L’uomo è persona Punto 7
Il termine riepilogativo: persona «Persona» è il termine che esprime la ricchezza della concezione cristiana dell’uomo. In questo primo paragrafo ne preciseremo la comprensione filosofica e teologica di fondo per come proviene dalla storia del concetto. Nel prossimo, vedremo che tipo di sviluppo abbia offerto su questo tema un documento di grande interesse per noi: «Comunione e servizio. La persona umana creata a immagine di Dio» della Commissione Teologica internazionale.
«persona» nella storia 7.1 «persona» nella storia
I passaggi fondamentali L’origine precristiana L’esegesi prosopografica Utilizzo in trinitaria Utilizzo in cristologia La definizione di Boezio Riccardo di san Vittore San Tommaso La modernità L’obiezione di K. Rahner Le filosofie dialogiche e il personalismo La ripresa di J. Ratzinger Bibliografia utilizzata e abbreviazioni G. Greshake, Il Dio unitrino. Teologia trinitaria, pagg. 75-189 ( = Gr.) SMP, cit., pagg. 184-192 J. Ratzinger, Dogma e predicazione, pagg. (= Ratz.) A. Milano, Persona in teologia, Edizioni Dehoniane, Roma 1996.
I grandi ambiti di riferimento «Persona» ha un utilizzo nell’ambito della vita comune secondo filosofia e diritto ( è quello che giunge a noi fino alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo), e un utilizzo teologico dalla trinitaria e dalla cristologia. Distinguiamo da subito allora «persona» come l’individuo umano «persona» come unicità non interscambiabile del singolo «persona» in teologia: tra individuazione e relazionalità
L’origine pre-cristiana Non c’è unanimità rispetto all’etimologia di «persona». Si cercano i legami con prosopon (soprattutto per la questione dell’esegesi prosopografica), ipostasi e il persona latino. Secondo SMP è da escludere la derivazione da personare nel senso di «far riecheggiare» come nella maschera del teatro. Forse non condivide la radice comune nemmeno con il greco prosopon. Probabile derivazione dall’etrusco phersu (maschera o individuo mascherato nei riti in onore di Phersepona, da cui in seguito personaggio, ruolo, individuo). Tardivamente (I sec.) Nei filosofi romani, “persona” è individuo specifico, singolo, particolare, determinato (non «uomo in generale).
Prosopon Per Ratzinger, prosopon era il corrispondente greco di persona, riferito alla maschera dell’attore teatrale che esprime i personaggi esegesi prosopografica. Anticamente, però, «prosopon» non significava maschera, ma ciò che capita sotto gli occhi, ciò che si può vedere, da cui “volto”, faccia, (Gr., 81). Soltanto con la filosofia stoica, designa l’individuum inserito in una comunità. Nella LXX prosopon traduce l’ebraico panim (volto di Dio) e si ritrova spesso anche nel NT, senza però giungere al concetto latino di «persona» (Gr, 81). In greco, molto tardi, passa da «apparenza del volto» a «ruolo» e quindi si avvicina a «persona» in senso giuridico.
L’esegesi prosopografica L’esegesi prosopografica è lo studio su quell’usanza dei poeti dell’antichità di «ravvivare drammaticamente gli eventi» facendo entrare in scena delle persone (volti, facce, prosopa) che parlavano, ponendo sulla loro bocca delle frasi inerenti al racconto. Prosopon diventa dunque persona per designare la maschera dell’attore. Gli studiosi della Bibbia (già Giustino [100-167] e Tertulliano [155-230]) si imbattono in procedimenti simili a riguardo di Gn 1,26, Gn 3 (Adamo come uno di noi) o nel Salmo 110,1. Da qui possiamo concludere con Ratzinger (p. 178) che il concetto di persona è nato i) per una esigenza di interpretazione della Scrittura e ii) come termine dialogico per un Dio che parla e che è in dialogo.
