Parte XXIII: Equazioni di Maxwell e Onde Elettromagnetiche

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Transcript della presentazione:

Parte XXIII: Equazioni di Maxwell e Onde Elettromagnetiche Corso di Fisica Generale Beniamino Ginatempo Dipartimento di Fisica – Università di Messina Parte XXIII: Equazioni di Maxwell e Onde Elettromagnetiche La Corrente di Spostamento Le Equazioni di Maxwell nel vuoto L’equazione delle onde omogenea Onde piane, onde sinusoidali, onde polarizzate Trasporto di energia, intensità Il vettore di Poynting e la conservazione dell’energia Potenziali ritardati L’Approssimazione Quasi-Stazionaria Onde sferiche Il dipolo oscillante

La Corrente di Spostamento Fu Maxwell a notare l’inconsistenza fra la legge di circuitazione e l’equazione di continuità per la carica elettrica nei casi dinamici Se si prende la divergenza della prima equazione si ottiene che vale solo per correnti stazionarie Il principio di conservazione della carica elettrica richiede dunque che per casi non stazionari l’equazione per il rotore di H venga modificata L’equazione di continuità dice che le linee di flusso di J non possono essere chiuse per correnti non stazionarie, tuttavia, come abbiamo visto, possiamo far passare correnti in circuiti interrotti (condensatori). All’interno di questi c’è un campo elettrico che deve obbedire alla legge di Gauss e che è legato alla carica che si accumula sulle superfici del condensatore. Deve essere:

L’ultima equazione dice che le linee di flusso del vettore tra parentesi sono continue e chiuse. Dice inoltre che solo campi elettrostatici possono consentire correnti stazionarie L’ultima equazione può essere riscritta in forma anche più generale che comprende la presenza della materia: Il termine che va aggiunto a J si chiama densità di corrente di spostamento (in inglese il vettore D si chiama Electric Displacement). È facile intuire che il Th. di circuitazione si deve scrivere In questa forma (che comprende anche i casi stazionari), il Th. di circuitazione assume validità assolutamente generale ed è consistente con il principio di conservazione della carica In altre parole, se il filo indefinito per il quale abbiamo dimostrato il Th. di circuitazione fosse interrotto da un condensatore, l’ultima formula vale perché all’interno di questo c’è una corrente senza trasporto di carica elettrica la cui densità è

Per comprendere meglio la fisica della corrente di spostamento si consideri il seguente esempio +q(t) -q(t’) C f(t) La forza elettromotrice forza le cariche a muoversi nei conduttori (tubi di flusso di J) fino a raggiungere l’armatura del condensatore (trasporto di carica). La presenza del vuoto (o di un isolante) non consente alle cariche di raggiungere l’altra armatura. Ma alla separazione conduttore vuoto le linee di flusso della corrente (ohmica) si congiungono alle linee di flusso della corrente di spostamento: ciò consente di avere un circuito chiuso anche se vi è una interruzione In sostanza, la seconda armatura si carica di una carica uguale ed opposta alla prima perché il campo elettrico all’interno del condensatore trasporta informazione (non carica) alla seconda armatura. Vedremo che la seconda armatura non si carica istantaneamente, ma ciò avviene con un certo ritardo: il tempo che un’onda elettromagnetica si propaghi dalla prima alla seconda armatura

Campo Elettromagnetico La presenza della corrente di spostamento, nella IV equazione di Maxwell, accoppia analogamente alla III Eq. (la legge di Faraday-Neumann) le derivate spaziali del campo magnetico alle derivate temporali del campo elettrico. Ciò implica che le due grandezze fisiche, campo elettrico e campo magnetico, non possano essere più distinte (al contrario dei casi statici): d’ora in poi parleremo di Campo Elettromagnetico Si noti che la corrente di spostamento introdotta per ragioni teoriche è una corrente assolutamente reale: grazie alla sua esistenza, per esempio, esistono il televisore, il telefonino le comunicazioni satellitari, etc. C’è oggi una grande discussione sul fatto che l’esposizione ai campi elettromagnetici sia dannosa alla salute. Si noti che quotidianamente noi siamo esposti al campo elettromagnetico ed è per l’esistenza di questo che è possibile la vita nell’universo: la luce, i raggi ultravioletti, i raggi X, i raggi g, i raggi infrarossi, le microonde, le onde radio sono tutti esempi di campo elettromagnetico.

