Parte X: Il Io Principio della Termodinamica

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Parte X: Il Io Principio della Termodinamica Corso di Fisica Generale Beniamino Ginatempo Dipartimento di Fisica – Università di Messina Parte X: Il Io Principio della Termodinamica Energia Interna Io Principio Le diverse forme di energia e le variabili coniugate Calori specifici a pressione e volume costante L’energia interna del Gas perfetto Equazione politropica di un gas perfetto

Oscillazioni smorzate Oscillazioni libere Energia interna In ogni sistema fisico ci sono gradi di libertà microscopici il cui studio individuale è troppo complicato. A questi gradi di libertà compete energia, nel senso che se essi sono attivi usano una parte dell’energia totale del sistema L’esempio del pendolo di Osborne ci fa capire che se attiviamo dei moti interni questi potranno avvenire a spese dell’energia meccanica del sistema come un tutto In assenza di attrito questo moto continuerà per sempre (l’energia si conserva) Ma cosa succederebbe se esistessero dei gradi di libertà interni al corpo? Oscillazioni smorzate Oscillazioni libere

Nel moto del pendolo la forza di gravità trasforma continuamente l’energia potenziale in cinetica e viceversa, lasciandone inalterata la somma, l’energia totale L’energia del corpo è l’energia di tutte le particelle che lo costituiscono: se esse possono muoversi lo faranno utilizzando la parte di energia totale che compete loro Se all’interno del pendolo ci sono particelle che possono muoversi queste utilizzano ciascuna una parte dell’energia potenziale iniziale. Il pendolo di Osborne ora si ferma rapidamente (rispetto al caso pieno o vuoto): questa è la prova che energia si è trasferita ai gradi di libertà interni Il fatto che i moti delle singole particelle siano tra loro scoordinati è legato, come vedremo, al IIo principio della termodinamica, ma il fatto che il pendolo si ferma è legato al Io Principio: l’energia totale si deve conservare

Supponiamo di avere un sistema chiuso tra pareti adiabatiche Supponiamo di avere un sistema chiuso tra pareti adiabatiche. Una parete adiabatica è un concetto un po’ più ampio di parete termicamente isolante, perché il sistema potrebbe scambiare energia con l’esterno, per esempio se fosse magnetico oppure elettricamente carico, ovvero se un pistone mobile lo accoppiasse meccanicamente con l’esterno Supponiamo che il sistema possa scambiare energia con l’esterno solo tramite lavoro meccanico del pistone e non può scambiare energia né termica né di altro tipo Abbiamo visto che tale lavoro meccanico IN GENERALE non dipende solo dagli stati iniziale e finale, ma anche dalla trasformazione (e.g. isobara o isoterma o altro) mediante la quale il sistema evalove dallo stato iniziale a quello finale Tuttavia, come vedremo, il lavoro adiabatico dipenderà solo da stato finale ed iniziale Ma c’è di più: visto che il sistema compie lavoro verso l’esterno allora dopo la trasformazione dovrà avere meno energia perché l’energia totale si conserva A spese di quale fonte di energia è stato compiuto il lavoro verso l’esterno?

Il Io Principio della Termodinamica Un possibile enunciato: Esiste una funzione di stato, denominata ENERGIA INTERNA (U) le cui variazioni sono pari sempre alla differenza delle energie entrante ed uscente di un sistema fisico Questo principio è una evidente generalizzazione del principio di conservazione dell’energia indipendentemente dal tipo (p.es. meccanico, termico elettrico, etc.): se l’energia che entra (p.es. dQ) è maggiore (o minore) dell’energia uscente (p.es. dL), allora l’Energia Interna è aumentata (diminuita) Ma il Io principio dice che l’Energia Interna è una funzione di stato, cioè che i valori che essa assume dipendono SOLO dallo stato iniziale e dallo stato finale non dalla particolare trasformazione che conduce il sistema dallo stato iniziale allo stato finale