Hypostasis Se con prosopon si resta a livello «esteriore», apparente, senza una reale esistenza, con hypostasis si trasmette l’idea di ciò che esiste davvero quale realtà stabile e come tale si realizza. Questo va notato perché sarà il termine che specificherà l’individuazione delle persone in trinitaria. Con Aristotele hypostsasis era il corrispettivo della sostanza prima, quella che essenza individuale e individuata che si realizza concretamente di volta in volta (rispetto a sostanza seconda che è quella generica universale) Dobbiamo ricordare anche le ipostasi neoplatoniche, nelle quali l’Uno si realizza a livelli diversi gerarchicamente scalari.
Basilio di Cesarea [330-379] nella sua XXXVIII Lettera utilizza hypostasis per definire il proprio di ciascuna persona, accentuando un certo senso di indipendenza, essere in sé e libertà del volere, ma anche spostando il tutto verso il concreto esistenziale (allontanandolo dal sostanziale di ousia – sostanza seconda - alla quale la filosofia greca era più incline). Si raccoglie così la tensione tra i) hypostasis (sussistenza, stabilità chiusa in sé) e ii) prosopon (apparire “per altri”, ruolo nella reciprocità sociale).
La distinzione delle persone è data nella relazione ma fa emergere tre realtà sussistenti (con una non chiarissima evidenza relazionale che si può riscontrare più nella varie riflessioni orientali sulla circuminsessio trinitaria). Quando Con il Lateranense del 649 si imporrà hypostasis=subsistentia questo aspetto di «sussistenza in sé» resterà prevalente. Le tre persone hanno una loro autonomia però solo in un complesso di relazioni, interpersonale e interazionale: autonomia in relazione.
Persona (lat.) Nella filosofia di derivazione stoica, p. indica il singolo uomo che grazie alla ragione si distingue dagli animali per una vita onorevole e a un agire responsabile, soggetto di diritti e doveri. In Cicerone, in età imperiale (I a.c.), troviamo anche un altro risvolto a lato di questo: il ruolo (nella vita sociale, per es. i funzionari imperiali che dovevano rappresentare lo stato) e il collegamento con maschera-ruolo nel teatro. Così ci si avvicina al significato tardivo di greco prosopon, ovvero «ruolo», «rappresentanza», un ruolo quindi «verso l’esterno» che interagisce con il significato individualizzante. Il problema per la trinitaria sarà evidenziare ciò che è irriducibile e distintivo da ciò che determina l’unità sostanziale di Dio nel complesso relazionale dell’unità divina.
L’utilizzo in Trinitaria Tertulliano è il primo che utilizza persona (come pure Trinitas) per cercare in qualche modo di distinguere le persone in Dio, da tenere nell’unica sostanza divina. In Agostino [354-430] p. diventa concetto relativo: In Dio, è la relatività dell’essere-rivolti-l’uno-all’altro, che non si trova sul piano della sostanza che è una. Ratzinger dà molta attenzione a questa relatività della persona in Agostino: solo nella piena relazione si è qualcuno. Gesù sa che «senza Dio non possiamo fare nulla» e allo stesso tempo Gesù prega che i suoi siano “uno come lo siamo noi” (Gv 17,1). La piena individualità si raggiunge nell’unione con ciò a cui si è relazionati.
Per Greshake, invece, Agostino utilizzerebbe persona sì per distinguere e dire qualcosa dei tre nell’unità divina (che ha sempre precedenza), ma in senso assoluto senza tematizzare la relazione con altri (autorealizzazione soggettiva). Questo, nonostante che Agostino confessi che queste tre persone sono relatae ad invicem (De Trinitate IX, 1,1 e anche VIII Prooem, 1). Le stesse vestigia trinitatis (tre amici, famiglia) sono menzionate ma sostanzialmente rifiutate per il pericolo di triteismo. Agostino riconosce la struttura diligens – id quod diligitur – dilectio (De Trin. VIII, 8, 12) ma questa struttura viene riferita soprattutto all’amore in sé nell’anima, vera immagine analogica della Trinità (Gr., 103). Solo nella struttura autoreferenziale della singola persona si trova l’unità inscindibile della struttura trinitaria: memoria-intelletto-volontà. Si tratta quindi fondamentalmente dell’esaltazione dell’autocoscienza. Ancora Ratzinger riconosce, infatti, che con A. Dio si chiude nell’unità del puro Io (p. 188), esaltando unità e unicità di Dio e della persona.