Le Equazioni di Maxwell nel vuoto Possiamo riscrivere le equazioni di Maxwell nel vuoto in questa forma dove si è definita la costante universale Non è assolutamente chiaro che una velocità possa essere una costante universale, visto che la nostra intuizione ci suggerisce che la velocità dipende dalla scelta di un sistema di riferimento non dalla scelta di un sistema di unità di misura. Questa considerazione apre il capitolo della Teoria della Relatività. Se esistesse il polo magnetico isolato, bisognerebbe aggiungere a queste equazioni una densità rm alla seconda ed una densità di corrente magnetica, Jm alla terza.

Il teorema di unicità, garantisce che se le sorgenti r e J sono limitate nello spazio esiste una soluzione unica delle equazioni di Maxwell La presenza delle sorgenti rende il sistema di equazioni non omogeneo, e quindi abbastanza difficile da risolvere. Proviamo a risolverlo prima in punti lontani dalle sorgenti cioè poniamo r=0 e J=0: Prendendo il rotore di ambo i membri della III (o della IV) si ottiene L’ultima è l’equazione di D’Alembert o delle onde omogenea. Procedendo analogamente con la IV si ottiene

Per comprendere il significato di onda (propagazione ondosa) studiamo il caso unidimensionale o delle onde piane. Ipotizziamo, cioè, che sia il campo elettrico che il campo magnetico dipendano solo dalla coordinata x e dal tempo t In tal caso, dato che tutte le componenti di E o B soddisfano la stessa equazione, in generale questa può essere scritta come: Naturalmente, essendo questa equazione omogenea, esiste la soluzione banale f(x,t)=0, che corrisponde al caso di assenza di sorgenti. Le soluzioni non banali devono però soddisfare a determinati requisiti, se esistono, indipendenti dalle condizioni al contorno Si dimostra facilmente che

Abbiamo dimostrato che è sufficiente che f(x,t)=f(xct) perché f sia soluzione dell’equazione delle onde. Dimostrare che è anche una condizione necessaria è più difficile, ma per ragioni di spazio assumiamo di averlo fatto. Per comprendere che f(x-ct) è un’onda consideriamo la funzione ad un istante fissato t0 e consideriamone il valore in un dato punto x0 f(x0-ct0) x0 t1? x1 Dx Se adesso consideriamo un altro punto x1=x0+Dx, possiamo chiederci se lì la funzione potrà assumerre lo stesso valore f(x0-ct0) ad un altro istante t1=t0+Dt.

Ciò è possibile se si verifica la seguente condizione che è sicuramente possibile al variare del tempo!! Quindi: x0 f(x0-ct0) x1 Dx Quindi funzione f(x,t0) trasla nel verso positivo delle x con velocità c. Una tale onda si chiama progressiva. È altrettanto facile far vedere che f(x+ct) è un’onda regressiva, cioè viaggia lungo la direzione –x.

In sostanza è come per le insegne del Luna park o una scritta che scorre nello schermo di un televisore La sensazione è che il punto illuminato si sposti, in realtà non si sposta nulla, salvo la circostanza che il punto è illuminato o no In realtà, come vedremo, un’onda trasporta energia. Vogliamo ora capire come sono orientati i campi elettrico e magnetico rispetto alla direzione x. Riscriviamo le equazioni di Maxwell per tutte le componenti:

