CORSO di LAUREA in MEDICINA E CHIRURGIA ENDOCRINOLOGIA Docente: Prof. Maria Chiara Zatelli ztlmch@unife.it 0532 236682
III° PRINCIPIO DELLA DINAMICA “Ad ogni azione segue una reazione uguale e contraria che tende a riportare il sistema in equilibrio” Isaac Newton OMEOSTASI
“Facoltà di mantenere, per autoregolazione, il proprio stato di equilibrio interno malgrado i cambiamenti che intervengono nell’ambiente esterno. I meccanismi regolatori dell’omeostasi sono di natura chimica, fisica, enzimatica, nervosa e ormonale” Enciclopedia Internazionale Curcio Grolier OMEOSTASI
Risposta dell’organismo Movimento azione reazione Risposta dell’organismo OMEOSTASI
consumo di substrati energetici Movimento Esercizio fisico RICHIESTA DI ENERGIA azione consumo di substrati energetici glucidi protidi lipidi organismo dieta
Risposta dell’organismo RISPOSTE ADATTATIVE mobilizzazione delle riserve energetiche e delle riserve corporee plastiche reazione glucidi protidi lipidi organismo dieta
glicemia glucosio insulina OMEOSTASI glucagone catecolamine cortisolo 60 – 75 mg/dl 130 – 150 mg/dl (digiuno) (fase post-prandiale) insulina glicemia glucagone catecolamine cortisolo GH OMEOSTASI
~ POST-ASSORBIMENTO glicemia glucosio glicogenolisi gluconeogenesi lattato alanina glicerolo Glicolisi muscolare ed intestinale e dai globuli rossi Idrolisi dei trigliceridi
substrati gluconeogenetici glicemia DOPO un PASTO 10 – 25% glicogenosintesi substrati gluconeogenetici OMEOSTASI alimenti glucosio 75 - 90% circolo ematico produzione epatica di glucosio - - ↑ glicemia glucagone - insulina + up-take di glucosio in tessuti insulino-dipendenti +
DOPO un PASTO + + - - + - 75 - 90% produzione epatica di glucosio glicemia DOPO un PASTO OMEOSTASI 75 - 90% circolo ematico ↑ glicemia produzione epatica di glucosio insulina - + up-take di glucosio in tessuti insulino-dipendenti + + - glucagone ↓ glicemia -
+ + Come entra il glucosio? trasporto a diffusione facilitata N.B. La fase di recupero (ricostituzione delle riserve di glicogeno) dipende dall’insulina Come entra il glucosio? trasporto a diffusione facilitata insulina + GLUT-4 GLUT-4 allenamento + I SOGGETTI ALLENATI UTILIZZANO MEGLIO il GLUCOSIO
OMEOSTASI glicemia
DIABETE MELLITO Sindrome che comprende un gruppo di malattie metaboliche dovute ad un difetto di secrezione e/o di azione dell’insulina, caratterizzate dalla presenza di iperglicemia e dalla comparsa a lungo termine di complicanze croniche a carico di vari organi, in particolare occhi, rene, nervi, cuore e vasi sanguigni
DIABETE : “dia” = attraverso “bete”=passare 1500 A.C. Papiro di Erbers degli antichi Egizi fornisce rimedi per l’eccessivo bisogno di urinare Areteo di Cappadocia I sec dC: “diabainein " (dià: attraverso; baino: vado) DIABETE : “dia” = attraverso “bete”=passare Dal greco diabainw 120-200 D.C. Areteo di Cappadocia scrisse un trattato “Sul Diabete” sintetizzando le conoscenze dell’antichità classica greca e romana Giovan Battista Morgagni (1682-1771) scrisse vari capitoli sulla malattia diabetica. Con grande intuito scientifico scrisse “La causa (del diabete) non può essere una” 1889 D.C. Mehring e Minkowski indussero il DM nel cane asportando il pancreas. La scoperta di P. Langerhans del 1869 di gruppi di cellule particolari, sparse come isole nel tessuto esocrino, era rimasta finora ignorata.
Diabete Mellito Definizione Sindrome che comprende un gruppo di malattie metaboliche dovute ad un difetto di secrezione e/o di azione dell’insulina, caratterizzate dalla presenza di iperglicemia e dalla comparsa a lungo termine di complicanze croniche a carico di vari organi, in particolare occhi, rene, nervi, cuore e vasi sanguigni. Classificazione In passato Diabete giovanile Diabete dell’età matura Nel 1979 classificazione clinica NDDG (National Diabetes Data Group) Diabete di tipo 1, Insulino Dipendente (IDDM) Diabete di tipo 2, Insulino Indipendente (NIDDM) Diabete da malnutrizione (MRDM) Altri tipi Diabete gestazionale
DIABETE MELLITO : Classificazione Diabete di tipo 1 Autoimmune Idiopatico Diabete di tipo 2 3. Altri tipi specifici Difetti genetici della funzione delle cellule beta (MODY: Maturity Onset Diabetes of the Young) Difetti genetici dell’azione dell’insulina (Insulino resistenza tipo A, Leprecaunismo, diabete lipoatrofico) Malattie del pancreas esocrino (pancreasectomia, pancreatici, carcinoma, emocromatosi, fibrosi cistica) Endocrinopatie (Acromegalia, Sindrome di Cushing, Glucagonoma, Feocromocitoma, Ipertiroidismo, Somatostatinoma, Aldosteronoma) Farmaci o agenti chimici (Glucocorticoidi, taizidici, ac. nicotinico, altro) Infezioni (rosolia, citomegalovitus, altro) Forme rare immuno-mediate (Anticorpi anti-recettore insulina, S. “Stiff man”) Altre sindrome genetiche associate a diabete mellito (S. di Down, S. di Klinefelter, S. di Turner, altro) 4. Diabete mellito gestazionale (GDM) DIABETE MELLITO : Classificazione The Expert Committee on the Diagnosis and Clasification of Diabetes Mellitus Diabetes Care 1997, 20:1183
Prevalenza globale di diabete mellito nell’adulto In tutto il mondo, tra gli adulti 20 anni : Anno 2000 171 milioni di persone (2.8%) Anno 2030 366 milioni di persone (4.4%) Nel 2030 si stima una prevalenza di diabete : TRIPLA in Africa, Mediterraneo orientale e Medio Oriente, Sud-Est Asiatico DOPPIA in America e Ovest Pacifico Aumentata del 50% in EUROPA Wild S et al. Diabetes Care 2004, 27:1047
382 million people have diabetes in 2013; by 2035 this will rise to 592 million The number of people with type 2 diabetes is increasing in every country 80% of people with diabetes live in low- and middle-income countries The greatest number of people with diabetes are between 40 and 59 years of age. http://healthintelligence.drupalgardens.com/content/prevalence-diabetes-world-2013
XXI SECOLO "EPIDEMIA MONDIALE DI DIABETE"
Epidemiologia del diabete mellito (dati rilevati da Regno Unito, Svezia, USA) Rischio relativo di mortalità per tutte le cause RADDOPPIATO Nell’ età tra 20 e 39 anni Rischio di mortalità aumentato 4 volte nel maschio aumentato 6.7 volte nella femmina Nei soggetti di età > 80 anni il rischio di moralità ritorna pari a 1 Wild S et al. Diabetes Care 2004, 27:1047
DIABETE MELLITO : Criteri Diagnostici 1997, ADA (American Diabetes Association) - 1999, WHO CRITERI DIAGNOSTICI PER IL DIABETE Emoglobina glicosilata (HbA1C) 6.5%** Glicemia a digiuno 126 mg/dl Glicemia 2 h dopo OGTT 200 mg/dl Glicemia random 200 mg/dl in presenza di segni clinici di diabete ** Criterio introdotto nel 2010 dall’ADA In assenza di franca iperglicemia, i criteri 1-3 devono essere confermati da test ripetuti HbA1c può essere usata per la diagnosi di diabete, solo se il laboratorio utilizza un metodo di dosaggio certificato NGPS (National Glycohemoglobin Standardization Program) e standardizzato a quello dei trial (DCCT, Diabetes Control and Complications Trial) Digiuno (Fasting) = mancato apporto calorico per almeno 8 ore. Glicemia (mg/dl) Modalità di rilievo 140 digiuno 200 2 ore dopo OGTT 1985, WHO
EMOGLOBINA GLICOSILATA (HbA1c) Il glucosio si lega alle proteine tramite un legame in parte non dissociabile (glicazione non enzimatica) dipendente dalla concentrazione di glucosio e dal tempo di esposizione HbA1c Glicemia (%) (mg/dl) 6 126 7 154 8 183 9 212 10 240 11 269 12 298 HbA1c è un buon indice del valore medio della glicemia nei 2-3 mesi precedenti
