La violenza familiare ai bambini

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Transcript della presentazione:

Corso CESVOT Firenze 19-01-11 La violenza familiare ai bambini. La valutazione del danno e delle risorse attivabili. Corso CESVOT Firenze 19-01-11

La violenza e il maltrattamento sono fenomeni estremamente complessi e multiformi. Generalmente si tratta di eventi cronici o i cui effetti perdurano a lungo, richiedendo un notevole dispendio di tempo ed energie.

Clima familiare violento Ambiente caratterizzato da coercizione fisica e psicologica, da paura, da vergogna, da impotenza, da umiliazione, da orrore. Ambiente patogeno, che altera e scompensa lo sviluppo psicoaffettivo e sociale delle vittime ri-significando ogni altra loro esperienza.

Un assunto di base che si tende a sottovalutare è che un trauma che sia imputabile ad una causa naturale, per quanto grave, è solitamente più tollerabile ed è più facile attribuirgli un significato che aiuti ad elaborarlo, rispetto al trauma provocato da un altro essere umano, che è tanto più destrutturante nelle sue conseguenze quanto più la persona che l'ha provocato è vicina affettivamente ed è un significativo riferimento per la vittima.

La violenza domestica costituisce uno dei fenomeni più gravi di distorsione del percorso di crescita dei minori, sia quando essi siano vittime dirette della violenza, sia quando assistano ad atti di violenza su altri membri della famiglia o su persone che rappresentano un importante punto di riferimento affettivo.

Per violenza a danno di minori si fa riferimento a: Maltrattamento fisico Maltrattamento psicologico Abuso sessuale Inadeguatezza delle cure Violenza assistita Sfruttamento sessuale

Nella realtà le diverse forme di abuso risultano spesso compresenti Nella realtà le diverse forme di abuso risultano spesso compresenti. La violenza sui minori raramente si presenta con una sola modalità, e la violenza domestica spesso si associa alla mancanza di protezione e tutela da parte del genitore non direttamente maltrattante/abusante

Equipe "Cappuccetto Rosso" Ass. Artemisia Consultorio Familiare "G Equipe "Cappuccetto Rosso" Ass. Artemisia Consultorio Familiare "G. Toniolo" L’abuso sessuale È il coinvolgimento di un minore, da parte di un partner preminente, in attività sessuali anche non caratterizzate da violenza esplicita Esso si configura sempre e comunque come un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità del minore e al suo percorso evolutivo

CARATTERISTICHE DELL’EVENTO L’intensità e la tipologia degli esiti dannosi derivano dal bilancio tra: CARATTERISTICHE DELL’EVENTO precocità frequenza durata gravità degli atti sessuali, relazione con l’abusante FATTORI DI PROTEZIONE risorse individuali della vittima risorse del suo ambiente familiare interventi attivati nell’ambito psico-sociale, sanitario, giudiziario Dichiarazione di Consenso in tema di abuso sessuale all’infanzia C.I.S.M.A.I (Coordinamento Italiano Servizi Maltrattamento e abuso all’infanzia) novembre 2003

Maltrattamento fisico Si tratta di un evento dal quale consegue un danno fisico concreto o potenziale. Può manifestarsi come episodio singolo oppure come incidenti ripetuti. Sulla base della gravità delle lesioni viene distinto in: Lieve (non c’è necessità ricovero) Moderato (necessità ricovero a causa ustioni, fratture,..)

Severo (ricovero in rianimazione con gravi conseguenze fisiche o neurologiche) Letale

LA VIOLENZA ASSISTITA Per Violenza Assistita Intrafamiliare si intende l’esperire da parte del bambino/a qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte o minori. Il bambino può farne esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza), e/o percependone gli effetti. Si include l’assistere a violenze di minori su altri minori e/o su altri membri della famiglia e ad abbandoni e maltrattamenti ai danni di animali domestici. (C.I.S.M.A.I. - Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia - 2005) ______________________________________________-

