L’Italia nell’età giolittiana

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Transcript della presentazione:

L’Italia nell’età giolittiana

Giovanni Giolitti Nel 1901 Vittorio Emanuele III nominò Zanardelli presidente del Consiglio.Lo affiancava,come ministro degli Interni, Giovanni Giolitti.Era l’inizio dell’età giolittiana,che durò dal 1901 al 1914.Zanardelli,ormai vecchio e malato,lasciò a Giolitti le decisioni più importanti e infine nel 1903 egli diventò presidente del consiglio,carica che mantenne quasi sempre negl’anni successivi. Giovanni Giolitti nacque nel 1842 a Mondovì,una cittadina in provincia di Cuneo.Era un uomo politico pratico e affrontava i problemi con intelligenza ma anche senza scrupoli.

Giolitti aveva di fronte un’Italia divisa in due . 1.Il nord aveva conosciuto la rivoluzione industriale e questo significava grandi trasformazioni ma comportava anche grandi problemi.Gli operai presero a protestare: Perché il loro stipendio era troppo basso Per il modo di lavorare,spesso pericoloso Per l’orario di lavoro troppo lungo Dalle proteste si passo agli scioperi generali,cioè allo sciopero di tutti i lavoratori del Paese. Inoltre il Nord chiedeva maggiore democrazia e libertà. 2.Il sud era povero e arretrato,legato alla tradizione e in molti casi anche alle clientele,cioè ai favori concessi dai politici in cambio di voti.

Politica Interna di Giolitti L’età Giolittiana coincise con il decollo della rivoluzione industriale in Italia: Grazie ai prestiti delle banche nacquero nuove grandi aziende. Il protezionismo difese le industrie dalla concorrenza dei prodotti stranieri. I progressi più evidenti si registrarono nell’industria siderurgica,elettrica e meccanica presente soprattutto nel triangolo industriale formato da Torino,Milano e Genova. Nel settore automobilistico si affermarono la FIAT,la Lancia e l’Alfa Romeo Nel settore tessile si sviluppò l’industria del cotone. L’agricoltura si estese nella Pianura Padana e si migliorarono le tecniche produttive . Nell’età Giolittiana la produzione industriale italiana raddoppiò e i segni più evidenti si videro nelle città:l’illuminazione,i trasporti urbani e i servizi pubblici mutarono il modo di vivere della gente. Tutto ciò però toccò molto poco il meridione d’Italia,dove non ci fu alcuna rivoluzione industriale e l’unica soluzione,per molti italiani,fu l’emigrazione.

La politica del “Doppio Volto” La politica di Giolitti venne chiamata del “doppio volto”:un volto aperto e democratico nell’affrontare i problemi del Nord;un volto senza scrupoli e corrotto nel trarre vantaggio dalla situazione del Sud. Per quanto riguarda il Nord intervenne nelle questioni poste dalle industrie con grande saggezza: Non impedì gli scioperi ma fece in modo che si svolgessero in modo civile e sotto il controllo dell’autorità. Migliorò le norme riguardanti il lavoro Ricostituì la cassa Nazionale per l’invalidità e la vecchiaia dei lavoratori Tutelò la maternità delle donne lavoratrici Per quanto riguarda il Sud,sfruttò la situazione.Controllò le elezioni politiche facendo ricorso ai prefetti,cioè ai rappresentanti del Governo che aiutavano gli uomini politici legati a Giolitti a essere eletti in Parlamento impedendo agli avversari di tenere comizi e falsificando i risultati elettorali.Per far eleggere uomini a lui fedeli a volte Giolitti si servì anche della malavita (il “ministro della malavita”. Fu definito così da Salvemini). Giolitti si difese dicendo che si era adeguato al modo di far politica del Sud e che i suoi voti li aveva utilizzati per migliorare tutto il Paese.

Patto Gentiloni e suffragio universale maschile La principale riforma giolittiana fu l’approvazione ,nel maggio 1912 di una nuova legge elettorale che prevedeva il suffragio universale maschile,cioè la concessione del diritto di voto a tutti i cittadini maschi. All’inizio del Novecento, il papa impediva ancora ai cattolici di formare un nuovo partito e di votare (NON EXPEDIT).Giolitti che guidava i liberali cercò di inserire i cattolici nella vita politica italiana. Tra i cattolici vi erano uomini dotati di una forte personalità come don Romolo Murri e don Davide Albertario.Dopo l’enciclica Rerum Novarum i cattolici si erano impegnati maggiormente nelle società con sindacati cattolici e le cooperative bianche ma soprattutto era sorta l’Azione Cattolica . Per venire incontro ai cattolici e soprattutto ottenere il loro voto nelle elezioni del 1913, Giolitti permise l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche .Infine stipulò con l’Unione Elettorale Cattolica presieduta dal conte Gentiloni un accordo:il patto Gentiloni. Con il patto, il ministro s’impegnava a nome del nuovo governo a rispettare i cattolici (ad esempio permise l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e promise che non sarebbero state emanate leggi offensive per i cattolici). In questo modo, il ministro ottenne il voto della maggioranza dei cattolici e vinse le elezioni.

I socialisti Il movimento socialista si era diffuso in Italia già da tempo e nel 1892 venne fondato a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani,poi chiamato nel 1895 Partito Socialista Italiano.Al suo interno si formarono due tendenze:riformista e massimalista I riformisti volevano cambiare la società attraverso le riforme ed erano guidati da Filippo Turati,Claudio Treves e Leonida Bissolati. I rivoluzionari volevano ottenere un governo comunista attraverso la rivoluzione ed erano guidati da Costantino Lazzari e Benito Mussolini. Giolitti cercò più volte l’appoggio dei socialisti riformisti così da rafforzare la democrazia italiana e invitò Turati a far parte del suo partito ma egli non se la sentì di accettare perché all’interno del partito socialista era troppo forte l’opposizione dei massimalisti.

Politica Estera Per quanto riguarda la politica estera Giolitti ritenne opportuno riprendere l’espansione coloniale per due motivi: Voleva dimostrare ai nazionalisti che il suo governo era in grado di aumentare il prestigio internazionale dell’Italia. Voleva accontentare l’opinione pubblica che riteneva necessario conquistare nuove terre per dar lavoro ai braccianti del Sud e a tutti gli emigrati. Giolitti ebbe come obbiettivo la Libia.Nel 1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia che dominava la Libia ma dopo i primi successi iniziarono le difficoltà :la popolazione araba organizzò una forte resistenza.L’Italia allora inviò in Libia 100*000 uomini,vennero occupate alcune 12 isole greche in mano ai turchi (dodecaneso)e finalmente nel 1912 venne firmata la pace con i Turchi. I problemi con i libici, però, non cessarono ,la repressione della resistenza araba venne condotta con grande ferocia e i costi economici della spedizione furono elevati:l’talia non fece un buon affare..

La crisi di fine secolo La guerra in Libia indebolì il Governo di Giolitti che diede le dimissioni e al suo posto il re indicò Antonio Salandra ,un conservatore. Nel 1914 nelle Marche e in Romagna scoppiarono dei disordini che per la presenza dei socialisti presero il nome di settimana rossa e Salandra mandò l’esercito a reprimerli:iniziava la crisi di fine secolo, ma soprattutto la situazione internazionale stava precipitando nella prima guerra mondiale.