello che stesse lì a farsi toccare. E noi cambiavamo molto in fretta il nostro sogno in illusione incoraggiati dalla bellezza vista per televisione disorientati dalla miseria e da un po' di televisione. Pane e coraggio ci vogliono ancora che questo mondo non è cambiato pane e coraggio ci vogliono ancora sembra che il tempo non sia passato pane e coraggio commissario che c'hai il cappello per comandare pane e fortuna moglie mia che reggi l'ombrello per riparare

L’ARRIVO IN AMERICA . L'arrivo in America era caratterizzato dal trauma dei controlli medici e amministrativi durissimi, specialmente ad Ellis Island, l’Isola delle Lacrime, dove approdavano le navi per gli Stati Uniti. La data simbolo dell’emigrazione italiana negli USA è il 17 aprile 1907. Quel giorno di oltre cento anni fa misero piede sul suolo americano, passando per Ellis Island, 11747 persone, un numero mai più raggiunto

Ma non lavoravano solo gli adulti: LE CONDIZIONI DI VITA Molti degli italiani emigrati all’estero ebbero un notevole successo grazie alle loro qualità e alla loro intraprendenza. Si parla di “bizness” e della spiccata iniziativa imprenditoriale mostrata dai nostri emigrati. Inizialmente la comunità italiana in America tende all’auto-ghettizzazione (significativo il nome di Little Italy). Ma non lavoravano solo gli adulti: Significativo il caso degli sciuscià (shoes shining = lustra scarpe), bambini che per pochi spiccioli lucidano le scarpe a ricchi passanti. .

CATENE MIGRATORIE L’emigrante che si è già stabilito negli Stati Uniti fornisce informazioni sulle possibilità lavorative, spesso invia un biglietto prepagato, va ad accogliere l’emigrante in arrivo, può richiamare parenti, compaesani e colleghi creando così nella nuova patria comunità che riproducono in piccolo quelle di origine.

Caro Padre e Madre viscrivo queste due righe per favi sapere che io sto bene come pure la moglie e figli come spero che sara di voi due vifacio sapere che via vevo scrito per natale ma poi misono cambiato Sono tornato a stare a noewrchi [...] vi facio sapere che qua in namerica vamolto male perche nocista lavori io pure lavoro tre giorni la setima na ce dafare andare avanti perche e tutto cara [...] quando mi scrivete mifarete sapere come stano quelle desunde america ecome gliva ma sento dala gentente che vamale anche la [...] (Dalla lettera di Luigi Luti, emigrato negli U.S.A., conservata nell'Archivio della Fondazione Paolo Cresci per la storia dell'emigrazione italiana di Lucca)

IMMIGRAZIONE IN ITALIA OGGI L'immigrazione di cittadini stranieri in Italia è iniziata nel 1970 e ha raggiunto nei primi anni del nuovo secolo dimensioni molto considerevoli. L’immigrazione può essere classificata in: Legale, qualora i cittadini siano forniti di regolare permesso di soggiorno. Illegale, qualora i cittadini entrino clandestinamente violando le leggi. Categoria particolare è costituita dai rifugiati, persone costrette a fuggire dai luoghi di origine a causa delle guerre o perché perseguitate per motivi politici, per la loro appartenenza a un certo gruppo etnico, per la loro religione. La popolazione immigrata non va confusa con la popolazione straniera

Perché si parte? Perché si affronta il mare in condizioni disumane rischiando una morte atroce? A queste domande abbiamo tentato di dare una risposta ascoltando le storie di chi sceglie il mare come ultima speranza. Sono racconti in parte raccolti direttamente da noi, in parte frutto degli interrogatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria.

Bakary Meglio morire in mare che stare in Libia. In mare si muore una volta sola, se stai in Libia è come se morissi tutti i giorni”. Bakary ha poco più di 16 anni, è un minore ospitato in una struttura di accoglienza in Calabria. Viene dalla Guinea Bissau e ha raggiunto la Libia attraverso il Gambia, quattro settimane di viaggio nel deserto. “I letti dove dormivamo in Libia erano pieni di insetti, avevamo pagato per il viaggio, ma nell’attesa dovevamo lavorare per i padroni del posto. Gratis, come schiavi. Chi si rifiutava veniva picchiato. Ho visto gente morire e sepolta a pochi metri da dove dormivamo”.

Abdel B.M., “Mi chiamo Abdel B.M., sono di origine eritrea e ho vent’anni. Sono andato in Libia per tentare la traversata, ho pagato 500 dollari ma forse la somma non bastava ai trafficanti. Mi hanno sequestrato e portato a Misurata, nel golfo della Sirte. Ero uno schiavo, mi facevano lavorare senza pagarmi. Nel capannone eravamo in 200 almeno, dormivamo per terra e avevamo poco cibo, l’acqua era sporca e non c’erano servizi igienici per i nostri bisogni. Le donne venivano violentate, gli uomini offesi e picchiati. Una notte degli uomini armati sono entrati nel capannone e hanno prelevato un gruppetto di eritrei. Erano ubriachi e drogati, e hanno fatto correre gli eritrei mentre loro sparavano, li usavano come bersagli mobili. Sparavano e ridevano come diavoli. Ho visto almeno due persone cadere a terra colpite”.

Mohammad B.  “Mi chiamo Mohammad B. e sono nato a Damasco nel 1985. In Siria ero un bracciante agricolo, nel 2013 ho lasciato il mio Paese per il Libano. Il nostro campo era un lager sorvegliato da guardie armate. Eravamo in 150, non potevamo uscire, eravamo prigionieri, ci davano un panino e acqua salata ogni 24 ore. Ci picchiavano, non c’erano bagni e dormivamo per terra. Sono rimasto in questo posto per 11 giorni.  È stato il momento peggiore, le guardie ci hanno tolto tutto, chi protestava veniva picchiato con il calcio dei fucili. Non ne potevamo più e una notte siamo scappati. Abbiamo raggiunto un’altra città dove un tale Salem, libico, ci ha ospitati per una notte prima di consegnarci a Moamamar, anche lui libico. È un trafficante e per 900 dollari ci ha portati sulla spiaggia dove c’era un gommone di 12 metri circa che da lì a poco sarebbe partito per l’Italia. Eravamo non meno di 150. Siamo partiti di notte e abbiamo navigato in quelle condizioni per due giorni, senza cibo né acqua, il gommone imbarcava acqua. Fortunatamente siamo stati avvistati da una nave della Marina italiana che ci ha salvati. Sì, riconosco l’uomo che era al timone. È un membro dell’organizzazione. Quando sono arrivati i soccorsi si è confuso mettendosi in mezzo a noi. Ora sono stanco voglio andare in Olanda”.

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