LE SINFONIE DI BEETHOVEN

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Transcript della presentazione:

LE SINFONIE DI BEETHOVEN Un excursus attraverso le prime cinque sinfonie beethoveniane, con dei cenni ai cinque concerti per pianoforte e a quello per violino

La biografia (Bonn, 1770-Vienna, 1827) Nacque a Bonn il 16 dicembre 1770, discendente di una famiglia di origini fiamminghe che viveva da 10 generazioni nel Brabante. Il nonno che era di Malines, emigrò a Bonn, dove nacque il padre di Ludvig. Il nonno era musicista ed era maestro di cappella alla corte del principe elettore (1761), mentre il padre era tenore di corte, oltre che modesto insegnante di violino e pianoforte. Quest’ultimo non possedeva una buona reputazione perché evitava le responsabilità familiari e aveva il vizio del bere.

La biografia La casa natale di Beethoven si trova nell’odierna Bongasse al n°20 ed è stata trasformata in un museo. A cinque anni il giovane Ludwig fu istruito nel violino e nel pianoforte in modo prepotente e brutale (veniva chiuso in cantina e anche picchiato per obbligarlo a suonare) e nel 1778 fu presentato per la prima volta in un pubblico concerto. Fu affidato nel 1779 alle cure di Christian Gottlob Neefe che si prese cura di Beethoven impartendogli lezioni di pianoforte, organo, teoria e composizione.

La biografia Neefe non solo l’introdusse allo studio del Clavicembalo ben temperato di Bach, ma gli trasmise il concetto di musica come missione divina per l’elevazione dell’animo umano. Nel 1882 già sostituiva il maestro come organista, mentre nel 1783 fece assieme alla madre una tournée concertistica a Rotterdam (serie di concerti). Nel 1783 iniziò a suonare il cembalo nell’orchestra di corte per diventarne membro effettivo l’anno seguente.

Frequentò anche lezioni di filosofia presso l’Università di Bonn. La biografia Attraverso Neefe strinse rapporti amichevoli con l’elite intellettuale di Bonn e in particolare con la moglie di un consigliere di corte, tal Helene von Breuning e con i figli con i quali strinse un’amicizia che durò tutta la vita. Oltre agli studi musicali si dedicò alla letteratura e alla filosofia: Schiller, Klopstock e Kant erano gli autori preferiti. Frequentò anche lezioni di filosofia presso l’Università di Bonn.

Digressione: musicista come uomo di cultura In una lettera del 1809 agli editori Breitkopf e Hartel in cui sollecitava l'invio di molti libri scriveva: «Non c'è quasi trattato che sia oggi troppo dotto per me. Senza presumere di possedere una vera erudizione io mi sono sforzato fin dall'infanzia di comprendere il pensiero dei migliori e dei più saggi di ogni tempo. Vergogna all’artista che non considera una colpa il non spingersi almeno così lontano». Con ciò Beethoven intendeva affermare un ideale di musicista e di uomo antitetico al concetto di musicista come artigiano.

La biografia All’inizio dell’87 l’elettore gli rese possibile un viaggio a Vienna presso Mozart, ma il soggiorno fu interrotto dalla malattia della madre che ben presto morì. Ritornato a Bonn, il padre si abbandonò al vizio del bere e le responsabilità familiari ricaddero sul giovane Ludwig. Grazie alle raccomandazione del conte Waldstein, l’elettore concesse un secondo soggiorno viennese nel novembre del 1792: e fu per sempre.

La biografia A Vienna prese lezioni da Haydn (fu un rapporto di stima reciproca. Non a caso B. dedicò ad Haydn le Sonate op.2; poi nel ‘94 Haydn lasciò Vienna per Londra), da Schenk (che aveva corretto alcuni errori di Haydn nel contrappunto), da Albrechtsberger (contrappunto) e da Salieri (‘93-1802 di musica vocale e lingua italiana). L’ambiente viennese era molto stimolante per il giovane Beethoven e ben presto la nobiltà viennese apprezzò grandemente le qualità pianistiche di Beethoven anche per le sue libere improvvisazioni. Il 29 marzo 1795 si presentò al Burgtheater per il suo primo concerto pubblico (è lo stesso anno in cui pubblica i trii con pf. Op.1, prima opera che riconosce come degna di entrare nel suo catalogo)

La biografia Dal febbraio al giugno 1795 tenne vari concerti a Norimberga, Praga, Dresda e Berlino. Dal punto di vista familiare, non appena ebbe disponibilità economiche sufficienti fece arrivare a Vienna anche i fratelli, aiutandoli generosamente, finché non diventarono indipendenti. Attorno a lui si erano raccolti, infatti, tutta una serie di nobili estimatori tra cui: il barone Gottfried van Swieten; il principe Joseph Lobkowitz; il conte russo Andreas Razumovskij e il conte Moris Fries.

La biografia Il principale mecenate fu il principe Karl Lichnowsky che dal 1800 al 1806 gli concesse un assegno fisso annuo e che fu dedicatario di numerose opere beethoveniane. In ogni caso, a partire dal 1801-1802 Beethoven raggiunse un buon grado di sicurezza economica grazie anche alla vendita dei suoi lavori ai vari editori musicali. Vendeva, inoltre, nuove opere ad aristocratici e musicofili per una somma stabilita (dedica e diritto d’esecuzione per alcuni mesi). Poi si affacciarono anche editori stranieri e Beethoven raggiunse fama internazionale.

La biografia Negli ultimi dieci anni circa della sua vita godette di rendite cospicue procurategli dalla vendita delle sue composizioni. Talmente ottima era la sua situazione finanziaria da permettergli di abbandonare l’insegnamento privato, evitare occasioni effimere di composizione e addirittura arrivò a poter vagliare offerte, discutere compensi e contratti, richiedere anticipi ad editori, vendere persino la stessa opera a più editori contemporaneamente.

La biografia In effetti, già in una lettera che scrisse ad un amico nel 1801 si riteneva pienamente gratificato della posizione che aveva raggiunto nella sua carriera: Vuoi avere notizie sulla mia posizione. Ebbene, nel complesso non è affatto male […] Le mie composizioni mi rendono parecchio, e posso dire di ricevere più commissioni di quante sia in grado di portare a termine. Inoltre, per ogni lavoro posso contare su sei, sette editori, o anche di più, se lo voglio; non discutono nemmeno più con me: io fisso il prezzo e quelli pagano!

Digressione sulla libertà del musicista La musica deve impegnare tutto l'uomo e la condizione dell'artista non può che essere l'assoluta libertà da qualsiasi vincolo morale e materiale. Numerose sono le lettere in cui Beethoven riafferma questo ideale umanistico del musicista testimoniando inoltre la viva esigenza d'inserire la musica nel tessuto vivo della cultura. In una lettera del compositore a F. A. Hoffmeister scriveva ironicamente: «Nel mondo ci dovrebbe essere un'unica organizzazione di vendita dell’arte; l'artista dovrebbe inviare semplicemente là le sue opere e in cambio gli si darebbe tanto denaro quanto gli occorre per i suoi bisogni...».

Digressione sulla libertà del musicista Alcuni anni più tardi, nel 1809, in un abbozzo di contratto affermava: «Deve essere il fine e l'aspirazione di ogni vero artista di procurarsi una posizione in cui non infastidito da altri compiti o da preoccupazioni economiche ... possa votarsi alle composizioni di grandi opere da offrire al pubblico...».

La biografia Peraltro non bisogna dimenticare che Beethoven manteneva un livello di vita elevato e non sorprende quindi che nella sua esistenza avesse accumulato diversi debiti. Alloggio: ne cambiò una sessantina a Vienna Servitù: manteneva sempre due persone Vacanze: ogni anno affittava un appartamento per trascorrere la stagione estiva fuori città Famiglia: divenne ben presto sostegno di famiglia per i due fratelli minori, inoltre - dopo la morte del fratello (1815) - dovette sostenere spese legali per la tutela esclusiva (contrastata dalla madre del bambino di 9 anni) del nipote Karl e poi pagare per la sua educazione.

La biografia Gli anni dal 1798 al 1804 circa furono i più critici della vita di Beethoven perché furono segnati da profondi conflitti interiori e che ebbero ripercussioni considerevoli sulla sua personalità. Tale situazione fu causata da una malattia all’orecchio di cui non si conosce l’esatta diagnosi: forse si trattava di una otosclerosi, forse di una otite all’orecchio medio. I primi sintomi preoccupanti si erano manifestati nel 1788 o 1789, forse già nel 1786 (se facciamo riferimento al famoso Testamento di Heiligenstadt).

La biografia La malattia gli causava fastidio, talvolta dolore, e una parziale perdita dell’udito, che nei successivi vent’anni andò peggiorando fino a farsi totale nel 1822. In effetti, fin dal 1816 cominciò a fare uso di un cornetto acustico, mentre dal 1818 iniziò a comunicare con i visitatori con degli appositi quaderni di conversazione. Per un musicista che aveva davanti a sé una luminosa carriera di pianista virtuoso (l’esecuzione era stata fino ad allora la sua principale attività) la diminuzione dell’udito ebbe naturalmente un effetto drammatico.

La biografia Gli anni che trascorse in uno stato di disperazione e di angoscia (1798-1804) furono nondimeno anni di straordinaria ed intensa produttività. Nel 1801 scrisse ad un amico: «Vivo immerso nella mia musica e riesco appena a finire un pezzo che già ne inizio un altro. Al ritmo con cui ora compongo, produco spesso tre o quattro opere contemporaneamente.» Va inoltre tenuto presente che Beethoven – pur affetto da crescente sordità – sapeva esattamente che cosa voleva in merito al risultato sonoro delle sue composizioni. Come ogni musicista esercitato, egli aveva nella mente le sonorità che voleva realizzare, e infatti non sembra abbia composto molto al pianoforte.

La biografia Quale crisi interiore Beethoven stava attraversando a causa della sordità lo rivela un celebre documento dell’ottobre 1802, ritrovato tra le sue carte dopo la sua morte, e oggi conosciuto come «Testamento di Heiligenstadt» dal nome del villaggio (vicino a Vienna), dove si ritirò nella primavera-estate del 1802. Destinatario ideale del testamento, indirizzato ai fratelli Carl e Johann, è l’umanità in generale alla quale cerca di spiegare il suo stato di turbamento e la lotta che dovette sostenere prima di rassegnarsi al suo drammatico destino.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt (Heiligenstadt, 6 ottobre 1802) O voi, uomini che mi reputate o definite astioso, scontroso o addirittura misantropo, come mi fate torto! Voi non conoscete la causa segreta di ciò che mi fa apparire a voi così. Il mio cuore e il mio animo fin dall’infanzia erano inclini al delicato sentimento della benevolenza e sono sempre stato disposto a compiere azioni generose. Considerate, però, che da sei anni mi ha colpito un grave malanno peggiorato per colpa di medici incompetenti. Di anno in anno le mie speranze di guarire sono state gradualmente frustrate, ed alla fine sono stato costretto ad accettare la prospettiva di una malattia cronica (la cui guarigione richiederà forse anni o sarà del tutto impossibile).

Biografia: il testamento di Heiligenstadt Pur essendo di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi, a trascorrere la mia vita in solitudine. E se talvolta ho deciso di non dare peso alla mia infermità, ahimè, con quanta crudeltà sono stato allora ricacciato indietro dalla triste, rinnovata esperienza della debolezza del mio udito. Tuttavia non mi riusciva di dire alla gente: “Parlate più forte, gridate, perché sono sordo”. Come potevo, ahimè, confessare la debolezza di un senso, che in me dovrebbe essere più raffinato che negli altri uomini e che in me un tempo raggiungeva una grado di perfezione massima, un grado di perfezione quale pochi nella mia professione sicuramente posseggono, o hanno mai posseduto.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt Tali esperienze mi hanno portato sull’orlo della disperazione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita. La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto. Ah, mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo, prima di aver creato tutte quelle opere che sentivo l’imperioso bisogno di comporre; e così ho trascinato avanti questa misera esistenza – davvero misera, dal momento che il mio fisico tanto sensibile può, da un istante all’altro, precipitarmi dalle migliori condizioni di spirito nella più angosciosa disperazione.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt No, non posso farlo; perdonatemi perciò se talora mi vedrete stare in disparte dalla vostra compagnia, che un tempo invece mi era caro ricercare. La mia sventura mi fa doppiamente soffrire perché mi porta ad essere frainteso. Per me non può esservi sollievo nella compagnia degli uomini, non possono esserci conversazioni elevate, confidenze reciproche. Costretto a vivere completamente solo, posso entrare furtivamente in società solo quando lo richiedono le necessità più impellenti; debbo vivere come un proscritto. Se sto in compagnia vengo sopraffatto da un’ansietà cocente, dalla paura di correre il rischio che si noti il mio stato. E così è stato anche in questi sei mesi che ho trascorso in campagna.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt Invitandomi a risparmiare il più possibile il mio udito, quell’assennata persona del mio medico ha più o meno incoraggiato la mia attuale disposizione naturale, sebbene talvolta, sedotto dal desiderio di compagnia, mi sia lasciato tentare a ricercarla. Ma quale umiliazione ho provato quando qualcuno, vicino a me, udiva il suono di un flauto in lontananza ed io non udivo niente, o udiva il canto di un pastore ed io nulla udivo.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt Pazienza. Mi dicono che questa è la virtù che adesso devo scegliermi come guida; e adesso io la posseggo. Duratura deve essere, io spero, la mia risoluzione di resistere sino alla fine, finché alle Parche inesorabili piacerà spezzare il filo; forse il mio stato migliorerà, forse no, ad ogni modo io, ora, sono rassegnato. Essere costretti a diventare filosofi ad appena 28 anni non è davvero una cosa facile e per l’artista è più difficile che per chiunque altro. Dio onnipotente, che mi guardi fino in fondo all’anima, [che] vedi nel mio cuore e sai che esso è colmo di amore per l’umanità e del desiderio di bene operare. O uomini, se un giorno leggerete queste mie parole, ricordate che mi avete fato torto; e l’infelice tragga conforto dal pensiero di aver trovato un altro infelice che, nonostante tutti questi ostacoli imposti dalla natura, ha fatto quanto era in suo potere per elevarsi al rango degli artisti nobili e degli uomini degni.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt E voi, fratelli miei, Carl e Johann, dopo la mia morte, se prof. Schmidt sarà ancora in vita, pregatelo in mio nome di fare una descrizione della mia infermità e allegate al suo documento questo mio scritto, in modo che, almeno dopo la mia morte, il mondo ed io possiamo riconciliarci, per quanto possibile. – nello stesso tempo vi dichiaro qui tutti e due eredi del mio piccolo patrimonio (se possiamo chiamarlo così) - dividetelo giustamente, andate d’accordo e aiutatevi reciprocamente. Il male che mi avete fatto, voi lo sapete, vi è stato perdonato da lungo tempo. Ringrazio ancora in maniera particolare te, fratello Carl, per l’affetto che mi hai dimostrato in questi ultimi anni. Il mio augurio è che la vostra vita sia più serena e più scevra da preoccupazioni della mia. Raccomandate ai vostri figli di essere virtuosi; perché soltanto la virtù può rendere felici, non certo il denaro. Parlo per esperienza. È stata la virtù che mi ha sostenuto nella sofferenza. Io debbo ad essa, oltre che alla mia arte, se non ho messo fine alla mia vita col suicidio.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt State bene e amatevi – Ringrazio tutti i miei amici, in particolare il Principe Lichnowsky e il professor Schmidt. Vorrei che gli strumenti del principe Lichnowsky venissero custoditi da uno di voi, purché ciò non conduca ad un litigio tra di voi. Qualora non possano servire ad uno scopo più proficuo, vendeteli pure; quanto sarò lieto, se potrò esservi utile anche nella tomba – Ebbene, questo è tutto.

Biografia: il testamento di Heiligenstadt Vado con gioia incontro alla Morte – se essa venisse prima che io abbia avuto la possibilità di sviluppare tutte le mie qualità artistiche, allora, malgrado la durezza del mio destino, giungerebbe troppo presto; e indubbiamente mi piacerebbe ritardarne la venuta – Sarei però contento anche così; non mi libererebbe essa forse da uno stato di sofferenza senza fine?

Biografia: il testamento di Heiligenstadt Vieni dunque, Morte, quando tu vuoi, io ti verrò incontro coraggiosamente – Addio, non dimenticatemi del tutto, dopo la mia morte. Io merito di essere ricordato da voi, perché nella mia vita ho spesso pensato a voi, e ho cercato di rendervi felici – Siate felici – Heiligenstadt, 6 ottobre 1802 Ludwig van Beethoven

La biografia L’angoscia di Beethoven diminuì negli anni successivi: egli riuscì ad accettare la propria sordità immergendosi nel lavoro. L’isolamento e la solitudine rendevano però difficili i rapporti con altri uomini. Possedeva un carattere decisamente eccentrico e i suoi più intimi amici erano vittime delle sue maniere brusche e dei suoi continui sbalzi di umore: momenti di sfrenata allegria erano seguiti da furori improvvisi e da sconfinate espressioni di pentimento.