Maltrattamento psicologico Il maltrattamento psicologico è una forma di violenza che produce o ha un’alta probabilità di produrre danni alla salute fisica e mentale del minore, al suo benessere sociale ed emotivo. Ad esempio: limitazioni delle relazioni con il gruppo dei pari o altri adulti di riferimento affettivo. aggressioni verbali, minacce, umiliazioni, denigrazioni. comportamenti discriminanti che ridicolizzano il bambino,…

Patologia di somministrazione delle cure Quando i genitori o chi è responsabile del minore non provvede in modo adeguato ai suoi bisogni fisici e psichici, in rapporto all’età e al momento evolutivo. Questa forma di maltrattamento comprende tre categorie cliniche:

L’incuria o trascuratezza, qualora le cure affettive e materiali siano carenti La discuria, quando le cure sono fornite in modo distorto o non appropriato al momento evolutivo L’ipercura quando le cure vengono fornite in modo eccessivo o sproporzionata (sindrome di Munchausen per procura, medical shopping, chemical abuse)

Il danno prodotto dal trauma della violenza è tanto più grave quanto più: Rimane sommerso e non individuato È ripetuto nel tempo La risposta di protezione della vittima all’interno del suo contesto familiare e sociale ritarda

Il vissuto traumatico rimane non espresso e non elaborato È forte la dipendenza fisica e/o psicologica e/o sessuale tra vittima e maltrattante Il legame tra vittima e maltrattante è di tipo familiare (Dichiarazione di consenso in tema di abuso sessuale all’infanzia, Cismai 2001)

Danno biologico (lesione integrità psicofisica) Danno morale (sofferenza psichica – lesione alla dignità umana) Danno esistenziale (ogni pregiudizio arrecato alla vittima, oggettivamente accertabile, inducente a scelte di vita diverse da quelle potenziali) Danno alla persona Danno alla società

Vivere e crescere all’interno di una situazione di violenza familiare mina il diritto alla salute Stato di benessere fisico, mentale, sociale (Art. 32 Cost.) Potenziale danno, sia a breve che a lungo termine, coinvolge TUTTE le aree di funzionamento della persona: Psicologica Relazionale Emotiva Cognitiva Sociale Fisica Comportamentale

Emozioni Paura (per sé e i familiari) Orrore Impotenza Vergogna Umiliazione Rabbia (per l’ingiustizia percepita e vissuta) Aggressività (apprendono che l’uso della violenza è normale nelle relazioni affettive, e che l’espressione di pensieri ed emozioni è pericolosa) Mancanza di empatia Sfiducia Senso di colpa (si sentono privilegiati se non vittimizzati direttamente;si sentono resposnabili della violenza perché cattivi )

Compromissione nello sviluppo dei meccanismi di regolazione emotiva Ripercussioni nelle relazioni coi gruppi dei pari, negli inserimenti scolastici,nel funzionamento familiare.

Ritardi nello sviluppo del linguaggio Costruzione narrativa caotica Ripercussioni negative su: competenze di lettura, scrittura e comunicazione

Disturbi da deficit dell’attenzione/iperattivitità Disturbi dell’alimentazione Ritardi nello sviluppo Scarsa coordinazione motoria Sintomi psicosomatici Enuresi - Encopresi Crudeltà verso gli animali Uso di alcool/sostanze (anche in bambini piccoli) Autolesionismo Isolamento - Depressione

Comportamenti aggressivi e controllanti (verso genitore maltrattato e fratelli) Compromissione della relazione con entrambi i genitori Attaccamento disorganizzato (gravi patologie relazionali nella vita adulta) Danni al rapporto di reciprocità (identificazione delle relazioni affettive come relazioni di sopraffazione)

Manca la fonte della sicurezza emotiva interna Crolla la base sicura Inversione dei ruoli( possibilità di sviluppare comportamenti adultizzati, diventare i protettori). Attribuzione della causa degli eventi a fattori interni a sé stabili e duraturi associato ad esperienze ripetute d’impotenza annulla le capacità di coping (Di Blasio, 2000).

