LA POESIA COMICO-REALISTICA
Rustico Filippi
Rustico Filippi Oi dolce mio marito Aldobrandino, rimanda ormai il farso suo a Pilletto, ch’egli è tanto cortese fante e fino che creder non déi ciò che te n’è detto. 5 E no star tra la gente a capo chino, ché non se’ bozza, e fòtine disdetto; ma sì come amorevole vicino conoi venne a dormir nel nostro letto. Rimanda il farso ormai, più no il tenere, 10 ch’e’ mai non ci verrà oltre tua voglia, poi che n’ha conosciuto il tuo volere. Nel nostro letto già mai non si spoglia. Tu non dovéi gridare, anzi tacere: ch’a me non fece cosa ond’io mi doglia.
Cecco Angiolieri S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo; s’i’ fosse vento, lo tempesterei; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo; s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo, ché tutti cristïani imbrigherei; s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei? A tutti mozzarei lo capo a tondo. S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da lui: similemente farìa da mi’ madre. S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui, torrei le donne giovani e leggiadre: e vecchie e laide lasserei altrui.
V. Gassman e F. De Andrè https://www.youtube.com/watch?v=nTvB4qmoFwY https://www.youtube.com/watch?v=e64njjmwLUM
Cecco Angiolieri Tre cose solamente m’ènno in grado, le quali posso non ben ben fornire, cioè la donna, la taverna e ’l dado: queste mi fanno ’l cuor lieto sentire. Ma sì·mme le convene usar di rado, ché la mie borsa mi mett’ al mentire; e quando mi sovien, tutto mi sbrado, ch’i’ perdo per moneta ’l mie disire. E dico: «Dato li sia d’una lancia!», ciò a mi’ padre, che·mmi tien sì magro, che tornare’ senza logro di Francia. Ché fora a tôrli un dinar[o] più agro, la man di Pasqua che·ssi dà la mancia, che far pigliar la gru ad un bozzagro.
Rustico Filippi Dovunque vai con teco porti il cesso, oi buggeressa vecchia puzzolente, che quale-unque persona ti sta presso si tura il naso e fugge inmantenente. Li dent’i le gengìe tue ménar gresso, ché li taseva l’alito putente; le selle paion legna d’alcipresso inver’ lo tuo fragor, tant’è repente. Ch’e’ par che s’apran mille monimenta quand’apri il ceffo: perché non ti spolpe o ti rinchiude, sì ch’om non ti senta? Però che tutto ’l mondo ti paventa; in corpo credo figlinti le volpe, ta lezzo n’esce fuor, sozza giomenta! Dovunque tu vada ti porti dietro una latrina (=gabinetto), vecchia lercia e puzzolente: tutti quelli che ti capitano vicino si turano il naso e fuggono in un lampo. I tuoi denti e le tue gengive producono il tartaro, perché il tuo fiato puzzolente li infradicia, le seggette sembrano legname resinoso di cipresso al confronto del tuo fetore così repellente. Quando spalanchi la bocca sembra che si dischiudano mille tombe. Perché non crepi o ti chiudi da qualche parte in modo che nessuno sia costretto a soffrire il tuo puzzo? Giacché tutti ti temono per questo; credo che nel tuo corpo figlino le volpi, tale è il lezzo che ne emana, lurida cavalla!
Il carnevalesco Il “carnevalesco” è un concetto approfondito nel saggio L’opera di Rabelais e la cultura popolare (1965) di Michail Bachtin, critico letterario, teorico e filosofo russo: l’aggettivo caratterizza un’opera che fa proprio lo spirito del Carnevale, ovvero il periodo in cui sono sospese le regole sociali vigenti e ogni scherzo è tollerato. Assume così un’ottica da “mondo rovesciato”, in cui i potenti sono oggetto di beffa e gli umili trionfano, e ogni scala di valori è ribaltata. É tipico del genere comico, ma viene praticato spesso anche dal romanzo.
La poesia dell’insulto In ambito letterario il vituperium (o invettiva) è il ribaltamento parodico della lode; nella poesia del vituperium si descrivono, enfatizzandoli, gli aspetti negativi e i difetti di una persona. Maestri del vituperium sono presenti anche nella cultura classica: Ipponatte ed Archiloco, in Grecia, e Catullo e Marziale in quella latina Catullo. Nella seconda metà del Trecento, soprattutto in area toscana, spiccano le poesie di Cecco Angiolieri e Rustico di Filippi. Anche Dante, però, compone testi comico realistici (esempio, tenzone con Forese Donati)
Le note biografiche di Rustico Filippi sono assai scarse Le note biografiche di Rustico Filippi sono assai scarse. Sappiamo che era di origini ghibelline, nato probabilmente da una famiglia di commercianti. Di lui restano 58 sonetti, 29 in stile alto e 29 in stile comico-realistico. Questi ultimi 29 si basano sui tre temi principali del genere (l'invettiva personale, spesso a sfondo politico, il lamento per la povertà e la misoginia), espresso in un linguaggio vivace e talvolta osceno.
Tenzone fra Dante e Forese Donati (sei sonetti) Chi udisse tossir la mal fatata moglie di Bicci vocato Forese, potrebbe dir ch’ell’ha forse vernata ove si fa ’l cristallo ’n quel paese. Di mezzo agosto la truovi infreddata; 5 or sappi che de’ far d’ogn’altro mese! E no·lle val perché dorma calzata, merzé del copertoio c’ha cortonese. La tosse, ’l freddo e l’altra mala voglia no·ll’adovien per omor’ ch’abbia vecchi, 10 ma per difetto ch’ella sente al nido. Piange la madre, c’ha più d’una doglia, dicendo: «Lassa, che per fichi secchi messa l’avre’ in casa il conte Guido!».
Tenzone fra Dante e Forese Donati L’altra notte mi venn’ una gran tosse, perch’i’ non avea che tener a dosso; ma incontanente dì [ed i’] fui mosso per gir a guadagnar ove che fosse. Udite la fortuna ove m’adusse: 5 ch’i’ credetti trovar perle in un bosso e be’ fiorin’ coniati d’oro rosso, ed i’ trovai Alaghier tra le fosse legato a nodo ch’i’ non saccio ’l nome, se fu di Salamon o d’altro saggio. 10 Allora mi segna’ verso ’l levante: e que’ mi disse: «Per amor di Dante, scio’mi»; ed i’ non potti veder come: tornai a dietro, e compie’ mi’ viaggio.