Scrive il suo biografo Schindler: La biografia Scrive il suo biografo Schindler: «La sua testa, che era insolitamente grossa, era coperta da lunghi capelli irsuti che, essendo sempre in disordine, conferivano al suo aspetto una certa aria selvaggia. Questa selvatichezza era notevolmente aumentata quando egli lasciava crescere una lunga barba, come spesso faceva.»

La biografia Fin dalla gioventù Beethoven ebbe difficoltà nello sviluppare una relazione affettiva seria e duratura con una donna. Secondo le testimonianze dei suoi amici, egli era di solito innamorato, ma di solito aveva delle donne amate una concezione ideale che non corrispondeva alla realtà. Per quanto ne sappiamo l’unica donna che forse corrispose alle sue missive fu la cosiddetta «Immortale Amata», tal Antonie Brentano, una nobile sposata e con quattro figli. Di fatto, però la lettera, scritta nel luglio del 1812, non fu mai spedita e rimase tra le carte di Beethoven…

La biografia Dal 1815 inizia il periodo più difficile perché alcuni suoi protettori morirono, altri lasciarono Vienna, altri ancora lo abbandonarono. Costituì gradualmente una nuova cerchia di amici tra cui Diabelli, Haslinger, Steiner e la famiglia Streicher, proprietaria di una fabbrica di pianoforti nella cui casa vi era una sala privata da concerto, dove si riunivano intenditori e musicofili. In una seconda cerchia di amici si contavano giornalisti e direttori di giornali di Vienna. Questi si ritrovavano nelle taverne e nei ristoranti della città austriaca.

Muore nel 1827 durante un temporale. La biografia Dopo il 1815 la salute di Beethoven inizia a deteriorarsi e rallenta molto la sua produzione. Oltre al notevole peggioramento dell’udito, verso il 1820-21 apparvero i primi sintomi di un disturbo epatico, che sembra essere stata causato dalla sua notevole assunzione di bevande alcoliche e che infine si sviluppò in una cirrosi epatica. Muore nel 1827 durante un temporale. Immagine romantica dell’uomo che scaglia un pugno verso l’alto motivata da un punto di vista medico dall’intossicazione cui era stato sottoposto il suo fisico.

Le malattie di Beethoven Vaiolo (viso «butterato») in giovane età Tifo Problemi digestivi Brucellosi (assunzione di acqua inquinata) Miopia Ipoacusia Polmonite (1827) Idropisia (legata alla cirrosi)

Il primo periodo (1770-1802) Il primo periodo, della formazione, comprende le opere giovanili legate ad Haydn e ai modelli settecenteschi sui quali Beethoven si era formato. Questo periodo termina intorno al 1802 e corrisponde grosso modo al periodo della stesura del testamento di Heiligenstadt (testamento). (Opere: primi tre concerti per pf., trii con pf op.1, quartetti op. 18, sinfonie 1 e 2)

Il secondo periodo (1803-1816) Il secondo periodo comprende le opere più celebri di Beethoven (la conoscenza di Beethoven presso i compositori romantici si deve proprio alla diffusione di queste opere). Esso termina intorno al 1815-16 gli anni tristi dei dissidi con la madre di Karl (suo nipote di cui aveva la patria potestà) e della delusione amorosa. Opere: Sinfonie 3– 8; Fidelio, quartetti op. 59, concerti per pianoforte 4 e 5

Il terzo periodo (1816 – 1827) Il terzo periodo, a cui appartengono gli ultimi sei quartetti, le ultime cinque sonate per pianoforte, la nona sinfonia e la missa solemnis è quello delle opere "difficili", delle opere non comprese né dai contemporanei, né dai posteri. Queste composizioni furono giudicate "bizzarre" e ricondotte alla tragica sordità che attanagliava il compositore negli ultimi anni.

Le meditazioni del musicista romantico Molti musicisti romantici hanno meditato e scritto sulla loro arte, - Beethoven, Hoffmann, Schumann, Berlioz, Weber, Liszt, Wagner ecc. - e i loro scritti rappresentano un documento del massimo interesse per poter tracciare una linea della storia dell'estetica musicale nel romanticismo. Beethoven tuttavia, meriterebbe un posto particolare: la sua opera, la sua vita, il suo destino sfortunato sono diventati simboli nel romanticismo e hanno alimentato una vasta letteratura che spesso ha mitizzato la sua figura.

Gli scritti di Beethoven L'ideale della musica e del musicista romantico trovano in Beethoven il modello più perfetto e la sua arte è stata considerata per molti decenni come il punto culminante della storia della musica. Anche se, come si è detto, Beethoven è stato un mito non solo musicale, ma anche estetico, culturale e politico per buona parte dell'Ottocento, in questa sede interessa soprattutto per i suoi scritti.

Più sensibile e più colto Beethoven ha lasciato infatti con i suoi quaderni di conversazione – è noto che negli ultimi anni la sordità lo costringeva a comunicare col prossimo per iscritto - con il suo ricco epistolario, una preziosa testimonianza del suo pensiero. Beethoven, vissuto nell'epoca di passaggio tra l'illuminismo e il romanticismo ha raccolto con la sua pronta sensibilità e con la sua vasta cultura gli echi del profondo travaglio della sua età. Rileggendo il suo epistolario e i quaderni di conversazione rimastici, si trova una insospettata ricchezza e profondità di pensiero che rivela una cultura non comune: Beethoven lesse filosofi, poeti, storici e critici e il suo sapere era ben più vasto rispetto alla normale cultura di un musicista.

Musicista come uomo di cultura In una lettera del 1809 agli editori Breitkopf e Hartel in cui sollecitava l'invio di molti libri scriveva: «Non c'è quasi trattato che sia oggi troppo dotto per me. Senza presumere di possedere una vera erudizione io mi sono sforzato fin dall'infanzia di comprendere il pensiero dei migliori e dei più saggi di ogni tempo. Vergogna all’artista che non considera una colpa il non spingersi almeno così lontano». Con ciò Beethoven intendeva affermare un ideale di musicista e di uomo antitetico al concetto di musicista come artigiano.

Il lungo processo creativo Questo senso d'insofferenza per tutti quei legami e condizionamenti che i musicisti del passato sopportavano senza neppur pensare alla possibilità di mutarli, in Beethoven è unito alla viva coscienza dell'individualità della propria opera. In una conversazione con Louis Schlösser del 1822 o 23 analizza lucidamente tutto il processo creativo mostrando come la stesura fosse preceduta da un lungo travaglio, da una paziente meditazione. Così si spiegava: «lo porto i miei pensieri con me per molto tempo prima di trascriverli. Posso fidarmi della mia memoria ed essere certo che, una volta trovato un tema, non lo dimenticherò anche dopo anni...».

Il lungo processo creativo Continuando ad esporre il lento lavorio creativo così conclude: «Voi mi chiedete donde provengano le mie idee. lo non posso rispondere con certezza: esse nascono più o meno spontaneamente. Le afferro con le mani nell'aria, passeggiando nei boschi, nel silenzio della notte, o agli albori del giorno. Stimolato dai sentimenti che il poeta traduce in parole, ed io in suoni che riecheggiano dentro di me e mi tormentano fino al momento in cui infine mi stanno dinnanzi nella forma di note».

L’estetica romantica Questi e numerosi altri frammenti pur non avendo un particolare valore da un punto di vista strettamente estetico e filosofico, testimoniano soprattutto il senso prettamente romantico della missione dell'artista e del musicista, del valore della propria opera e della individualità e rappresentano il sostrato culturale su cui si è sviluppata la concezione romantica della musica.

Premessa alle sinfonie Appartengono ai tre periodi creativi beethoveniani e più precisamente trascorsero una dozzina d’anni tra la Prima e l’Ottava e, dieci anni dopo, fu composto il capolavoro della Nona. La fama di Beethoven è legata soprattutto alle sinfonie. Considerate come vertici e pietre miliari della sua produzione, furono sottoposte ad una mitologia e ad una ermeneutica che si esercitarono nella ricerca di significati; tra tutte quelle più famose furono quelle di Wagner.

Premessa alle sinfonie Già in precedenza Schumann aveva avanzato l’ipotesi - così come ci suggeriscono ad esempio la Pastorale e la Sonata per pf «Gli Addii» - che ogni composizione di Beethoven possedesse un significato. Secondo l’allievo Karl Czerny ognuna delle sue composizioni esprime uno stato d’animo o un’idea particolare e ben definita alla quale Beethoven rimane fedele nei dettagli (1847).

Premessa alle sinfonie Secondo Wagner – che nel 1852 si accinge a spiegare l’ouverture del Coriolano – «Il tratto caratteristico delle grandi composizioni di Beethoven è il fatto che esse sono veri e propri poemi, e che in esse vi è inteso di rappresentare un vero e proprio soggetto. Ora la difficoltà di capirle consiste nella difficoltà di scoprire con sicurezza il soggetto rappresentato…Beethoven era completamente assorto in esso…nella sua preoccupazione egli ritenne del tutto superfluo dare speciale indicazione di questo soggetto, oltre a quella che veniva data dalla composizione in sé.» In seguito nasceranno vere guide alle sinfonie di Beethoven alla ricerca di questi significati e l’ermeneutica venne esercitata non solo durante l’Ottocento, ma anche nel Novecento con i vari Rolland, Schering e Breuers.

L’orchestra nelle sinfonie: l’opinione di Stravinskij «Alcuni affermano che Beethoven strumentasse male, che la sua sonorità fosse povera. Altri vogliono ignorare questo aspetto, considerando la strumentazione come elemento secondario e non ammettendo che «le idee». […] La verità è che la musica di Beethoven, strettamente legata al suo linguaggio strumentale, ha trovato sobrietà di quest’ultimo l’espressione più precisa e più perfetta.

L’orchestra nelle sinfonie: l’opinione di Stravinskij «Manca di acutezza chi la ritenga povera! L’autentica sobrietà è la virtù più rara e più difficile da raggiungere. […] Gli uni come gli altri commettono l’errore fondamentale di considerare la strumentazione al di fuori della musica che ne costituisce l’oggetto!» Queste parole di Stravinskij ci comunicano un concetto essenziale: Beethoven pensa orchestralmente la propria musica, non si limita ad orchestrare. Gran parte della sue opere orchestrali non sono neppure immaginabili con una diversa strumentazione. Per fare un confronto con l’arte figurativa, in Beethoven l’orchestra non è il colore steso dal compositore sulle note: è essa stessa «pittura», senza differenza tra disegno e colore.

L’orchestra nelle sinfonie In effetti, Beethoven utilizza l’orchestra come un elemento attivo del «processo formale», rende il corpo orchestrale dinamico, così come sono nel suo stile pianistico i diversi registri e le intensità. I «pieni e i vuoti», gli accumuli di tensione vengono rafforzati dalla divisione dell’orchestra in più gruppi che si alternano, si uniscono, si accumulano, dando l’impressione di scavare lo spazio della materia sonora.

L’orchestra nelle sinfonie Un altro elemento di novità consiste nell’ampliamento progressivo dell’organico orchestrale nel corso della carriera del musicista. La 1° e la 2° utilizzano l’organico delle «Londinesi» di Haydn con i legni a coppie con timpani e archi. In particolare, nella 1° articola come Haydn tutti i movimenti con tutto l’organico (Mozart nell’adagio riduce gli strumenti per trovare un suono più intimo) Nella 3° si arriva a 3 corni Nella 5° si aggiungono ottavino, controfagotto e 3 tromboni

L’orchestra nelle sinfonie Nella 6° il colore risulta inconfondibile con l’organico al completo (ai soliti fiati si aggiungono ottavino, trombe, tromboni e timpani) solo nel 4° movimento, il famoso Temporale. Nel 3° movimento sono aggiunte solo le trombe, mentre nel 5° sono esclusi ottavino e timpani. Nella 9°, infine, si aggiungono voci (soli e coro) e nell’ultimo movimento ci sono 3 tromboni, ottavino, controfagotto e «musica turca» con triangolo, piatti e gran cassa.

Il gioco dei timbri E nel percorso espressivo della sinfonia anche i singoli strumenti rivestono un ruolo preciso, come – ad esempio – nella 6° il timpanista stia per la maggior parte del tempo seduto senza suonare e compaia solo nel Temporale (4° movimento), così come nella 9° è nello Scherzo che fagotto e timpani possiedono un ruolo solistico rilevante.

Il gioco degli strumenti Beethoven per aumentare il senso di tensione gioca con i timbri orchestrali e in alcune situazioni sostituisce lo strumento che naturalmente avrebbe dovuto suonare quel «passo». Così avviene nel primo movimento della 3°. L’inizio dei violoncelli (bb.3-8), che poi passa ai fiati (bb.15-18) per poi concludersi nell’intera orchestra (bb.37-42) è un tipico «passo» da corno, ma dobbiamo attendere la ripresa (343-346) per ascoltarlo suonato proprio dal corno.

Il gioco degli strumenti Nel secondo movimento della 4° sinfonia l’alternanza MiB-SiB-Mib-SiB (ripetizioni di ritmo puntato della medesima alternanza tra tonica e dominante) che sembra un tipico gesto da timpani, viene suonato prima dai violini II, poi dalle viole, poi dall’intera orchestra, poi dai fagotti e solo poco prima della «ripresa» compaiono i timpani.

Sinfonie a coppie e la Quinta Inoltre, Beethoven in qualche caso concepisce le Sinfonie quasi fossero a coppie (anche se antitetiche). E’ il caso della 5° op.67 e della 6 op.68, così come la 7° op.92 e l’8° op.93, sinfonie decisamente complementari tra loro nel carattere e soprattutto nella sostanza orchestrale. Nella 5°, inoltre, i timpani rivestono un ruolo fondamentale nell’articolare la forma e nel sottolineare i punti nei quali i «quattro colpi del destino» devono suonare più drammatici e coinvolgenti: nella «Ripresa» e nella «Coda» del primo movimento, ad esempio.

Sinfonie a coppie: la Quinta Ma anche la meravigliosa transizione tra 3° e 4° movimento (sono uniti senza soluzione di continuità) che prepara l’ingresso di ottavino, controfagotto e tromboni, comincia con un misterioso Pianissimo nel quale risuonano (III° mov. 324-327) proprio i quattro colpi.

L’alternanza dei movimenti Beethoven - ad eccezione della 6° - concepisce tutte le sinfonie nei classici 4 movimenti, con la classica alternanza di Haydn e di Mozart in Allegro-Adagio-Scherzo-Finale. Solo con la 9° (ricca peraltro di numerosissimi cambiamenti agogici) l’ordine dei movimenti viene modificato con lo Scherzo al secondo posto e l’Adagio al terzo. Il mantenere lo schema haydniano – contrariamente a quello che aveva già realizzato nelle sonate per pianoforte – è finalizzato al fatto che nelle sinfonie il pubblico è più ampio e meno d’elite, quindi necessita di una maggior rispetto dei canoni formali classici.

Sinfonie e concerti Confrontando Sinfonie e Concerti si nota, infine, una singolare differenza: tutti i sette concerti (5 per pf.; 1 per vl.; il triplo) hanno un finale in forma di rondò, funzionale all’ostentazione del virtuosismo e alla contrapposizione solista/orchestra. Manca la necessità di una sintesi finale, come nelle sinfonie. Nelle Sinfonie, al contrario, la dicitura Rondò non viene mai utilizzata (solo nella 6° il finale è un rondò, ma si giustifica per il carattere contemplativo della stessa).

Sinfonie e concerti e l’esecuzione delle sinfonie In effetti, la forma di rondò – basata sulla circolarità, sul ritorno e priva di uno sviluppo e contraddistinta da diverse sezioni «esterne» (sono i couplets), era evidentemente poco adatta a sostenere la concezione drammatico e dialettica della sinfonia, dove invece prevale il contrasto e la sintesi finale. L’esecuzione delle sinfonie era rivolto ad un pubblico di kenner che frequentava le «accademie di musica» e che cercava un genere meno «frivolo e spettacolare» rispetto ai concerti; stile che doveva rispettare maggiormente i canoni classici, senza troppe sperimentazioni, almeno in apparenza.