Connessioni consistenti tra maltrattamento psicologico e: Legame di attaccamento (attaccamento insicuro correlato a depressione materna). Adattamento e competenze sociali. Problemi comportamentali. Abilità cognitive e problem solving. Apprendimento scolastico. (Psicologia del bambino maltrattato. Di Blasio, 2000)

Problemi ricorrenti nei minori vittime di violenza familiare: Depressione – Inquietudine – Aggressività – Crudeltà verso gli animali – Tendenza all’atto – Pensieri suicidari- Immaturità – Ipermaturità – Ansia – Minori competenze sociali e prosociali – Difficoltà nel comportamento alimentare – Alterazioni del ritmo sonno/veglia – Incubi – Enuresi notturna – Comportamenti regressivi – Comportamenti autolesivi – Uso di alcool e sostanze – Minori livelli di interazioni affettive con altri bambini – Deficit dell’attenzione - Scarse abilità motorie – Scarse abilità verbali e visivo-spaziali (dovute alla depressione materna e alla qualità scadente dell’ambiente familiare) (Quaderni del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza Vite in bilico. Indagine retrospettiva su maltrattamenti e abusi in età infantile - 2006)

Disturbo da stress post-traumatico I bambini esposti a fonti di stress molto intense possono sviluppare un Disturbo da stress post traumatico, ossia un disturbo emotivo caratterizzato da vissuti di: intrusione, evitamento ed ipervigilanza che interferiscono con il normale funzionamento dell’individuo. Nei bambini sono comuni incubi caratteristici e flashbacks, evitamento patologico dei ricordi del trauma.

Secondo il DSM-IV (APA, 1994), sintomi marcati di ansia, agitazione, distacco o assenza di reattività emozionale, difficoltà nell'area del sonno, senso di responsabilità ingiustificato per le conseguenze del trauma, sono alcuni degli elementi sintomatici comunemente presenti nelle persone che sono state esposte ad eventi traumatici e che possono portare ad un Disturbo Acuto da Stress, se insorgono e si risolvono entro un mese dall'evento stressante o ad un Disturbo da Stress Post Traumatico se permangono oltre un mese.

Il Disturbo da Stress Post Traumatico è in realtà un processo di adattamento temporaneo ad eventi fortemente stressanti e traumatici, ma quando si tratta di eventi quali lunghi periodi di imprigionamento e tortura, o episodi di violenza familiare ripetuti e persistenti nel tempo, le vittime strutturano una sensazione di totale dipendenza dall'abusante, a cui spesso sono legate da sentimenti di affetto ambivalente, ed è proprio questa sensazione di essere sotto il controllo del persecutore che origina una forma complessa di PTSD che spesso viene erroneamente valutato come disturbo borderline di personalità (Di Blasio, 2000; Herman, 1992; Sironi, 1999).

J .Hermann (1992) riporta tra gli esiti post-traumatici: Instabilità affettiva, impulsività, difficoltà nella modulazione della rabbia, preoccupazioni sucide, autolesionismo, amnesia, ricordi intrusivi, depersonalizzazione e derealizzazione, impotenza, vergogna, colpa, stigmatizzazione, sensazione di diversità, somatizzazioni.

Gli esiti dannosi dovuti alla violenza familiare si riscontrano anche a lungo termine nella vita adulta: Paura, impotenza, colpa, vergogna, bassa autostima, distacco emotivo, depressione, disturbi d’ansia, aggressività, impulsività, passività, dipendenza, somatizzazioni, sintomi dissociativi, suicidio, abuso di sostanze, difficoltà di autoprotezione e tendenza ad essere vittimizzati, difficoltà genitoriali, trascuratezza, violenza fisica, psicologica e sessuale, disturbi di personalità.

In generale le ricerche dimostrano che l’aver subito e/o assistito a maltrattamenti intrafamiliari è tra i maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di comportamenti violenti nella vita adulta.

Per valutare i livelli di rischio e di danno vanno inoltre riconosciuti i meccanismi di difesa messi in atto, quali : Negazione Minimizzazione Normalizzazione Scissione Distanziamento emotivo Tali meccanismi riguardano non soltanto i minori, ma anche i familiari e gli operatori. I minori crescono in un ambiente dove i comportamenti violenti sono minimizzati, negati, legittimati.