L’utilizzo in Cristologia In Cristologia è necessario che persona metta in evidenza l’unità-unicità sussistente di colui che è in due nature, uomo e Dio. Qui, è al servizio dell’unità della persona (in Trinitaria è a servizio della distinzione), e così viene pensato in Boezio ( nel Contra Eutychen et Nestorium, III, 1-6). Questo concetto di persona è quindi estraneo alla mentalità greca o latina (più sostanziale) perché spostato su un versante esistenziale (Ratzinger, 183) sottolineando la presenza di ogni aspetto umano in Gesù. In Cristo, il suo essere Logos e la sua relatività esistono prima di ogni forma di coscienza, come elemento portante della sua esistenza. In lui, «l’essere- totalmente-presso-l’altro non sostituisce il suo essere-totalmente-presso se stesso ma porta al pieno compimento di sé» (187).
La definizione di Boezio (475-524) La definizione di Boezio («naturae rationalis individua substantia») ha una immensa ricezione ma è gravida di problemi perché rimasta sul piano dello spirito greco. Spostata sul piano della sostanza, infatti, non può essere utilizzato né per Dio né per il Cristo, perché mette in ombra la relazionalità (Ratzinger) Si evidenzia infatti la sostanza irriducibile che si contraddistingue per la sua autonomia, l’essere-per-sé, ed è proprio l’elemento individuale che costituisce la persona. Non è uno specifico atto proprio dell’essere (subsistentia, existentia) a essere persona ma la caratteristica della razionalità individualizzata. Si accentua dunque individualità e sussistenza di natura razionale.
Riccardo di San Vittore (1110-1173) Greshake nota come Riccardo intenda proprio criticare la definizione boeziana di persona. Questa viene vista realizzata in Dio come divinae naturae incommunicabilis existentia cioè incomunicabile esistenza della natura divina (De Trinit., IV, 22). L’«ex» è importante perché dà l’idea di una provenienza, di un “essere in se stesso a partire da un altro” e così «una persona divina possiede il suo essere divino sostanziale solo “nella maniera di una proprietà distintiva”(De Trin. IV, 20) e in ciò consiste appunto la sua diversa relazionalità» (Gr., 111). Riferendosi a una sentenza di Gregorio Magno per cui l’amore (dilectio) deve tendere all’altro per essere cristiano (charitas, in Om. In Ev. 17,1), Riccardo riflette su come l’amore, per essere vero, abbia bisogno di un destinatario che ricambia ma anche un terzo sul quale i due si dirigono, l’amore di un terzo (De Trin. III, 11, 14, 15).
San Tommaso (1226-1274) In Tommaso “persona” non si usa per significare l’individuo come natura, ma per indicare il soggetto che sussiste in tale natura” (il suppositum di natura razionale: Summa I, 30, 4). «Persona» è ciò che di più nobile esiste in tutto l’universo, un essere-di-per-sé del tutto unico-originale (Gr. 119). Possesso di sé, autocoscienza, libertà sono i caratteri fondamentali. Consapevolezza e libertà sono quindi i contrassegni della persona. Siamo nell’ambito dell’autonomia incomunicabile dunque. In Trinitaria il concetto di persona come distinctum in natura divina appartiene solo al Dio unico; poi però ci sono i tre che sono personae nel senso che persona divina significat relationem ut subsitentem (Sth I, 29,4) e sono riportate a unità perché le relazioni come sussistenti sono identiche alla natura divina, ogni relazione è sussistente nella natura divina (Gr., 122).