In Francia il pianoforte arriverà solo agli inizi dell’800 Il creatore del “gravicembalo con il piano e con il forte” fu il fiorentino Bartolomeo Cristofori che alla corte fiorentina dei Medici realizzò nel 1690 il primo strumento con martelletti e smorzatori I risultati verranno pubblicati nel 1709, ma in seguito non verranno prodotti pianoforti in Italia Bisogna andare in Germania (Johann Andreas Stein) e in Inghilterra (John Broadwood) In Francia il pianoforte arriverà solo agli inizi dell’800

Il pianoforte Tra il 1760 e il 1800 con la nascita dello stile galante e con la diffusione del dilettantismo aumenta considerevolmente la produzione di musica per strumento a tastiera. Alla sonata a due con il violino dominante si aggiunge a Parigi la sonata per pianoforte e violino ad libitum grazie a Johann Schobert (modello poi seguito da Mozart nel 1778 nelle sonate K301 e nelle prime sonate di Beethoven (1802), la n°3 specialmente)

Che consente una ripetizione della stessa nota con maggior prontezza Sebastien Erard Se il modello di Bartolomeo Cristofori prevedeva il sistema dello scappamento singolo, nel 1820 Erard introdusse il doppio scappamento Che consente una ripetizione della stessa nota con maggior prontezza Inoltre il sistema di Erard – passando dal telaio in legno a quello in ghisa - permette l’incordatura incrociata, consentendo tensioni più elevate e corde dal calibro più grosso

Il pianoforte Steinway Il “vero” pianoforte moderno nasce a New York nel 1855 (il brevetto è del 1876) grazie alla ditta Steinway & Sons che introduce l’impiego di un telaio metallico realizzato in un unico blocco fuso Si passa dalle 6 alle 7 ottave e mezzo Parallelamente durante i primi anni dell’800 iniziano a svilupparsi diverse forme di pianoforti verticali, evoluzione dell’ingombrante pianoforte piramidale

Due modelli di pianoforti a piramide

Dal clavicembalo al pianoforte Il periodo del forte piano va dal 1770 al 1830 anche se a Vienna si utilizzeranno Forte piano almeno fino al 1870-80 Un autore che segna il passaggio tra i due strumenti è Muzio Clementi, anche se Mozart li impiegò entrambi, così come Boccherini (op.5 composta per clavicembalo e vl.; in seguito per pianoforte e vl.) Clementi fu tra i divulgatori di Scarlatti pubblicando ancora gli Esercizi

Beethoven e il pianoforte Fin da quando si esibì in pubblico, Beethoven fu unanimemente considerato uno dei maggiori pianisti del suo tempo, e le descrizioni del suo modo di suonare sono spesso entusiastiche, o addirittura estasiate. Beethoven deve essere stato uno dei massimi improvvisatori di ogni tempo, fin dagli anni giovanili, quando gli veniva chiesto di descrivere al pianoforte il carattere di questa o quella persona conosciuta.

Beethoven e il pianoforte Durante la vita del compositore il pianoforte attraversò una fase di straordinaria trasformazione, aumentando sia l’estensione, sia nella potenza sonora; e Beethoven ebbe un ruolo di primo piano in questa trasformazione. Egli, infatti, cambiava spesso pianoforte, mantenendosi in contatto con i costruttori, ai quali chiedeva di realizzare strumenti più sonori e robusti.

Beethoven e il pianoforte Le prime composizioni orchestrali importanti sono il Primo concerto per pianoforte op.15 e la Prima Sinfonia, op.21 entrambe terminate nel 1800. Gli ultimi anni del ‘700 vedono del resto un notevole ampliamento del pubblico interessato alla musica «seria» strumentale, ampliamento dovuto ad una classe borghese impaziente di conquistare, anche dal punto di vista culturale, oltre che sociale ed economico, parte dei privilegi riservati soprattutto agli aristocratici.

Beethoven e il pianoforte E’ a questo pubblico (più grosso, ma meno preparato) che Beethoven si rivolge con le sue composizioni «pubbliche» come concerti e sinfonie, brani composti per grandi sale e folto pubblico. Più grande la sala, più sonoro deve essere lo strumento solista e più ampio l’organico orchestrale.

Beethoven e il concerto per pianoforte I concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven - tutti nei canonici tre movimenti (di solito: Allegro, Adagio, Rondò) - si caratterizzano per delle peculiarità tipiche dell’organico, oltre alla dialettica tra orchestra e strumento solista. Il primo movimento è quello nel quale è presente al completo l’organico orchestrale; Il secondo si riducono gli strumenti , soprattutto quelli più squillanti, come per esempio nel 1° concerto dove non si sono trombe e timpani, ma anche flauti e oboi per lavorare su degli impasti sonori particolari tra primo clarinetto e pianoforte (che spesso dialogano); Il terzo più leggero e giocoso possiede sempre toni molto brillanti, come ad esempio nel 1° concerto, dove sono presenti temi dal carattere di danza.

Concerto n°1 per pianoforte e orchestra in do minore Allegro con brio Largo Rondò: Allegro scherzando Composto tra il 1795-98 e rivisitato nel 1800 Straordinario pianista oltre che compositore, Beethoven era solito scrivere i lavori solistici prima di tutto per le proprie esibizioni: in una Vienna inflazionata di virtuosi, i frequenti concerti pubblici e privati rendevano indispensabile un repertorio vasto e sempre aggiornato.

Concerto n°1 per pianoforte e orchestra in do minore Sebbene di chiara ascendenza mozartiana, il Concerto presenta alcuni tratti stilistici estremamente peculiari a cominciare dal robusto pianismo che sorregge il tema estroverso dell’Allegro. Originale è il colore “quasi siderale” del Largo, in cui emerge un dialogo intimo tra clarinetto e pianoforte. Alla virile energia ritmica del Rondò segue una Coda inaspettatamente calma, quasi un arresto completo, infranto però dall’improvviso scoppio finale.

2° Concerto per pianoforte e orchestra Op.19 in si bemolle maggiore Allegro con brio Adagio Rondò: molto Allegro Composto tra il 1794-95 e rimaneggiato nel 1798 “Uno studio ininterrotto Vi permetterà di ritrovare, attraverso le mani di Haydn, lo spirito di Mozart”: il profetico augurio che il conte Waldstein aveva affidato al giovane Beethoven in partenza da Bonn sembra pienamente avverarsi in questo lavoro.

2° Concerto per pianoforte e orchestra Op.19 in si bemolle maggiore È esplicito infatti il riferimento a Mozart nell’Allegro iniziale, diviso fra un primo tema ritmico e un secondo melodico, mentre l’Adagio evoca la solenne processione dei sacerdoti nel Flauto magico.  Il Rondò, brillante e ricco di humour, non è quello concepito in origine, dal carattere pastorale di stampo mozartiano, ma una pagina (scritta pare in una sola notte) assai più vicina per concezione ai finali degli ultimi Concerti.

Prima esecuzione: 2 aprile 1800, Teatro di Porta Carinzia La sinfonia n°1 Gestazione: tra il 1799 e il 1800, quando inizia a sentirsi pronto per il genere della Sinfonia, dopo aver composto i Trii op.1, le Sonate per pf op.2, Quartetti op.18, e le Sonate per violoncello e pf. Op.5. Schizzi e abbozzi: risalgono a 10 anni prima. Nei quaderni beethoveniani, infatti, Gustav Nottebohm trova qualcosa tra il 1788 e il 1790. Più precisamente, rinviene il tema del Finale in un quaderno del 1795-96. Prima esecuzione: 2 aprile 1800, Teatro di Porta Carinzia

La sinfonia n°1 La prima esecuzione avvenne durante una lunga «accademia di musica» nella quale vennero eseguite anche le seguenti opere: Sinfonia di Mozart - Aria dalla Creazione di Haydn - Concerto per pf. di Beethoven Settimino di Beethoven - Duetto dalla Creazione - Sinfonia n°1 di Beethoven La fortuna: elogi dalla Allgemeine Musikalische Zeitung, ma anche qualche critica per l’eccessiva presenza dei fiati.

Che periodo sta attraversando Beethoven? Sinfonia n°1 Che periodo sta attraversando Beethoven? Un periodo esistenziale felice perché si era appena fatto apprezzare come pianista in un tour del 1796 (Praga e Berlino) A Vienna era stato definito «un genio musicale» dall’Annuario Musicale La nobiltà e l’alta borghesia accorre alle sue accademie Gli editori gli aprono le porte (e lo stesso Beethoven si premura di precisare che una Sinfonia valeva più di una Sonata o di un Trio)

Sinfonia n°1 – Organico e dialettica tra gli strumenti nel primo allegro L’Organico è lo stesso delle «Londinesi» di Haydn con i fiati a due 2 2 2 2 - 2 2 0 0 tmp – archi Dialettica archi fiati nell’allegro Esposizione: dialettica archi-fiati (4 battute archi – 2/3 fiati; 4 battute archi – 2/3 fiati; 2 archi – 2 fiati; 1 archi – 1 fiati) Sviluppo: dialettica ancora più incalzante e insistente Ripresa: finalmente l’orchestra di compatta

2 archi – 2 fiati; 1 archi – 1 fiati) Sinfonia n°1 – Organico e dialettica tra gli strumenti nel primo allegro Il primo movimento è caratterizzato da un’intensa dialettica tra archi e fiati Esposizione: dialettica archi-fiati (4 battute archi – 2/3 fiati; 4 battute archi – 2/3 fiati; 2 archi – 2 fiati; 1 archi – 1 fiati) Sviluppo: dialettica ancora più incalzante e insistente, che rende ancora più accentuato il senso di risoluzione e riunificazione dell’intera orchestra all’inizio della ripresa. Risulta ancora più accentuato e liberatorio! Ripresa: finalmente l’orchestra di compatta. Quindi la ripresa non appare solo come punto di arrivo del processo tematico e formale, ma anche come il risultato di un processo di fusione delle varie componenti dell’orchestra, che il compositore ci ha presentato separatamente all’inizio del brano.

Sinfonia n°1 - Torniamo all’inizio Adagio molto Inizio come fosse una sorta di «pronao», ovvero il portale di un tempietto classico con fiati che spiccano sugli archi pizzicati, cui seguono 12 battute piane e distese (a b.8 arriviamo in tonica) Molto diverso dalla Sinfonia n°36 «Linz» K425 di Mozart (1783) che inizia anch’essa con un Adagio seguito da un Allegro. Le prime 19 battute dell’adagio in 3/4 sono ricche di fermenti contrastanti su un terreno armonico decisamente inquieto.

Sinfonia n°1 Inizio spiazzante: perché sul battere di b.1 viene inserito un accordo di 7° di dominante di fa maggiore (V grado di do magg., tonalità d’impianto) che avrà sicuramente colpito le orecchie degli ascoltatori anche perché sottolineato da un fp Cosa analoga avverrà nell’ouverture del balletto Le creature di Prometeo op.43 Il critico del «Berlinische Musikalische Zeitung» lo aveva definito un colpo di genio beethoveniano che forse non tutti gli spettatori erano riusciti a cogliere.

Sinfonia n°1 – Allegro - Esposizione 1° tema (13-33) tema semplice e solare con andamento di marcia dai ritmi squadrati con semplici intervalli di 4° e di 5° ascendenti che ben rimane nelle orecchie; così come a bb.16-17 la figurazione che i maestri di Mannheim chiamavano raketen (razzi). Tema tutto nervi ed ossa secondo Pestelli. Sono state trovate affinità con dei lavori di Kreutzer (molto stimato da Beethoven) e con un’ouverture (Il Sylvain) di Gretry, rappresentata a Bonn nel 1777.

Sinfonia n°1 – Allegro - Esposizione Tranzione/Ponte modulante (33-52) Con elementi melodici nuovi, sempre affidati agli archi e subito dopo ai fiati Orchestra compatta (36-45) verso il fortissimo e in progressione Episodio cadenzante (45-52) 2° tema (53-100) prima oboe e flauto; poi violini primi che dialogano con oboe e flauto (61-65) con alternanza di una battuta per archi e una per i fiati; orchestra si ricompatta da battuta 65.

Sinfonia n°1 – Allegro - Esposizione Elemento ritmico (69-77) con dei ribattuti di sedicesimi degli archi Si riascolta il 2° tema variato (77-88) che passa tra fagotto e oboe Si riascolta la «testa» del 1° tema (88-90) con l’orchestra compatta Coda (100-109)

La sinfonia n°1 – Allegro - Sviluppo Sviluppo con citazioni nella prima parte del 1° tema; nella seconda parte del 2° tema. Anche nello sviluppo continua la dialettica tra archi e fiati: anzi si accentua e assume toni più incalzanti e persino drammatici. Da un punto di vista armonico questo sviluppo presenta delle analogie con la Jupiter - la Sinfonia n°40 K550 di Mozart – per i rapidi spostamenti di tonalità. Prima della ripresa incontriamo una cesura (172-177) con l’impiego di lunghe «fasce sonore»

Sinfonia n°1 – Allegro - Ripresa Ripresa (178-fine) Nella ripresa Beethoven fa intervenire tutto l’organico compatto, come fosse la risposta alla dialettica tra le voci dell’esposizione e della ripresa. 1° tema (178-188) Transizione/Ponte modulante (188-205) 2° tema (205-222) Elemento ritmico (222-231) Dialogo tra oboe e fagotto (232-241) Ritorno del 1° tema (241-259) Coda (260-298) con inserimento di trombe e timpani che conferiscono un tono militare

Sinfonia n°1 – Andante cantabile con moto Di solito Beethoven impiega tempi più spediti e meno contemplativi (ad eccezione della 3°, 4° e 9°) Movimento dal semplice lirismo che richiama un’atmosfera da musica «galante»; è un clima da socievole serenata da «Settecento agghindato» (con trombe e timpani) Alcuni parlano di affinità con l’Andante della K550, ma questa si ritrova solo nella scelta del tempo ternario perché i caratteri sono opposti. La K550 è austera, la Sinfonia n°1 è serena.

Sinfonia n°1 – Andante cantabile con moto- ESPOSIZIONE Forma sonata bitematica 1° tema (1-26) caratterizzato da un semplice lirismo; il tempo in 3/8 conferisce un tono di danza leggiadra e galante 1° tema diviso in due parti: 1° (1-20) melodia; 2° (20-26 parte cadenzante Tema enunciato con un semplice contrappunto (bb.6, 10 e 11) che si apre dal basso e procede verso le voci più acute degli archi e poi dei fiati nella dinamica del pianissimo

Sinfonia n°1 – Andante cantabile con moto 2° tema (26-53) prima enunciato dagli archi; poi (da b.34-42) dal flauto; cui segue una parte manierata e cadenzante (42-53) nella quale si opera sempre con la dialettica archi-fiati. Coda (53-64, fine) caratterizzata dalla leggerezza delle terzine dei primi e dei flauti con orchestrazione trasparente e lieve ad eccezione dal ritmo incalzante e ostinato di trombe e timpani, soprattutto.

Sinfonia n°1 – Andante cantabile con moto -SVILUPPO Sviluppo (64-100) con elementi che ricordano vagamente il 2° tema, anche se in questo caso la melodia si «apre» verso l’alto. Prima entrano archi (64-70); poi i fiati con accompagnamento di archi (70-81); poi orchestra compatta (81-93) con una parte cadenzante finale (94-100) In particolare gli archi da battuta 70 a 80 riprendono il ritmo incalzante dei timpani della coda, mentre i fiati fanno risuonare vari salti – sottolineati da uno sforzato - che si assottigliano gradualmente (7°, 6°, 5°, 4°) Da battuta 80 a 93 l’orchestra compatta con archi e fiati che suonano la stessa figurazione, mentre il ritmo incalzante puntato torna ai timpani.

Sinfonia n°1 - RIPRESA Dopo la parte cadenzante, appare la ripresa (100-195). Il 1° tema (100-126) è sempre esposto dai 1° violini, ma non c’è più il contrappunto degli archi, perché a b.105 entra il fagotto, poi l’oboe (b.111) e poi il flauto (b.113) con tutta l’orchestra. Segue una parte cadenzante (120-126) Segue il 2° tema (126-153) diviso in due parti come nell’esposizione. 1° parte (126-142) con tema esposto da archi; poi da fiati (fl. e ob.) (b.134) 2° parte (142-153) parte cadenzante prima archi, poi orchestra piena, ma senza trombe e timpani

Da 163 a 182 mentre i fiati cantano, gli archi ribattono i sedicesimi Sinfonia n°1 - RIPRESA Coda (153-195, fine) orchestrazione leggera contraddistinta sempre dalle terzine di archi e flauti e ritmo ossessivo dei timpani con trombe a fasce sonore. Da 163 a 182 mentre i fiati cantano, gli archi ribattono i sedicesimi Nelle ultime battute (182-190) ricompare il ritmo puntato incalzante negli archi Le ultimissime battute (190-195) ricompare la dialettica archi-fiati con un finale compatto.