Equipe "Cappuccetto Rosso" Ass. Artemisia Consultorio Familiare "G Equipe "Cappuccetto Rosso" Ass. Artemisia Consultorio Familiare "G. Toniolo" Valutazione dei livelli di negazione (adattamento da Trepper e Barret, 1989) Non è vero Non ero in me Negazione dei fatti Negazione della consapevolezza Mi ha istigato Non mi pare così grave ! Negazione della responsabilità Negazione dell’impatto

Valutare gli esiti di una situazione traumatica come la violenza all’infanzia nella sua complessità significa analizzare le interazioni e l’equilibrio tra fattori di rischio e fattori di protezione (come l’assunzione di responsabilità degli adulti coinvolti e le risorse protettive disponibili nel contesto degli adulti di riferimento)

Fattori di rischio (distali, situazione di vulnerabilità) Povertà cronica Basso livello d’istruzione Giovane età della madre Carenza di relazioni interpersonali Carenza di reti e d’integrazione sociale Esperienze di rifiuto, violenza, abuso Sfiducia verso le norme sociali e le istituzioni Accettazione violenza come pratica educativa Accettazione della pornografia infantile Scarse conoscenze e disinteresse per lo sviluppo del bambino

Fattori di sress (amplificazione del rischio) Fattori individuali: psicopatologia dei genitori, devianza sociale dei genitori, scarsa capacità assunzione di responsabilità, sindrome di risarcimento, distorsione emozioni e capacità empatiche, impulsività, scarsa tolleranza alle frustrazioni, ansia da separazione. Fattori familiari: matrimonio e gravidanze precoci, famiglia monoparentale, relazioni difficili con famiglie di origine, conflitti di coppia e violenza domestica. Caratteristiche del bambino: malattie fisiche o disturbi alla nscita, “temperamento difficile”

Fattori protettivi Fattori individuali: sentimenti di inadeguatezza per la dipendenza dai servizi, rielaborazione esperienze traumatiche infantili, capacità empatiche, desiderio di migliorarsi, assunzione responsabilità, autonomia personale, buon livello di autostima. Fattori familiari e sociali: relazione soddisfaciente con almeno un componente della famiglia di origine, rete di supporto amicale o parentale, capacità di gestire i conflitti. Cartteristiche del bambino: “temperamento facile”

Questo schema è stato elaborato da P. Di Blasio e V Questo schema è stato elaborato da P. Di Blasio e V. Acquistapace (2003) per modulare la progettualità degli interventi a partire da una valutazione dinamica dello stato del bambino e delle sue relazioni familiari e sociali. Fattori di rischio rilevanti per lo sviluppo di comportamenti genitoriali maltrattanti sono stati individuati in variabili legate alle esperienze passate, in elementi di personalità e in stress sociali ed ambientali.

Secondo Di Basio è necessario cercare di stabilire “se sia più opportuno tutelare il bambino da genitori che sono causa delle sue difficoltà o intervenire a sostegno di una famiglia che, seppur in crisi è tuttavia sostanzialmente in grado di far fronte alle difficoltà da cui è attraversata, senza mettere i figli in condizioni di pregiudizio”. Si tratta di valutare, quindi attivare le risorse disponibili muovendosi principalmente in un’ottica di prevenzione.

Attivare interventi di sostegno a favore del nucleo familiare, laddove sussistano sufficienti risorse, è la strada maggiormente auspicabile. Riuscire a salvare il legame con le figure genitoriali o con almeno una di esse, rappresenta un aspetto fondamentale per la resilienza e per il processo di elaborazione del trauma nei bambini/e. Un dei principali fattori di riparazione del danno subito dai minori vittime di violenza familiare sono la consapevolezza e l’attivazione delle capacità protettive di almeno una delle figure genitoriali

È importante valutare il grado di collaborazione e di recuperabilità di almeno uno dei genitori e le potenzialità di cambiamento che sussistono nel nucleo familiare. Qualora le difficoltà siano ritenute temporanee va fornito il supporto necessario attraverso interventi mirati a contrastare i fattori di rischio.