Analoga incidenza di complicanze microvascolari e/o macrovascolari DIABETE MELLITO : Criteri Diagnostici Valori soglia di glicemia per l’insorgenza di complicanze Glicemia 2 ore dopo OGTT 200 mg/dl Glicemia a digiuno 126 mg/dl Analoga incidenza di complicanze microvascolari e/o macrovascolari
TOLLERANZA GLUCIDICA Definisce la capacità dell’organismo di metabolizzare il glucosio Si valuta con il test di tolleranza al glucosio (OGTT: oral glucose tolerance test) 250 200 150 normale glucosio (mg/dl) IGT 100 diabete 50 1 2 ore
DIABETE MELLITO : Criteri Diagnostici Condizioni di aumentato rischio di diabete RIDOTTA TOLLERANZA GLUCIDICA (IGT, impaired glucose tolerance) : glicemia 2 ore dopo OGTT 140 e < 200 mg/dl ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO (IFG, impaired fasting glucose): Glicemia a digiuno 100 125 mg/dl Emoglobina glicosilata (HbA1C): 5.7-6.4% Curva da carico orale di glucosio (OGTT, Oral Glucose Tolerance Test): 75 gr di glucosio (bambini 1.75 gr/kg) sciolto in acqua (200-300 cc). Da eseguire dopo 3 giorni di dieta senza restrizioni caloriche con almeno 300 gr di carboidrati, dopo un digiuno di almeno 10 ore e non più di 16 ore IFG, impaired fasting glucose; IGT, impaired glucose tolerance
DIABETE MELLITO : Criteri Diagnostici Rilievo Normoglicemia Alterata glicemia a digiuno / Ridotta tolleranza glucidica Diabete Digiuno < 100 mg/dl 100-125 mg/dl (IFG) 126 mg/dl* 2 ore dopo OGTT < 140 mg/dl 140-199 mg/dl (IGT) 200 mg/dl* Casuale 200 mg/dl sintomi di diabete Curva da carico orale di glucosio (OGTT, Oral Glucose Tolerance Test): 75 gr di glucosio (bambini 1.75 gr/kg) sciolto in acqua (200-300 cc). Da eseguire dopo 3 giorni di dieta senza restrizioni caloriche con almeno 300 gr di carboidrati, dopo un digiuno di almeno 10 ore e non più di 16 ore IFG, impaired fasting glucose; IGT, impaired glucose tolerance * La diagnosi di diabete deve essere confermata da una seconda determinazione
Diabete Gestazionale (GMD) La funzione pancreatica non è sufficiente a controbilanciare l’insulino-resistenza creata dagli ormoni placentari [GH e lattogeno placentare, CRH (cortisolo), progesterone] 1-14% delle gravidanze nelle varie popolazioni 90% di tutte le forme di diabete che si osservano in gravidanza 2°-3° trimestre Valutazione all’inizio della gravidanza (glicemia a digiuno, HGbA1c, glicemia random) per escludere il diabete Se diabete manifesto (criteri classici) trattamento e follow-up Glicemia 92 < 126 mg/dl DIABETE GESTAZIONALE Glicemia < 92 mg/dl si esegue il test con 75 mg di glucosio alla 24-28 settimana in tutte le donne o in quelle a rischio (decisione in base alla popolazione) Glicemia basale 92 mg/dl 60 min 180 120 min 153 DIABETE GESTAZIONALE: almeno 1 valore maggiore Dopo la gravidanza la donna deve essere riclassificata (diabete, IGT, IFG, normale)
Diabete Gestazionale (GMD) DIABETE MELLITO : Classificazione Diabete Gestazionale (GMD) Basso rischio. Lo screening non è necessario in presenza di tutte le seguenti caratteristiche: – età inferiore a 25 anni; – peso pre-gravidico normale; – familiarità negativa per diabete mellito; – anamnesi negativa per alterazione del metabolismo glucidico; – anamnesi ostetrica priva di esiti sfavorevoli; – gruppo etnico a bassa prevalenza di diabete gestazionale. Il diabete gestazionale non diagnosticato e, quindi, non trattato, comporta rischi rilevanti sia per la madre: complicazioni ipertensive, più frequente necessità di ricorso al parto cesareo, ecc. sia per il feto e il neonato: aumentata incidenza di macrosomia, iperbilirubinemia, ipocalcemia, policitemia, ipoglicemia.
Diabete in corso di gravidanza aumentato rischio di anomalie congenite maggior rischio di complicanze diabetiche (retinopatia e nefropatia) necessità di rapido ed adeguato trattamento e follow up conferma ed adeguato del trattamento dopo la gravidanza. Follow-up dei nascituri per aumentato rischio di obesità, alterazione del metabolismo glucidico e malattia cardiovascolare Necessità di diagnosi precoce
DIABETE MELLITO : Classificazione Diabete di tipo 1 5-10% (Diabete mellito insulino dipendente, IDDM; Diabete ad insorgenza giovanile) Tipo 1A Distruzione autoimmune delle cellule b pancreatiche 90% Markers : Autoanticorpi [anti-insula (ICA), cellule beta (ICA512), insulina (IAA), decarbossilasi dell' acido glutammico (GAD65), tirosino-fosfatasi IA-2 e IA-2b] Associazione con antigeni HLA [HLA-DR3,DQB1*0201 e/o DR4,DQB1*0302 ] 10% Tipo 1B Distruzione delle cellule b pancreatiche per cause non note Assenza di markers di autoimmunità e di associazione con HLA I pazienti con diabete di tipo 1 richiedono terapia con Insulina Sviluppano chetoacidosi diabetica se non trattati
Rappresenta il 5-10% di tutte le forme di diabete Prevalenza del diabete di tipo 1 Rappresenta il 5-10% di tutte le forme di diabete 0,07-3,5 per 1000/abitanti Bassa nelle popolazioni orientali, negli indiani d’America e nelle popolazioni che vivono ai tropici Elevata nei paesi del nord Europa e in Sardegna In Italia, anno 2000 Prevalenza : 0,4-1,0 per 1000/abitanti 3-6% di tutti i casi diabete Incidenza: 6-10 per 100.000/abitanti/anno (0-14 anni) 6,7 per 100.000 (15-29 anni) Sardegna Incidenza: 34 per 100.000 (0-14 anni)
DIABETE di TIPO 1 malattia multifattoriale fattori genetici immunologici ambientali IPOTESI PATOGENETICA HLLA Concordanza tra fratelli HLA identici = 15-20% Concordanza tra gemelli omozigoti = 35-50% Gene per insulina Altri geni Virus : Citomegalovirus, herpes, parotite, rosolia, enterovirus (coxackie B4), retrovirus, rotavirus Dieta: latte vaccino nella prima infanzia (b-caseina) Cereali prima dei 3 mesi o dopo i 7 Tossici ambientali (nitati) Vit D ruolo protettivo predisposizione genetica fattori ambientali RISPOSTA AUTOIMMUNE distruzione delle cellule b-pancreatiche difetto di secrezione di insulina Viene mantenuta una glicemia normale finchè la massa b-cellulare è superiore al 50% Il tempo di distruzione delle cellule b è variabile iperglicemia chetosi
DIABETE MELLITO : Classificazione Diabete di tipo 1 ad insorgenza in ETA’ ADULTA [LADA, latent autoimmune diabetes adult] 7.5-10% dei pazienti adulti con apparente diabete di tipo 2 Pazienti normopeso, con ridotta secrezione endogena di insulina, scarsa risposta alla terapia con dieta ed ipoglicemizzanti orali Autoanticorpi circolanti : ICA, IAA, anti GAD
Sospetto di LADA: I test diagnostici per confermare il LADA sono: • età <50 anni; • BMI <25 kg/m2; • anamnesi familiare positiva per diabete tipo 1 o malattie autoimmuni; • anamnesi positiva per malattie autoimmuni; • inadeguato compenso glicemico in corso di trattamento con ipoglicemizzanti orali a distanza di 6-12 mesi dalla diagnosi. L’età di esordio >50 anni e la presenza di soprappeso non devono, tuttavia, fare escludere a priori la diagnosi di LADA quando gli altri criteri siano soddisfatti . I test diagnostici per confermare il LADA sono: • determinazione dei marcatori di autoimmunità (GADA, ICA); • valutazione della funzione beta-cellulare (C-peptide basale o dopo stimolo con glucagone). Test di stimolo con glucagone (1 mg ev) a digiuno (non effettuare se glicemia >180 mg/dl) Valori basali di peptide C <0,07 ng/ml o dopo stimolo <0,20 ng/ml sono indicativi di un grave deficit di secrezione insulinica e quindi della necessità di trattamento insulinico.
MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young) Forma monogenica di diabete relativamente rara (meno del 1% dei casi di diabete inizialmente definiti tipo 2), trasmissione autosomica dominante. Attualmente sono descritti sei difetti genetici diversi che con meccanismi differenti conducono a una alterazione funzionale della -cellula pancreatica. I criteri clinici per la identificazione del MODY sono i seguenti: • età di insorgenza <25 anni; • controllo metabolico mantenuto senza insulina per oltre 2 anni; • ereditarietà autosomica dominante (almeno tre generazioni); • non evidenza di autoimmunità. In presenza di un fondato sospetto clinico di MODY è utile rivolgersi a laboratori di riferimento per la caratterizzazione del difetto genetico. L’identificazione del MODY è rilevante per l’inquadramento prognostico del paziente e perché indica la necessità di screening nei familiari.
PREDIZIONE DEL DIABETE DI TIPO 1 Molto importante in quanto spesso preceduto da una lunga fase di “insulite” asintomatica. Bisogna predire la comparsa di diabete di tipo 1 nei soggetti a maggior rischio Parenti di 1° grado di soggetti affetti da diabete di tipo 1, in particolare quelli di età tra i 6 ed i 35 anni Soggetti < 35 anni con pregressa iperglicemia transitoria Indicatori genetici : DR4, DQB*0302 e/o DR3, DQB*0201 Indicatori immunologici Autoanticorpi : ICA, IAA, antiGAD65, anti-IA2 La positività per 2 o più di tali anticorpi ha una specificità e sensibilità del 99% IAA sono i primi a comparire, anti-GAD sono indicativi della progressione. DETERMINAZIONE di ICA ed ANTI-GAD come TEST di SCREENING Indicatore metabolico Risposta insulinica ad un carico endovenoso di glucosio (IVGTT, Intravenous Glucose Tolerance Test) La perdita della risposta insulinica precoce all’IVGTT è la prima alterazione metabolica e sembra rappresentare un rischio elevato di comparsa di malattia (>90% entro 5 anni) in un soggetto positivo per anticorpi ad uno o più antigeni insulari
DIABETE MELLITO : Classificazione Diabete di tipo 2 90% (Diabete mellito non insulino dipendente, NIDDM; Diabete ad insorgenza nell’adulto) Insulino-resistenza Difetto relativo di insulina I pazienti con diabete di tipo 2 non richiedono terapia con Insulina per sopravvivere Solo raramente possono sviluppare chetoacidosi EFE 2004
Rappresenta il 90% di tutte le forme di diabete Epidemiologia del diabete di tipo 2 Incidenza Paesi occidentali 1 caso/1000 abitanti/anno Indiani Pima 25 casi/1000 abitanti/anno Prevalenza Paesi occidentali 3-10 % Giappone, Cina, Eschimesi 1-2% Paesi poveri (Africa, Cile, Nuova Guinea) < 1 % Particolari popolazioni (Indiani Pima Arizona, Micronesia) 40-50% Rappresenta il 90% di tutte le forme di diabete
Prevalenza di diabete mellito in relazione ad età e sesso Wild S et al. Diabetes Care 2004, 27:1047 Età media o avanzata > 40 anni E’ in aumento l’incidenza di diabete di tipo 2 in bambini ed adolescenti
DIABETE di tipo 2 malattia multifattoriale fattori genetici ambientali obesità 70-90% concordanza fra gemelli omozigoti elevato rischio in parenti di I° grado (40%) ridotto esercizio fisico fattori genetici fattori ambientali dieta ricca di grassi insulino-resistenza ridotta secrezione di insulina ETA’ iperglicemia
Insulino-resistenza Diminuzione della risposta biologica all’ insulina (endogena o esogena) Difetto recettoriale : ridotto numero o funzione del recettore insulinico Difetto postrecettoriale: alterazione di enzimi o substrati coinvolti nei meccanismi di trasduzione del segnale trasportatori del glucosio Difetti di IRS-1 e 2, e di GLUT-4 sembrano implicati nella genesi del diabete di tipo 2 GLUT-4 è il principale trasportatore del glucosio nei tessuti sensibili all’insulina (muscolo e tessuto adiposo)
Il legame dell'insulina il recettore risulta in una attivazione di una tirosina chinasi (nelle subunità beta) che autofosforila il recettore Il recettore fosforilato fosforila poi una serie di proteine intracellulari che regolano vari processi metabolici e di sintesi delle proteine Le prime sono le IRS (insulin receptor substrate) 1 e 2 che attivando la via della PI3 chinasi sono responsabili della maggior parte degli eventi metabolici regolati dall’insulina L’attivazione invece dalla via della MAP chinasi media le azioni dell’insulina come fattore di crescita.
