LA QUESTIONE MERIDIONALE DURANTE E DOPO L’UNIFICAZIONE

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Transcript della presentazione:

LA QUESTIONE MERIDIONALE DURANTE E DOPO L’UNIFICAZIONE Cultura Italiana per stranieri II LA QUESTIONE MERIDIONALE DURANTE E DOPO L’UNIFICAZIONE prof. Lorenzo Cardilli lorenzo.cardilli@unimi.it A.A. 2018/19

1859 PER RIPASSARE LE TAPPE FONDAMENTALI DELL’UNIFICAZIONE

1860

1861

1866

1870

UNITÀ REALIZZATA IN MODALITÀ IMPREVISTE Un parlamentare piemontese si rivela scioccato dall’esito imprevisto dell’unificazione: nell’ottobre del1860 dice che alcuni uomini sono “sbigottiti di questi pressoché sovrannaturali avvenimenti”

PRIMO TESTO LETTERARIO LIBERTÀ DI GIOVANNI VERGA

GIOVANNI VERGA (1840-1922)

BRONTE OGGI

La carneficina (righe 1-71) La folla si placa (righe 71-95) “LIBERTÀ” (NOVELLA DI VERGA) È DIVISA IN 4 SEQUENZE La carneficina (righe 1-71) La folla si placa (righe 71-95) L'arrivo dei garibaldini (righe 95-113) Il processo (righe 113-160)

La nota frase scritta da Luigi Carlo Farini a Cavour, «Altro che Italia. Questa è Affrica: i beduini, a riscontro di questi caffoni [sic], sono fior di virtù civile», fu certo una delle primissime e più eclatanti manifestazioni della disconoscenza del Mezzogiorno da parte del ceto politico settentrionale e dell’approccio di supponente superiorità, se non di razzismo, col quale la classe dirigente del Nord entrò in contatto con la realtà meridionale. (Guido Pescosolido, La questione meridionale in breve)

Ma questa frase fu anche la prima espressione di sincera preoccupazione per la complessità del problema del Mezzogiorno, che il nuovo stato unitario si trovava ad affrontare. Sempre Guido Pescosolido scrive che lo stato italiano: «[…] nasceva con il dichiarato obiettivo di riscattare l’intero territorio nazionale, e non solo il Mezzogiorno, dalla debolezza politica e militare e dall’arretratezza economica e sociale che, pur con le diversificate gradazioni e specificità esistenti tra le sue diverse regioni e macroaree, affliggeva l’intera penisola rispetto al contesto europeo più forte e progredito.»

TRE GRANDI PROBLEMI DEL SUD DOPO L’UNITÀ Il Brigantaggio La pressione fiscale Le tariffe liberiste

Tariffe doganali in Italia Sviluppo del trasporto navale Boom esportazioni grano USA Crisi agraria in Europa Tariffe doganali in Italia Industrializ-zazione al NORD; crisi esportazioni agricole al SUD. Il divario NORD/SUD inizia ad aumentare in modo consistente

FINE 800 TARIFFE DOGANALI INDUSTRIALIZZAZIONE AL NORD EMIGRAZIONE VERSO LE AMERICHE

La prima industrializzazione italiana (1896-1913) NORD >> Effetto di agglomerazione SUD >> Dissuasione passiva

meridionalismo Insieme degli studi storico-economici sulle cause del sottosviluppo del meridione d’Italia e sulla possibilità di una rinascita politica ed economica del Mezzogiorno.

Il meridionalismo nasce negli anni 70 dell’Ottocento, quando alcuni intellettuali iniziano a pensare che l’Italia meridionale sia il problema centrale della nazione.

GIUSTINO FORTUNATO (1848-1932) Uno dei primi meridionalisti. Intellettuale liberale moderato e parlamentare, vicino alla Destra storica.

POVERTÀ DELLA NATURA MISERIA DEGLI UOMINI LE CAUSE DELLA QUESTIONE MERIDIONALE SECONDO GIUSTINO FORTUNATO POVERTÀ DELLA NATURA MISERIA DEGLI UOMINI (una miseria morale oltre che materiale)

Modernizzazione passiva: «l’adattamento delle classi dirigenti e della società meridionali a una modernità imposta dall’esterno, in primo luogo dallo stato centrale, che viene accettata solo fintanto che non mette in discussione gli interessi consolidati. Modernizzazione senza cambiamento sociale, detto altrimenti, oppure cercando di contenerlo al minimo.» (Emanuele Felice, Perché il Sud è rimasto indietro, p. 91)

Istituzioni estrattive: Istituzioni «concepite per estrarre reddito e ricchezza da una parte larga della società, a beneficio di una frazione privilegiata» (Emanuele Felice, Perché il Sud è rimasto indietro, p. 97).

«Dal momento che i ceti agrari, sia proprietari che proletari, erano socialmente dominanti in quelle realtà, i parlamentari, e in genere l’élite politica del Sud, tendevano pressoché esclusivamente a rappresentare gli interessi di questi ultimi. Era da lì, del resto, che arrivavano i voti, gli appoggi, il consenso.

Non è un caso, perciò, che i parlamentari meridionali sempre di più si facessero portavoce, presso i vari governi che si succedevano, di istanze genericamente sociali: strade, ponti, opere pubbliche ecc.» (Piero Bevilacqua, Breve storia dell’Italia meridionale)

L’intervento dei politici era più assistenziale che sociale L’intervento dei politici era più assistenziale che sociale. Non mirava allo sviluppo industriale, al massimo a quello agricolo. Gli stessi intellettuali meridionalisti credevano che il Sud si dovesse sviluppare dal punto di vista agricolo.