L’aspetto per noi essenziale è che la relazione non è più carattere accidentale di due relati, ma costitutiva. Greshake tiene a notare come in Tommaso l’unità di Dio è già in partenza triadica, contrariamente a quanto si dice solitamente cioè che parta dall’unità di essenza per parlare dopo dei tre (Gr. 128). I problemi restano: per l’uomo la definizione resta spostata su una individualistica auto-sussistenza caratterizzata da soggettività e libertà. In Dio, invece, dobbiamo parlare di tre soggettività, libertà, coscienze? O possiamo dire che ciascuna delle persone in Dio ama, conosce ed è cosciente in modo personale.
La modernità L’età moderna ha portato una profonda “svolta antropologica” (Gr., 137) con la valorizzazione sempre maggiore del soggetto autonomo come “io”. La svolta è preparata dal nominalismo, con Dio che diventa soggetto assolutamente irraggiungibile e che si sottrae a ogni oggettivizzazione, del tutto sussistente e solitario; gli uomini diventano tante libertà e tante volontà autonome; il tutto sfocia nel Rinascimento con l’uomo al centro e misura di tutto. Con Cartesio [1596-1650] si ha il trionfo dell’uomo pensante, soggetto libero contrassegnato dallo spirito che si pone di fronte al mondo (res extensa) per dominarlo e possederlo, capirne le leggi; «la costruzione del mondo a partire dall’io diviene il principio unificatore dell’età moderna» (Gr. 139). Il corpo diventa oggetto di fronte al soggetto pensante che è il vero nucleo forte dell’umano.
La consistenza profonda della persona si cerca dunque nella sua autocoscienza (Cartesio), nella sua consistenza assoluta (Spinoza, Hegel) alla quale devono sottomettersi gli individui; con Kant l’uomo ha una peculiarità morale che però resta senza fondazione ontologica mostrando la sua religione nei limiti della ragione. Con Hegel [1770-1831] pur essendoci una distinzione di persone sembra l’unico soggetto, la soggettività assoluta che si auto-costituisce da sé in altro…non c’è una vera relazionalità. L’ulteriore accentuazione del carattere individuale della persona, fondata tra l’altro sulla sua soggettività e capacità di pensiero, comporta gravi problemi per la trinitaria e per l’antropologia cristiana.
L’obiezione di K. Rahner (1904-1984) K. Bart [1886-1968] e K. Rahner hanno espresso con forza i dubbi sull’utilizzo dell’idea moderna di persona come «centro di autocoscienza in sé sussistente» per le persone trinitarie. Questo può favorire una concezione tri-teista di Dio (forse meglio sarebbe parlare di centri soggettivi?) e, come correlato notiamo noi, è il segnale di una concezione individualistica dell’uomo. Si segnalano come più appropriate le elaborazioni che scelgono un concetto relazionale di persona, a partire dalla definizione di Riccardo di San Vittore. La persona è libertà filiale in una storia dove l’altro si dà originariamente come corpo, come «tu» e come «mondo» e società. Come ricorda Greshake, per Rahner l’idea moderna di persona come centro spirituale, soggettività, libertà sarebbe applicabile solo al Dio “uno”.
Il personalismo Nonostante che la tendenza fondamentale della filosofia contemporanea è contraria all’idea di persona (Strutturalismo Milano, 23), emerge una preziosa filosofia dai caratteri personalistici. Il personalismo dialogico con predecessori come Pascal o Kierkegaard che aprono la strana alle riflessioni di Ebner, Rosenzsweig, Buber e poi Guardini, Mounier, Marcel, Mouroux, è teso a riconoscere come l’altro e il mondo non siano elementi apposti dall’esterno a un «io» già costituito, ma lo costituiscono e, anzi, si con- costituiscono a vicenda, ed anche a partire da uno sfondo già esistente nel quale ci si trova già immersi.
Maritain (1882-1973) ha rilanciato l’importanza della persona nel contesto della società, seppure evitando ogni assorbimento nella identità sociale, infatti con «persona» si vuole mettere in evidenza l’unicità, l’incomparabilità e la singolarità di ogni singolo uomo che però appartiene strutturalmente a una comunità, la società che è a sua volta a servizio della dignità della persona (SMP, 184ss e Gr., 182ss.).