Fattori genetici, Fattori ambientali DIABETE di tipo 2 Tessuto adiposo Ridotta az antilipolitica FFA Lipotossicità INSULINO-RESISTENZA Cellule b MUSCOLO Calo utilizzazione glucosio Glucotossicità Calo Secrezione Insulina IPERGLICEMIA FEGATO Aumento produzione glucosio IPERINSULINEMIA Ridotta tolleranza glucidica Alterata glicemia a digiuno Normale tolleranza glucidica Fattori genetici Fattori ambientali DIABETE di TIPO 2
Storia naturale del diabete di tipo 2 1. Fase di compenso (molti anni) Insulino resistenza Iperinsulinemia con normale tolleranza glucidica 2. Fase di scompenso IGT : Iperinsulinemia con ridotta tolleranza glucidica L’iperglicemia postprandiale è dovuta principalmente a difetto di captazione insulino-mediata di glucosio sia da parte del fegato (sintesi di glicogeno) e soprattutto del muscolo IFG : L’aumentata richiesta di insulina si associa ad un progressivo declino funzionale delle cellule b con aumento della glicemia a digiuno (IFG) L’iperglicemia a digiuno è legata ad un aumentata produzione epatica di glucosio. E’ indice soprattutto di ridotta produzione di insulina ed anche di maggior disponibilità di substrati gluconeogenetici 3. Diabete Iperglicemia a digiuno L’accopiata insulino-resistenza/ ridotta funzione pancreatica, accelerata dai fenomeni di glucotossicità, lipotossicità ed insulinotossicità, determina un aumento della produzione epatica di glucosio, una ulteriore riduzione della captazione insulino-mediata di glucosio con conseguente iperglicemia a diguino o malattia conclamata
DIABETE di tipo 2 SOGGETTI A RISCHIO PER DIABETE DI TIPO 2 Età 45 anni Sovrappeso (BMI 25 kg/m2) Storia familiare di diabete (genitori, fratelli) Inattività fisica Razza/etnia (africano-americani, ispano-americani, americani nativi, asio.-americani, isole del pacifico) Precedente riscontro di IGT o IFG Pregresso diabete gestazionale o figlio > 4 kg alla nascita Ipertensione arteriosa ( 140/90 mmg/Hg) Dislipidemia (colesterolo HDL 35 mg/dl e/o trigliceridi 250 mg/dl) Sindrome dell’ovaio policistico (PCO) Altre condizioni associate ad insulino resistenza (obesità grave, acantosis nigricans,etc..) Storia di malattia cardio-vascolare
DIABETE di tipo 2 Vanno testati per il pre-diabete o diabete ADULTI tutti soggetti adulti in sovrappeso (BMI>25 kg/m2) ed addizionali fattori di rischio in assenza di fattori di rischio la valutazione deve iniziare a 45 anni se i risultati sono normali , i soggetti dovrebbero essere ritestati ogni 3 anni FPG oppure OGTT OGTT se presente IFG BAMBINI Sovrappeso (BMI oppure peso in relazione all’altezza >85 pecentile) e più di 2 fattori di rischio Storia familiare di diabete (parenti di primo o secondo grado) Razza/etnia Segni di insulino resistenza o condizioni associate (acantosis nigricans, ipertensione, dislipidemia, PCO, piccolo per età gestazionale alla nascita) Storia materna di diabete gestazionale A partire dai 10 anni o alla pubertà se insorta prima; Ogni 3 anni Glicemia a digiuno
Diabetes Risk Score
MANIFESTAZIONI CLINICHE MANIFESTAZIONI CLINICHE Quadri eterogenei che possono andare da un inizio brusco con chetoacidosi e coma ad un esordio asintomatico (scoperto occasionalmente in corso di esami ematochimici) DIABETE TIPO 1 Poliuria e nicturia (quando l’iperglicemia supera la soglia renale del glucosio (160-180 mg/dl) si accompagnano a glicosuria) Polipsia (compensatoria alla poliuria) Cute e mucose secche, Disidratazione (dovuta alla poliuria) Dimagramento e polifagia (perdita di glucosio e mancata utilizzazione degli elementi nutritivi dovuti al difetto di insulina) Riduzione della crescita nel bambino Debolezza ed astenia (proteolisi) Possono inoltre essere presenti: Chetonuria con o senza alito acetonemico (rara nel diabete di tipo 2) (si verifica quando, per mancata utilizzazione del glucosio, viene bruciata una quota eccessiva di grassi per cui aumentano i corpi chetonici nel sangue e poi nelle urine) Sintomi da iperchetonemia: Anoressia, nausea, vomito, alitosi (alito dolciastro simile a frutta matura), dolori addominali, astenia marcata, aggravamento della poliuria (disidratazione), respiro profondo e rapido, fino al coma chetaocidosico
Glicosuria e chetonuria Chetoacidosi diabetica Quadro biochimico di acidosi metabolica con disidratazione e perdita di sodio e potassio Astenia Anoressia, nausea, vomito, Alito acetonemico (dolciastro simile a frutta matura), Dolori addominali (può simulare un addome acuto), Poliuria marcata (diuresi osmotica con perdita di acqua ed elettroliti) Segni di disidratazione (cute e mucose secche, globi oculari ipotonici, lingua riarsa), Dispnea = respiro profondo e rapido (detto di Kussmal) stimolazione del centro del respiro da parte dell’acidosi. L’acidosi grave (pH <7) può invece deprimere il centro del respiro Spesso presenti ipotensione arteriosa e tachicardia Turbe della coscienza COMA Diagnosi: Glicemia> 300 mg/dl Glicosuria e chetonuria PH ematico < 7.35 Chetonemia [PH normale =7.36 –7.44]
Chetoacidosi diabetica Tipica del diabete di tipo 1, può anche essere una manifestazione d’esordio Difetto di insulina = Glicogenolisi gluconeogenesi = glicemia Lipolisi FFA bossidazione AcetilCoA corpi chetonici Aceto-acetato, b-idrossibutirrato, Acetone Glucagone Attivazione enzima carnitina-acil-tranferasi Iperchetomemia chetonuria riduzione del pH urinario tamponato dall’escrezione di bicarbonati depauperamento dei bicarbonati nel plasma acidosi metabolica Iperglicemia diuresi osmotica con perdita di acqua ed elettroliti favorita dal vomito
DIABETE di TIPO 2 Asintomatico Poliuria e nicturia Polipsia Disidratazione Difetto visivo per alterazioni della rifrazione oculare (alterazioni osmotiche del cristallino, AGE) Complicanze infettive Frequente presenza di infezioni cutanee, paradentosi, infezioni ricorrenti dell’apparato genito-urinario (nella donna frequenti le vaginiti da candida). Complicanze croniche micro- e macro-vascolari Parodontite Sintomi da scompenso acuto
DIABETE MELLITO Tipo 1 Tipo 2 IPERGLICEMIA COMPLICANZE EFE 2004
COMPLICANZE ACUTE Chetoacidosi diabetica (tipica del diabete di tipo 1) Acidosi metabolica per aumento dei corpi chetonici Indotta da carenza assoluta di insulina ed aumento del glucagone Progredisce fino al coma Terapia con insulina ed apporto di liquidi Sindrome iperglicemica iperosmolare (tipica del diabete di tipo 2) Grave aumento della glicemia e dell’osmolarità plasmatica senza chetosi. Indotta da eventi scatenanti (processi infettivi, eventi cardio o cerebrovascolari, traumi, chirurgia maggiore, etc…) che spesso aggiungono una disidratazione ad una situazione di scadente controllo metabolico Progredisce fino al coma, la prognosi è infausta in una elevata percentuale di soggetti Terapia soprattutto con liquidi ed insulina Acidosi lattica (rara nel diabete) Indotta da stati di ipossia o farmaci Terapia con alcalini e rimozione delle cause precipitanti CRISI IPOGLICEMICA Frequente nel diabete di tipo 1 trattato Sintomi adrenergici e neurologici Terapia con somministrazione di glucosio e rimozione degli errori terapeutici