Sinfonia n°1 – Menuetto, allegro molto vivace Già dall’indicazione agogica «allegro molto vivace» si capisce che sono in apparenza è un Minuetto perché la sua velocità è quella di uno Scherzo. Il termine Scherzo Beethoven preferisce impiegarlo nella produzione pianistica, dove possedeva un linguaggio più evoluto e dove c’era un pubblico di «addetti ai lavori». Paradossalmente il vero Minuetto sembra l’Andante cantabile per le sue movenze di danza conferite dalla scelta di impiegare un tempo ternario.

Sinfonia n°1 – Menuetto, allegro molto vivace Forma chiusa: A – :II: B – Coda – A Coda :II: A (1-8) sezione affidata in toto agli archi tranne le ultime due battute con dinamica che passa dal piano al forte. Il tema – staccato - è una semplice scala che passa per grado congiunto dal 1° al 5° grado per poi discendere con un salto di 5°. B (8-44) con archi e fiati che suonano un tema legato e non staccato come A Coda (33-44) affidata esclusivamente agli archi* i fiati suonano solo brevi incisi di due battute

Sinfonia n°1 – Menuetto, allegro molto vivace e TRIO A (44-58) con orchestra al completo Coda (58-79) caratterizzata dagli sforzati e dal i crescendo conclusivo. TRIO C (79-103) con entrate divise tra fiati e archi, che diventano sempre più ravvicinate (97-107) e una tessitura compositiva molto diversa tra fiati (fasce sonore) e archi (movimenti sinuosi di tipo prevalentemente diatonico) D (103-137) dialettica sempre più incalzante tra fiati e archi; l’orchestra si ricompatta da b.126 a 137

Sinfonia n°1 – Adagio - Allegro molto e vivace Movimento che ha stupito molto i critici (alcuni direttori addirittura lo tagliarono), ma che serve come introduzione all’Allegro molto e vivace. Genesi: fu il primo movimento della sinfonia ad essere composto e avrebbe dovuto far parte di un’altra sinfonia, rimasta peraltro incompiuta Forma: sonata, anche se la leggerezza del tema e i suoi ritorni lo fanno assomigliare ad un rondò Stile: leggero e molto vicino a quello di Haydn

Sinfonia n°1 – Allegro molto e vivace Esposizione Forma sonata bitematica, tripartita 1° tema (6-30) leggero e sereno con i fiati che entrano solo da metà. In particolare, prima i fagotti (bb.15-16), poi i corni (21) ed infine i flauti (24-25) con parte conclusiva (21-30) che ricorda festosi motivi di marcia. Transizione/Ponte modulante (30-56) con orchestra prima divisa tra archi e fiati, che poi si ricompatta (39-56)

Sinfonia n°1 – Allegro molto e vivace - Esposizione 2° tema (56-85) affidato a primi e secondi violini, mentre fiati suonano «fasce sonore». Seconda metà del tema si divide in due parti: 1° parte (70-78) con progressione 2° parte (78-86) con elementi cadenzanti Coda (86-97) con la «testa» del 1° tema presentata dai violini primi.

Sinfonia n°1 – Allegro molto e vivace Sviluppo Innanzi tutto lo sviluppo viene concepito con una dinamica molto variabile con passaggi dal piano (b.96) al pianissimo (106), con zone di fortissimo (108). Poi nuovamente piano (116-139) per concludersi in forte (140-148) e terminare con una sezione piena di sforzati (148-163), sempre più ravvicinati. Dal punto di vista dell’organico vi è la solita dialettica archi-fiati, fino a quando l’orchestra si ricompatta (bb.140-163) nel forte (140-143) e nel fortissimo (144-148) fino agli sforzati (148-163).

Sinfonia n°1 – Allegro molto e vivace Ripresa 1° tema (163-178) Transizione/Ponte modulante (178-192) 2° tema (179-237) in cui riconosciamo dopo la parte melodica, una sezione con una progressione (211-218) e una parte cadenzante (218-237) con isforzati sul tempo debole. Cesura (237-242) con orchestra dal tessuto «sfrangiato» e con un fraseggio realizzato da brevissimi incisi. Cesura finalizzata a reintrodurre la seconda ripresa del 1° tema (tanto da assomigliare ad un rondò). 1° tema affidato a flauti e violini primi. Coda (258-304)

Sinfonia n°2 Dal 1800 al 1808 vi è un’unica ondata sinfonica perché Beethoven scrive e corregge sinfonie (dalla 1° alla 6°) senza soluzione di continuità. I primi abbozzi della 2° risalgono all’estate-autunno del 1800 e si intensificano dall’ottobre 1801 al febbraio 1802. Beethoven la completa durante il soggiorno estivo del 1802 ad Heilingestadt. Il finito e il non finito beethoveniano. Per la precisione dobbiamo aggiungere che in una lettera del fratello Karl all’editore Breitkof und Hartel del marzo 1802 si chiede premura per la pubblicazione della stessa (assieme al concerto per pf. n°3). Forse, Beethoven stava pensando ad una esecuzione nell'aprile del 1802. La stessa, peraltro, non avvenne perché il teatro di corte non era disponibile e perché la stessa risultava ancora incompleta!

Sinfonia n°2 Prima esecuzione: 5 aprile 1803, Teatro An der Wien assieme alla 1° sinfonia, al concerto per pf.op.37 e all'oratorio Cristo sul monte degli ulivi. Sulla locandina appare la dicitura "direzione" dell'autore, ma più probabilmente l'indicazione voleva indicare che Beethoven era presente in sala e dava indicazioni al primo violino. E' probabile, infine, che ci siano state esecuzioni precedenti presso le dimore del conte Carl von Lichnowsky, dedicatario dell'opera.

Sinfonia n°2 Sappiamo, inoltre, che prima della pubblicazione del marzo 1804, Beethoven sottopose la sinfonia ad ulteriori correzioni, mentre stava già componendo l'Eroica. Sappiamo, infine, che la stessa venne trascritta da Beethoven per trio con pianoforte, violino e violoncello nel 1805. Il periodo esistenziale beethoveniano: dal suo epistolario apprendiamo che in questo periodo (lettera a Wegler del 1801) il suo udito sta peggiorando; incontra le prime infauste esperienze sentimentali con Giulietta Ricciardi, inarrivabile amore perché non apparteneva al suo ceto sociale (lettera a Carl Amenda del luglio 1801), fino al famoso testamento di Heiligenstadt dell'ottobre 1802.

La fortuna critica: pareri discordanti. Sinfonia n°2 La fortuna critica: pareri discordanti. L'Allgemeine Musikalische Zeitung in un articolo del 9 maggio 1804 la definisce un'opera eccessivamente lunga e complessa con passi troppo elaborati e con un utilizzo eccessivo dei fiati che suonano tutti insieme, fragorosamente, nello stesso momento. Anche la Zeitung fur di Elegante Welt di Lipsia la definisce come "un'enorme mostruosità, un gigantesco drago ferito che a tutti i costi non ne vuole sapere di soccombere, ma che si contorce nella sua agonia fino a morire dissanguato".

Sinfonia n°2 Al contrario, più tardi, vi sarà il parere entusiastico di Hector Berlioz: «In questa Sinfonia tutto è nobile, superbo e grandioso. L’introduzione è un capolavoro; gli effetti più belli si susseguono ordinatamente, ma sempre in maniera inaspettata. La melodia è di una solennità commovente e allo stesso tempo impone rispetto e pone l’ascoltatore in una condizione di sensibilità ricettiva. Il ritmo si fa via via più audace, la strumentazione più ricca, sonora e variata.

Sinfonia n°2 «A questo ammirevole Adagio si salda un Allegro con brio di incantevole impetuosità. Il gruppetto che si trova nella prima battuta del tema principale, affidato dapprima alle viole e ai violoncelli all’unisono, è utilizzato in forma separata all’interno di progressioni in crescendo o di passaggi ad imitazione tra fiati e archi. Queste forme presentano una fisionomia del tutto nuova e animata. L’energico vigore di questo tema è sottolineato dalla felice scelta degli accordi di accompagnamento».

Sinfonia n°2 «Il Larghetto non ricalca i modi del tempo lento della prima sinfonia: non è basato su un tema per imitazione canonica, bensì su un motivo semplice e aperto che all’inizio è esposto semplicemente dagli archi e poi ricamato con rara eleganza per mezzo di figurazioni leggere e scorrevoli, sempre fedeli a quel sentimento di tenerezza, che è peculiare dell’idea principale. E’ un’incantevole quadro di innocente piacevolezza, talora adombrato da pochi, malinconici accenti.

Sinfonia n°2 «Come il secondo movimento dava un’idea di completa e serena felicità, così lo Scherzo è apertamente allegro nella sua capricciosa fantasia. Del resto, tutta la sinfonia è pervasa da cima a fondo da un continuo sorriso. Qui gli accenti guerrieri del primo Allegro sono completamente spogliati di qualsiasi violenza e lasciano il posto a un ardore giovanile di un cuore nobile che conserva intatte le più belle illusioni della vita. Il compositore crede ancora nella gloria immortale, nell’amore, nella preghiera. E quale abbandono nella sua felicità!

Sinfonia n°2 Che acume, che slancio! Ascoltare tutti questi strumenti rincorrersi per mezzo di frammenti di temi, nessuno dei quali è suonato nella propria interezza, ascoltare ogni frammento, passare da uno strumento all’altro acquistando così mille sfumature di colore, è come osservare gli scherzi fatati degli ineffabili spiriti di Oberon. Il Finale è della stessa natura, una specie di secondo scherzo in tempo tagliato, la cui scorrevolezza ha forse qualcosa di più delicato e piccante.»

Sinfonia n°2 Opera di transizione: in questa sinfonia Beethoven - pur avvertendo ancora i legami con Haydn (inizio con un tempo lento) e con Mozart (riferimenti alla Haffner K385 e alla Praga K504) - avverte già i fermenti del 2° periodo compositivo come in opere più avanzate come il 3° concerto per pf. e orchestra, le sonate per pf.op.22 e 31 e le sonate per pf e violino op.30. Il musicologo novecentesco Paul Bekker la considera un'opera tra passato e futuro con l'impiego di mezzi tecnici esuberanti. Di sicuro nella sinfonia vi sono dei bizzarri tratti stilistici che colpirono molto gli ascoltatori (si leggano le recensioni precedenti). Cosa che non avvenne con il repertorio pianistico.

(2 fl; 2 ob; 2 cl; 2 fg - 2 corni; 2 trombe; timpani e archi) Sinfonia n°2 Organico: fiati a due (2 fl; 2 ob; 2 cl; 2 fg - 2 corni; 2 trombe; timpani e archi)

Sinfonia n°2 - Adagio molto Adagio molto. Secondo Carli Ballola il tenero e bucolico esordio di oboi e fagotti, ricorda i morbidi impasti sonori dell'ouverture dell'Anacreon di Cherubini (ascolto). Da un punto di vista formale, invece, questo adagio ricorda l'inizio della Sinfonia Praga K504 di Mozart perché anch'esso si può suddividere in tre parti. (ascolto)

Sinfonia n°2 - Adagio molto A (1-16) inizio bucolico e cameristico con un clima che anticipa il secondo movimento, il "Larghetto". La prima battuta è peraltro in fortissimo con una accordo di tonica, poi ripetuto quattro battute dopo. Vi sono anche degli sforzati nelle battute conclusive. B (11-24) sezione sinfonica caratterizzata da scale discendenti e ascendenti che fluttuano tra archi e fiati. Questa sezione - con l'irrompere dell'accordo di re minore a b.23 sottolineato dal ritmo puntato alla francese, è stata definita il gesto di un "grande improvvisatore" che costruisce questa sezione su tasselli che si fissano su una figurazione, poi abbandonata all'improvviso.

Sinfonia n°2 - Adagio molto C (24-33) episodio più accattivante dell'intero adagio, costruito (come la Praga) sul pedale di dominante (LA) e che si genera da una frase severa che sale da viole e violoncelli per poi alternare interventi in piano nei fiati e sforzati negli archi, fino alla scaletta discendente degli archi che piomba sul primo tema dell'allegro con brio. Si avverte molto il senso di "attesa" di qualcosa che sta per giungere.

Sinfonia n°2 - Allegro con brio Forma sonata bitematica, tripartita con una anomalia nella ripresa (ve ne sono due in realtà) Esposizione (1-135) - Sviluppo (135-182) Ripresa (182-fine) Esposizione 1° tema (34-61) Tema che freccia impaziente da viole e violoncelli come l'allegro della Praga o l'ouverture delle Nozze di Figaro. Tema singolarmente esteso, ma suddiviso in frammenti che si combinano tra loro. Tema esposto nel piano (34-47), poi ripreso nel forte (47-51) con l'inserimento di nuove cellule; i sedicesimi (51-53) e le ottave sforzate (57-61).

Sinfonia n°2 - Allegro con brio breve transizione (61-73) con gli archi staccati che poi usano i ribattuti 2° tema (73-88) con clarinetti, fagotti e corni che spiccano sui ribattuti semplici delle parti gravi degli archi (Viole, Celli e Bassi). Si ascolta una sorta di breve e spigliata fanfara che andava molto di voga nell'ambiente francese dei vari Mehul, Cherubini e Gossec 1° Coda (88-96) caratterizzata dalla sincope nei violini secondi. Pausa accordale (96-101) fragorosa con senso di attesa 2° Coda (102-109) in pianissimo con gli archi soli, che sviluppano ancora un senso di attesa Coda tematica (110-134) con la testa del tema nei violini secondi

Sinfonia n°2 - Allegro con brio Sviluppo (135-182) tema oscurato in re minore che si muove modulando verso altre tonalità 1° Ripresa (182-195) con un’inaspettata riproposizione del 2° tema affidato questa volta non più a fagotti, clarinetti e corni, ma ai violini I e II. Transizione (195-216) con fanfara degli archi (198-206); parte accordale per ottave (206-212) e una stasi in preparazione alla vera ripresa (212-215) 2° Ripresa (216-223) sempre agli archi, come nell’esposizione

Sinfonia n°2 – Allegro con brio Transizione (223-248) in crescendo e dal carattere concitato 2° tema (245-260) prima fatto ascoltare dai fiati (oboi, fagotti e corni) e poi dall’orchestra al completo (b.249) 1° Coda (260-268) con l’elemento della sincope Pausa accordale (268-273) in un fragoroso fortissimo 2° Coda (274-281) affidata ai soli archi Coda tematica (282-360) con «testa» del tema. Più dilatata e tensiva rispetto a quella dell’esposizione.

Sinfonia n°2 - Larghetto Pestelli lo considera il fulcro poetico di tutta la sinfonia con la sua aria mite ed amabile, oscillando tra grazie settecentesche e velata malinconia. Non è nella forma consueta A-B-A, ma - come userà molto Haydn - è nella forma sonata: esposizione (1-98) – sviluppo (100-158) – ripresa (159-276) Secondo il musicologo Dahlhaus si tratta di una forma sonata che non ricerca lo scambio dialettico tra i temi, piuttosto un passaggio da un’idea melodica all’altra senza particolari sbalzi d’umore, lavorando piuttosto sulla dialettica tra archi e fiati e su quella dinamica. Movimento, in effetti, caratterizzato dalla presenza di due temi, inframezzati da transizioni e da momenti in cui archi e fiati si alternano, imitandosi. Dopo il 2° tema, presente anche una sezione gioiosa che crea contrasto (l’unico della sinfonia) con lo sviluppo che inizia in minore.

Sinfonia n°2 - Larghetto 1° tema (1-16) inizia con la delicata leggerezza cameristica di un quartetto d’archi che suonano un tema ripreso dal balletto Le creature di Prometeo del coreografo Viganò e composto tra 1800 e 1801; poi risposta dei fiati (9-16) cercando belle simmetrie compositive. Transizione (16-47) in cui continuano le alternanze tra archi e fiati che con il passare delle battute, diventano sempre più serrate (32-47); sfumatura in minore (37-38) ed effetto d’eco (43-44).

Sinfonia n° 2 - Larghetto 2° tema (47-67) motivo che presenta evidenti analogie con l’«Andante moderato» della 9° sinfonia (ascolto); carattere sereno e cordiale contraddistinto da una particolare leggerezza. Alternanze più serrate tra archi e fiati (67-76) nel piano per poi ricompattarsi nel forte sul finire della sezione. Sezione gioiosa (76-98) aperto da un tema delicato e gioioso dei primi violini nel piano.

Sinfonia n°2 - Larghetto Sviluppo (100-158) con testa del tema in minore; poi da b.118 a 122 gioca con piccole cellule tematiche. Sezione del crescendo all’interno dello sviluppo (138-158) con una tessitura compositiva che gradualmente si inspessisce e fa aumentare la dinamica. Raggiunto il fortissimo (150), poi decresce per preparare la ripresa. Ripresa (158-276) con la riproposizione del 1° tema (158-173)

Sinfonia n°2 - Larghetto Transizione (173-189) Alternanze archi-fiati più serrate (189-211) fino al fortissimo in cui si ricompattano. Breve cesura conclusiva. 2° tema (212-230) dal tono sereno e cordiale Alternanze archi-fiati più serrate (230-240) Sezione giocosa (240-248) Coda (248-276) nelle ultime battute compaiono due elementi particolari: la testa del 1°tema negli archi (264) e il preannuncio della «scena del ruscello» della sinfonia n°6 (ascolto) nelle ultime misure (265-272).

