Modulo di relazioni internazionali Nuovi sviluppi della questione israeliana Prof. Matteo Bressan
Alle origini dell’antiamericanismo in Medio Oriente Alla base dell’antiamericanismo così diffuso in Medio Oriente vi sono diverse motivazioni: Non solo l’attivismo degli Usa nel Libano o contro l’Iran, o l’attacco contro l’Iraq. La motivazione principale riguarda più probabilmente lo stretto legame stabilitosi con Israele dopo il 1967; Fino al 1973 questo legame era stato controbilanciato dalle presenza sovietica in Egitto e dal relativo disinteresse (fatta eccezione per le questioni petrolifere), degli Usa verso il Mediterraneo orientale.
Alle origini dell’antiamericanismo in Medio Oriente Il graduale modificarsi di questa situazione tra il 1967 e il 1973 e, soprattutto, le conseguenze della guerra dello Yom Kippur avevano trasformato la presenza americana e le relazioni bilaterali in una sorta di punto di forza della politica mediorientale degli Usa. A mano a mano che il fulcro della guerra fredda si era spostato dall’Europa verso il Mediterraneo e verso l’Africa, il rapporto tra Israele e gli Usa si era trasformato in una special relationship, basata sul pieno appoggio americano – anche militare – e in parallelo, sull’impegno degli Usa a spingere tutta l’area verso una soluzione del problema palestinese che garantisse lo stesso Israele dal rifiuto arabo.
Alle origini dell’antiamericanismo in Medio Oriente Questa presenza obbligata, rispetto alla quale gli Usa potevano contare sulla collaborazione di molti paesi europei, si scontrava con l’asprezza dei contrasti che dividevano il mondo israeliano da quello palestinese e arabo. Gli israeliani diffidavano di Yasser Arafat e dell’OLP poiché questa organizzazione affermava nella sua carta istitutiva il rifiuto di riconoscere lo Stato di Israele, piuttosto che una Palestina unita.
Da Barak a Sharon Dopo gli accordi del 1993 – 1995 Barak rimase al potere meno di due anni e la sua azione politica si concluse con il fallimento dei nuovi accordi di Camp David, voluti da Clinton, ma naufragati dopo un lungo negoziato. Nel 2001 Barak venne sostituito da un governo di larga coalizione presieduto da Ariel Sharon, un eroe di guerra del 1973, divenuto il principale esponente del Likud, cioè l’ala conservatrice israeliana, e subito additato come un provocatore, poiché uno dei gesti più espliciti da lui compiuti fu una visita alla Spianata delle Moschee (Muro del Pianto) ritenuta inviolabile, in particolare da colui che era accusato di esser stato l’artefice dei massacri di Sabra e Shatila in Libano nel 1982.
Da Barak a Sharon La decisione dei laburisti di togliere il loro appoggio a Sharon a cause della sua dura repressione contro una nuova intifada, questa volta armata, portò nel gennaio del 2003, a nuove elezioni; La vittoria elettorale di Sharon e del Likud dimostrarono che la durezza del primo ministro corrispondeva ai sentimenti della maggioranza degli israeliani. In quel clima ricominciò l’inumano alternarsi di attacchi terroristici e di ritorsioni, colpo su colpo. Le vittime furono quasi 5.000, per tre quarti palestinesi.
Hamas ed Hezbollah Proprio questi fatti rafforzavano gli elementi dissidenti da Arafat e spezzavano l’OLP. Nel 1987 era stato fondato Hamas (fervore, ma anche acronimo del Movimento di liberazione islamico), costituzionalmente ostile al riconoscimento di Israele. Lungo la frontiera settentrionale aveva acquistato consistenza, in territorio libanese ma senza che il governo di Beirut volesse o potesse controllarlo, Hezbollah, espressione della presenza nel Libano degli sciiti, sovvenzionati dall’Iran e appoggiati dalla Siria (una tendenza accentuatasi a partire dal febbraio 2005, quando venne assassinato – e molti pensarono per istigazione siriana – Rafiq Hariri, Premier del Libano.
Il ritiro da Gaza Nel 2004, Sharon annunciò una svolta potenzialmente radicale: le forze israeliane che occupavano la Striscia di Gaza avrebbero lasciato le loro posizioni; gli insediamenti che i coloni israeliani avevano stabilito all’interno della Striscia sarebbero stati smantellati, a condizione che ciò rendesse possibile la ripresa di un dialogo costruttivo tra Israele e l’Autorità palestinese. Sharon pagò a caro prezzo la sua decisione, che si ripercosse in modo negativo sia in Israele sia nel mondo politico palestinese.