Piede diabetico COMPLICANZE CRONICHE MICROVASCOLARI MICROVASCOLARI OCULARI Retinopatia RENALI Nefropatia diabetica NEUROLOGICHE Polineuropatia Neuropatia autonomica Mononeuropatia Alterazioni cutanee Malattia parodontale Piede diabetico MACROVASCOLARI Vasculopatia Coronarica Vasculopatia Cerebrale Vasculopatia Periferica Altre complicanze Cataratta Complicanze cutanee Infezioni ricorrenti Malattia parodontale Dislipidemia, Ipertensione
Diabete mellito: complicanze EFE 2004
Patogenesi delle complicanze microvascolari IPERGLICEMIA Aumento attività aldoso-reduttasi (via dei polioli) Accelerata glicazione non enzimatica Aumento diacilglicerolo e attività PKC Formazione di prodotti avanzati della glicazione (AGE); Attivazione recettori degli AGE (endotelio, macrofagi); Alterazione delle LP, proteine matrice e membrane basali Alterata contrattilità e responsività ormonale della muscolatura liscia vasale; Alterata permeabilità dell’endotelio Accumulo di sorbitolo (danno osmotico); Deplezione di mioinositolo; attività NA-K ATPasica COMPLICANZE AGE, advanced glycation endproducts
L’accumulo di AGE nei tessuti provoca danno diretto mediante il legame con le proteine nucleari e della matrice extracellulare (es. legame crociato di AGE con il collagene) danno mediato dal loro legame con recettori specifici cellulari (RAGE, presenti a livello dei fagociti mononucleati, macrofagi e cellule muscolari liscie) : modificazioni di MATRICE EXTRACELLULARE ENDOTELIO PARETE VASALE Legame a proteine circolanti (alterazione delle LP, HbA1c,…)
Retinopatia diabetica Maggior causa di cecità negli adulti tra i 20 ed i 74 anni ADA, Diabetes Care 2004 Cecità Pazienti con diabete di tipo 1 3.6% Pazienti con diabete di tipo 2 1.6% The Wisconsin Epidemiologic Study of Diabetic Retinopathy (WESDR), 1998 Pazienti seguiti dai centri italiani di diabetologia 0.5% Ministero della Salute: Relazione sullo stato sanitario del Paese 2000 EFE 2004
Danno cellule/capillari /permeabilità Meccanismi patogenetici della retinopatia diabetica IPERGLICEMIA LDL DAG Polioli Glicosilazione PKC VEGF Danno cellule/capillari /permeabilità VEGF IGF-1 ATII FGF Abnorme Autoregolazione Ridotta perfusione Ischemia Iperafflusso Iperglicemia Ipertensione Donaldson M & Dodson PM. Eye, 2003
Retinopatia diabetica Any retinopathy PDR Diabete di tipo 1 Rara nei primi 3-5 anni di malattia o prima della pubertà Presente nel 97% dei casi dopo 20 anni di malattia WESDR, 1998 Diabete di tipo 2 Any retinopathy Presente alla diagnosi dal 7% fino al 38% dei casi, talvolta già proliferativa. Presente nel 60-80% dei casi dopo 20 anni di malattia Harris MI Diabetes Care 1992 EFE 2004
Retinopatia non proliferante Microaneurismi Essudati molli Perdita di periciti, alterazioni della membrana basale, aumento permeabilità vasale Essudati duri Noduli cotonosi Deposito di materiale lipidico e proteico Vene a corona di rosario Ispessimento della parete, alterazioni del calibro Emorragie retiniche Edema retinico (può essere perimaculare) Edema Maculare Edema Retinopatia proliferante Fenomeni essudativi, edema, ischemia Ischemia retinica Alterazioni emoreologiche, occlusione vasale, trombosi Neovascolarizzazione con proliferazione di vasi neoformati all’interno della retinica o verso il vitreo Proliferazione di nuovi vasi
CECITA’ Complicanze La perdita del visus è legata a Emorragie vitreali I vasi neoformati sono all’inizio fragili Distacco di retina Fenomeni di fibrosi e di trazione Rubeosis iridea Neovascolarizzazione iridea Glaucoma acuto neovascolare Blocco al deflusso dell’umor acqueo Aumento della pressione endoculare che porta a danno del nervo ottico CECITA’ La perdita del visus è legata a MACULOPATIA (visione centrale) complicanze della RETINOPATIA PROLIFERANTE La retinopatia non proliferante non si associa a perdita visiva La presenza di edema maculare, di una grave retinopatia non proliferativa o di una qualsiasi forma di retinopatia proliferativa, richiedono un trattamento oftalmologico
Preproliferativa Proliferativa
Scheda di valutazione oftalmologica nei pazienti con diabete mellito American Diabetes Association, Diabetes Care 2004 Tipo di paziente Prima esaminazione Minimo follow-up* Diabete di tipo 1 Entro 3-5 anni dalla diagnosi Non appena 10 anni Annuale Diabete di tipo 2 Alla diagnosi Gravidanza in donna diabetica Prima del concepimento e durante il 1° trimestre A discrezione del medico in base al dato del 1° trimestre *Follow-up più frequente in presenza di patologia retinica
NEFROPATIA DIABETICA Interessa glomeruli, arteriole, tubuli interstizio Prima causa di insufficienza renale terminale negli USA, Giappone, Corea ed in alcuni paesi del nord Europa Responsabile del 44% dei nuovi casi di insufficienza renale terminale negli USA (URDS, 2000) Nel 2001, 142.963 persone negli USA erano in dialisi o con trapianto renale per insufficienza renale dovuta a diabete Registro ITALIANO di dialisi e trapianti (1998) Terzo posto tra tutte le cause di ingresso in dialisi 15% dei casi di insufficienza renale terminale EFE 2004
Storia naturale della nefropatia diabetica Stadio 1: Iperfiltrazione glomerulare (0-2 anni) Stadio 2: Stadio silente, normale escrezione di albumina. Prime lesioni glomerulari (>2 anni) Stadio 3: Nefropatia incipiente. Microalbuminuria (30-299 mg/24 ore, spot < 30 mcg/mg creat) (10-20 anni) Stadio 4: Nefropatia clinica. Albuminuria (300 mg/die, spot 300 mcg/mg creat), riduzione GFR, ipertensione arteriosa (5-10 anni dopo stadio 3) Stadio 5: Insufficienza renale terminale (3-6 anni dopo stadio 4) EFE 2004
(ipefunzione, nefromegalia) 0-2 Ipertrofia glomeruli N- N Durata diabete anni Istologia renale GFR Albuminuria Pressione arteriosa 1. Fase funzionale (ipefunzione, nefromegalia) 0-2 Ipertrofia glomeruli N- N 2. Fase della glomerulosclerosi >2 Esp. mesangio Isp. membrana basale - Normale < 30 mg/die Spot < 30 mcg/mg creat 3. Fase della microalbuminuria 10-20 30- 299mg/die Spot < 30-299 mcg/mg creat N- 4. Fase della proteinuria 5-10 dopo stadio 3 Glomerulosclerosi focale e diffusa Lesioni interstizio- tubulare N - 300 mg/die Spot 300 mcg/mg creat 5. Fase della insufficienza renale 3-6 dopo stadio 4 Glomerulosclerosi diffusa. Atrofia tubulare Si riduce per riduz. GFR
La nefropatia è preceduta da una fase preclinica che si può individuare con il dosaggio della microalbuminuria Fattori favorenti la nefropatia diabetica Fattori genetici Differenze etniche (Americani Nativi, Ispanici, Africani-Americani sviluppano più frequentemente insufficienza renale rispetto ai bianchi non Ispanici) L’ipertensione arteriosa e la dieta ricca di proteine aumentano il rischio e la progressione della malattia Fumo di sigaretta Controllo glicemico Dislipidemia ?