Le prime due equazioni ci dicono che le componenti sia di E che di B lungo x (la direzione di propagazione) sono costanti nel tempo e nello spazio. Senza perdita di generalità tali campi costanti possono essere considerati nulli. Di conseguenza sia il campo elettrico che il campo magnetico variabili sono perpendicolari alla direzione di propagazione: le onde elettromagnetiche piane sono dunque trasverse Tale circostanza semplifica notevolmente le altre equazioni: Un’altra semplificazione si può ottenere imponendo che la direzione lungo cui oscilla il campo elettrico sia costante (in x e t). Questo equivale, come vedremo a considerare una onda piana polarizzata linearmente, ovvero un’onda per la quale il campo elettrico varia ma resta sempre parallelo a sé stesso. In tal caso possiamo ruotare gli assi (y,z) e fare in modo che il piano (x,z) coincida con il piano in cui il campo elettrico oscilla, detto il piano di Polarizzazione. Ciò fa sì che Ey e Bz saranno dunque sempre nulli e questo dà: Ovvero derivando la prima rispetto ad x e la seconda rispetto a t, e poi facendo il viceversa Abbiamo così trovato che i campi (o le loro parti variabili nel tempo e nello spazio) sono entrambi perpendicolari alla direzione di propagazione e perpendicolari tra di loro

Soluzione dell’equazione delle onde Proviamo a risolvere l’equazione di D’Alembert ponendo che le soluzioni non banali siano fattorizzabili nel prodotto di una funzione della sola x e di una della sola t Sostituendo e dividendo tutto per g(x)h(t) 0, per ipotesi Ma siccome il primo membro dipende solo da x ed il secondo solo da t, che sono variabili indipendenti, entrambi i membri si devono ridurre alla stessa costante che assumiamo –k2. Si ottiene: cioè l’equazione del moto armonico semplice, di cui conosciamo possibili soluzioni

Compatibilmente con le condizioni al contorno, le soluzioni possono quindi essere del tipo: (sin(kxwt) è una combinazione lineare di sinkx, coskx, sinwt e coswt, via formule di addizione e sottrazione) Tali soluzioni si chiamano onde piane sinusoidali e sono polarizzate linearmente La relazione w=kc si chiama relazione di dispersione ed introducendo la frequenza e la lunghezza d’onda La quantità a=kx-wt=k(x-ct) è una costante fissati x e t. In particolare per i punti di un piano perpendicolare alla direzione di propagazione x, a è costante. Un tale piano, definito quindi come il luogo dei punti in cui la fase è costante, si chiama fronte d’onda. La circostanza che il fronte d’onda in questo caso sia un piano ci fa chiamare le onde piane. Notare che per comprendere il significato di propagazione ondosa, noi abbiamo verificato che i fronti d’onda viaggiano con velocità c. Questa è dunque la velocità di fase dell’onda.

La polarizzazione delle onde elettromagnetiche Per comprendere il significato di polarizzazione consideriamo il caso di due onde sinusoidali che si propagano nella stessa direzione x, ma i cui campi elettrici sono perpendicolari, della stessa frequenza (lunghezza d’onda) ma sfasati di una quantità Df. z y E E02 Se Df=0 a x=0, t=0 la risultante è E01 Al variare del tempo il campo risultante oscillerà sempre parallelamente a sé stesso Il piano obliquo rispetto agli assi nel quale il campo risultante oscilla è il piano di polarizzazione. Tuttavia se Df è diverso da zero, p.es. Df=-p/2, allora E non potrà non cambiare direzione al passare del tempo (oppure in altri punti dello spazio)

z y Etc. In questo caso in cui i moduli delle ampiezze dei campi sono stati presi uguali il campo risultante descrive una circonferenza e l’onda si dice polarizzata circolarmente sinistra. Se lo sfasamento fosse stato +p/2, l’ampiezza del campo avrebbe ruotato verso sinistra e l’onda sarebbe stata polarizzata circolarmente destra (regola della mano destra). Se le ampiezze fossero state diverse il campo risultante avrebbe descritto un’ellissi retta. Se lo sfasamento fosse stato un numero diverso da –p/2, tale ellissi sarebbe stata obliqua Se una frequenza è un multiplo intero dell’altra, il campo risultante disegna delle figure piane multiriavvolte dette figure di Lissajous.

