L’Accidia.

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E il Signore rispose: "Hai visto il mio Progetto per lei?"
DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
IL DONO DELLA SCIENZA.
Transcript della presentazione:

L’Accidia

L’Accidia (dal greco ἀκηδία, akedía, "noncuranza", composto di α privativa e κῆδος, kêdos, "cura") è la trascuratezza nell’operare il bene, il «fastidio o tedio del ben fare», la «negligenza per ciò che riguarda le cose di Dio e dell'anima»; con un termine più comune è detta pigrizia, rispetto alla quale però aggiunge una sfumatura di indifferenza e di negazione di qualunque idealità.

L’accidia è il vizio opposto allo zelo e all’alacrità spirituale.

L’accidia può essere considerata sotto due aspetti: come passione o come vizio o peccato: Come passione, l’accidia è manifestazione di tristezza e di sconforto di fronte allo sforzo che è necessario per sostenere qualsiasi genere di attività; in quanto tale è sperimentata da tutti, anche se con diverse gradazioni. Come peccato, San Tommaso d’Aquino la definisce «un rincrescimento del bene spirituale, in quanto questo è un bene divino», cioè una tristezza che nasce a motivo del dover mettere in pratica ciò che riguarda il servizio di Dio.

La tentazione dell’accidia, pur essendo sempre esistita, forse oggi si fa più frequente e intensa, soprattutto nel mondo occidentale: là dove non si è più assillati dalla fame e dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza, ecco aprirsi lo spazio per desideri e bisogni che vanno al di là di quelli primari e che, proprio per questo, hanno in sé una vena di insaziabilità.

Si ipotizza che siano in relazione con essa vari fenomeni odierni: L’aumento dei suicidi in tutte le fasce di età; la rivendicazione sempre più insistente ed esplicita di essere aiutati a morire senza sofferenza; la rimozione della morte per l’insostenibile pesantezza della sua realtà.

L’accidia nella Bibbia Il profeta Malachia riporta un tipico ragionamento accidioso: «Voi usate parole dure contro di me», dice il SIGNORE. «Eppure voi dite: "Che abbiamo detto contro di te?" Voi avete detto: "È inutile servire Dio", e "che vantaggio c'è a osservare i suoi precetti, e a vestirsi a lutto davanti al SIGNORE degli eserciti? Ora, noi proclamiamo beati i superbi; sì, quelli che agiscono malvagiamente prosperano; sì, tentano Dio e restano impuniti!"» (Malachia 3, 13-15)

L’accidia nella Bibbia Allora Gesù andò con loro in un podere chiamato Getsemani e disse ai discepoli: «Sedete qui finché io sia andato là e abbia pregato». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a essere triste e angosciato. Allora disse loro: «L'anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate con me». E, andato un po' più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi». Poi tornò dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me un'ora sola? Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole». (Matteo 26, 36-41)

L’accidia nella tradizione della Chiesa Evagrio (IV secolo) la identifica e la descrive tra le otto passioni e tentazioni contro le quali il monaco deve lottare: essa è una dominante, una suggestione efficace, un "demonio" che assale l'uomo di Dio tentando di invaderne la persona, fino ad offuscarne lo sguardo del cuore, fino alla depressione. Fino a fare affiorare nel cuore la domanda ossessiva: "Ma vale la pena? A che serve tanta fatica? Chi me lo fa fare?".

L’accidia nell’arte Donna vecchia, brutta, mal vestita, che stia à sedere e che tenghi la guancia appoggiata sopra alla sinistra mano, dalla quale penda una cartella con un motto, che dichi: Torpet Iners, e il gomito di detta mano sia posato sopra il ginocchio, tenendo il capo chino, e che sia cinto con un panno di color nero e nella destra mano un pesce detto Torpedine. Vecchia si dipinge, perché ne gl’anni senili cessano le forze, e manca la virtù d’operare […]. Mal vestita si rappresenta, perché l’accidia non operando cosa veruna, induce povertà. Il stare à sedere nella guisa che dicemmo significa, che l’accidia rende l’huomo otioso e pigro. La testa circondata col panno nero, dimostra la mente dell’accidioso occupata dal torpore e che rende l’huomo, stupido e insensato. […] Il pesce, che tiene nella mano destra significa accidia, perciochè si come questo pesce per la natura, e proprietà sua, chi lo tocca con le proprie mani, o vero con qualsivoglia istrumento, lo rende talmente stupido, che non può operare cosa nissuna.

L’accidia nell’arte Nella sua “Iconologia”, Cesare Ripa descrive l’accidia anche come: DONNA, vestita di pelle di Tasso, sederà con la guancia appoggiata sopra alla destra mano, e il gomito di essa starà appoggiato sopra il ginocchio, con il capo chino, mostrando una coscia ignuda, e quasi le parti meno honeste del corpo. Questo vizio consiste in perder tempo, e essere negligente a far le cose convenevoli. Si veste di pelle di Tasso, per mostrare che, sì come questo animale consuma molto tempo in dormire, così l'accidioso in non far cosa alcuna, che al debito suo convenga. Sta a sedere nel sopradetto modo perché l'uomo accidioso, il quale è superato, e vinto dall'otio, tralascia tutte le operationi lodevoli, le quali vengono dimostrate con lo stare in piedi, e in atto di caminare. […] Tiene la testa bassa, perché ad altro non sono intenti i pensieri suoi, che a cose vili, lontane dalla contemplatione Divina. Mostra la coscia ignuda, e l'altre parti, come dicemmo, perché l'Accidia rende l'uomo poco amico dell'honor proprio.

Nel canto VII dell’Inferno (ci troviamo nel V cerchio) sono puniti anche gli accidiosi. Essi sono completamente sommersi sotto il fango e mormorano continuamente la loro colpa e la loro pena: sono così costretti ad ingoiare fango, di loro si vedono solo le bolle in superficie. Essi non seppero usare il tempo della vita terrena, né seppero far uso della parola o di altre facoltà umane; ora sono immersi totalmente nel fango ed è loro proibita la visione dell’aria, per cui possono solo lamentarsi gorgogliando.

Gli accidiosi scontano la loro pena nella IV Cornice del Purgatorio, colpevoli di scarso amore per il bene: sono costretti a correre a perdifiato lungo la Cornice, gridando alternativamente esempi di sollecitudine e accidia punita, incitandosi a non perdere tempo per poco amore. Dante descrive la loro pena nel Canto XVIII del Purgatorio.