Storia naturale della nefropatia diabetica Circa il 20-30% dei pazienti con diabete di tipo 1 e di tipo 2 sviluppano nefropatia I pazienti con diabete di tipo 1 vanno più frequentemente incontro ad insufficienza renale terminale In assenza di intervento specifico Diabete di tipo 1 Microalbuminuria 80% Nefropatia conclamata (albuminuria) 50% ESRD 10-15 anni 10 anni 20 anni 75% Diabete di tipo 2 Microalbuminuria 20-40% Nefropatia conclamata (albuminuria) ESRD 10-15 anni 20 anni 20%
Screening e stadiazione della nefropatia Eseguire la ricerca della microalbuminuria annualmente nel diabete tipo 1 con durata del diabete >5 anni in tutti i diabetici tipo 2 iniziando alla diagnosi durante la gravidanza. La creatinina serica dovrebbe essere misurata annualmente per la stima del GFR in tutti gli adulti con diabete indipendentemente dal grado d’escrezione urinaria di albumina. Trattamento della nefropatia : Controllo glicemico ottimale Controllo pressorio (livelli ottimali PA < 130/80 mmHg; <125/75 NEI SOGGETTI CON PROTEINURIA > 1G/DIE) Uso di ACE inibitori od antagonisti recettoriali della ATII Dieta non ricca di proteine Abolizione del fumo Controllo dei lipidi serici
Neuropatia diabetica Presente in forma da subclinica a clinica severa nel 60-70% dei casi (USA, CDC 2004) 1. Neuropatia subclinica : anomalie elettrodiagnostiche o dei test di sensibilità; no segni clinici 2. Neuropatia clinica diffusa: interessamento, prossimale o distale, simmetrico delle grandi fibre sensitivo-motorie o delle piccole fibre e/o disfunzioni autonomiche 3. Neuropatia focale : mononeuropatie; s. da intrappolamento (tunnel carpale) Classificazione:
DIABETE MELLITO Neuropatia Classificazione clinica della neuropatia diabetica STADIO CARATTERISTICHE Neuropatia subclinica No segni o sintomi Neuropatia clinica ¨ Dolorosa cronica ¨ Dolorosa acuta ¨ Senza dolore Dolore bruciante, trafittivo, con esacerbazione notturna; deficit sensitivi; ipo-areflessia; iperestesia Insensibilità ai piedi, traumi senza dolore; perdita della sensibilità; areflessia. Complicanze tardive Ulcere ai piedi Deformità ai piedi Amputazioni
La neuropatia diabetica è il maggior responsabile DEFINIZIONE Struttura interessata Patogenesi Polineuropatia (sensitivomotoria) Nervi periferici Microvascolare, metabolica Mononeropatia N. cranici, n. periferici Aterosclerosi, fenomeni di compressione Radiculopatia Radice nervosa Aterosclerosi, compressione Neuropatia autonomica Nervi simpatici e parasimpatici Amiotrofica N. terminali Mista La neuropatia autonomica è causa di elevata mortalità (27% dei casi dopo 6 anni) La neuropatia diabetica è il maggior responsabile delle amputazioni agli arti inferiori nei diabetici
Polineuropatia simmetrica periferica: spesso di tipo misto (sensitivo, motorio ed autonomico), che colpisce prevalentemente le estremità inferiori (più raramente gli arti superori). I disturbi sono prevalentemente di tipo sensoriale, le alterazioni motorie sono meno comuni. Possono coesistere disturbi neurovegetativi Mononeuropatie a carico dei nervi dell’arto inferiore o della mano (nervo mediano, tunnel carpale) di alcuni nervi cranici (più spesso il III, più raramente il IV e il VI o il VII)
Neuropatia autonomica Impotenza sessuale (disfunzione erettile, eiaculazione retrograda) Vescica neurogena (atonia vescicole, dilazione ed impossibilità al completo svuotamento aumento dell’intervallo delle minzioni, esitazione, gocciolio, incontinenza) Tratto gastroenterico riduzione dell’attività peristaltica dell’esofago durante la deglutizione; ritardo dello svuotamento gastrico (gastroparesi) disfagia, senso di ripienezza gastrica, vomito, diarrea; alterazioni della motilità intestinale Diarrea stipsi incontinenza fecale Sistema cardiocircolatorio La presenza di una cardiopatia autonomica può essere indicata da Tachicardia basale > 100 b/min Ipotensione ortostatica (caduta della PA sistolica > 20 mmHg al passaggio dal clino all’ortostatismo) Possibile ischemia miocardica silente Possibili lipotimie e sincopi Disturbi della termoregolazione Disturbi della sudorazione (perdita o eccessiva sudorazione in determinate aree) Alterazione riflessi pupillari (scarso adattamento alla luce)
Neuropatia diabetica Lo screening della neuropatia deve essere eseguito in tutti i diabetici tipo 2 alla diagnosi e nei diabetici tipo 1 dopo 5 anni di durata della malattia. Le successive valutazioni devono avere cadenza annuale. Polineuropatia simmetrica distale sensibilità pressoria mediante il monofilamento di 10 g e sensibilità vibratoria all’alluce mediante diapason Neuropatia vegetativa Accurata anamnesi, integrata dall’esame dei riflessi cardiovascolari Test cardiovascolari
Neuropatia diabetica Trattamento farmacologico Per alleviare il dolore della neuropatia periferica possono essere usati anticonvulsivanti e antidepressivi serotoninergici-noradrenergici e triciclici (farmaci di prima scelta) e oppioidi (farmaci di seconda scelta).
la prima causa di amputazione arti inferiori Piede diabetico Alterazioni neuropatiche e vascolari che portano a lesioni trofiche delle estremità inferiori In Italia il diabete rappresenta la prima causa di amputazione arti inferiori rappresentando il 60% di tutte le cause di amputazione
Piede neuropatico: Neuropatia somatica con interessamento di fibre sensitive e motorie Alterazioni della sensibilità fino all’assenza Ipotrofia muscolare –Deformità ossee Neuropatia autonomica con interessamento di fibre sudoripare e periarteriolari Anidrosi - secchezza della cute - fissurazioni - ulcerazioni. Turgidità venosa, aumentato flusso ematico. Deformità ossee : osteoartropatia di Charcot sovvertimento della architettura del piede con demineralizzazione = convessità plantare, accorciamento e slargamento, piede equino
Microangiopatia + Macroangiopatia (occlusione arteriolare e capillare Piede ischemico: Microangiopatia + Macroangiopatia (occlusione arteriolare e capillare ischemia locale) (trombosi ischemia) Claudicazio Ulcera Gangrena Infezioni
Diabetic Neuropathy Index (DNI)
prima causa di morte nei soggetti diabetici Malattia cardiovascolare prima causa di morte nei soggetti diabetici USA e nel Regno Unito Rischio di malattia cardiovascolare aumentato di 2-4 volte rispetto alla popolazione generale Oltre il 65% delle cause di morte nei diabetici Gu K et al. Diabetes Care 1998; Watkins PJ BMJ 2003; CDC Diab 2004 Italia Rischio di eventi cardiovascolari aumentato del 67% nel maschio e del 92% nella femmina 44% delle cause di morte nei diabetici popolazione adulta di Verona (1986-96) Ministero della Salute, Relazione stato sanitario del paese 2000; Brun E et al. Diabetes Care 2000 EFE 2004
Malattia coronarica (cardiopatia ischemica, infarto acuto del miocardio ) Presente nel 55% dei casi Negli uomini frequenza doppia rispetto alla popolazione generale Nelle donne aumentata di 3-4 volte rispetto alla popolazione generale Principale causa di morbilità e mortalità nei diabetici (responsabile del decesso in circa il 50% dei casi) Spesso interessa più vasi coronarici ed implica una mortalità maggiore La sintomatologia può essere assente (ischemia miocardica silente) Ridotta percezione del dolore correlabile alla neuropatia autonomia
Malattia cerebrovascolare Quadri clinici principali : Ictus, Deficit neurologico parzialmente reversibile, Ischemia cerebrale transitoria Vasculopatia periferica Arteriopatia ostruttiva arti inferiori Interessa prevalentemente le arterie distali (tibiali e peroneali) comparsa di ulcere a livello del piede (favorite dalla neuropatia) Presente già nell’8% dei diabetici di tipo 2 alla diagnosi Prevalenza simile nei due sessi (M:F= 2:1) La claudicatio intermittents è presente solo nel 25% dei pazienti con arteriopatia documentata agli esami strumentali Importante la diagnosi nello stadio preclinico tramite : ECO-Doppler
Fattori favorenti l’aterosclerosi nel diabete Presenza di numerosi fattori di rischio per aterosclerosi : Iperglicemia (processi di gli azione, stress ossidativo, Ipertensione arteriosa Insulino-resistenza Obesità Dislipidemia Microalbuminuria Anomalie della funzione piastrina e della coagulazione: maggiore aggregabilità piastrinica, aumentati livelli di fibrinogeno, ridotta attività fibrinolitica Anomalie della funzione endoteliale Ridotta produzione di ossido nitrico Attivazione locale del sistema renina-angiotensina-aldosterone Composizione delle placche: ateromi più ricchi di lipidi, maggior infiltrazione di macrofagi , maggior rischio di rottura ed incidenza di trombosi