Trasporto di energia Dalla III equazione di Maxwell si ottiene per le onde sinusoidali La quantità Z0 si chiama l’impedenza caratteristica del vuoto (costante universale) Dato che un campo elettrico ed un campo magnetico comportano una densità di energia nello spazio, anche questa si propagherà e sarà data da Per le onde piane, ma la relazione seguente è valida per qualunque onda elettromagnetica che si propaghi nel vuoto, sarà Cioè la densità di energia elettrica e magnetica sono uguali

Quindi al propagarsi dei campi anche l’energia elettromagnetica si propaga. Se consideriamo una superficie di area unitaria perpendicolare alla direzione di propagazione, il fronte d’onda percorrerà in 1 sec. un tratto lungo c metri. Nel volume V=1 x c, sarà dunque fluita una quantità di energia pari a cw x c 1m2 Calcoliamone il valor medio in un periodo, una quantità che si chiama intensità dell’onda dove si è definito il campo elettrico efficace Eeff Un’onda elettromagnetica dunque trasporta energia

Il vettore di Poynting e la conservazione dell’energia Se prendiamo la III e la IV equazione (per H), le moltiplichiamo scalarmente per il campo magnetico ed il campo elettrico rispettivamente e le sottraiamo otteniamo: Per identità operatoriali (vedi anche Formulario dei Complementi di Calcolo Vettoriale) Dove si è definito il vettore di Poynting S. Si ottiene:

Se ipotizziamo J=0, avremo l’equazione di continuità per l’energia elettromagnetica: Integrando su un volume t (che contiene il vuoto) questa equazione implica che lo aumento (diminuizione) nell’unità di tempo dell’energia elettromagnetica contenuta in t si ha perché c’è un flusso entrante (uscente) dalla superficie di t, A, pari a: Il secondo membro rappresenta quindi la potenza elettromagnetica irradiata dal volume t, ed il fenomeno fisico di cui stiamo parlando è l’Irraggiamento. Se all’interno di t J0, allora dobbiamo comprendere il significato del termine prima trascurato. Se immaginiamo, per semplicità, che il volumetto dt sia un cilindretto: Di conseguenza l’integrale del termine dovuto alle correnti è la potenza dissipata per Effetto Joule, all’interno del volume.

Notare che è esattamente ciò che avviene in una lampada ad incandescenza o in un tubo al Neon: parte dell’energia elettromagnetica viene irradiata, sotto forma di luce, parte viene trasformata in calore, per effetto degli attriti interni. Notare, inoltre che, se calcoliamo il flusso del vettore di Poynting per le onde piane sinusoidali, lungo un cilindro che ha per asse la direzione di propagazione otteniamo: Pertanto l’energia elettromagnetica fluisce lungo la direzione x (entra in un cilindro di area di base unitaria diretto come l’asse di propagazione). Inoltre: la cui media temporale è esattamente l’intensità

I potenziali ritardati Proviamo adesso a risolvere le Equazioni di Maxwell in presenza di cariche e correnti limitate nello spazio (senza cariche e correnti sulla superficie all’infinito). Nei casi statici abbiamo risolto le equazioni introducendo delle funzioni risolventi: il potenziale elettrostatico ed il potenziale vettore. Adesso non è possibile introdurre un potenziale elettrostatico poiché il campo elettrico non è irrotazionale, ma è ancora possibile introdurre un potenziale vettore: Sostituendo nella III equazione Ne segue che nei casi dinamici non è il campo elettrico ad essere irrotazionale, ma lo è sempre il campo tra parentesi (che si riduce al campo elettrico nei casi statici!). Quindi possiamo introdurre un potenziale scalare  tale che:

