INFINITO FILOSOFICO
«Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori» Aristotele
Pitagora & Pitagorici (570-495 a.C.) PRESOCRATICI Anassimandro (610-546 a.C.) Pitagora & Pitagorici (570-495 a.C.)
Parmenide ( tra il 550 e il 450a.C.) FILOSOFIA ELEATICA Parmenide ( tra il 550 e il 450a.C.) Zenone (490-430 a.C.) Melisso (470-430 a.C.)
FISICI PLURALISTI Anassagora (496-428 a.C.) Democrito (460-370 a.C.)
CLASSICI Platone (428/427-348/347 a.C.) Aristotele (384/383-322 a.C.)
MODERNI Giordano Bruno(1548-1600 d.C.) Galileo Galilei(1564-1642 d.C.)
ANASSIMANDRO «Principio di tutti gli esseri è l'Apeiron, da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessità; poiché essi devono pagare l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell' ingiustizia secondo l'ordine del tempo»
Il primo concetto di infinito è l’Apeiron di Anassimandro composto da “a” prefisso di negazione e “peiron” che significa limite, quindi letteralmente “senza limite”. L’Apeiron di Anassimandro abbraccia e governa ogni cosa ed è immortale e indistruttibile, quindi divino. Inoltre esso è come una materia in cui gli elementi non sono ancora distinti e quindi, oltre che infinita, è anche indefinita.
PITAGORA & PITAGORICI I Pitagorici parlavano dell’infinito come limite-illimitato. Questo è un modo di pensare tipicamente greco: mentre noi siamo abituati a collegare il concetto di limite a quello di imperfezione e il concetto di illimitato o infinito a quello di perfezione, i Pitagorici consideravano l’illimitato come qualcosa di indeterminato, incompleto e quindi difettoso, e il limite come qualcosa di determinato, compiuto e quindi perfetto.
Questo schema concettuale, che richiama anche il nostro linguaggio comune (come quando diciamo “lavoro finito” per alludere ad un lavoro accurato), spiega perché i Pitagorici vedessero nel limite e in tutto ciò che corrispondesse ad esso (il dispari, l’unità, il maschio, la quiete,la luce, ecc.) il principio attivo e determinante delle cose; nell’illimitato e in tutto ciò che corrispondesse ad esso (il pari, la molteplicità, la femmina, il movimento, le tenebre) l’elemento passivo e determinato.
PARMENIDE Parmenide viene considerato il padre dell’ontologia (studio dell’essere). Egli individua l’essere all’origine di tutto, e gli conferisce vari attributi: ingenerato e imperituro, perché se fosse generato e perituro implicherebbe il non essere; immutabile e immobile, perché se si muovesse o se cambiasse forma implicherebbe ancora una volta il non essere; unico e omogeneo, perché se fosse molteplice o in sé differenziato implicherebbe intervalli di non essere; finito, perché la compiutezza indica la perfezione.
Con ciò si spiega la concezione negativa che Parmenide ha dell’infinito, concezione tipica del mondo greco. Parmenide, che risente del pensiero dei pitagorici, parla dell’infinto come mancanza, imperfezione, a differenza del mondo moderno. Egli, in conclusione, aggiunge che la figura che rappresenta al meglio la perfezione è la sfera, perché ha un limite nello spazio, ma non ha vuoti all’interno di essa quindi non presenta il non essere.
Zenone parla dell’infinito attraverso i paradossi. La sua dottrina è incentrata su quella del suo maestro Parmenide. Il metodo utilizzato da Zenone per difendere la dottrina parmenidea è la dialettica che consiste nell’accettare le affermazioni degli avversari per poi trarne conseguenze in grado di contrastarle.
Possiamo citare due pensieri fondamentali di Zenone sull’infinito: se gli enti sono molti, ciascuno di essi sarà insieme infinitamente piccolo, perché divisibile all’infinito, e infinitamente grande, perché ugualmente divisibile all’infinito, ma in parti aventi grandezza, il che è contraddittorio; se gli enti sono molti, essi sono in numero finito, perché sono tanti quanti sono, e insieme in numero infinito, perché tra essi ne esistono infiniti altri, il che è contraddittorio.
MELISSO Melisso di Samo riformula gli attributi dell’essere parmenideo, dicendo che è: ingenerato, incorruttibile, immutabile, unico, incorporeo e infinito. La cosa sorprendente è il fatto che, in un periodo in cui l’infinito è assolutamente negativo, egli lo attribuisce all’essere. Melisso, quindi, dice che l’essere è infinito nello spazio e nel tempo: non essendo nato, l’essere è, era e sempre sarà e non ha né principio né fine.
ANASSAGORA Anassagora fonda il suo pensiero sulla teoria dei semi: essi sono particelle piccolissime di materia. Con Anassagora, l’infinito assume concezione positiva, in quanto basa la sua teoria sui semi, che sono infinitamente divisibili. Egli afferma che non vi è una quantità minima, che, per quanto piccola, è ancora divisibile. Analogamente non esiste una grandezza massima.
DEMOCRITO Democrito di Abdera fu il primo, insieme a Leucippo di Mileto, a fondare l’atomismo filosofico, che è la dottrina secondo la quale l’universo è formato dall’aggregarsi di particelle indivisibili dette “atomi”.