Anomalie del prolifico lipico: Diabete mellito Anomalie del prolifico lipico: Aumento Trigliceridi (VLDL) Aumento LDL colesterolo Riduzione HDL colesterolo Dovuti a Maggior disponibilità di FFA Stimolata la lipolisi nel tessuto adiposo (mancanza di inibizione della lipasi intracellulare) Ridotta attività della lipoproteina lipasi (ridotto catabolismo) Processi di glicazione e di ossidazione delle lipoproteine Predominanza di piccole LDL dense particolarmente aterogene. La glicazione delle LDL favorisce un rallentamento del loro il catabolismo , quella delle HDL lo aumenta
Valutazione del controllo glicemico Monitoraggio della glicemia Frequenza e tempi non stabiliti nel diabete tipo 2 3-4 volte al giorno nel diabete tipo 1 e nelle gravide in terapia con insulina EMOGLOBINA GLICOSILATA (HbA1c) Il glucosio si lega alle proteine tramite un legame in parte non dissociabile (glicazione non enzimatica) dipendente dalla concentrazione di glucosio e dal tempo di esposizione HbA1c Glicemia (%) (mg/dl) 6 126 7 154 8 183 9 212 10 240 11 269 12 298 HbA1c è un buon indice del valore medio della glicemia nei 2-3 mesi precedenti
Valutazione del compenso metabolico Raccomandazioni per i soggetti adulti con diabete mellito Controllo glicemico HbA1C <7.0% * Glicemia capillare a digiuno 70-130 mg/dl Glicemia capillare postprandiale # <180 mg/dl Pressione arteriosa <130/80 mmHg Lipidi LDL <100 mg/dl [<70 nei soggetti ad elevato rischio] Trigliceridi <150 mg/dl HDL >40 mg/dl (>50 mg/dl) * HbA1C (emoglobina glicata) valori normali = 4.0-5.6% Obiettivi glicemici più o meno severi per i singoli pazienti (es. negli anziani diabetici può essere accettato una valore compreso tra 7.5-8.5%) Non definito il livello ottimale nei bambini diabetici <13 anni # glicemia misurata 1-2 ore dopo l’inizio del pasto
Obiettivo glicenico (HBA1c) deve essere individualizzato sulla base di: c durata del diabete c età / Aspettativa di vita c condizioni di comorbilità c CVD nota o complicanze microvascolari importanti c ipoglicemia inconsapevolezza c considerazioni dei singoli pazienti obiettivi glicemici più o meno severi per i singoli pazienti La glicemia postprandiale deve essere considerata qualora gli obiettivi di HbA1c non siano non raggiunti nonostante il raggiungimento degli obiettivi glicemici pre-prandiali di glucosio
Obiettivi della terapia nel diabete mellito Controllo della glicemia Controllo della pressione arteriosa e dei lipidi serici RIDUZIONE DELLE COMPLICANZE MICRO- e MACRO-VASCOLARI RIDUZIONE DELLA MORBILITA’ e MORTALITA’ MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’ DI VITA
Aumentato rischio anche di complicanze macrovascolari Diabete di tipo 1 Time after onset (years) IPERGLICEMIA = Principale fattore di rischio Maggior rischio di complicanze microvascolari Aumentato rischio anche di complicanze macrovascolari
Complicanze microvascolari sono spesso già presenti alla diagnosi Diabete di tipo 2 Fa parte della “SINDROME METABOLICA” Le complicanze macrovascolari sono la principale causa di morbilità e di morte nel diabete di tipo 2 Complicanze microvascolari sono spesso già presenti alla diagnosi
Intervento multifattoriale nel diabete di tipo 2 in pazienti con elevato rischio cardiovascolare NETTA RIDUZIONE del RISCHIO ASSOLUTO CARDIOVASCOLARE superiore a quella ottenuta nei trials valutanti una singola strategia di intervento mirata alla correzione di iperglicemia, ipertensione o dislipidemia Importanti effetti benefici nel contenimento della microangiopatia diabetica
Terapia antiaggregante La terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico è indicata nei diabetici con pregresso evento cardiovascolare, cerebrovascolare o con arteriopatia obliterante periferica. indicata nei diabetici di età superiore a 40 anni o con almeno un fattore di rischio cardiovascolare (ipertensione, fumo di sigaretta, dislipidemia, familiarità per eventi cardiovascolari, microalbuminuria).
Educazione alimentare Farmaci ipoglicemizzanti TRATTAMENTO del DM Mezzi terapeutici Educazione alimentare Esercizio fisico Farmaci ipoglicemizzanti Le norme dietetico - igieniche rappresentano la terapia più importante nel diabete mellito di tipo 1 o insulino-dipendente assieme ed in sintonia con la terapia insulinica la più importante terapia, in assoluto, nel diabete mellito di tipo 2 o non insulino-dipendente.
Aumenta la sensibilità all’insulina ESERCIZIO FISICO Aumenta la sensibilità all’insulina aumento della massa muscolare complessiva e della proporzione di fibre muscolari lente che sono più sensibili all’azione dell’insulina Diabete di tipo 1: favorisce così la riduzione del fabbisogno di insulina esogena ed il miglioramento del controllo glicemico a lungo termine Diabete di tipo 2: riduzione dell’insulino-resistenza con miglioramento dell’utilizzazione periferica del glucosio e dell’equilibrio metabolico Controllo glicemico dovuto ad aumentata responsività all’insulina ed al controllo del peso Concorre al miglioramento del quadro lipidico, della pressione arteriosa e riduce rischio cardiovascolare
Farmaci ipoglicemizzanti Mezzi terapeutici Educazione alimentare - Esercizio fisico Farmaci ipoglicemizzanti Farmaci ipoglicemizzanti Insulina Ipoglicemizzanti orali Farmaci che aumentano il rilascio di insulina: Solfoniluree e Meglitinidi Farmaci che aumentano la responsività all’insulina: Biguanidi e Tiazolidindioni (Glitazoni) Farmaci che modificano l’assorbimento dei carboidrati: acarbose (nibitore dell’alfa glucosidasi intestinale) SECRETAGOGHI Importanti inoltre Farmaci antipertensivi:ACE inibitori ed antagonisti dei recettori dell’angiotensina 2 nella nefropatia Farmaci ipolipemizzanti: statine (ipercolesterolemia) o fibrati (ipertrigliceridemia) Antiaggreganti
Diabete di tipo 1 Terapia con Insulina o analoghi dell’insulina (somministrazione sottocutanea) Dieta; esercizio fisico Normale secrezione di insulina : basale e stimolata dal pasto Basale: Tende a bloccare la gluconeogenesi e la lipolisi Mancanza di insulina a digiuno = aumento di glicemia, FFA e corpi chetonicoi Dopo il pasto l’insulina aumenta notevolmente stimolata da glucosio aminoacidi e dalla secrezione di ormoni gastroenterici Blocca la produzione di glucosio e la lipolisi Stimola la captazione di glucosio nei tessuti insulino-sensibili La terapia insulinica nel paziente con diabete di tipo 1 deve mimare la condizione fisiologica: assicurare un livello relativamente costante nelle 24 ore determinare rapido incremento dell’insulinemia dopo i pasti in relazione alla quantità di cibo ingerita mantenere livelli di insulinemia più bassi durante il digiuno e l’esercizio fisico prolungato
Secrezione di insulina nei soggetti normali e negli obesi
Preparazioni di insulina Analoghi dell’insulina (insuline monomeriche) Insuline umane ricombinati Insulina ad azione rapida: inizio veloce rapido picco breve durata d’azione Insulina intermedia inizio ritardato picco più lento durata d’azione lunga Insulina ultralenta inizio molto ritardato picco più basso durata d’azione molto lunga Insuline premiscelate (rapida ed intermedia) Insulina ad azione ultrarapida (lyspro, aspart, glulisina): inizio molto veloce picco più rapido più breve durata d’azione Insulina lenta (glargine, detemir) inizio ritardato nessun picco durata d’azione lunga
DIABETE MELLITO Terapia medica Farmacocinetica delle preparazioni insuliniche più comunemente utilizzate Tipo di insulina Inizio d’azione Picco d’azione Durata Lispro, aspart, glulisine (analoghi rapidi) 5 – 15 min 45 – 75 min 2 – 4 ore Regolare ~ 30 min 5 – 8 ore NPH o lenta ~ 2 ore 6 – 10 ore 18 – 28 ore Ultralenta ~ 4 ore 10 – 20 ore 12 – 20 ore Insulina glargine Insulina detemir (analoghi lenti) 1-2 ore Nessun picco 6-8 ore 20- >24 ore 12-24 ore
TERAPIA INSULINICA NEL DM1 Glargina Analogo rapido colazione pranzo cena
TERAPIA INSULINICA NEL DM1 NPH Insulina rapida colazione pranzo cena
Farmaco Secrezione di insulina Produzione epatica di glucosio Utilizzazione periferica del glucosio Assorbimento intestinale del glucosio Solfanilurea o Repaglinide Aumento Lieve riduzione Lieve aumento Metformina Non cambia Riduzione Moderato aumento Pioglitazione Acarbose Sitaglitin/ Vildaglitpin o Exanetide Insulina
PREVENZIONE / RITARDO di comparsa del diabete di tipo 2 Raccomandazioni - Pazienti con IGT, IFG (E), o un HbA1C di 5,7-6,4% devono essere affidati a un’efficace programma di supporto continuo mirato alla perdita di peso del 7%, aumentando l'attività fisica per almeno 150 minuti / settimana di attività moderata (camminare). La terapia Metformina può essere presa in considerazione per la prevenzione del diabete di tipo 2 nei pazienti con IGT , IFG, o HbA1C 5,7-6,4%, in particolare in quelli con BMI> 35 kg/m2, età < 60 anni, e donne con precedente GDM (A) Nei paz con prediabete è suggerito almeno un monitoraggio annuale (E) - E’suggerito inoltre lo Screening e il trattamento dei fattori di rischio modificabili per le malattie cardiovascolari.