L’elaborazione di J. Ratzinger (1927- ) Ratzinger ha sviluppato il tentativo di ridefinire persona come concetto contemporaneamente identificativo e relazionale: più si è «nell’altro» e per l’altro, più si è se stessi, più si ritorna su se stessi e nella propria dignità personale. Dio stesso non è un puro “io” al quale l’uomo tende altrimenti torniamo della pura monarchia e singolarità di Dio (e infatti ci si è dedicati di nuovo molto a questo). Noi siamo posti in un «noi» che è quello di Dio per vivere il «noi» del Regno. La dignità della persona sta dunque nell’essere se stessa quanto più in relazione. L’uomo è sempre, dunque, al centro di una rete di relazioni, in senso attivo (dare) e passivo (muovere al dono, ricevere, per es. l’embrione o l’incapace).
Gaudium et spes, n. 24 (1965) «Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro come fratelli […] La sacra Scrittura, da parte sua, insegna che l'amor di Dio non può essere disgiunto dall'amor del prossimo, «e tutti gli altri precetti sono compendiati in questa frase: amerai il prossimo tuo come te stesso. La pienezza perciò della legge è l'amore » (Rm13,9); (1Gv4,20). È evidente che ciò è di grande importanza per degli uomini sempre più dipendenti gli uni dagli altri e per un mondo che va sempre più verso l'unificazione. Anzi, il Signore Gesù […] ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nell'amore. Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé.
Comunione e servizio La persona umana creata a immagine di Dio Commissione Teologica Internazionale, 2004. Punto 7.2
Schema del documento I. La persona umana creata a immagine di Dio 1.1 L’Imago Dei nella Scrittura e nella Tradizione 1.2 La critica moderna della teologia dell’Imago Dei 1.3 L’Imago Dei nel Concilio Vaticano II e nella teologia di oggi II. A immagine di Dio: persone in comunione 2.1. Corpo e anima 2.2. Uomo e donna 2.3. Persona e comunità 2.4. Peccato e salvezza 2.5. Imago Dei e Imago Christi III. A immagine di Dio: amministratori della creazione visibile 3.1. La scienza e l’amministrazione della conoscenza 3.2. La responsabilità del mondo creato 3.3. La responsabilità nei confronti dell’integrità biologica degli esseri umani Conclusione
I parte I. La persona umana creata a immagine di Dio 1.1. L’Imago Dei nella Scrittura e nella Tradizione 1.2. La critica moderna della teologia dell’Imago Dei 1.3. L’Imago Dei nel Concilio Vaticano II e nella teologia di oggi
1.1 L’Imago Dei nella Scrittura e nella Tradizione Si mette in evidenza la struttura unitaria dell’uomo: dimensione spirituale «vista insieme alla dimensione fisica, sociale e storica dell’uomo» (n.9). L’Imago riguarda anima e corpo (cf. nn. 15 e 16) e prevede l’assunzione personale (somiglianza) di ciò che è seminato sul fondo del nostro essere (immagine, secondo distinzione di Ireneo, n. 15) L’uomo non è un essere isolato ma essenzialmente relazionale (n. 10). Il tema dell’Imago Dei deve essere completato «nell’Imago Christi» (n. 11). Questo richiede che «l’uomo partecipi attivamente alla sua trasformazione secondo il modello dell’immagine del Figlio» secondo quanto ha tratteggiato il Figlio di Dio in un «percorso storico che parte dalla creazione, passando per la conversione dal peccato, fino alla salvezza e al suo compimento» (n. 12). Il compimento si attua per mezzo dei sacramenti (n. 13)
1.2 La critica moderna della teologia dell’Imago Dei L’idea moderna di uomo prevede una profonda autonomia da Dio per un soggetto autonomo e autocostituentesi (n. 19). Anche diverse «teologie» (esistenziali, politiche, secolarizzate o laiciste) hanno messo in discussione gli aspetti ontologici che costituiscono il fondamento antropologico della relazione con Dio (n. 20).