Si tratta di uno Scherzo tripartito: A (1-16) – B (17-38) – A (39-84) Sinfonia n°2 - Scherzo L’essenza di questo movimento, al contrario del Larghetto, precedente è puramente il ritmo. Si tratta di uno Scherzo tripartito: A (1-16) – B (17-38) – A (39-84) A (1-16) costituito a un’ossatura essenziale, formata da tre sole note ascendenti in un gioco leggero di «botta e risposta» tra archi, corni e «Tutti» (timpani compresi) B (17 – 38) diviso in due parti. Una prima (17-21) dove rimane la tessitura costituita da note puntate; poi con il brusco passaggio a re minore (21) inizia una parte legata prima dagli archi e poi anche dai fiati.

Sinfonia n°2 - Scherzo A (39-84) con la ripresa delle tra note ascendenti in un continuo «botta e risposta» tra archi e fiati; da b.50 a 60 la tessitura tende a «polverizzarsi» con il tema che passa tra primi e secondi violini e che diminuisce fino al pianissimo; da 60 a 84 riprende l’orchestra compatta.

Sinfonia n°2 - Trio Trio tri-partito: C (84-90) – D (93-108) – C (109-130) C (84-90) prima parte del trio – affidata ai soli fiati (ob., fg., corni) - dal carattere amabile e garbato D (93-108) sezione caratterizzata da una certa rudezza con gli sforzati degli archi che suonano all’unisono o in ottava e che arrivano alla lontana tonalità di Fa# maggiore (b.100). Bruschi passaggi armonici tipici della musica per balletto, perché funzionali ai cambi di scena, che nel repertorio sinfonico risultano più bizzarri. C (84-90) torna la prima parte del trio – affidata ai soli fiati (ob., fg., corni) - dal carattere amabile e garbato

Sinfonia n°2 – Allegro molto Pagina frutto di numerose revisioni è sicuramente quella più bizzarra tra tutti i movimenti. In effetti, l’ Allgemeine Musikalische Zeitung nel 1805 definì questo movimento: «troppo bizzarro, selvaggio e rumoroso». Sembra quasi che l’obiettivo di Beethoven fosse quello di attizzare contrasti e suscitare sorprese. (Caratteristica dell’ultimo Haydn portata all’eccesso: penso a sinfonie come l’Orologio, il Rullo di Timpani e la Sorpresa)

Sinfonia n°2 – Allegro molto Forma sonata peraltro influenzata dal rondò per una certa segmentazione della tessitura compositiva; per la presenza di pause tra una sezione e l’altra; per le differenze sostanziali tra una sezione e l’altro, quasi fossero i couplets di un rondò; e per i ritorni del primo tema. Proprio per l’anomalia della forma in oggetto sono presenti anche due riprese: una a b.184 con il 2° tema e una a b.290 con il 1° tema. Vi è inoltre un’ampia coda dal sapore chiassoso di un finale da opera buffa con una ripresentazione della testa del tema nelle ultime battute (402-442). Questo clima sonoro è simile al finale della 7° sinfonia (ASCOLTO)

Sinfonia n°2 – Allegro molto 1° tema: (1-12) tema diviso in due parti da una pausa (b.3): prima parte con gesto stizzoso, quasi «uno spintone» (1-3); seconda parte (3-7) con veloce risposta degli archi alla maniera delle ouvertures di Mozart (Nozze, Don Giovanni). Tema ripetuto. Breve transizione: (12-25) caratterizzata dall’impulso ritmico degli archi con sforzati (bb.16;18) fino al fortissimo (b.20). 2° tema: (26-51) esalta la cantabilità del violoncello; poi estesa ad un duetto tra clarinetto e fagotto e a tutti gli strumenti. Il tema si chiude (44-51) con dei ribattuti frenetici degli archi che fungono da contrasto rispetto alla prima parte.

Sinfonia n°2 – Allegro molto Sezione (52-83) con umoristico duetto tra clarinetto e fagotto, cui risponde l’oboe. Gli archi accompagnano. Da bb.60-68 gli accoppiamenti tra fiati si modificano unendo oboe e fagotto; da 63 oboe, fagotto e corno. Da 68 a 83 si unisce il flauto. Sezione (84-107) caratterizzata da 2 progressioni (84-98) con una cesura (98-107) con una tessitura sparuta ridotta a fagotto e primi violini con un’appoggiatura ripetuta che passa anche ai secondi.

Sinfonia n°2 – Allegro molto 1° tema (107-113) fatto riascoltare prima che inizi lo sviluppo. Sviluppo (107-184) con riproposizione del tema in minore che viene impiegato nella prima metà della sezione (107-148). Poi entrano elementi nuovi (148-184) che propongono alternanze tra sezioni «staccate» e dai netti profili ritmici ad altre «legate» e per gradi congiunti.

Sinfonia n°2 – Allegro molto Ripresa (184-442) 1° tema (184-196) presentato due volte Breve transizione (196-209) caratterizzata – come nell’esposizione – dall’impulso ritmico degli archi con sforzati (200; 202) fino al fortissimo (204). 2° tema (210-235) archi soli per esaltare la cantabilità del violoncello; poi estesa ad un duetto clarinetto e fagotto e a tutti gli strumenti. Seconda parte (228-235) caratterizzata dai ribattuti degli archi che crea contrasto con la parte cantabile.

Sinfonia n°2 – Allegro molto Sezione dedicata ai fiati (236-267) prima corno, poi oboe e flauto che rispondono al corno; infine si aggiunge il fagotto (243). Sezione con orchestra piena (268-290) caratterizzata da 2 progressioni e da una cesura finale (282-290) con soli fagotto, primi e secondi. 2° ripresa (290-338) con il 1°tema (290-312) e una seconda parte con la «testa» del 2° tema (312-338).

Sinfonia n°2 – Allegro molto Coda (338-442) con tutti elementi nuovi. Non si tratta di un’appendice, piuttosto di un’aggiunta sostanziale alla conclusione nella quale – grazie allo «staccato» degli archi e alle note tenute dei fiati – si respira un clima da opera buffa con una accentuata gestualità che «strizza l’occhio» all’ascoltatore. Il clima sonoro può essere avvicinato anche a quello del finale della sinfonia n°7, fragoroso e vertiginoso. (ASCOLTO) Vi sono, infatti, parti in pianissimo (361-371) ed improvvise esplosioni di fortissimo (372-402). Si riascolta la «testa» del 1° tema (402-442).

3° concerto per pianoforte e orchestra in do minore op.37 Allegro con brio Largo Rondò: Allegro Capitolo chiave nell’universo beethoveniano, il Terzo concerto si colloca in uno dei periodi più bui della vita dell’autore, minato dal rapido avanzare della sordità. In questa pagina – caratterizzata dal do minore, la tonalità dedicata all’espressione dei conflitti e del patetismo – all’incombente negatività viene contrapposta una reazione positiva e dinamica.

3° concerto per pianoforte e orchestra in do minore op.37 All’Allegro, sicuro e vigoroso segue l’estatico Largo, sublime esempio del “suonare come improvvisando, seguendo il flusso delle proprie emozioni, come in una fantasia” (Pestelli). Raggiante e sereno, infine, il Rondò mostra la forza e l’entusiasmo di un Beethoven “terrestre” e spiritoso, propenso a lottare per esorcizzare la disperazione e ricercare un contatto costruttivo con la società, proprio nel momento in cui la sempre più evidente perdita dell’udito lo stava isolando dal mondo esterno.

Sinfonia n°3 «Eroica» Si tratta di un’opera di svolta nella produzione beethoveniana. Segna un passaggio tra primo e secondo stile, tra arte classica e arte romantica. In effetti, il 13 febbraio 1805 l’Allgemeine Musikalische Zeitung la definisce «Fantasia molto elaborata, ardita e selvaggia che molto spesso sembra perdersi in un mondo senza regole». Il recensore, inoltre, trova il brano caratterizzato da un eccesso di frastuono e di bizzarrie che rendono difficile una visione d’assieme.

Sinfonia n°3, «Eroica» Al contrario, sempre sull’Allgemeine Musikalische Zeitung il 18 febbraio 1807 il critico Johann Friedrich Rochlitz in una lunga recensione trova l’Eroica una sinfonia che con le sue bizzarre caratteristiche sa cogliere le varie sfaccettature del reale e la sua complessità. In ogni caso, attorno a questa sinfonia aleggiano due figure: quella di Napoleone e quella di Prometeo

Sinfonia n°3, «Eroica» Di sicuro tanti intellettuali – tra cui Goethe, Schiller, Hegel e lo stesso Beethoven – furono affascinati dalle gesta del primo Napoleone ed è quindi verosimile pensare che vi sia un legame tra questa opera e la figura del grande condottiero francese. In realtà, gli aneddoti sui motivi per cui Beethoven iniziò a comporre quest’opera sono diversi e molto differenti tra loro. 1. Il medico di Beethoven, tal Bartolini, sostiene che l’opera fu ispirata alla spedizione in Egitto del 1798.

Sinfonia n°3, Eroica 2. Secondo altri la «Marcia funebre» fu legata, invece, alla morte dell’ammiraglio Lord Nelson nella battaglia di Abukir del giugno 1798 3. Carl Czerny nei sui Ricordi cita invece la morte del generale Abercrombie nel marzo del 1801. Inoltre, l’amico Ferdinand Ries sostiene che Beethoven pensò (anche se non lo realizzò mai) ad un viaggio a Parigi portando con sé la Terza sinfonia e la famosa sonata a Kreutzer. Successo a Parigi avrebbe potuto significare (come aveva tentato Mozart nel 1778) un successo mondiale! Tutti aneddoti, peraltro, non suffragati da alcuna conferma beethoveniana, ad eccezione di alcune lettere.

Sinfonia n°3, «Eroica» Tra tutti gli aneddoti, quello che è rimasto peraltro nella storia, influenzando la nostra immagine della famosa dedica a Napoleone è quello raccontato da Ferdinand Ries - allievo, amico e poi biografo del compositore nelle sue Memorie del 1838: «A proposito di questa Sinfonia Beethoven aveva pensato a Napoleone, ma finché era ancora primo console. Beethoven ne aveva grandissima stima e lo paragonava ai più grandi consoli romani. Tanto io, quanto parecchi dei suoi amici più intimi, abbiamo visto sul suo tavolo questa sinfonia già scritta in partitura e sul frontespizio in alto stava scritta la parola "Buonaparte" e giù in basso "Luigi van Beethoven" e niente altro.

Sinfonia n°3, «Eroica» Se lo spazio in mezzo dovesse venire riempito e con che cosa, io non lo so. Fui il primo a portargli la notizia che Buonaparte si era proclamato imperatore, al che ebbe uno scatto d'ira ed esclamò: "Anch'egli non è altro che un uomo comune. Ora calpesterà tutti i diritti dell'uomo e asseconderà solo la sua ambizione; si collocherà più in alto di tutti gli altri, diventerà un tiranno!" Andò al suo tavolo, afferrò il frontespizio, lo stracciò e lo buttò per terra.»

Sinfonia n°3, «Eroica» Abbiamo, peraltro, un’importante lettera di Beethoven del 26 agosto 1804 all’editore Breitkopf in cui il compositore – pur soffermandosi su aspetti tecnici innovativi della sinfonia (la presenza dei tre corni) – sostiene di aver intitolato la sinfonia a Napoleone. Inoltre, nel 1821, l’anno della morte del grande condottiero, Beethoven ammise di aver scritto per Napoleone già vent’anni prima. In ogni caso, risulta inverosimile (e sulla partitura c’è solo la dicitura «Sinfonia Eroica, composta per festeggiare il sovvenire di un grande uomo») che dopo la guerra franco-austriaca del 1805, Beethoven avesse potuto dedicare una sinfonia ad un condottiero francese. In effetti la pubblicazione del 1806 prevede come dedicatario il principe Lobkowitz.

Sinfonia n°3, «Eroica» Non bisogna poi dimenticare che dietro a questa sinfonia, oltre alla figura di Napoleone che aleggia, vi sia quella di Prometeo. In effetti, il movimento conclusivo della Terza si basa su un tema che è quello del finale del balletto beethoveniano Le creature di Prometeo. (ascolto) Possiamo, quindi concludere questa parte sulle dediche e sulle ascendenze, sostenendo che su questa sinfonia aleggiano le figure di Napoleone e Prometeo, due personaggi che fungono da «moltiplicatori di energie».

Sinfonia n°3, «Eroica» In effetti, il piglio eroico si limita alla famosa «Marcia funebre» perché il resto della sinfonia appare attraversato da una straordinaria varietà stilistica (quella tipica del 2° stile beethoveniano) e, in particolare, una certa tendenza alla giocosità al carattere danzante alla cantabilità pastorale All’umorismo e addirittura alla parodia

Sinfonia n°3, «Eroica» La gestazione dell’opera: sappiamo che Beethoven - pur ammalatosi nel 1802 e pur avendo realizzato il famoso testamento di Heiligenstadt – attese alla realizzazione della 3° sinfonia dal 1802 al 1806, quando la pubblicò. In particolare, i primi abbozzi sono dell’autunno del 1802; poi la riprese tra il maggio e il novembre 1803 a Baden, giungendo ad un primo compimento nel 1804. Tra il 1805 e il 1806 risalgono le varie «limature» tutte alternate ad alcune esecuzioni.

Sinfonia n°3, «Eroica» La prima esecuzione pubblica risale all’agosto del 1804 nel palazzo del principe Lobkowitz a Vienna. Poi venne suonata nel castello di Raudnitz dello stesso dedicatario alla presenza del principe Luigi Ferdinando di Prussia, che volle ascoltarla tre volte di seguito! Vi fu poi un’esecuzione semi-pubblica sempre nel 1804 nella casa del banchiere von Wurth, mentre la prima esecuzione pubblica a pagamento è del 7 aprile 1805 al teatro An der Wien, durantre un’accademia del violinista Franz Clement (che fu probabilmente il primo konzertmeister della sinfonia).

Sinfonia n°3, «Eroica» Fu poi pubblicata nell’ottobre del 1806 e il ritardo fu dovuto alle numerose limature e all’impegno per la stesura della Leonora. Singolare l’indicazione che compare sulla parte del primo leggio: «Questa sinfonia essendo apposta più lunga delle solite, si deve eseguire più vicino al principio che alla fine di un’Accademia e poco dopo un’Overtura, un’Aria e un Concerto; acciocché, sentita troppo tardi, non perda per l’uditore già affaticato da precedenti produzioni, il suo proprio, proposto effetto». Vennero successivamente pubblicate riduzioni per pianoforte e partiture tascabili.

Sinfonia n°3 Allegro con brio dalla notevole lunghezza, tanto che dal 1920 al 1980 non veniva mai eseguito il primo ritornello, così come in questa esecuzione di Herbert von Karajan. Primi due ruvidi accordi rappresentano una sintesi dell’introduzione lenta che Beethoven scrisse, ma poi cassò. Non si tratta di materiali inerti perché alla fine dell’esposizione (128-131) e durante la ripresa (531-534) riproposti pur con un martellante lavoro di sfasamento ritmico, tipico di Beethoven.

Sinfonia n°3, Allegro con brio In questo movimento scorgiamo solo marginalmente i principi dialettici della forma sonata perché le idee tematiche più che essere contrapposte germinano una dall’altra secondo un processo di «tensione-distensione» (pieno-vuoto; archi-fiati). Inoltre, vi sono diverse riprese della «testa» del primo tema, tanto da diventare l’elemento dominante dell’intero allegro con brio, che di fatto non possiede un secondo tema perché nello spazio a lui dedicato esiste un motivo ipoteticamente contrastante con il primo, ma che non possiede peraltro un’identità tematica così rilevante.

Sinfonia n°3, Allegro con brio 1° tema (3-15) esposto in Mi b maggiore dal violoncello con una vena dalla calma semplicità che ricorda l’ouverture Bastiano e Bastiana di Mozart. Presente una sorta di «ombra passeggera» con una nota a b.7 estranea all’armonia. Riproposizione della «testa del tema», cui segue una sezione (15-45) che culmina su un accumulo tensivo che trova sfogo nella riaffermazione – ad orchestra piena del 1° tema (37-45).

