Lo Stato-imprenditore: le prove generali

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Transcript della presentazione:

Lo Stato-imprenditore: le prove generali Dopo la 1° guerra mondiale grosse difficoltà di accesso ai finanziamenti necessari alla riconversione del sistema industriale cresciuto sotto la spinta della domanda bellica e forte calo della domanda interna (dal 1920) I proprietari delle grandi imprese rastrellano azioni bancarie per entrare nei CdA e indirizzare i finanziamenti (es. Ansaldo con COMIT e BIS, FIAT e SNIA con CREDIT) Crisi di BIS e Banco di Roma

Il salvataggio del Banco di Roma - Cessione delle partecipazioni ad una finanziaria, che a sua volta le cede al CSVI (e cioè allo Stato) - Il CSVI era stato creato nel 1914 per finanziare lo sforzo bellico ed era finanziato da istituti di emissione, banche e casse di risparmio. Il tracollo della BIS Nel 1926 i liquidatori cedono al CSVI le attività ancora esistenti Per la prima volta un ente pubblico assume partecipazioni di controllo in imprese industriali (Alfa Romeo, Motomeccanica, ecc.)

Il Governo non vuole sostituirsi agli imprenditori Al CSVI subentra l’Istituto di liquidazioni (1926) che ha il compito di dismettere le partecipazioni, ma riuscì a liquidare ben poco per: mancanza di strategia aziendale e inadeguatezza gestionale che avevano impoverito la redditività delle aziende; sopravvalutazione del valore delle aziende, non avendo considerando i costi della loro futura gestione

La crisi del ‘29 Gli effetti - crollo valore titoli di borsa (- 40%) - diminuzione dei prezzi (- 30%) - aumento disoccupazione (+ 300%) - forte riduzione reddito nazionale - produzione industriale (- 23%) - produzione agricola (- 50%) - sistema industriale e bancario in grande difficoltà

La reazione del Governo Nel 1931 l’Istituto di Liquidazioni finanzia il salvataggio delle banche acquisendone le partecipazioni industriali COMIT e CREDIT sono poste in amministrazione controllata e le loro partecipazioni industriali vengono concentrate in società finanziarie (SOFINDIT, SFI, Elettrofinanziaria) controllate dal Ministero delle Finanze e dalla Banca d’Italia Creazione dell’IMI: può concedere mutui per max 10 anni e assumere partecipazioni nelle imprese. E’ finanziato dal risparmio raccolto con la cessione di obbligazioni garantite dallo Stato, ma alla formazione del capitale iniziale contribuiscono la Cassa DD e PP, enti previdenziali, banche e casse di risparmio

Ma… Nascita dell’IRI (1933) L’IMI opera con eccessiva prudenza, perché composta da «soci» che provenivano dal settore creditizio e avevano paura di aggravare la propria crisi con una eccessiva esposizione Le finanziarie che concentrano i titoli industriali di COMIT e CREDIT sono costate molto denaro all’Istituto di Liquidazioni ma non hanno avviato alcun risanamento delle aziende controllate Nascita dell’IRI (1933)

La nascita dell’IRI Obiettivi: Salvataggio sistema bancario rileva l’Istituto di Liquidazioni (1933), da cui eredita il sistema di finanziamento (emissione di obbligazioni garantite dallo Stato) si compone di due sezioni: a) la sezione finanziamenti, che si occupa di acquisire le partecipazioni industriali dalle banche dando loro una valutazione superiore a quella effettiva; b) la sezione smobilizzi, che mira a risanare le aziende e a rivendere a privati le partecipazioni bancarie Obiettivi: Salvataggio sistema bancario Riqualificazione assetti industriali

L’IRI: da ente provvisorio a permanente Legge bancaria del 1936 sancisce la fine delle banche miste: si separa il credito ordinario da quello mobiliare Nel 1937 si sopprime la sezione finanziamenti e l’IRI è dichiarato permanente perché: a) l’esigenza politica di rinforzare la dotazione militare del Paese spinge il Governo a controllare il sistema produttivo; b) non si ha fiducia nel sistema imprenditoriale e manageriale nazionale; c) le imprese partecipate richiedevano finanziamenti di tale entità da non consentire l’ingresso dei privati, e i gruppi che pure avevano presentato domanda non sono considerati affidabili

E’ nato lo Stato imprenditore Al 1937 l’IRI controlla: l’80% del settore bancario l’80% della cantieristica il 45% della siderurgia il 39% della elettromeccanica il 30% dell’industria elettrica il 23% dell’industria meccanica Il 20% della produzione di rayon - possiede il 21,5% di tutto il capitale delle s.p.a. italiane - controlla il 42% del capitale azionario italiano

Organizzazione dell’IRI affidata ad Alberto Beneduce che suddivide l’azione dell’IRI in scomparti strategici (STET, FINMARE, FINSIDER, FINMECCANICA, FINCANTIERI, FINELETTRICA) che guidano lo sviluppo industriale italiano, fungendo anche da elemento trainante del sistema industriale privato. Negli anni ‘80 l’IRI riunisce ca. 1000 società e ha oltre 500.000 dipendenti, ma è in forte perdita perché il Governo continua a finanziare le imprese e al di là della loro effettiva redditività allo scopo di mantenere occupazione e reddito anche e soprattutto in periodo di crisi Manca lo stimolo alla competitività e alla modernizzazione organizzativa e tecnologica

La fine dello Stato imprenditore L’accelerazione del processo di unificazione europea e l’affermazione del principio di libera concorrenza segnano l’inizio della fine dell’IRI (le ricapitalizzazioni delle aziende pubbliche vengono considerate aiuti di Stato e quest’ultimo non può più fungere da garante dei debiti d’impresa né affidare loro lavori pubblici senza una gara d’appalto europea) Nel 1993 si avvia il lungo processo di privatizzazione delle partecipate dell’IRI, a partire dalla CREDIT. L’IRI fu quindi smembrato e le sue aziende operative poste sul mercato, tranne alcune (FINCANTIERI, FIN, FINMECCANICA, Alitalia, RAI) che furono trasferite al Tesoro