ANDREA MANTEGNA (1431 - 1506) Si forma a Padova presso la bottega di Squarcione. Lavora alla Corte dei Gonzaga. Il linguaggio classicista e l’ottimo uso della prospettiva gli permettono di realizzare dipinti illustri. La prospettiva è scenografica poichè ricca di scorci e ben applicata. La linea dura conferisce espressività. La figura umana è resa in maniera scultorea. Le figure sembrano tangibili, reali e sottolineano i valori eroici e solenni del mondo classico. L’incontro con Bellini lo porta a utilizzare colori più caldi e ad addolcire le linee anche se non smetterà di usare colori freddi e linee dure. L’incontro con Mantova e Firenze lo portano a una maggior consapevolezza dell’antico e della filologia. Come incisore usa le tecniche della xilografia e della calcografia. Fornisce nuove iconografie.
LA CAMERA DEGLI SPOSI (1465 - 74) Situata a Mantova presso il Castello di San Giorgio nella Camera Picta. Spazio a pianta quadrata coperto da una volta ribassata scandita da vele e pennacchi. Decorata con affreschi. Rappresentazione della famiglia Gonzaga. La prima scena principale è La corte dei Gonzaga, dove Mantegna usando la fantasia realizza un episodio ambiguo ed enigmatico, emblematico e pieno di intrighi e segreti. Qui mostra la famiglia dei Gonzaga, si sofferma sui dettagli degli abiti e usa colori caldi. La seconda scena principale è L’Incontro, dove anche i personaggi non presenti sono ritratti, lo scopo è quello di celebrare il potere dei Gonzaga. In entrambe le scene si coglie l’aspetto classico (ingigantimento personaggi) grazie al punto di vista ribassato. Vivacità cromatica e finti stucchi. Realismo. Luce proveniente dal finto oculo della volta. L’oculo è il trionfo dell’illusionismo prospettico e della finzione, in questo Mantegna è molto innovativo.
ANTONELLO DA MESSINA (1430 - 79) Nasce a Messina. Viaggio a Roma studia opere di Beato Angelico e Piero della Francesca 1474-76 viaggio a Venezia dove conosce l’arte di Bellini e fonda una nuova forma di polittico. Dà un importante contributo con le sue opere ( Annunciata) alla crescita della città lagunare. Si forma a Napoli con Colantonio, appassionato di pittura fiamminga. Viaggi: Venezia, Fiandre, Padova, Urbino. Da questi viaggi apprende diverse tecniche e ne capisce il legame che hanno, ad esempio: realtà luministica/spazio prospettico; colori nordici/plasticismo ed espressività.
IL SAN GEROLAMO NELLO STUDIO (1474) Piccolo quadro di devozione privata relizzato con la tecnica della pittura ad olio su tavola realizzato a Messina ispirandosi al fiammingo Eyck. Presenza di elementi gotici: porta gotica da cui lo spettatore osserva il quadro, S. Gerolamo inserito nella navata di un’immensa basilica, bifore, volte a crociera. Cura per il dettaglio (pavimento). La luce sembra entrare dalla porta. Senso di profondità/spazialità. Atmosfera raccolta, penombra. Unione bellezza reale a quella rinascimentale. Il dipinto è ricco di simboli nascosti: ingresso/porta Paradiso; conci arco 12 come gli Apostoli; pernice/astuzia; catino acqua/mare; paesaggio di sfondo/Eden.
GIOVANNI BELLINI (1432 - 1516) Nasce a Venezia. Importante esponente artistico veneziano. Innova l’arte veneziana con il binomio luce-colore. Si forma nella bottega del padre e osserva le opere padovane e di Donatello. Cognato di Mantegna da cui apprende la concenzione monumentale della figura umana che riesce ad ammorbidire grazie all’uso naturalistico della luce. Usa colori caldi e delicata espressività dei volti. Tra figure, paesaggio e colori vi è armonia. L’arte fiamminga e di Piero della Francesca lo aiutano nell’uso della luce per dare spazialità alla scena. 1474-76 incontra da Messina il quale lo porta a riflettere ulteriormente sulla luce e quindi a una nuova concezione di pala d’altare. 1483 pittore ufficiale della Repubblica di Venezia, maestro di Giorgione e Tiziano.
LA PALA DI SAN ZACCARIA (1505) Dipinta per l’altare di San Gerolamo nella chiesa di San Zaccaria a Venezia è attualmente in un’altra cappella dopo essere stata trafugata in età napoleonica. Modello di pala dall’altare per gli artisti veneziani venturi, come Lotto, Tiziano e del Piombo. Rappresenta la Sacra conversazione, sviluppa la pala di Giobbe. Ambientata in un loggiato quadrato con volta a crociera, presenta un’abside con mosaici e aperto sui lati del paesaggio. L’asse della composizione corrisponde a una verticale. I santi son disposti a semicerchio per aumentare il senso di spazialità. C’è una mutilazione della scena sia in alto e in basso che hanno compromesso l’unitarietà dello spazio reale con quello illusorio. Rispetto alla Pala di San Giobbe il numero di Santi è stato ridotto. L’architettura si è aperta sui lati dando un maggior senso di aria tersa e limpida. La pittura veneziana si allontanta definitivamente da quella fiorentina.