Sinfonia n°3, Allegro con brio Episodio distensivo (45-57) in cui una breve cellula melodica di sole tra note fluisce tra i fiati. Nuovo elemento ritmico e tensivo che prepara l’arrivo del forte ad orchestra compatta (57-64) Nuovo episodio tensivo caratterizzato dalla spigolosa idea degli archi che culmina nei ribattuti del fortissimo (65-83) Momento distensivo che non può avere le fattezze di un 2° tema (84-99)

Sinfonia n°3, Allegro con brio Episodio su pedale di FA che porta al crescendo (99-109). In questo episodio inizia una sezione più ampia caratterizzata da peculiarità cadenzanti e modulatorie che arriva quasi alla fine dell’esposizione (99-144). Episodio tensivo a piena orchestra (109-131), che culmina su accordi sforzati sui tempi deboli della battuta come fossimo all’inizio dell’allegro con brio. Movimento che inizia, peraltro con arpeggi degli archi (109-115), che diventano ribattuti ed infine si trasformano in accordi (123-131). Nelle ultime battute (128-131) sono citati gli accordi dell’inizio, proposti peraltro con sfasamenti ritmici come è tipico in Beethoven.

Sinfonia n°3, Allegro con brio Lunga coda (132-155) con riascolto della «testa» del 1° tema (148-150). Sviluppo (156-394) diviso in 10 sezioni (da A a I) con citazioni di elementi dell’esposizione A (166-186) cellula melodica dell’esposizione di sole tre note che passa nei fiati B (186-220) passo «spigoloso» dei primi violini (sempre dell’esposizione) A (220-235) cellula melodica dell’esposizione di sole tre note che passa nei fiati

Sinfonia n°3, Allegro con brio C (235-248) breve imitazione tra gli archi (elemento nuovo!), che serve a diminuire la tensione espressiva. D (248-279) sezione ad orchestra piena con sforzati e sincopi E (280-300) sezione distensiva in cui gli incisi fluiscono tra i fiati F (300-322) citazione della «testa» del 1° tema, ma poi la sezione diventa concitata per i ribattuti degli archi.

Sinfonia n°3, Allegro con brio G (322-3389 sezione cantabile ai fiati H (338-366) «falsa ripresa» ai fiati I (367-393) stasi accordale che prelude alla ripresa Ripresa (394-691) 1° tema (394-420). Ripresa anticipata dall’entrata del corno (394-396) che precede l’entrata del violoncello (398-407) per poi passare nuovamente al corno (408-416) Riproposizione della «testa del tema» cui segue una sezione (430-447) che culmina su un accumulo tensivo che trova sfogo nella riaffermazione del tema in progressione e con i ribattuti degli archi sempre sul pedale di tonica (434-439).

Sinfonia n°3, Allegro con brio Momento distensivo (448-467) in cui la solita idea di tre note fluisce tra i fiati. Nuovo episodio tensivo caratterizzato dalla spigolosa idea dei primi violini (468-486). Episodio distensivo che non può avere le fattezze di un 2° tema (486-502). Episodio sul pedale del 5° grado (503-534) che porta al crescendo e ad una sezione accordale (con citazione accordi iniziali [531-534]) Lunga coda (535-655) con citazione idee già esposte (567; 575-576) Coda tematica (655-690)

Sinfonia n°3, Marcia funebre Con questo movimento ci collochiamo anni luce lontani dall’adagio settecentesco. Si apre, invece, lo scenario austero e marziale di una marcia funebre, un genere peraltro diffuso a quel tempo. Citiamo, come esempio extra-beethoveniano, I funerali di Patroclo del dramma eroico di Ferdinando Paer, L’Achille del 1801. Peraltro, Beethoven aveva già impiegato questo stile nel Largo e mesto della Sonata op.10 n°3; nella Marcia funebre sulla morte d’un eroe della Sonata op.26 del 1802; così come nella Quinta Variazione dell’op.34, la Marcia, allegretto in do minore.

Sinfonia n°3, Marcia funebre Si tratta di un grande poema scandito in strofe: 3 strofe + coda + frammenti tema marcia funebre 1°strofa (1-69) ovvero la marcia funebre vera e propria che ricorda i Funerali di Patroclo di Paer e il pathos del coro n°24 «O, voto tremendo» dell’Idomeneo di Mozart Primo accordo degli archi ricorda il suono dell’»Ei Fu» manzoniano. La scrittura prevede inoltre una scissione della parte dei violoncelli da quella dei contrabbassi, che conferiscono questo tono grave e solenne.

Sinfonia n°3, Marcia funebre 2° strofa (69-150) in maggiore dal tono più realistico e descrittivo. Quando raggiungiamo il fortissimo (72-79) con il rullo di timpani tutto sembra il «presentat’arm!» di una parata militare. Poi si entra in un altro luogo drammatico settecentesco – le terzine – (bb.80-97) che richiamano il classicismo viennese a partire dall’Orfeo ed Euridice di Gluck, quando il protagonista canta e commuove le furie infernali. Oboe e fagotto ci conducono verso un clima idillico, poi abbandonato con il sopraggiungere del minore (105-114), passo abbreviato perché poi arriva una sezione in stile fugato (114-150).

Sinfonia n°3, Marcia funebre Con la terza strofa (150-209) si torna al tema della marcia funebre affidata ai violini. Successivamente entrano violoncelli e contrabbassi (160-164) con oscure terzine, mentre i famosi 3 corni + 2 trombe sovrastano tutti con la fatalità del ritmo puntato. Sembra un clima da «dies irae». Si aggiunge poi l’affanno delle figure acefale (169-180). Coda al maggiore (209-238) con gli archi che si aprono ad un gioco di dondolio (come nella Pendola di Haydn), in cui la cupezza della marcia funebre si trasforma in tenerezza. Tema marcia funebre che si smembra (238-247)

Sinfonia n°3, Scherzo, Allegro vivace Non ci troviamo più nella tipica temperie del minuetto settecentesco per la velocità dell’allegro vivace (da «battere in uno»), che cancella ogni sentore di musica da danza. Movimento nel quale non conta più la singola nota, ma il colore complessivo, uno colore squisitamente orchestrale. Con la leggerezza e il pianissimo iniziale si spalanca un mondo nuovo. Siamo in una dimensione romantica quasi fatata, come nell’ouverture del Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn.

Sinfonia n°3, Scherzo, Allegro vivace Forma scherzo in Mi bemolle maggiore: A (1-30) – A’ (31-76) – A (76-119) – CODA (119-166) A (1-30) Dal tappeto in pianissimo degli archi, inizia questo scherzo, che si caratterizza per l’ingresso nel registro acuto dell’oboe (7-14) con la sua pungente sonorità, cui segue una breve replica del flauto ancora più acuto (25-28). A’ (31-76) con la stessa tessitura di A, iniziando con gli archi e proseguendo con il flauto (40-48), che fa riascoltare il tema principale dello scherzo ad altra tonalità. Poi la sezione si chiude nel pianissimo degli archi (62-76), che rendono la tessitura sempre più diafana.

Sinfonia n°3, Scherzo, allegro vivace A (76-119) con ripetizione dell’inizio, ma dopo poche battute entrano vari fiati (oboe, clarinetto, fagotto e corno) (bb.80) e dall’improvviso crescendo si giunge al fortissimo (92-99) con l’orchestra compatta alla quale si aggiungono anche i timpani. Si ascolta un frammento melodico della seconda parte del tema dello scherzo (100-119). Coda (119-166) con la prima parte contraddistinta da sforzati (123-127), già presenti nella fine della sezione precedente. Segue un lungo crescendo che porta al fortissimo con gli archi ribattuti (143-166).

Sinfonia n°3, Trio Struttura Trio: B (166-198) – C (199-260) B (166-198) sezione più greve rispetto al leggerissimo scherzo, caratterizzata dall’ingresso dei 3 corni. Dialogo tra corni, oboe e archi. C (199-260) in cui emerge la dialettica tra fiati (206-216) e archi (216-224) che suonano alternandosi in tutta la sezione.

Sinfonia n°3, Ripresa variata dello Scherzo Struttura: A (255-286) – A’ (286-334) – A (334-381) – Alla breve (381-422) – Coda (423-442) A (255-286) con melodia all’oboe, come all’inizio A’ (286-334) con melodia al flauto, come all’inizio A (334-381) riproposizione del tema dello scherzo prima in pianissimo, poi ad orchestra compatta nel fortissimo (351)

Sinfonia n°3, Ripresa variata dello Scherzo Sezione «Alla breve» (381-422) inizia con 4 battute ad orchestra compatta e poi prosegue in una continua dialettica tra fiati e archi (385-401). Segue una sezione con archi ribattuti, che parte dal piano e attraverso il crescendo (413) arriva al fortissimo (417). Coda (423-442) introdotta dai timpani su un insistente intervallo di 4° discendente per poi concludersi brevemente in un fortissimo ad orchestra piena.

Sinfonia n°3, Finale, Allegro molto Siamo di fronte ad uno dei movimenti tra i più singolari e bizzarri di tutte le sinfonie di Beethoven (dovremmo anche considerare le peculiarità dell’ultimo movimento della 9° sinfonia che, peraltro, merita un discorso a sé stante per l’inusuale presenza del coro). Il tema di questo lungo e articolato movimento venne già impiegato nelle Variazioni op.35 per pianoforte (ascolto), che appaiono una sorta di «cartone preparatorio». Lo stesso tema compare anche nel finale del balletto di Salvatore Viganò e musicato da Beethoven Le creature di Prometeo.

Sinfonia n°3, Finale, Allegro molto Struttura generale Introduzione (1-75) Tema (75-175) 6 Variazioni (175-380) Ripresa del Tema e codetta (381-430) Coda, Presto (431-473)

Sinfonia n°3, Finale, Allegro molto I modelli compositivi di riferimento sono tre: Il tema con variazioni è l’elemento dominante l’intero movimento. Forma fugata che si trova in alcune parti del movimento come omaggio all’arte di Bach ed Haendel. Sviluppo sonatistico per la capacità di rielaborare il materiale tematico come fossimo nello sviluppo di una forma sonata. Sullo sfondo dell’inizio vi sono figurazioni provenienti dal finale del balletto Le creature di Prometeo

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto, Introduzione Esordio con una scala discendente degli archi (1-11) che nel balletto di Viganò, Le creature di Prometeo accompagna la discesa in tutta fretta di Prometeo all’Olimpo. Tema in pizzicato degli archi (12-44) che nel balletto rappresentano i passi degli «automi», le due figure d’argilla che Prometeo trasforma in creature umane. Le 4 note che aprono il tema sono – in realtà – anche il Basso del Tema, che precede l’esposizione del Tema vero e proprio (76-83).

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto - Introduzione Variazione a tre voci (44-59) con B.d.T. nei violini II e contrappunto tra violini I e violoncelli Variazione a quattro voci (59-75) con B.d.T. ai primi violini e contrappunto che si sviluppa tra viole, violini II e violoncelli. Considerazione del musicologo Pestelli. Questo far ascoltare il Basso del Tema e poi il tema vero e proprio sembra avvicinarci al «tavolo di lavoro» del compositore e al procedere graduale delle sue idee.

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto - Tema Presentazione del Tema Melodico (75-83) In particolare la frase a del tema melodico viene affidato ai legni, mentre il B.d.T. viene affidato a corni, violoncelli e contrabbassi. I violini I procedono per ornamentazioni. Ripetizione della frase «a» (84-91) ai violini, viole, mentre il B.d.T. va alle trombe. Questa volta le fioriture sono affidate a violoncelli e contrabbassi.

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto - Variazioni (92-99) Frase «b» della Melodia del Tema agli oboi, mentre archi e fiati accompagnano con brevi interventi. (100-107) Ripetizione della frase «b» affidata a tutta l’orchestra. (107-116) Transizione basata sull’inizio della frase «b» prima agli archi e poi a tutta l’orchestra.

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto - Variazioni Sei Variazioni (117-380) 1° variazione (117-174) con un «fugato» sul B.d.T., che parte dai violini I per poi fluire tra le parti. Dagli archi soli si passa ad archi e fiati. 2° variazione (175-210) Ripresa M.d.T. (175-182) a flauti e violini I, mentre l’orchestra accompagna. Variazione prima frase del Tema (183-190) Seconda frase della M.d.Tema variata (190-198) Seconda frase della M.d.T. ulteriore variazione (199-206)

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto - Variazioni 3° variazione (211-257) Nuovo tema «alla marcia», prima frase (211-226) a fiati e violini I. Seconda frase tema «alla marcia» (227-242) ai clarinetti e alle viole con B.d.T. ai flauti Codetta o cadenza (242-257) con intervalli del B.d. T. al basso.

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto - Variazioni 4° variazione (258-276) (258-265) Ritorna la prima frase della M.d.T. in do maggiore nei flauti e nei violini con gli altri strumenti che accompagnano. (265-276) Elaborazione della testa del tema nei violini II, mentre il B.d.T. passa tra i fiati (oboi, corni e flauti)

Sinfonia n°3, Finale – allegro molto - Variazioni 5° variazione (277-327) Fugato a due soggetti con il violino II che inverte gli intervalli nel B.d.T. e soggetto ai violini I. (292-307) richiamo della M.d.T. prima al flauto, poi al corno. Coda e cadenza (328-348) sul pedale del V grado

Sinfonia n°3, Finale – Poco Andante - Variazioni 6° variazione (349-380) (349-356) Variante ai fiati della prima frase della M.d.T. (357-364) Ripetizione della M.d.T. variata ed affidata agli archi. (365-372) Nuova seconda frase affidata ad oboi e violini I con accompagnamento in terzine dei clarinetti. (373-380) Ripetizione variata della frase precedente con accompagnamento di terzine ai violoncelli

Sinfonia n°3, Finale – Poco Andante – Ripresa del Tema Ripresa del tema e codetta (381-430) Melodia del Tema a violoncelli e contrabbassi con accompagnamento di terzine nella parte acuta degli archi. Collegamento (396-403) Nuova figurazione su cui si innesta un frammento della M.d.T. (404-419) Pulsazione di terzine al basso con vaga reminiscenza della «marcia funebre» nelle altre voci (420-430)

Sinfonia n°3, Finale – Presto – Coda Nel Presto appaiono nelle prime battute (431-435) delle figurazioni che ricordano le prime misure del movimento (la discesa di Prometeo nell’Olimpo) Fanfare basate sulla «testa» del Tema (435-447) Figurazioni cadenzanti ed accordi conclusivi (447-473)

Sinfonia n°4 Beethoven conclude lavori di grande impegno nel periodo (1803-1806) a cavallo tra la stesura della 3° e della quarta sinfonia. Era impegnato: Nelle rappresentazioni del Fidelio Nelle Sonate per pianoforte Op.53 e 57 (contemporanee alla 3° sinfonia) Nel Quartetto op.59 n°1 Nel Concerto per violino op.61

Sinfonia n°4 Tutte opere caratterizzate da un respiro grandioso. Potremmo sostenere che il sinfonismo diventi un modo di pensare la musica (dopo l’esperienza dell’Eroica, soprattutto) che s’insinua in altri contesti come il pianoforte e nel quartetto d’archi. Caratteri generali: Grandiosità pianificazione formale; Ampiezza dimensioni ed elaborazioni inedite nella musica da camera; Aree tematiche al posto dei soliti temi Stile contrappuntistico dovunque e non solo nello sviluppo Sviluppi più lunghi dell’esposizione come ad esempio nella Sonata op.53 (ascolto) e nel Quartetto op.59 n°1 (ascolto) La stessa Leonora n°3 (primi mesi del 1806) diventa opera a se stante, svincolata dal Fidelio.

Sinfonia n°4 Sinfonia n°4 in si bemolle maggiore op.60, composta nell’estate del 1806 e pubblicata nel 1808 con dedica al conte Franz von Oppersdorff, ricco proprietario terriero che manteneva un’orchestra nel suo castello in Alta Slesia. Personaggio conosciuto a Gratz, quando soggiornava da uno dei suoi protettori, Carl Lichnowsky. Beethoven – che stava già lavorando agli «schizzi» della 5° sinfonia – ricevette la commissione dal conte di comporre una sinfonia per la sua orchestra; così vi si dedicò con una certa solerzia, visto che abbreviò di molto i tempi della 3° sinfonia.

Sgomberiamo, però, il campo da falsi aneddoti. Sinfonia n°4 Sgomberiamo, però, il campo da falsi aneddoti. Il carattere amabile della sinfonia non fu certo determinato dal fidanzamento con Therese von Brunswick, che non avvenne di certo. La sinfonia fu composta – come dicevo – nell’estate del 1806 a Troppau in Ungheria, dove era ospite dei conti di Brunswick. Fu conclusa e affidata nel settembre 1806 all’editore Breitkopf, ma Beethoven chiese 6 mesi di tempo per la pubblicazione perché il manoscritto era in mano di Lobkowitz, che la fece eseguire nel suo palazzo viennese nel marzo 1807. La prima esecuzione pubblica avvenne, invece, il 15 novembre 1807 al Teatro dell’Opera di Vienna.