Prevenire Prevenzione primaria: - nel contesto sociale, in particolare nelle scuole (sensibilizzazione, formazione , educazione affettiva,..) Prevenzione secondaria: - rilevazione precoce della violenza laddove sussistano fattori di rischio, interventi rapidi per interrompere la violenza e proteggere tutte le vittime Prevenzione terziaria: - evitare il ripetersi della violenza, aiutare ad affrontare la violenza subita e a superare il danno da questa provocato (Casa delle donne per non subire violenza Violenza assistita, violenza vissuta. La violenza domestica assistita dai bambini – 2005)

Prevenzione primaria Si tratta di fornire ad insegnanti, educatori, operatori,..: Una conoscenza di base sulle dinamiche e sulle tipologie della violenza. Una maggiore capacità di identificare il disagio dei minori che vivono in contesti familiari violenti, aumentandone le capacità di rilevazione, tutela e protezione. Di promuovere una cultura di rete Nel lavoro diretto con i bambini si tratta di promuovere una educazione affettiva di base, riconoscimento emozioni, riconoscimento dei confini corporei,..

Prevenzione secondaria Rivolta alle situazioni familiari nelle quali sussistono fattori di rischio per la violenza (isolamento sociale, sfiducia nelle istituzioni, scarsa conoscenza bisogni e tappe sviluppo del bambino, …). Interruzione della violenza e protezione delle vittime Prevenzione terziaria Evitare il ripetersi dell’abuso. Aiutare ad affrontare la violenza e a superare il danno attraverso la presa in carico dei minori vittima ed eventualmente degli altri familiari coinvolti.

LA PROTEZIONE Interruzione della violenza . Attivazione delle risorse familiari dove possibile Attivazione dei Servizi e delle Istituzioni preposti, ricorso all’autorità giudiziaria, minorile e ordinaria. Ultilizzo di misure di protezione qualora non sia riscontrata la presenza di sufficienti risorse e fattori protettivi nella famiglia Inserimento madre-bambino in casa rifugio Inserimento del minore in comunità Adozione –Affido familiare

La protezione deve agevolare il recupero delle risorse familiari. L’attivazione delle risorse dovrebbe essere indirizzata su più livelli: Individuali Familiari Sociali

Il compito dei servizi nei casi di sospetto abuso Si ricorda che nei casi procedibili d’ufficio, cioè quelli per i quali l’Autorità Giudiziaria procede indipendentemente da un’istanza di punizione del reo da parte della vittima, sussiste un preciso obbligo di segnalazione per coloro che ricoprono un ruolo di pubblico ufficiale, o di incaricato di pubblico servizio. La legge prevede infatti che quando questi, nell’esercizio delle loro funzioni, vengano a conoscenza di situazioni di pregiudizio, ciò comporta che in tali casi la segnalazione deve essere da loro trasmessa all’Autorità competente (art. 331 del codice di procedura penale).

Sono da considerarsi pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio Tutti gli operatori sanitari assistenziali nelle strutture pubbliche (a prescindere dal tipo di rapporto di servizio instaurato) I dirigenti scolastici, nonché gli insegnanti delle scuole pubbliche o private convenzionate.

GIUSTIZIA A livello di interventi di protezione è importante sottolineare il rapporto con la magistratura. La tutela giuridica dei diritti dei bambini è di fondamentale importanza, per tale motivo l’intervento giudiziario, in un progetto di sostegno, deve essere considerato come complementare a tutti gli interventi di protezione dal fenomeno della violenza. Anche se non è semplice conciliare i compiti di cura con quelli di controllo, la difesa dei diritti giuridici rappresenta lo snodo fondamentale per i servizi chiamati ad esercitare entrambi gli interventi. In questo contesto è importante sottolineare l’uso della segnalazione al tribunale dei minorenni, spesso considerata dagli operatori l’inizio di una storia senza fine che non tutti hanno la consapevolezza o la voglia di affrontare. Occorre, invece, riuscire ad utilizzare la segnalazione come strumento di lavoro, non giudicante o di condanna verso una famiglia, ma dandogli il significato di richiesta alla magistratura di strumenti idonei per poter tutelare un bambino in difficoltà.