Notare che il campo elettrico viene così espresso come somma di un campo irrotazionale e di un campo indotto. Infatti eseguendo la circuitazione di E su una linea chiusa arbitraria, il termine che contiene  si cancella, mentre il termine che contiene A si riduce, via teorema di Stokes, alla derivata del flusso del campo magnetico dalla superficie sottesa dalla linea (Legge di Faraday-Neumann) Notare che questa scelta dei potenziali vettore e scalare è altamente arbitraria. Se aggiungessimo ad A il gradiente di un campo scalare arbitrario Tuttavia questa scelta modifica il campo elettrico: per consistenza anche  va ridefinito Pertanto ci sono infinite coppie (A,) che forniscono lo stesso campo elettromagnetico (corrispondenza iniettiva). La invarianza dei campi per scelta opportuna della coppia (A,) va sotto il nome di invarianza di gauge Sostituendo nella I e nella IV equazione, che contengono le sorgenti, potremo calcolare i potenziali e quindi i campi.

Sostituendo nella IV equazione: Notiamo che l’accoppiamento fra A e j si ha solo attraverso il gradiente della quantità tra parentesi. Sostituendo nella I equazione: Notiamo che l’accoppiamento fra A e j si ha solo attraverso la derivata rispetto al tempo della quantità tra parentesi (la stessa della eq. precedente) e che se non ci fosse i potenziali soddisferebbero la medesima equazione: l’equazione di D’Alembert non omogenea

Ma la scelta dei potenziali è largamente arbitraria Ma la scelta dei potenziali è largamente arbitraria. Scegliendo una opportuna funzione Y, è possibile (basta che Y soddisfi l’equazione di D’Alembert) fare in modo che: Questa è una condizione che si può imporre per scegliere i potenziali più facili da calcolare e va sotto il nome di Condizione di Lorentz (gauge di Lorentz). L’equazione di D’Alembert per i potenziali è particolarmente notevole perché si riduce immediatemante alla equazione di Poisson nei casi statici. I potenziali elettromagnetici che soddisfano a questa equazione si chiamano potenziali ritardati, per i motivi che vedremo La soluzione dell’eq. delle onde non omogenea va molto al di là degli scopi di un corso di Fisica II, ma la soluzione possiamo facilmente commentarla

Le soluzioni dell’equazione di D’Alembert non omogenea sono: Diciamo subito che delle due soluzioni, quella col segno + va scartata e che r è esattamente la quantità a denominatore: la distanza fra il punto campo ed i punti sorgente Notiamo pure immediatamente la grande somiglianza con la soluzione dell’equazione di Poisson dei casi statici: le soluzioni presentate differiscono solo per il fatto che per ottenere i potenziali al tempo t bisogna considerare le densità di sorgenti ad un tempo diverso. Ovviamente nei casi statici, essendo le sorgenti costanti, tale termine non fa alcuna differenza ma ci consente di pensare alle interazioni statiche come azioni a distanza e sincrone. Queste equazioni ci dicono invece che non esistono azioni a distanza sincrone.

Consideriamo delle sorgenti isolate nell’universo ed un punto campo , J (x’,y’,z’, t - r/ c) r (x,y,z,t) Se voglio il potenziale (e quindi il campo) nel punto campo al tempo t, devo considerare le densità di carica o corrente non allo stesso tempo, ma, per ogni punto sorgente, ad un tempo precedente t-r/c. Il tempo r/c, detto ritardo, è però il tempo che un’onda elettromagnetica impiega per giungere dal punto sorgente al punto campo! Quindi nel punto campo non possiamo rivelare nessun campo elettromagnetico fino a quando esso non lo raggiunge. Siccome la velocità delle onde elettromagnetiche è, seppure enorme, finita l’istante campo deve essere successivo allo istante di emissione dell’onda. Si comprende quindi come la soluzione matematica che corrisponde al tempo t+r/c sia fisicamente inaccettabile perché contraddice al Principio di Causalità