1.3 L’Imago Dei nel Concilio Vaticano II e nella teologia di oggi «Nella visione conciliare, l’imago Dei consiste nel fondamentale orientamento dell’uomo verso Dio, fondamento della dignità umana e dei diritti inalienabili della persona umana…La signoria dell’uomo nel cosmo, la sua capacità di esistenza sociale, e la conoscenza di Dio e l’amore verso Dio sono tutti elementi che trovano le loro radici nel fatto che l’uomo è stato creato a immagine di Dio» (n. 22). «Congiuntamente a questa nuova comprensione del legame tra cristologia e antropologia, emerge anche una maggiore comprensibile del carattere dinamico dell’imago Dei. Senza negare il dono rappresentato dalla creazione originaria dell’uomo a immagine di Dio, i teologi vogliono riconoscere la verità che, alla luce della storia umana e dell’evoluzione della cultura umana, l’imago Dei può essere considerata, in un senso reale, ancora in divenire…Ne consegue infine che l’imago Dei ha una dimensione teleologica ed escatologica che definisce l’uomo come homo viator orientato alla parusia» (n. 24).
II parte II. A immagine di Dio: persone in comunione 2.1. Corpo e anima 2.2. Uomo e donna 2.3. Persona e comunità 2.4. Peccato e salvezza 2.5. Imago Dei e Imago Christi Dalla vita trinitaria si evince che comunione e servizio sono i due grandi elementi caratteristici dell’imago Dei.
2.1 corpo e anima Dopo aver impostato il tema dell’immagine in chiave trinitaria come somiglianza con la comunione personale intradivina, si precisano le polarità che caratterizzano questa immagine. Si ripercorre la storia di questa dialettica evidenziando la necessità di una visione unitaria dell’uomo, che eviti i dualismi platonico e cartesiano; Il magistero si pone in continuità con l’antropologia unitaria biblica (si ricordano i termini che abbiamo visto come nefes e basar) che si evolve nella definizione tomista dell’anima forma sostanziale del corpo (nn. 28-29). La forma sostanziale viene collegata con la «informazione» da parte del DNA nel corpo umano (n. 30, «con la dovuta cautela», però).
2.2 uomo e donna La differenza uomo-donna implica che l’uomo tutto intero – con un grande valore dato al corpo – mostra l’ontologica chiamata dell’uomo intero alla relazione con l’altro. La differenza sessuale «pur manifestandosi certamente con attributi fisici, di fatto trascendono i puramente fisico e toccano il mistero stesso della persona» (n. 35). «La Bibbia non dà alcun adito al concetto di superiorità del sesso maschile rispetto a quello femminile» (n. 36). Il matrimonio manifesta questo dono totale che passa attraverso il dono di tutta la persona creando una unione di distinti a immagine del Dio Trinità (cfr. n. 39).
2.3 persona e comunità La relazionalità costitutiva dell’essere umano si esprime nel suo essere in relazione di comunione e servizio con tutto il resto della comunità. L’identità personale, infatti, si fonda sulla Trinità…Dio non è un essere solitario, ma una comunione fra tre persone. Il concetto di persona si è costituito in chiave essenzialmente relazionale e sociale (nn. 41-42). Gli uomini quindi vivono una solidarietà in parte già esistente, in parte da realizzare, e la Chiesa è sacramento di salvezza e del Regno di Dio (n. 43).
2.4 peccato e salvezza Il peccato è il rifiuto di questa relazionalità costitutiva con Dio e deturpa proprio la struttura dialogica o relazionale dell’Imago Dei (n. 46). Gesù riconfigura l’imago Dei dell’uomo ripristinando il suo «giusto orientamento alla beata comunione della vita trinitaria» (n. 47). L’imago si esprime in un orientamento dinamico verso Dio (n. 48). La salvezza è liberazione dal legalismo dalla legge per una realizzazione nell’amore. La libertà è quindi una «libertà per» (n. 51).
2.5 Imago Dei e Imago Christi Si riprende il contenuto di GS 22: «In realtà solo nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» Il Cristo è al tempo stesso creatore, mediatore e fine dell’uomo (n. 53). «L’esistenza quotidiana dell’uomo è definita come uno sforzo di sempre più piena conformazione all’immagine di Cristo» (n. 55). Lo Spirito Santo inizia qui e porterà a compimento questa assimilazione (n. 54).