Sinfonia n°4 - Adagio In questa sinfonia torna a scrive un’introduzione lenta, come nelle prime due (nella terza, l’introduzione lenta appariva solo negli «schizzi» e si ridusse a due accordi). Forma: adagio diviso in tre sezioni 1° sezione (1-12) – 2° sezione (13-26) – 3° sezione (26-39) Carattere generale: regna un senso di attesa iniziatica, una sorta di arcana sospensione soprattutto nelle prime cinque battute (semifrase «a»). Poi in «b» emerge un senso di circospezione con le crome dei violini dai quali spicca il timbro incuriosito del fagotto (bb.7-8). Tutto ricorda la mimica teatrale da opera buffa.

Sinfonia n°4 - Adagio 1° sezione suddivisa in una semifrase «a» (1-5) e una semifrase «b» (6-12) 2° sezione uguale alla precedente, ma con la semifrase «b» più dinamica sotto l’aspetto armonico 3° sezione contraddistinta dalla salita di semitono SI-DO-DO#-RE che arriva sullo sforzato. Salita riproposta dal passaggio SOL#-LA. Nelle ultime battute il trillo dei timpani e la figurazione dei violini enfatizza il senso dell’attesa.

Sinfonia n°4 – Allegro vivace Forma sonata bitematica. Esposizione (39-198) – Sviluppo (199-337) – Ripresa (337-498) Esposizione 1° tema (39-50) basato sulla divisione in due frasi: «a» in dominante e «b» in tonica, che gioca ancora una volta sulla dialettica tra attesa e risoluzione verso la quiete. Tema in tonica caratterizzato dall’elastica forza ritmica.

Sinfonia n°4 – Allegro vivace Transizione (65-76) dal tappeto di ribattuti delle viole e dalla figurazione ripetitiva dei violini. Spicca, invece, lo staccato del fagotto. Pedale di tonica (77-80) che prepara il ritorno del 1° tema. Tema al contrabbasso (81-85) Tema con note ribattute ai violini (85-95) Stasi in sincope (95-103) Cesura (103-106)

Sinfonia n°4 – Allegro vivace 2° tema (107-121) che fluisce dal fagotto all’oboe per fermarsi nel flauto. Stasi all’unisono (121-132) momento di stasi all’unisono, tipico in Beethoven quando vuole focalizzare l’attenzione su un elemento: in questo caso più che una valenza melodica, è una progressione nel crescendo che prelude al forte successivo. (132-141) Forte preparato dalla stasi precedente nel quale emerge un gioioso elemento tematico affidato ai primi violini.

Sinfonia n°4 – Allegro vivace (141-177) Dialogo tra fiati e archi che termina in un fortissimo ad orchestra compatta (167-177). (177-198) Coda basata sulla sincope degli archi. Sviluppo (199-337) Forma sviluppo: 1° tema (199-220) – nuovo tema (221-240) – frasi assertive violini (241-271) – preparazione alla ripresa e assottigliamento tessitura (272-311) – ingresso timpani (311-337) 1° tema. (199-220) Sviluppo basato sugli elementi del 1° tema. (221-240) Entra un nuovo tema cantabile che si sovrappone e giustappone alla incessante pulsazione ritmica del 1° tema.

Sinfonia n°4 – Allegro vivace (241-271) Frasi assertive dei primi violini. (272-331) Preparazione della ripresa con un assottigliamento della tessitura compositiva. (311-336) Ingresso dei timpani in tonica che aumenta il senso di attesa con una tessitura che inizia a diventare più densa. Ripresa (336-350) Ripresa con il primo tema che fluisce tra 1° violino e oboe (340-345) per poi svilupparsi in autonomia (351-369) Transizione in fortissimo con sforzati e ribattuti degli archi. Presenti nuovi elementi rispetto all’esposizione.

Sinfonia n°4 – Allegro vivo (369-380) Stasi in sincope dei fiati e poi degli archi, che prepara l’ingresso del 2° tema. (381-394) 2° tema che fluisce tra fagotto, clarinetto, oboe e flauto. (395-405) Stasi all’unisono. Rispetto all’esposizione in questa sezione compare anche il raddoppio all’ottava del flauto. (406-415) Forte preparato dalla «stasi» precedente con elemento gioioso che affiora nei violini primi (409-415).

Sinfonia n°4 – Allegro vivo (415-450) Dialogo tra fiati e archi che termina in un fortissimo (339-450) ad orchestra compatta. (451-498) Coda divisa in due parti. 1° parte (451-462) con la sincope tra flauto e violini che poi vanno ad orchestra piena. 2° parte (462-498) con testa del 1° tema

Sinfonia n°4 - Adagio Pagina che celebra la cantabilità strumentale. E’ una sorta di romanza strumentale dalla semplice struttura formale: Tema (2-17) – 2° idea (17-26) – 3° idea (26-41) Ripresa del tema variato (41-54) – 4° idea (54-63) 2° ripresa del tema variato (64-72) – 2° idea (72-81) – 3° idea (81-96) Coda con testa del tema (96-104)

Sinfonia n°4 - Adagio Tema ai violini (2-9). Distesa cantabilità dei violini primi che si stagliano su un accompagnamento dei secondi dal profilo scabro e spigoloso come avviene nel movimento lento della Sonata op.30 n°1 (ascolto) La cellula dell’accompagnamento viene ripresa più volte all’interno del movimento, persino dai timpani soli: bb.1; 9; 49; 64 (timpani); 102 Tema al flauto (10-17) suonato all’8° alta e non raddoppiato da un secondo flauto, per far emergere la natura solistica del profilo melodico. Accompagnamento scabro agli archi.

Sinfonia n°4 – Adagio 2° idea melodica (17-26) che passa dai 1° violini ai flauti (20) e ai fiati compatti (22-23) con un accompagnamento fitto che diventa gradualmente più importante delle parti dei fiati (22-26). 3° idea melodica (26-41) al clarinetto, mentre i primi violini accompagnano con una figura acefala sotto il quale si colloca il pizzicato dei secondi. Nella seconda parte (34-41) l’accompagnamento diventa sempre più denso e fitto.

Sinfonia n°4 - Adagio Ripresa del tema (41-54). Ripresa del tema variato e ricco di ornamentazioni con accompagnamento che diventa sempre più spesso, arricchendo la tessitura compositiva. Elemento d’accompagnamento da bb.46 a 50 diventa elemento stesso della parte cantabile. 4° idea (54-63). Giocato nello scambio tra primi e secondi violini che rendono la trama compositiva particolarmente esile, quasi fosse in filigrana.

Sinfonia n°4 - Adagio 2° ripresa del tema (62-74). Melodia del tema variata presentata all’8° acuta dal flauto solo con l’accompagnamento acefalo dei violini (primi e secondi), mentre il battere viene segnato dai pizzicati di celli e bassi. 2° idea melodica (72-81). Prima esposta dai violini (73-76) e poi dai fiati (ob.; cl.; fg.) (77-81) anche se da bb.77 a 81 il rilievo melodico più importante passa ai violini, ponendo i fiati in secondo piano.

Coda che si sviluppa presentando la testa del tema. Sinfonia n°4 - Adagio 3° idea melodica (81-96). Cantata dal clarinetto con il solito accompagnamento acefalo dei primi violini, che diventa sempre più fitto nella seconda parte (89-96). Coda (96-104). Coda che si sviluppa presentando la testa del tema. Alla terz’ultima battuta i timpani fanno riascoltare ancora una volta quella cellula dell’accompagnamento che si trova sparsa in tutto il movimento e che in questo contesto assume un particolare rilievo.

Sinfonia n°4 - Menuetto Scritto come minuetto, ma in realtà si tratta di uno scherzo. Un minuetto non potrebbe staccare, infatti, un «Allegro vivace» a 100 alla metà puntata. Di fatto è uno scherzo dalle ampie proporzioni, quasi non dovesse sfigurare come lunghezza rispetto agli altri movimenti. In effetti, si tratta di uno scherzo con una doppia ripetizione del trio e una coda finale. Una novità già introdotta, peraltro nell’Allegretto del Quartetto op.59 n°2 (ascolto) con la ripetizione del trio.

Forma: Scherzo A – B – A Trio C – C’ :II A - Coda Sinfonia n°4 - Adagio Forma: Scherzo A – B – A Trio C – C’ :II A - Coda Carattere Scherzo e Trio: leggero, vivace, ma sinfonico perché suonato ad orchestra piena, al contrario del Trio che appare più cameristico perché affidato prevalentemente ai fiati. Scherzo A (1-20) :II: B (20-52) A (52-90) :II Trio Forma: C (90-130) – cesura (130-140) – C’ (140-175) – collegamento (175-183) :II A (183-206) – Coda (206-224)

Sinfonia n°4 – Allegro, ma non troppo Finale dominato da una verve trascinante come nella Sonata per pianoforte op.31 n°1, che scatta come uno scoppio di allegria. Forma sonata bitematica, ma caratterizzata dalla presenza di vari episodi che diversificano il materiale musicale, dominato prevalentemente da un’incontenibile verve piena di energia. Unici elementi di contemplazione sono il 2° tema (36-60), il finale dello sviluppo (5° sezione) (181-188) e la cadenza prima della coda (311-318).

Sinfonia n°4 – Allegro, ma non troppo 1° tema (1-20). Si presenta con vertiginose scale veloci che fluiscono dai violini primi, ai secondi, fino alle viole, ai violoncelli e ai contrabbassi, passando da pp a ff. Transizione (21-36) contraddistinto da un fortissimo con l’entrata compatta dell’orchestra, assieme ai timpani. 2° tema (36-60). Tema cantato dall’oboe, mentre i clarinetti suonano delle terzine. Episodio degli sforzati (60-77). Episodio con le viole ribattute che culmina in due sezioni di sforzati sul movimento debole della battuta (4+4 battute). Sfasature ritmiche che tanto piacciono a Beethoven.

Sinfonia n°4 – Allegro, ma non troppo Episodio con dialogo violini e flauto (78-88). Episodio che inizia nel piano per poi giungere al crescendo e quindi al fortissimo che fa emergere i passaggi serrati tra violini e flauto, mentre il resto dell’orchestra ribatte le note. Coda (88-99). Coda nella quale spicca un breve e gioioso profilo melodico dei primi violini (bb.88-89 e 92-93) e nelle voci basse (vl II, viole e celli) (94-95).

Sinfonia n°4 – Allegro, ma non troppo Sviluppo (100-188). Sviluppo articolato su cinque brevi differenti sezioni: 1° sezione (100-119). Che prende le mosse da un tema dei primi violini dalla particolare verve. Viene definito un tema «ad orologeria» per l’indubbia vivacità. 2° sezione (120-130). Con un’apertura verso la cantabilità che scivola dal registro grave arrivando verso quello acuto.

Sinfonia n°4 – Allegro, ma non troppo 3° sezione (131-149) contraddistinta dal dialogo tra fagotto, clarinetto e oboe. 4° sezione (149-181) crescendo molto lento dell’orchestra che culmina negli sforzati (169-180) ripetuti sempre con il modello 4+4 sia su tempo forte che su tempo debole. 5° sezione (181-188). Momento di sospensione, da cui scaturisce il breve passo del fagotto.

Sinfonia n°4 – Allegro, ma non troppo Ripresa (189-355) 1° tema (189-187) Transizione (197-214) 2° tema (215-236) con i due clarinetti che cantano e si accompagnano con terzine. Poi entra l’oboe e successivamente gli altri fiati. Episodio degli sforzati (236-255) solo sul tempo forte. Episodio violino e flauto (256-278) Secondo episodio sforzati su tempo forte e debole della battuta (278-301) Episodio del fortissimo che si chiude su una cadenza (312-318). Coda (319-355)

Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.61 Allegro ma non troppo Larghetto Rondò: Allegro Il Concerto op. 61 venne composto da Beethoven nel 1806 con insolita rapidità e compattezza. Sebbene l’autore si fosse dedicato alla composizione per violino nei primi anni Novanta del Settecento, solo in questo periodo svariati elementi favorirono la nascita del Concerto per violino (rimasto un unicum nella produzione beethoveniana): primo tra tutti la commissione da parte del celebre violinista Franz Clement, che lo eseguì per la prima volta al Theater an der Wien, di cui era direttore.

Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.61 Lo scarso apprezzamento da parte della critica e le pochissime esecuzioni fecero sì che quest’opera restasse pressoché dimenticata fino al 1844, quando il famoso Joseph Joachim (allora tredicenne!) la eseguì a Londra sotto la direzione di Felix Mendelssohn. Da allora il Concerto op. 61 è una delle pagine più amate e frequentate del repertorio classico, divenuta modello imprescindibile per i compositori della generazione romantica, dallo stesso Mendelssohn a Schumann, Brahms e Čajkovskij.

Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.61 Se lo paragoniamo ad altre opere composte nello stesso periodo, l’originalità del Concerto per violino risulta ancora più evidente: è inserito tra la Sinfonia n. 4 e la n. 5, dalla forza primordiale, ed è preceduto sia dai tre Quartetti Razumovskij, calmi e misurati, sia dal Concerto per pianoforte op. 58, con un secondo movimento tutto giocato sul contrasto drammatico. Al contrario, il luminoso Concerto per violino rifugge da ogni conflitto sotto il profilo dialettico, armonico e tonale ed evita quelle tensioni che conferiscono alle ultime Sonate per pianoforte e agli ultimi Quartetti quell’aspetto “visionario” proprio dello stile maturo di Beethoven.

Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.61 Nell’Allegro iniziale, per esempio, la forma-sonata procede senza particolari contrasti tra primo e secondo tema, entrambi esposti dall’orchestra e dotati di un carattere lirico, potenziato dagli interventi del solista, orientati all’espressività anche nei passi virtuosistici. Il secondo tempo continua a privilegiare le tinte tenui del primo: gli archi espongono per primi una frase sommessa, quasi esitante;

Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.61 poi, su un sostegno armonico sempre più solenne, si staglia il canto del violino. Al solista, vero mattatore del Concerto, è dato il privilegio di introdurre il refrain dell’affabile Rondò, che si concluderà con una stretta vigorosa. Il Concerto per violino è dedicato a Stephan von Breuning, amico d’infanzia di Beethoven e personaggio centrale per il ruolo di consigliere che rivestì più volte nel corso della sua vita.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Allegro moderato Andante con moto (mi minore) Rondò. Vivace Organico: pianoforte, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi Composizione: 1805 - 1806 Prima esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 22 Dicembre 1808 Edizione: Bureau des Arts et d'Industrie, Vienna 1808 Dedica: arciduca Rodolfo d'Austria

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Se il Terzo concerto, nonostante le novità della scrittura pianistica, si muove ancora con tutta la sua drammatica veemenza nel solco mozartiano tracciato segnatamente dai Concerti in re minore K 466 e in do minore K 491, il Quarto si addentra in una regione solo in parte esplorata dal Salisburghese con i Concerti K 450, 488 e 595. Composto nel 1805-06 (nel periodo in cui Beethoven lavorava anche alla Quinta sinfonia, al compimento della prima versione del Fidelio, al Concerto per violino), il Concerto in sol maggiore realizza il prodigio di una sonorità pianistica di tipo intimistico, dolcemente luminosa e non brillante, con una frequente valorizzazione del registro acuto dello strumento in funzione cantabile, mentre la natura del rapporto fra solista e orchestra riesce di tono affettuosamente colloquiale, anziché di contrapposizione dialettica.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Ma è anche la variegata veste armonica del Quarto concerto, l'abbondanza delle modulazioni, l'ampiezza della gamma espressiva all'interno di una sostanziale unità di tono e la trasparenza dell'orchestrazione che fanno del Concerto in sol maggiore - si legge in un articolo della Allgemeine Musikalische Zeitung del maggio 1809 - «il più ammirevole, il più singolare, il più artistico e difficile di tutti quelli che Beethoven ha scritto».

