Versi di Franco Pastore

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« Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. Amor, ch'a nullo amato amar.
Paolo e Francesca. Le due famiglie dei da Polenta da Ravenna e dei Malatesta da Rimini erano tra le più rinomate della Romagna e dopo una serie di scontri.
Transcript della presentazione:

Versi di Franco Pastore Francesca da Rimini Versi di Franco Pastore

PREMESSA Questa di Paolo e Francesca è una tragedia realmente accaduta tra il 1275 ed il 1289 .Grazie a Dante e a tanti altri poeti, è entrata nel mito e ha fatto sospi-rare tanti innamorati dal Medioevo a oggi. Siamo verso la fine del milleduecen-cento; Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio, perché fu il fautore di un secolo di vicende della famiglia, si accorda con Guido il Minore Da Polenta signo-re di Ravenna e di Cervia, per unire in matrimonio i loro due figli e stabilire una salda alleanza tra le due signorie romagnole. A Francesca viene detto che sposerà il primogenito di una potente casa-ta. Alla giovane non resta altro che obbedire e lo fa di buon grado quando vede Paolo il Bello, giunto a Ravenna per sposare la giovane con mandato di procura da parte del fratello Giangiotto e fatto credere, dal padre di lei e da tutti, il suo futuro sposo.Francesca cade nell'inganno, sposa Giovanni credendolo Paolo e si accorgerà dell’ errore solo il giorno del suo arrivo nella dimora riminese dei Mala-testa, quando, risvegliandosi al mattino della prima notte di nozze, si trova nel letto Giovanni Malatesta detto Gianciotto o Ciotto, lo sciancato.

A Francesca non rimane che adeguarsi alla nuova situazione, ma non può non pensare a Paolo, l’uomo che aveva creduto di sposare."Amor, ch'al cor gen-til ratto s'apprende",fa si che anche Paolo s'innamori della bella cognata e cerca di farsi perdonare di averla ingannata. Profittando che Gianciotto, conqui-statore e Podestà di molte città, è costretto ad allontanarsi spesso da Rimini, Paolo e Francesca, giovani, belli e d'animo sensibile, vengono trasportati da impetuosa passione l'uno tra le braccia dell'altro. Purtroppo, un servitore di Gianciotto riferisce a l suo padrone della relazione e Ciotto torna a Rimini di nascosto, cogliendoli in flagrante adulterii. Accecato dal furore, il Malatesta, estre il pugnale e li uccide senza alcun indugio. Non si sa di preciso in quale anno di preciso ciò avvenne, perché tutto ven-ne messo a tacere dal potente Mastin Vecchio, ma si suppone che il delitto sia avvenuto tra la fine del 1283 e il 1285, in una delle numerose Rocche Malate-stiane dei dintorni, la più probabile è l'antica residenza riminese del Gattolo, Castel Sismondo. Altri sostengono che il tutto sia avvenuto a Santarcangelo o a Gradara.

Nel 1581 nella Chiesa di S. Agostino di Rimini, furono ritrovati in un'arca di marmo i corpi di Paolo e Francesca. Sepolti insieme. Giacevano abbracciati in splendide vesti di seta. Uniti nella morte come mai lo erano stati in vita.

APPROFONDIMENTI STORICI “ Moltissimo si è scritto su questo fatto. È certo che Giovanni Malatesta, primogenito di Malatesta I, brutto e sciancato, sposò nel 1275 Francesca da Polenta, figlia di Guido Minore,Signore di Ravenna e di Cervia, di parte guelfa. Giangiotto, signore di Gradara, svolgerà poi la sua carica di Podestà in Pesaro. Una opportuna disposizione dell'epoca, riportata da Brunetto Latini, proibi-va al Podestà, che doveva essere un forestiero, di portarsi dietro la famiglia, che, in casa di emergenza, sarebbe stata d'impiccio in caso di emergenza. Gradara, che la tradizione ha sempre indicato come luogo della tragedia, era appena a mezz'ora di strada a cavallo, e rappresentava una adeguata resi-denza per lasciarvi la moglie e la figlia Concordia. Normali erano le visite e le soste di Paolo, che oltretutto aveva possedimenti anche nei pressi di Gradara, visite e soste, che dovevano essere non solo gradite, ma anche sollecitate, da- ta la lontananza continua di Giangiotto. Quando è avvenuto l’omicidio?