In questo senso vanno interpretati i simboli d e d che compaiono nella formula: dQ o dL sono delle quantità infinitesime e corrispondono al calore scambiato ed al lavoro effettuato o subito dal sistema durante la particolare trasformazione; dU è invece un differenziale esatto, cioè le variazioni dell’Energia interna U non dipendono dalla trasformazione. In sostanza il lavoro effettuato o assorbito ed il calore assorbito o ceduto non sono funzioni di stato (dipendono dal percorso e non solo dagli stati iniziali e finali) ma la loro differenza è una funzione di stato, l’Energia Interna Una possibile formulazione integrale di questo principio potrebbe essere: Si noti che l’energia interna è definita a meno di una costante arbitraria, lo zero della scala delle energie, ovvero l’energia interna di uno stato di riferimento

Le diverse forme di energia e le variabili coniugate Un’altra maniera di enunciare il Io principio è la seguente (al contrario): Affinché un sistema termodinamico passi da uno stato (di equilibrio) ad un altro occorre un ben preciso ammontare di energia interna, DU, che non dipende dalla trasformazione Tale quantità è in generale la somma di tutte le possibili energie scambiate dal sistema: la maniera con cui si ripartisce fra le varie forme di energia dipende dalla trasformazione ma la differenza di energia fra lo stato iniziale e finale non vi dipende Il Io principio si può dunque generalizzare come: dove accanto a scambi termici e meccanici (dQ e –PdV) si sono inclusi scambi elettrici, magnetici, chimici, etc.

La sommatoria dell’ultimo termine serve a tenere conto delle eventuali reazioni chimiche: l’indice i rappresenta ciascuna delle N specie chimiche esistenti, ciascuna presente con un numero di moli ni. La grandezza fisica (intensiva), accoppiata a ciascuna dni, è mi e rappresenta il potenziale chimico delle specie i-esima Il suo significato è quello della variazione energetica del sistema dovuta al fatto che è cambiato il numero di moli di una specie (a favore di un’altra!) Va detto che ogni scambio energetico, nel primo principio, è normalmente scritto come il prodotto di una grandezza intensiva per il differenziale di una grandezza estensiva. chiamando Yi la variabile intensiva e Xi la variabile estensiva ad essa coniugata si ha: Si noti che per quanto riguarda il lavoro la variabile intensiva è (–p), a causa della convenzione egoistica, mentre per gli scambi termici bisogna definire le opportune variabili intensive (temperatura) ed estensive (entropia)

Calori specifici molari La definizione di calore specifico (la quantità di calore necessaria ad elevare di un grado la temperatura dell’unità di massa), non è sempre utile: conviene spesso definire il calore specifico molare (la quantità di calore necessaria ad elevare di un grado una mole di sostanza) In formule: Ma il calore scambiato dipende dal tipo di trasformazione, quindi, non c’è un solo calore specifico (in quelli già visti il calore specifico le trasformazioni sono a pressione costante) Per esempio ha senso parlare di calori specifici a volume costante e/o a pressione costante Vedremo che questi sono diversi ed il secondo è maggiore del primo

Si consideri ora un sistema che possa scambiare energia solo sotto forma di calore e sotto forma del lavoro delle forze di pressione, per cui Consideriamo l’energia interna sarà allora una funzione delle sole variabili di stato T e V Il differenziale (esatto) dell’energia interna potrà allora essere scritto in termini delle derivate parziali rispetto alle variabili indipendenti T eV e dei loro differenziali Il pedice delle derivate parziali indica che la variabile di stato indicata è mantenuta costante durante la trasformazione

Nell’ultima equazione abbiamo immaginato, in qualche maniera di aver effettuato due trasformazioni infinitesime: una isocora nella quale la temperatura varia di dT ed una isoterma in cui il volume varia di dV. Il risultato è che l’energia interna varia di dU ma, visto che è una funzione di stato non è importante l’ordine delle trasformazioni Per confronto col Io Principio, e nell’ipotesi di avere una sola mole di sostanza (n=1) Abbiamo cioè determinato il calore specifico molare a volume costante Consideriamo adesso una trasformazione a pressione costante e cerchiamo di valutare cP Converrà considerare P e T come variabili indipendenti. Servirà allora una equazione di stato (p.es. l’equazione dei gas perfetti) che dia

Ma nelle trasformazioni a P costante dP=0, cioè Sostituendo nel differenziale di U Per il Io Principio