III Parte III. A immagine di Dio: amministratori della creazione visibile 3.1. La scienza e l’amministrazione della conoscenza 3.2. La responsabilità del mondo creato 3.3. La responsabilità nei confronti dell’integrità biologica degli esseri umani Rispetto agli altri esseri corporei l’uomo si distingue per intelletto, amore e libertà e sono ordinati alla comunione interpersonale (cfr. n. 56). L’uomo gode del privilegio di partecipare al governo divino della creazione visibile (n. 57) ma è un potere che va concepito come servizio (n. 59). «L’uomo esercita questa signoria partecipata sulla creazione visibile attraverso la scienza, la tecnologia e l’arte» (n. 59).
3.1 La scienza e l’amministrazione della conoscenza Si devono impostare in modo corretto il rapporto con la scienza e con l’evoluzionismo in modo che non escludano la presenza della presenza e Provvidenza di Dio, quindi di un «agente personale trascendente, che agisce liberamente e intenzionalmente, teso alla realizzazione delle finalità totalizzanti dell’impegno personale» (n. 65). Se si vuole, il Big Bang non esclude questa azione (Cfr. n. 67). Il problema è riconoscere al processo evolutivo un senso e non pensare a un processo privo di guida (Cfr. n. 69). Evitare l’idea del Dio «tappabuchi» che serve per dare risposta a ciò che è in spiegato (n. 70).
3.2 La responsabilità del mondo creato Già Giovanni Paolo II parla di una “conversione ecologica” (n. 73) e si ricorda che Centesimus annus riflette sul problema del consumismo e della questione ecologica collegata (n. 73). Il progetto di Dio prevede che il cosmo intero sia un luogo di comunione e di solidarietà con tutta la creazione (n. 74-75). La responsabilità dell’uomo si estende anche al mondo animale (Cfr. n. 78-79 -> CCC 2417-2418).
3.3 La responsabilità nei confronti dell’integrità biologica degli esseri umani «L’esercizio di una responsabile amministrazione nel campo della bioetica richiede un’attenta riflessione morale sulla portata delle tecnologie che possono incidere sull’integrità biologica degli esseri umani» (n. 81), con la riflessione sui limiti che l’uomo deve rispettare (cfr. anche n. 94). Si richiamano gli elementi della bioetica che nasce dalla sessualità umana e coniugale, come espressione sempre di un uomo intero in cui il corpo non è solo un materiale biologico da far “funzionare” (cfr. nn. 86- 88)
Conclusione (dal numero 95) Lungo il corso di queste riflessioni, il tema dell’imago Dei ha dimostrato la sua capacità sistematica di chiarire molte verità della fede cristiana. Ci aiuta a presentare una concezione relazionale — addirittura personale — degli esseri umani. È proprio questa relazione con Dio che definisce gli esseri umani ed è fondamento del loro rapporto con le altre creature. Ciononostante, come abbiamo visto, il mistero dell’uomo può essere pienamente chiarito soltanto alla luce di Cristo, che è immagine perfetta del Padre e che ci introduce, attraverso lo Spirito Santo, a una partecipazione al mistero di Dio uno e trino. È all’interno di questa comunione di amore che il mistero di ogni essere, abbracciato da Dio, trova il suo pieno significato. Al tempo stesso grandiosa e umile, questa concezione dell’essere umano come immagine di Dio rappresenta una guida per le relazioni tra l’uomo e il mondo creato, ed è la base su cui valutare la legittimità dei progressi tecnici e scientifici che hanno un impatto diretto sulla vita umana e sull’ambiente. In queste aree, proprio come le persone umane sono chiamate a rendere testimonianza della loro partecipazione alla creatività divina, così sono anche tenute a riconoscere la loro posizione di creature alle quali Dio ha affidato la preziosa responsabilità di amministrare l’universo fisico.