Le Carte del Restauro e l’articolo 9 della Costituzione Italiana
L’esigenza di tutelare i monumenti dalle distruzioni e alterazioni trovò i suoi primi interpreti alla fine del sec. XVIII, personalità di primo piano come William Morris e John Ruskin ebbero un enorme influsso sull’elaborazione teorica della disciplina, ma inizialmente la loro voce rimase troppo isolata. Le Carte del Restauro
Nel 1883 un importante congresso tenutosi a Venezia riunì intorno ad u tavolo architetti ed ingegneri per dibattere sui temi del restauro e trovare un punto di mediazione: dopo anni di sperimentazioni si giunse ad enunciare alcuni principi che nella sostanza avrebbero dovuto garantire la conservazione dei monumenti e la loro corretta lettura. Ne derivò una complessa e graduale elaborazione di principi e prescrizioni, in seguito codificati ed incorporati in una serie di documenti diretti a guidare gli interventi, le cosiddette “Carte del Restauro”. Dalla Carta di Atene del 1931 fino alla “Carta di Cracovia” del 2000.
Articolo 9 della Costituzione Italiana La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Articolo 9 della Costituzione Italiana
Nel 1728 Charles de Montesquieu, al termine del suo celebre Grand Tour, si dimostra sbalordito per ciò a cui ha assistito in Italia: Francesi ed Inglesi infatti si stavano portando via dipinti e altre opere d’arte. Come nasce l’articolo 9?
Fra la fine del 500 e gli inizi del 600 il granduca di Toscana stabilì che non ci si poteva appropriare degli «elementi artistici» senza una licenza o un permesso del luogotenente del disegno. Per quanto riguarda i pittori defunti, vi era un elenco delle loro opere che non potevano assolutamente essere espatriate. Nel 700, nel periodo in cui venivano scoperte le rovine di Pompei, Ercolano e Stabbia, regnava nel mezzogiorno d’Italia il re Carlo III il quale, per impedirne la spoliazione, emanò un editto con il quale fissò dei vincoli ben precisi per il trasferimento dei reperti archeologici. Gli antecedenti
Per arrivare ad un provvedimento organico dobbiamo aspettare il 1820, anno in cui il Cardinal Pacca emanò un editto che si preoccupava anche di dettare regole per quanto riguarda la conservazione dei beni. Nel 17 marzo 1861 si verificò l’unità d’Italia, ma per circa un ventennio nell’ambito dei beni artistici e culturali non successe nulla in quanto il liberalismo politico dei primi anni dell’Italia post-unificazione si tradusse in pieno liberismo dal punto di vista economico e quindi piena libertà di commercio dei beni artistici come fossero merce.
La Costituzione Italiana Il 22 dicembre 1947 infine l’Assemblea Costituente approvò la Costituzione, all’interno della quale vi era una novità dal punto di vista del rilievo e dell’importanza che viene data al patrimonio culturale ed artistico: si parlava infatti di cultura, di patrimonio storico-artistico e di ricerca scientifica come principi fondamentali. La Costituzione Italiana
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica (primo comma) Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. (secondo comma)
L’articolo 9 stabilisce sostanzialmente due cose: il primo comma, che all’epoca fu una novità scandalosa, afferma invece che lo Stato deve impegnarsi a diffondere e incentivare la cultura; il secondo comma, più facilmente collegabile al passato, rimane sul piano della funzione amministrativa di tutela dei beni Entrambe le disposizioni assolvono, comunque, ad una medesima funzione, che è quella di introdurre un valore etico-culturale tra i primi valori della Costituzione.
Nel corso degli anni si è passati da una concezione puramente statico-conservativa della tutela dei beni culturali a una concezione dinamica orientata al loro pubblico godimento, in quanto naturalmente destinati alla pubblica fruizione, come strumenti di crescita culturale della società. Oltre che allo Stato in prima persona i compiti sopra indicati di promozione e tutela potranno essere espletati anche da altre corpi intermedi dello Stato, come Regioni, Province, Comuni, etc. Il termine “Repubblica” viene infatti adoperato nell’art. 9 Cost. nella sua accezione più vasta.
I compiti di promozione culturale, non consentono un’ingerenza del potere politico sulla spontanea evoluzione della vita culturale. A tal proposito nell’art. 33 della Costituzione, secondo cui «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Tale precetto considera l’arte e la scienza come valore assoluto, che deve essere lasciato alle libere scelte dell’individuo, in quanto espressione della genialità umana e della personalità del singolo. Il Costituente ha, dunque, avvertito la necessità di un intervento ‘imparziale’ o ‘neutro’, in forza del quale l’incentivazione culturale dello Stato, per essere legittima, non deve essere tesa a soddisfare le esigenze politiche della maggioranza o a realizzare interessi economici privatistici. Il fine perseguito dalla Costituzione è, dunque, la crescita del pluralismo culturale, in quanto strumento di sviluppo della personalità dei singoli e, quindi, della collettività.
In conclusione; il primo comma dell’art In conclusione; il primo comma dell’art. 9 afferma che lo Stato deve permettere con tutti i suoi mezzi la fruizione collettiva dei beni culturali in quanto essi costituiscono elementi fondamentali di crescita e di PROGRESSO CULTURALE E QUINDI DELLA CITTADINANZA . Il termine cultura deriva dal latino cultus (= coltivato) e questa coltivazione dei singoli serve a rendere i cittadini veri cittadini, liberi. In conclusione
https://impariamolacostituzione.wordpress.com/2 010/05/30/articolo-9/ http://www.articolo9dellacostituzione.it/uploads/i ncontri-visti-dai-ragazzi/031012/Nascita- evoluzione-attualit%C3%A0-art9.pdf https://www.unirc.it/documentazione/materiale_ didattico/597_2010_253_8833.pdf FONTI
Nicoletta Della Monaca FINE Nicoletta Della Monaca