Gli studi condotti dal Voza e dalla Fleetwood, rifacendosi a vecchie testimo-nianze concordano con il 1289. In quell'epoca, i Malatesta erano banditi da Rimini e tali resteranno fino al 1290. Lo storico Baldo Branchi scrive:”… In quel mese (Settembre del 1289) occorse nella casa dei Malatesta uno strano caso..” La stessa data sarà accertata dagli storici Vincenzo Carrari e Girolamo Rossi del XVI sec. e dal Clementini del XVII secolo. Inoltre, le cronache narrano che Papa Nicolò IV, nell‘ autunno del 1289, inviò in Romagna il Rettore Stefano Colonna, con il compito di sedare tumulti e comporre discordie. Il Colonna restò molto turbato per l'omicidio di Francesca da Polenta e di Paolo Malatesta e solo nel marzo del 1290 riusci a riconciliare le due Famiglie.  Il primo e più grande cantore di questo avvenimento rimarrà Dante Alighie-ri, che nel V canto dell'Inferno immortalerà i due personaggi, in modo superbo.

Dante aveva 24 anni e più tardi, in esilio, avrà modo di conoscere la famiglia di Francesca, restando ospite a Ravenna del padre di lei. Troppo lungo sarebbe l'elenco dei poeti, dei pittori e dei musicisti che hanno cele-brato il tragico evento. Basti ricordare Edoardo Fabbri, Silvio Pellico, Ga-briele D'An-nunzio il cui dramma - Francesca da Rimini - in 5 atti fu rappre-sentato per la prima volta al Costanzi di Roma il 9/12/1901 con la superba interpretazione di Eleonora Duse. L'anno dopo sarà F.M. Crawford a far rappresentare la sua Francesca a Parigi dalla grande Sarah Bernhardt. L'opera del D'Annunzio fu poi musicata da Riccardo Zandonai e la pri-ma avvenne al Regio di Torino il 14/2/1914. Fra i tanti pittori ricordiamo F. Giani, B. Pinelli, G. Bezzuoli, A. Scheffer (il dipinto è del 1834 e l'abbiamo visto esposto al Louvre), F. Gonin, M. Bianchi, D. G. Rossetti, G. Dorè, il grande illustratore della Divina Commedia, J.A.D. lngres, A. Cassioli, A. Ro-din, G. Previati, P. Golfarelli...

La triste historia di Francesca Da Polenta Passata alla storia come FRANCESCA DA RIMINI

Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense». Queste parole da lor ci fuor porte. (Dante – Divina Commedia – Canto V)

al bacio dell’amante, che le surse il nettare dalla dolce bocca. E chiuse gli occhi al bacio dell’amante, che le surse il nettare dalla dolce bocca.

Aprissi tutta la bella per amore, il sesso profumava come un fiore.

“Francesca” Si sentia sussurrare e la sua voce rispondea sussurri:

La musica dei sensi delicati ch’il Bello avea solleticati

La lingua morbida inumidia le labbra, mentre l’amante vi affondava il viso e tra gli umori copriva ogni sorriso.

Se Paolo era Amor, la giovane Francesca era Psiche, che tra le braccia del suo grande amante

dimenticava il turpe compromesso, che sposa l’avea fatta di quel desso.

Oh! Come è dolce amor, quand’è rubato e come il cuor risponde ad ogni soffio:

e cerca il seno il tocco delle mani, attendendo, con ansia, altre carezze

s’apre lo scrigno ricco di rugiada e cerca eterno amor già vagheggiato.

L’abbraccio si sublima ed è potente due corpi : un sol respiro ed una rima.

e segue la frequenza delle note, S’agita ad arte il ricco baldacchino, e segue la frequenza delle note,

e coglie ogni fragranza. or rapido scandisce nella stanza, or lento indugia e coglie ogni fragranza.

Le rosse gote mostran’ogni ardore e gli occhi verso il ciel cangian colore.

Grida l’amante il nome di Francesca, ma ella non risponde a quel richiamo: quell’amore, ch’è tutta la sua vita, l’ha vint’ancor lasciandola sfinita.

In quell’istante magico, stupendo, giunge Giangiotto ed il pugnal brandendo trafigge i corpi vinti senza pièta.

Francesca ch’è già lorda L’acciaio, prima buca sotto il seno, Francesca ch’è già lorda d’altro sangue,

poi, entra nel fianco Ed arrossa seta E, con la speme D’amor Fuga la vita.

Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante». Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangëa; sì che di pietade io venni men così com' io morisse. E caddi come corpo morto cade. (Dante- Divina Commedia- Canto V )

Girolamo Frescobaldi Musiche: (hnk9) (1583-1643) Giovanni Pierluigi da Palestina (1525-1594) Fantasia Giapponese (hnk9)

The End

Altre opere multimediali dell’autore: Escalation (la vera storia della monaca di Monza) El Cid (poema epico su Rodrigo de Bivar) Una strana famiglia (commedia) La signora della morte ( su Lucia Apicella) Lo sbarco di Salerno (l’ultimo atto del II conflitto) Chi dice donna…dice amore (versi d’amore) per ordinare

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