L’Approssimazione Quasi-Stazionaria Per lo studio delle correnti alternate noi abbiamo fatto largo uso di quantità statiche: per esempio abbiamo usato la I formula di Laplace per definire i coefficienti di induzione, ovvero abbiamo parlato di differenza di potenziale ai capi dei condensatori. Ciò conduceva a definire grandezze come la capacità e l’induttanza che dipendono solo da quantità puramente geometriche. Abbiamo visto, però che non esistono azioni a distanza istantanee. Di conseguenza, per esempio, se ad un istante di tempo un’armatura del condensatore possiede una carica q(t) l’altra non potrà avere una carica uguale ed opposta nello stesso istante. Ovvero, il campo magnetico che crea una f.e.m. indotta in un circuito vicino non può essere dato dalla I formula di Laplace perché il potenziale vettore che lo genera è soluzione dell’eq. di Poisson, non della eq. delle onde inomogenea. Tuttavia, visto che la velocità delle onde elettromagnetiche è enorme (3 108 m/sec) se le dimensioni caratteristiche dei circuiti sono piccole le approssimazioni fatte possono funzionare. Solo che in Fisica non esiste il concetto di piccolo o grande in assoluto: bisogna stabilire una scala. In altre parole il ritardo r/c non può essere trascurato perché c è grande e basta: se r è una distanza intergalattica ci vorranno magari molti milioni di anni perché le onde elettromagnetiche raggiungano il punto campo. Se r è la distanza fra le armature di un condensatore in un normale circuito elettronico però il ritardo potrà essere trascurato. Bisogna, tuttavia, confrontare tempi con tempi o lunghezze con lunghezze per stabilire ciò che è più grande o più piccolo.

Il ritardo deve essere confrontato con un tempo, se vogliamo stabilire dei limiti di validità della Approssimazione quasi-stazionaria. Pertanto è certamente corretto confrontarlo con il tempo caratteristico delle onde elettromagnetiche: il periodo. Quindi: Pertanto se le dimensioni lineari del circuito sono molto più piccole della lunghezza d’onda delle onde elettromagnetiche che trasportano l’informazione, allora possiamo prendere i valori sincroni dei potenziali (e dei campi):cioè vale l’Approssimazione Quasi-Stazionaria Per farsene un’idea: se in un circuito scorre una corrente di frequenza n=50 hz (corrente elettrica normale) la lunghezza d’onda sarà: l=c/n=3 108/50 =6 106 m= 6000 Km, quindi l’approssimazione quasi-stazionaria è certamente valida per circuiti grandi qualche decina di chilometri. Se però abbiamo a che fare con onde V.H.F. (banda dei segnali televisivi) 108 Hz, quindi l=c/n=3 108/ 108 =3 m: quindi in tal caso la presenza di una casa può ostacolare la propagazione del segnale. Se consideriamo raggi X, 1018 Hz, quindi l=c/n=3 108/ 1018 =3 10-10 m: la presenza degli atomi è un ostacolo alla propagazione dell’onda.

Onde Sferiche Finora abbiamo considerato solo onde elettromagnetiche piane, cioè tali che il luogo dei punti a fase costante è un piano ortogonale alla direzione di propagazione. Come sarà chiaro dal seguito i fronti d’onda devono avere la simmetria delle sorgenti che hanno emesso l’onda. Una conseguenza di ciò è che tecnicamente le onde piane non potrebbero esistere: esse possono solo essere emesse da distribuzioni di carica e corrente su piani infiniti e ciò significa che dovremo avere una carica infinita oltre al fatto che avremmo cariche sulla superficie all’infinito. Tuttavia se le sorgenti (che devono essere limitate!) sono molto lontane dai punti campo nella vicinanza di questi il raggio di curvatura dei fronti d’onda potrà essere grande, rispetto alle distanze che ci interessano, quindi potremo considerarle piane a tutti gli effetti Consideriamo, adesso, una sorgente puntiforme. In tal caso i campi potranno dipendere solo dalla distanza dalla sorgente e non dalla direzione (simmetria sferica). Se scegliamo l’origine coincidente con la sorgente e cerchiamo una soluzione per i potenziali ritardati in punti diversi dall’origine (i punti campo devono essere diversi dai punti sorgente) l’equazione per il potenziale scalare e/o le componenti dei campi e del potenziale vettore diventa