Il ritiro da Gaza Sharon si scontrò con la ferma opposizione del Likud al punto che dovette, all’inizio del 2005, formare un nuovo governo di coalizione con i laburisti e poi provocare una scissione dello stesso Likud mediante la costituzione di un nuovo partito: il Kadima. I suoi successori, guidati da Ehud Olmert, un uomo politico senza il carisma del suo predecessore, colpito nel 2006 da un’emorragia celebrale, indissero nuove elezioni, che Kadima riuscì a vincere. Frattanto, la Striscia di Gaza era stata sgomberata, non senza violente proteste da parte dei coloni ebrei e dei loro sostenitori israeliani.
Da Arafat ad Abu Mazen La morte di Arafat, avvenuta l’11 novembre 2004, aveva costretto anche i Palestinesi a scegliere una nuova leadership e aveva acceso uno scontro tra coloro che erano disposti a seguire la linea di Arafat, accettando gli accordi di Camp David e l’esistenza di Israele, e l’ala oltranzista, alla cui testa di poneva il movimento di Hamas; I moderati ebbero dapprima la meglio, con l’elezione di Mahmud Abbas, alias Abu Mazen, alla presidenza dell’Autorità, ma nelle elezioni immediatamente successive (gennaio 2006) subirono una sconfitta che in pratica divise in due il mondo palestinese.
Da Arafat ad Abu Mazen Le ipotesi di compromesso si moltiplicarono, senza alcun risultato efficace. Abu Mazen, riconosciuto dagli israeliani come interlocutore, stabilì la sua sede del governo a Ramallah; Ismail Haniyej, esponente di Hamas (Khaled Mashal, il vero capo del movimento si trovava esule a Damasco), divenne presidente del Consiglio dei ministri e stabilì la sua sede a Gaza. In pratica era come se esistessero due entità palestinesi.
Da Arafat ad Abu Mazen Da allora, mentre al Fatah continuò il dialogo con Israele, Gaza venne trasformata in una sorta di Stato autonomo palestinese, chiuso in se stesso, ma punto di riferimento della guerriglia; Dal territorio di Gaza, dopo pochi mesi di tregua, riprese il lancio di razzi Qassam, di corta gittata, diretti contro la vicina città israeliana di Sderot e già usati nel 2002. La risposta israeliana era puntuale e colpiva direttamente i responsabili dei lanci, ma provocava anche vittime civili;
Il compromesso impossibile Hamas rifiutò la proposta maturata durante la conferenza di Annapolis del 27 novembre 2007, che mirava a convogliare Israele ed Autorità palestinese verso un comune impegno: avviare un negoziato perché entro il 2008 fossero poste le basi per una soluzione definitiva fondata sul riconoscimento dell’esistenza di due Stati, Israele e Palestina. Dopo di allora, Gaza venne governata come un territorio a sé, racchiuso nel suo rifiuto.
Il compromesso impossibile L’offensiva missilistica si fece più intensa e il governo israeliano reagì, fino a sospendere l’erogazione di energia e il flusso commerciale verso Gaza; Isolato il territorio, i suoi abitanti dovettero affrontare momenti di dura carestia e risposero alla morsa entro la quale venivano chiusi facendo saltare con l’esplosivo la barriera che, lungo il confine meridionale, divideva Gaza dal territorio egiziano; Per alcuni giorni, centinaia di migliaia di palestinesi invasero le più vicine località egiziane, poi il governo del Cairo dovette intervenire e ripristinare i controlli.
Il compromesso impossibile A Nord, riprese il lancio di razzi anche più precisi dei vecchi Qassam, costruiti su base industriale (il che faceva pensare che fossero stati importati nei giorni dell’apertura del confine egiziano) e capaci di colpire sino al porto di Ashkelon, 20 chilometri a nord del confine di Gaza; La reazione israeliana divenne, il 1 marzo, ancora più aspra. Diversi carri armati penetrarono la Striscia, scontrandosi con un’accanita resistenza. Non era né un’invasione né una rioccupazione di un territorio che si sarebbe in tal caso, trasformato in un grande campo di concentramento.
Piombo fuso L’operazione, nota anche come Piombo fuso (27 dicembre 2008 – 18 gennaio 2009)era un gesto dimostrativo contro Hamas ma che colpiva tutte le parti in causa, poiché mostrava l’impervio cammino che gli obiettivi fissati ad Annapolis avrebbero dovuto percorrere, prima di esser raggiunti, e lasciava trapelare la volontà di Israele di non subire passivamente un assedio sempre più carico di incognite.