Ricordando che il primo termine è proprio il calore specifico a volume costante Notare che il secondo membro deve essere positivo. Infatti in una trasformazione a volume costante il sistema non si espande quindi il calore ceduto serve solo a far innalzare la temperatura. In una trasformazione a pressione costante il calore fornito servirà a far crescere la temperatura ma anche a compiere il lavoro meccanico PDV: ci vorrà quindi più energia termica per innalzare di un grado la temperatura del sistema in questo caso Per un gas perfetto deve essere

Ciò è dovuto al fatto che l’energia interna è l’energia delle singole particelle: l’energia cinetica vedremo dipende solo dalla temperatura, mentre l’energia potenziale è legata alla interazione a distanza degli atomi, quindi è una funzione del volume. Ma in un gas perfetto non c’è alcuna interazione a distanza fra le molecole e la loro energia è, dunque, solamente cinetica. Da cui U=U(T) Ma noi conosciamo già l’equazione di stato di un gas perfetto, dalla quale ricaviamo Da cui

L’energia interna di un gas perfetto Supponiamo di avere del gas rarefatto in un recipiente che sia termicamente isolato con l’esterno, che il recipiente sia diviso in due settori e che il gas ne occupi solo uno Gas T2 Gas Vuoto T1 Gas Vuoto T1 Setto Adesso mettiamo in comunicazione i recipienti eliminando il setto di separazione: il gas si espanderà occupando tutto il volume a sua disposizione e misuriamo la temperatura cui il gas si è portato L’esperimento mostra che tanto più è rarefatto il gas tanto più è vero che Siccome non c’è scambio di calore né di lavoro (il volume non cambia) con l’esterno l’energia interna del gas perfetto cambia solo se cambia la temperatura (non dipende da pressione e/o volume)

Supponiamo di conoscere il valore dell’Energia Interna di un gas perfetto in uno stato O, UO. Vogliamo calcolare l’energia interna di un altro stato A V P O A B Siccome l’energia interna è una funzione di stato, possiamo immaginare un percorso costituito da una trasformazione isocora da O ad uno stato B ed una isobara da B ad A, per calcolare la variazione di energia interna Approfittando dell’equazione di stato dei gas perfetti possiamo considerare l’energia interna funzione solo di pressione e volume: U=U(P,V)

Calcoliamo adesso gli scambi energetici lungo le due trasformazioni: Per il IO Principio (in forma integrale): Se i calori specifici variano poco al variare della pressione, volume e temperatura Le temperature possono essere eliminate mediante l’equazione di stato (1 mole)

Sostituendo Si noti che, come conseguenza dell’uso dell’equazione cP-cV=R, l’energia interna del gas perfetto risulta solo una funzione della temperatura Proprio perché U=U(T) avremmo potuto ottenere questo risultato integrando l’equazione differenziale

Equazione politropica di un gas perfetto Supponiamo che una mole di gas perfetto esegua una trasformazione, il cui calore specifico molare sia K, a partire da uno stato (P0,V0) Supponendo inoltre che il lavoro ottenibile sia solo quello delle forze di pressione si avrà per il IO Principio Dall’equazione di stato Sostituendo

Adesso possiamo integrare questa equazione differenziale a partire dallo stato (P0,V0) fino ad un generico stato (P,V) Definendo, per compattezza di formule Da cui si ricava Abbiamo trovato che qualunque sia lo stato la quantità PVh è una costante: noto che sia il calore specifico molare K della generica trasformazione possiamo graficarla sul piano di Clapeyron. L’equazione trovata va sotto il nome di equazione politropica del gas perfetto

Sono interessanti alcuni casi limite della politropica K:questo valore caratterizza formalmente una trasformazione isoterma, perché significa che se anche cediamo una quantità enorme di calore la temperatura non aumenta. In tal caso si trova la legge di Boyle-Mariotte: KcP :questo valore caratterizza una trasformazione isobara. Infatti Kcv :questo valore caratterizza una trasformazione isocora. Infatti

K0: questo è il caso delle trasformazioni adiabatiche perché il calore scambiato durante la trasformazione è nullo