Data la simmetria sferica del problema conviene esprimere l’operatore laplaciano in coordinate sferiche. Dal formulario: Possiamo risolvere questa equazione definendo g=rf Questa è l’equazione delle onde omogenea quindi deve essere: Di conseguenza un onda sferica è come un’onda piana, solo che l’ampiezza decresce Continuamente ed i cui fronti d’onda sono sfere concentriche con la sorgente (puntiforme)

Il dipolo oscillante Consideriamo un dipolo elettrico nell’origine degli assi ed orientato nella direzione z x y z -q +q Immaginiamo che la carica positiva oscilli lungo l’asse z con la legge oraria z(t) e che la massima distanza dall’origine sia molto piccola rispetto alla distanza alla quale cerchiamo il campo elettromagnetico che tale moto di cariche produce. Il momento di dipolo dipenderà dal tempo, ed esisteranno le sue derivate prima e seconda rispetto al tempo

Ma la carica in moto è una corrente la cui densità dipende dalla velocità della carica: dove r è la densità di volume della carica (in moto), ed è quindi una funzione che integrata su un volume, anche arbitrariamente piccolo, dà come risultato proprio q (delta di Dirac) Possiamo quindi calcolare il potenziale vettore, sotto la condizione di Lorentz, che genera tale corrente, tenendo presente che il volume di integrazione è una sferetta molto piccola centrata nell’origine e che il potenziale vettore ha solo la componente z Visto che lo spazio sorgente è praticamente puntiforme il denominatore si può confondere con il punto campo ed inoltre la velocità della carica non dipende dalle variabili sorgente Il potenziale vettore ha dunque simmetria sferica

Il potenziale scalare si può determinare integrando la condizione di Lorentz: L’integrazione è semplice, visto che a secondo membro ci sono derivate rispetto al tempo. Bisogna però determinare una costante di integrazione. Siccome però il potenziale scalare si deve ridurre al potenziale elettrostatico del dipolo nei casi statici deve essere: Cioè la costante di integrazione si deve ridurre a zero, affinché il potenziale scalare si riduca al potenziale del dipolo elettrostatico. Per il proseguimento conviene passare a coordinate sferiche

Si ha per il potenziale vettore Per il potenziale scalare Calcolo del campo elettrico

Calcolo del campo magnetico Notiamo che Se il dipolo fosse statico non avremmo campo magnetico Il campo elettrico si ridurrebbe al campo statico Se p(t)=p0sinwt, nella direzione r ci sarebbe un’onda sinusoidale con ampiezza decrescente 4) Esistono termini che decadono con la distanza dall’origine in maniera diversa: le componenti lontane (~r-1) e le componenti vicine (~r-2, ~r-3)

Se adesso guardiamo il flusso di potenza, vediamo subito che tale dipolo irradia: Pvic decade al crescere di r, mentre Plon è indipendente da r

Considerazioni sul dipolo oscillante La potenza irradiata da un dipolo attraverso una sfera che lo contiene è dunque costituita da due contributi: 1) quello dovuto alle componenti vicine che tende ad annullarsi se il raggio della sfera è sufficientemente grande e 2) quello dovuto alle componenti lontane che è INDIPENDENTE DAL RAGGIO DELLA SFERA. Tale contributo è proporzionale al quadrato della derivata seconda del momento di dipolo E, QUINDI, ALLA ACCELERAZIONE DELLA CARICA. Quindi ad ogni atto di moto (accelerato) di una carica elettrica corrisponde l’emissione di un’onda elettromagnetica dalla sorgente verso l’infinito: una volta emessa, l’onda non può più essere fermata se non incontra ostacoli. Poiché la superficie della sfera cresce come r2, la potenza (costante) si distribuisce su questa superficie e, quindi, da un angolo solido unitario solo una piccola parte di questa potenza può essere raccolta. Tuttavia, per quanto piccola tale potenza non è nulla: questo è il motivo per cui possiamo vedere la luce emessa da stelle lontane milioni e milioni di anni luce dalla terra Lontanissimo da una sorgente e da un piccolo angolo solido il fronte d’onda è praticamente un piano