D’altro canto afferma che gli atomi sono infiniti e quindi infiniti saranno anche i mondi che dalla loro aggregazione trarranno origine, cosicché Democrito può relativizzare la vita che conduciamo sul nostro e può inoltre evitare di far ricorso a cause extra-materiali.
PLATONE . Il pensiero di Platone si sviluppa intorno alle idee, enti perfetti situati nel “iperuranio” e da cui tutto il mondo sensibile prende forma.
Platone vede nel finito e nell’infinito due componenti di tutte le cose e, nel Filebo, li distingue l’uno dall’altro osservando che "in certo modo l’infinito è molteplice" in quanto esso è ciò che è privo di misura e di limite, è "senza fine" e, perciò, indeterminato.
ARISTOTELE Aristotele considerava l'infinito come un qualcosa che è sempre in via di nascere o di perire, di crescere o diminuire e che è sempre diverso nei successivi stati. Cioè per Aristotele l'infinito è solo potenziale. Nega l'esistenza di un infinito attuale fisico, così come nega un infinito attuale mentale.
La difficoltà dell'infinito consisteva nella sua inesauribilità: ciò che è infinito non può mai essere presente nella sua totalità nel nostro pensiero. L'illimitato non può in nessun caso essere riguardato come un tutto completo: ciò che è completo ha una fine e la fine è un elemento che ha un limite All'infinito, secondo Aristotele, resta perciò indissolubilmente associata un'idea negativa, espressione della sua incompletezza e potenzialità non attuata e non attuabile. Nel caso particolare delle grandezze geometriche, Aristotele osservò che una grandezza può essere infinita per divisione (o sottrazione) cioè in quanto è divisibile all'infinito, e per addizione poiché può immaginarsi come formata da un numero infinito di altre grandezze.
GIORDANO BRUNO Giordano Bruno fu precursore della Rivoluzione scientifica e di alcune idee della cosmologia moderna. Se si volesse scegliere un unico concetto cardine del suo pensiero, questo sarebbe proprio l’infinito, inteso come l'universo infinito, effetto di un Dio infinito. Il Dio di Giordano Bruno è da un lato trascendente, in quanto supera ineffabilmente la natura, ma nello stesso tempo è immanente, in quanto anima del mondo: in questo senso, Dio e Natura sono un'unica realtà in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia, in cui dall'infinità di Dio si evince l'infinità del cosmo, e quindi la pluralità dei mondi.
Giordano Bruno ritenne che a spiegare l’universo non bastasse neanche l’eliocentrismo: non è dato alcun centro nell’universo il quale è unico, immenso, aperto, ugualmente nobile in ogni punto. L’infinito sta ad indicare una vita che continuamente si rigenera e muta e nella quale l’uomo rappresenta solo un infimo dettaglio, un’ombra, un finito. Per quanto concerne l’anima, neanch’essa è gettata nel caos amorfo di materia, quanto piuttosto immersa in un ciclo continuo di metempsicosi
« Io dico Dio tutto Infinito, perché da sé esclude ogni termine ed ogni suo attributo è uno e infinito; e dico Dio totalmente infinito, perché lui è in tutto il mondo, ed in ciascuna sua parte infinitamente e totalmente: al contrario dell'infinità de l'universo, la quale è totalmente in tutto, e non in queste parti (se pur, referendosi all'infinito, possono esse chiamate parti) che noi possiamo comprendere in quello » (De l’infinito universo e mondi a Filoteo) « Uno dunque è il cielo, il spacio immenso, il seno, il continente universale, l’eterea regione per la quale il tutto discorre e si muove. Ivi innumerabili stelle, astri, globi, soli e terre sensibilmente si veggono, ed infiniti raggionevolmente si argumentano. L’universo immenso ed infinito è il composto che resulta da tal spacio e tanti compresi corpi »
Galileo Galilei Galilei afferma che un qualsiasi oggetto limitato può essere ridotto in infiniti elementi che però non hanno estensione e sono indivisibili; infatti se queste infinite parti avessero estensione finita e quindi fossero divisibili non si spiegherebbe la limitatezza del segmento. Per Galileo non v’è dubbio che gli enti geometrici estesi (linee, superficie, ecc.) siano indefinitamente suddivisibili. Ma egli incontra qualche difficoltà nell’immaginarli composti da un’infinità di parti infinitesime, dai cosiddetti indivisibili. Un’infinità è una quantità che non può essere contata.
"Io non veggo che ad altra decisione si possa venire, che a dire, infiniti essere tutti i numeri, infiniti i quadrati, infinite le loro radici, né la moltitudine de’ quadrati esser minore di quella di tutti i numeri, né questa maggior di quella, ed in ultima conclusione, gli attributi di eguale maggiore e minore non aver luogo ne gli infiniti, ma solo nelle quantità terminate." Galileo, con il paradosso dei quadrati, ha mostrato come non si possa parlare di infinito nel modo in cui si parla comunemente degli altri numeri ma come tuttavia, dati due insiemi infiniti, si possano confrontare e stabilire o meno se hanno "lo stesso numero di elementi" creando una biezione fra un insieme e l’altro
«La cosa che sappiamo per certa riguardo l’infinito è che le discussioni su di esso sono infinite» Joop Gousdom
Liceo Scientifico P.S. Mancini Avellino