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DIABETE DI TIPO 2 Farmaci ipoglicemizzanti orali Solfoniluree: (glibenclamide, glipizide, gliburide, etc…..) Stimolano il pancreas a produrre insulina attraverso un recettore specifico sulla membrana In passato farmaco di prima scelta nel diabete di tipo 2 normopeso, con funzione secretoria pancreatica ancora conservata. Oggi usate come farmaco di seconda scelta (da sole o in associazione), in caso in cui la metformina non sia sufficientemente efficace, oppure controindicata o non tollerata Meglitinidi (Repaglinide): meccanismo d’azione ed efficacia simile alle solfoniluree, più costose Biguanidi (Metformina) Facilita l’azione dell’insulina (sopr a livello epatica) di prima scelta specie nei pazienti obesi (dato che non aumenta la secrezione di insulina, ma ne favorisce l’azione e favorisce il controllo del peso) Controindicata nei pazienti anziani (> 80 anni), insufficienza epatica o renale, cardiopatici, eccessivo uso di sostanze alcoliche Glitazoni o tiazolidindioni (pioglitazone) Incrementano la sensibilità dei tessuti periferici all’insulina Efficacia paragonabile alla metformina. Tuttavia favoriscono l’aumento di peso e la ritenzione idrica e sono più costosi degli altri ipoglicemizanti orali, per cui il loro uso è indicato in associazione solo nei casi in cui la metformina sia inefficace o controindicata.
Inibitore alfa-glucosidasi (acarbosio, miglitol) La riduzione di HaA1c è minore (0.5-0.7%) rispetto a agli atri farmaci orali, con cui si ottiene generalmente una riduzione del 1-1.5% Non è propriamente un ipoglicemizzante: effetto sul controllo glicemico in aggiunta ad altro farmaci Utile soprattutto nei soggetti con iperglicemia postprandiale Inibisce l’assorbimento intestinale del glucosio INIBITORE DELLA LIPASI L’orlistat inibisce l’assorbimento dei grassi di circa il 30%. Si associa a significativo calo ponderale, che può migliore il compenso glicemico METFORMINA insulino-sensibilizzante Indicata anche nei pazienti con S. metabolica Favorisce il calo di peso Riduce i livelli di trigliceridi ed Aumenta le HDL Riduce i livelli di PAI-1 (effetto indipendente dal controllo glicometabolico) Riduce la pressione arteriosa nei soggetti ipertesi
Farmaci Secretagoghi “azione incretinica” Le incretine sono ormoni prodotti da alcune cellule presenti nell’intestino e immessi nel sangue in occasione di un pasto. Le incretine più importanti sono il GLP-1 (glucagon-like petide-1) e il GIP (glucose-dependent insulinotropic peptide), entrambe hanno l’effetto di promuovere, in modo glucosio dipendente, il rilascio dell’insulina da parte delle cellule beta del pancreas. In occasione di un pasto quindi, l’aumento dei livelli di incretine aiuta, in modo glucosio-dipendente, a rilasciare una quota maggiore di insulina e a produrre meno glucagone, ottenendo un migliore controllo della glicemia, il cosiddetto “effetto incretinico”. Negli individui sani “l’effetto incretinico” è interrotto dopo 2 -5 minuti da un enzima: la DPP-IV o Di-Peptidil-Peptidasi IV. L’industria farmaceutica ha prodotto: • molecole simili al GLP-1, ma non degradabili (analoghi del GLP-1: exenatide e liraglutide) • inibitori dell’enzima che fisiologicamente degrada il GLP-1 e il GIP, la DPP-4, con il conseguente innalzamento dei livelli di GLP-1 e GIP nel sangue (sitagliptin, vildagliptin, saxagliptin, linagliptin) Indicati nel trattamento del diabete mellito tipo 2 per migliorare il controllo glicemico in associazione ad altri ipoglicemizzanti orali. Mai come prima scelta.
Diabete Mellito di tipo 2 Il farmaco di prima scelta per il trattamento del DMT2 è la metformina sia in presenza di sovrappeso che di normopeso Metformina, pioglitazone, sulfoniluree, repaglinide, inibitori del DPP‑4 e analoghi del GLP‑1 sono parimenti efficaci nel ridurre l’emoglobina glicosilata, ma meno efficaci rispetto all’insulina. In molti pazienti, non in buon controllo in monoterapia, è necessario associare due o più farmaci. Quando il controllo della glicemia non è soddisfacente, anche in politerapia, è necessario iniziare la terapia insulinica mono‑ o multiniettiva. Tenere in considerazione la possibile scarsa adesione alla terapia prescritta. Nel DMT2 la terapia insulinica è inizialmente aggiunta alla terapia orale (aggiungendo glargine o detemir o umana NPH o lispro NPH la sera, e/o piccoli boli di analogo rapido ai pasti) per poi, se necessario, essere adattata o intensificata secondo lo schema basal‑bolus (insulina basale o NPH la sera e insulina rapida ai tre pasti principali) o, in rari casi selezionati, con premiscelate.
Caratteristiche cliniche differenziali del diabete tipo 1 e tipo 2
Prevenzione primaria del DM tipo 2 Evitare il sovrappeso e svolgere un’attività fisica regolare (20‑30 minuti al giorno o 150 minuti alla settimana) rappresentano i mezzi più appropriati per ridurre il rischio di insorgenza di DMT2 nei soggetti con IGT. I soggetti con ridotta tolleranza ai carboidrati devono ricevere un counseling sul calo ponderale, così come indicazioni per aumentare l’attività fisica. Gli obiettivi da raccomandare sono modesti cali ponderali (5‑10% del peso corporeo). Per ridurre il rischio di DMT2 i soggetti con ridotta tolleranza ai carboidrati devono : • ridurre l’apporto totale di grassi (< 30% dell’apporto energetico giornaliero) e particolarmente degli acidi grassi saturi (< 10% dell’apporto calorico giornaliero) • aumentare l’apporto di fibre vegetali (almeno 15 g/1000 kcal) • aumentare l’uso di alimenti a basso indice glicemico. Nei soggetti con obesità ed IGT, nei quali l’intervento sullo stile di vita non abbia prodotto calo ponderale e/o incremento dell’attività fisica o non sia applicabile, la terapia farmacologica può essere presa in considerazione ( metformina e acarbosio ). Quando altre strategie si siano rivelate inefficaci, la chirurgia bariatrica può essere considerata un’opzione in grado di prevenire lo sviluppo di DMT2 in soggetti con obesità severa (BMI > 35 kg/m2) e IGT.
Prevenzione primaria del DM tipo 2 Il trattamento con metformina deve essere preso in considerazione nei pazienti con IGT, IFG o HbA1c compresa tra 5.7-6.4% Specie se con BMI>35 kg/m2, età < 60 anni o donna con pregesso diabete gestazionale