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 La breve entrata del solista, che nell'Allegro moderato iniziale precede l'esposizione orchestrale introducendo dolcemente l'antecedente del tema principale col suo caratteristico inciso a note ribattute, è di per se stessa sorprendente. È come il levarsi d'un sipario su un paesaggio sonoro di impronta squisitamente pianistica che, gli archi, ripetendo e completando il tema, prendono a imitare, avviando il discorso musicale all'insegna dell'integrazione fra solo e orchestra.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Il ponte modulante estende il tema, così esposto, agli strumenti a fiato e lo innalza con un crescendo, fino ad approdare a un accordo generale di tutta l'orchestra, toccando così un punto di sensibile distensione che segna la fine della zona del primo tema e l'inizio del secondo: un soggetto dalle linee slanciate e un ritmo quasi di marcia che, passando in varie tonalità e non toccando mai quella che si converrebbe a un secondo tema, si direbbe fare ancora parte del ponte modulante. Dal ritorno del caratteristico inciso del tema principale (che ancora una volta porta a un crescendo in direzione di un nuovo punto culminante), un terzo tema ad ampi intervalli fiorisce nei violini in un luminoso modo maggiore.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Un episodio conclusivo e un rasserenante ritorno dell'inciso a note ribattute del primo tema chiudono la prima esposizione «chiamando» l'ingresso del solista, il quale, a sipario ormai levato, prende a elaborare virtuoslsticamente la sua stessa introduzione iniziale. Privata del primo tema nella sua interezza, la seconda esposizione risulta più ampia della prima e, rispetto a quella, più ricca d'ornamenti. Un virtuosistico episodio di transizione, anziché condurre diritto al secondo tema, approda infatti a una melodia molto lirica e trasognata in si bemolle maggiore, eseguita dal pianoforte alla mano destra nel registro acuto e accompagnata dalla sinistra nel registro grave, mentre dopo un rapido passaggio del solista, i violini introducono, piano, nel tono della dominante (!), un nuovo tema caratterizzato da una frase legata su un ritmo puntato, rinforzata al centro da un duplice sforzando.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Chiusa così l'imprevista parentesi, l'episodio di transizione può quindi riprendere il suo corso e finalmente condurre al secondo tema alla cui esposizione contribuisce ora il pianoforte. Più ampio è anche l'episodio di transizione al terzo tema, in cui l'inciso a note ribattute suona alternativamente in violini e legni, mentre, a slanciare in avanti il discorso musicale in direzione dello sviluppo, il terzo tema suona dapprima limitato alla sola prima frase (enunciata dai legni, quindi prolungata e infine ripetuta dal solista), per poi completarsi nella seconda. Codetta e inciso a note ribattute chiudono la seconda esposizione. Lo sviluppo prende le mosse dal solito inciso che il solista solleva fino a un punto culminante da cui ridiscendere con un disegno in terze e seste discendenti, come per attrazione gravitazionale. 

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Una, due volte su un pedale di fa minore; poi altre due volte, ma da un tono e mezzo più in basso e su un pedale di re minore. E mentre il pianoforte si lancia in ampie e generose volute d'arpeggi, violini e violoncelli ripetono il disegno discendente del solista. Una lunga coda di questo episodio, formata da passaggi brillanti e incisivi del pianoforte nel tono di do diesis minore, approda, dopo un trillo di dominante, a un pianissimo in cui la precedente concitazione si placa in un disegno melodico etereo (sempre in do diesis minore) in cui il solista ripete una semiscala discendente, prima a note semplici, poi con terze della destra, mentre violoncelli e contrabbassi eseguono in pizzicato l'inciso del primo tema.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 La sezione conclusiva dello sviluppo, intessuta sul medesimo inciso, prepara la ripresa del primo tema, riaffermato dal solista in tono grandioso e continuato delicatamente dall'orchestra. Una cesura lascia sospesi gli episodi collegati al tema principale dando luogo a un nuovo episodio modulante, molto simile alla parentesi lirica già ascoltata in seno alla transizione fra primo e secondo tema nella seconda esposizione. Segue quindi il quarto tema, mentre il resto dell'esposizione si ripete in modo regolare, fino alla cadenza, conseguente alla ripetizione del terzo tema e non di codetta e ritorno dell'inciso a note ribattute che avevano preparato lo sviluppo. La coda riprende il filo del discorso «interrotto» dalla cadenza, ripartendo dal terzo tema per approdare alla ripetizione dell'inciso a note ribattute e su questo chiudere il primo movimento.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 All'affettuoso colloquio fra solo e orchestra dell'Allegro moderato, segue il contrasto più violento del secondo movimento, un Andante con moto, nel quale wiederstrebende Prinzip e bittende Prinzip, principio d'opposizione e principio implorante, assumono la più tesa evidenza. Cosi al tema in mi minore pronunciato forte e sempre staccato dall'orchestra, il pianoforte contrappone un'idea cantabile di implorante dolcezza. I due opposti elementi tematici si alternano dapprima con largo respiro, poi a piccoli frammenti, l'uno digradando progressivamente fino a estinguersi, l'altro rafforzando la propria voce con uguale gradualità, per culminare in un canto intensissimo e in una ardita cadenza tonalmente ambivalente. Nella coda l'orchestra torna a far sentire nei bassi, in una dinamica ridottissima, il suo inciso ritmico, mentre il pianoforte rientra con un breve accenno melodico e un delicatissimo arpeggio di chiusa.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 L'opposizione fra solo e tutti, così evidente nell'Andante, persiste nel finale dove però il tono generale è quello d'un divertito rondò a una sola strofa. Attaccato pianissimo dagli archi dell'orchestra, il tema di refrain viene subito ripreso dal pianoforte, mentre un violoncello si stacca dal gruppo con una linea melodica indipendente. Identico procedimento subisce la seconda idea cantabile, poi l'orchestra riafferma con energia il tema iniziale.

Quarto concerto per pianoforte in sol maggiore, op.58 Un brillante episodio di transizione costruito sull'opposizione fra solo e tutti conduce al couplet un tema di serena cantabilità presentato dal pianoforte e subito dopo dall'orchestra in una scrittura di limpida trasparenza polifonica. Collegati fra loro episodi di transizione, refrain e couplet si alternano quindi regolarmente con gli sviluppi e le varianti del caso, fino alla cadenza. La coda con un brusco cambiamento di tempo può quindi portare il concerto a una conclusione sfolgorante sul motivo di testa del tema principale.

Sinfonia n°5 Cronologia: si trovano tracce sui quaderni di lavoro nei primi mesi del 1804, quando stava componendo l’Eroica. Poi sospende per scrivere la 4 e torna a scrivere la 5 solo nel 1807, realizzandola assieme alla 6. Entrambe verranno concluse nella prima parte del 1808 ed entrambe verranno dedicate congiuntamente a due personaggi importanti nella biografia di Beethoven: il principe Lobkowitz e il conte Rasumowsky.

Sinfonia n°5 Nessuna esecuzione riservata: rispetto alla solita abitudine, la 5 non possiede esecuzioni riservato così utili a Beethoven per apporre correzioni e modifiche. Le correzioni verranno apportate solo dopo la prima esecuzione pubblica del 1808 (testimonianza in una lettera all’editore Breitkopf und Hartel). Prima esecuzione pubblica: avvenne un anno dopo il completamento della sinfonia, il 22 dicembre 1808 al teatro An der Wien durante un’accademia dalle dimensioni gigantesche che durò circa 4 ore!

Sinfonia n°5 Prima esecuzione pubblica: durante questa accademia vennero eseguite: La 5 e la 6 sinfonia Il 4 concerto per pianoforte e orchestra suonato dallo stesso Beethoven L’aria Ah, perfido! Gloria, Sanctus et Benedictus dalla Messa op.86 Vi fu, inoltre, un’improvvisazione di Beethoven al pianoforte In conclusione, la Fantasia op.80 per pianoforte, coro e orchestra

Sinfonia n°5 Beethoven voleva fornire con questa lunga accademia un saggio della sua poliedricità creativa, ma l’esecuzione – a quanto pare – fu preparata in tutta fretta e non soddisfece i critici che non furono molto clementi. Tra questi, il musicologo Johann Friedrich Reichard, ospitato nel palco del principe Lobkowitz, parla di gravi carenze, tanto da far perdere la pazienza e di problemi organizzativi tanto che sembra che i cantanti siano stati raccolti a caso, così come l’orchestra. Mancò persino una prova generale!

Sinfonia n°5 In realtà, E.T.A. Hoffmann colse fin da subito la grandezza di questa opera – la più beethoveniana di tutte le sinfonie – con la sua poetica dialettica e drammatica. Hoffman parla di una composizione organizzata in un’unica campata con il finale come punto di fuga e con i quattro movimenti in funzione del tutto. «La musica di Beethoven muove le leve del terrore, del brivido, del dolore e appunto per questo suscita quel palpito d’infinita nostalgia che è l’essenza stessa del Romanticismo»…[…]…Tutto tende ad un unico punto d’arrivo».

Sinfonia n°5 – Allegro con brio Forma sonata divisa in quattro sezioni perché è presente una coda particolarmente lunga: Esposizione (1-124) Sviluppo (125-253) Ripresa (253-374) Lunga coda (374-502) E’ comunque il movimento più corto di tutte le sinfonie beethoveniane, ma – proprio per questo – è tra i più densi di materiali musicali.

Sinfonia n°5 Allegro con brio - Esposizione 1° tema (1-5) (1-21) Definito dall’allievo, segretario e biografo beethoveniano Anton Schindler come «il destino che bussa alla porta». Tema possiede qualcosa di intimidatorio, tanto «da metterti con le spalle al muro». Tema breve e incisivo (1-5), costituito da tre note veloci ed una lunga, il tutto ripetuto un tono più in basso. Non si tratta di un profilo strettamente melodico, piuttosto emerge la sua carica d’energia. Si tratta di una sorta di motto pregnante e cifrato, di una mera forza motrice che invade tutto il movimento. Nella storia dell’interpretazione questo inizio è sempre stato trattato con molta libertà tanto da essere proposto ora molto lento, ora molto veloce.

Sinfonia n°5 – Allegro con brio - Esposizione Il bussare evoca il presagio di una catastrofe imminente come nel Finale del Don Giovanni di Mozart. (ascolto) Secondo Giorgio Pestelli il tema «bussato» avrebbe un antecedente nell’Hymne du Pantheon di L.Cherubini, ma – a mio parere – a parte la stessa tonalità di do minore – non vi sarebbero particolari affinità. (ascolto).

Sinfonia n°5 – Allegro con brio - esposizione 1° tema (1-21) dopo le prime cinque battute in cui il tema viene presentato in fortissimo, lo stesso ritorna fluendo tra le voci nel piano per chiudersi su tre accordi nel forte. Transizione (25-58) con elementi del tema che partono dal piano per giungere al fortissimo (52) per poi chiudere su due accordi inframezzati da una pausa. 2° tema (59-66) in cui – dopo aver risentito il tema dai corni che si soffermano su note lunghe e sforzate – si ascolta un nuovo tema in piano e dolce. Emerge la ricerca del contrasto drammatico tra tema ritmico e la dolcezza e cantabilità del secondo che vengono giustapposti. Coda (94-124) con nuovo elemento ritmico scattante e baldanzoso. Ecco la carica di energia ritmica che pervade tutto il movimento! Nelle ultime battute presenti ancora citazioni del 1° tema.

Sinfonia n°5 – Allegro con brio - Sviluppo Riproposizione del 1° tema (125-60) con la solita dialettica tra ff e pp nelle prime battute. Poi lavora su elementi scarni che presentano peraltro sempre le 3 note brevi + la nota lunga. 2° elemento (160-179) sempre le 3+1 anche se in questo caso sono ascendenti. 3° elemento (180-195) basato sugli sforzati dei violini dal tono solenne e ieratico. Punto nevralgico dello sviluppo (196-227) in cui si contrappongono fiati e archi in un clima decisamente più statico in cui le dinamiche fluttuano dal ff al pp, fino a sembrare delle forze immobili sull’orlo dell’abisso. Dal vuoto ecco il riemergere del tema ritmico prima della ripresa (228-253).

Sinfonia n°5 – Allegro con brio - Ripresa 1° tema (253-275) proposto in piano dai violini secondi e che ha una stasi improvvisa nella breve cadenza dell’oboe (268) nella quale si cambia persino l’agogica, passando ad un «adagio». Segue la riproposizione del 1° tema che fluisce dai violini primi in ordine verso i contrabbassi (269-276). Transizione (276-302) che si sviluppa su una breve progressione nelle prime battute (282-286) contrassegnata da sforzati sul tempo forte della battuta, poi gli archi si arrampicano nel registro acuto, chiudendo con due accordi inframezzati da una pausa (300-302).

Sinfonia n°5 – Allegro con brio - Ripresa 2° tema (303-345) prima si riascolta la «testa del 1°tema» al fagotto, subito dopo i primi violini introducono il 2°tema, dolce e cantabile in piano. Lo stesso scorre tra le voci e precisamente tra fiati e archi che si alternano regolarmente. Nuovo baldanzoso elemento ritmico (346-374) introdotto dai violini, mentre si riascoltano le 3+1 (365-366; 369-370; 371-372)

Sinfonia n°5 – Allegro con brio - Coda E’ la coda più lunga concepita da Beethoven per una sinfonia, tanto che questo movimento appare suddiviso non nelle classiche tre parti, bensì in quattro. Coda (374-502) con elementi del tema (387-388; 398-399) che viene citato per esteso sul finire della sezione (469-479 e 480-490). In mezzo nuovi elementi, pieni di dinamismo e di energia. Il primo basato su una progressione discendente degli archi (407-422). Il secondo, invece, su una sezione ieratica scandita dai quarti degli archi (423-469).

Sinfonia n°5 – Andante con moto Forma: tema e sei variazioni al quale si aggiunge l’elemento della fanfara che viene ripreso ben tre volte e una citazione del tema del destino o «tema bussato». Tema e variazioni basati soprattutto sui timbri ambrati e scuri di viole, violoncelli e contrabbassi come all’inizio del movimento. Forma molto articolata: tema (1-31) – fanfara, 1° (31-48) – 1° variazione (49-71) – fanfara, 2° (71-88) – lontano ronzio del «tema bussato» (88-96) – 2° variazione (98-104) – 3° variazione (103-123) – 4° variazione (123-147) – fanfara, 3° (147-157), 5° variazione (158-176) – collegamento (176-183) – 6° variazione (183-205) – coda (205-247)

Sinfonia n°5 – Andante con moto Tema (1-31) diviso in due parti: 1°parte (1-22) – 2° parte (22-31) 1° parte (1-22) tema arioso e fiducioso che – oltre all’amabilità del lied – contiene qualcosa del passo di danza (allusione ad una sorta di marcia). Vi sono chiare affinità con l’ «Andante con moto» della Sonata op.57 «Appassionata» (ascolto). Sempre in questa prima parte troviamo una «eco» che si sposta tra archi e fiati (8-11) e che si prolunga in elemento tematico cadenzante (12-22) e che ritorna in altre parti del movimento (59-70; 196-204; 220-223).

Sinfonia n°5 – Andante con moto 2° parte tema (22-31) esposto con grande grazia da clarinetti e fagotti su un tappeto di terzine che animano il tessuto compositivo. Grazie simile al «Larghetto» della Sinfonia n°2. Fanfara (31-48) solare in do maggiore che ci riporta a quel mondo di marce e di inni militari probabilmente ascoltati a Bonn, località dove vi era una certa presenza di musica francese. Fanfara che si chiude con una breve cesura (41-48) di note lunghe legate nel pianissimo prima di un improvviso crescendo.

Sinfonia n°5 – Adagio con moto 1° variazione (49-71) sempre con strumenti gravi che ornano il tema con i sedicesimi, mentre il clarinetto tiene una nota lunga. Successivamente le ornamentazioni della variazione fluiscono verso il fagotto, i primi violino e il flauto. Episodi cadenzanti dell’inizio del movimento che tornano (59-70) Fanfara (71-88) prima nel piano e dolce, poi nel forte. In mezzo si ascolta un lontano «ronzio» del tema bussato del 1° movimento (76-77) che torna dopo l’esposizione della fanfara nel forte. Lontano ronzio del tema «bussato» ai celli (88-96)

Sinfonia n°5 – Adagio con moto 2° variazione (98-104) sempre affidata ai timbri scuri di viole, violoncelli che ornano la melodia con dei trentaduesimi. Da bb.106-114 entrano i primi violini che suonano peraltro nel registro grave e medio. 3°variazione (104-123) con archi ribattuti e tema a violoncelli e contrabbassi sempre basato su trentaduesimi. Breve cesura (121-123). 4° variazione (123-147) con figurazioni molto libere e quasi cadenzanti di flauto, oboe e clarinetto.

Sinfonia n°5 – Adagio con moto Fanfara (3 volta) (147-157) a orchestra compatta. 5° variazione (158-176) che inizia con figurazioni d’accompagnamento degli archi, mentre la vera variazione dei fiati inizia qualche battuta dopo (166-176) Collegamento (176-183) 6° variazione (183-205) ai violini con la sovrapposizione die fiati. Sul finire tornano gli elementi cadenzanti (196-204). Coda (204-247) con gli episodi cadenzanti a bb.220-223, bb. 235-236 e bb.242-243.

Sinfonia n°5 - Allegro Non viene più indicato il termine Scherzo, ma la ritmica in ¾ riconduce a questa forma, mentre il Trio sarebbe in regola, ma poi è talmente originale da diventare imprevedibile. A Beethoven interessa riprendere il clima oscuro del 1° movimento e riannodare l’azione verso l’epilogo. Di fatto siamo di fronte ad una forma anomala che prevede l’alternanza di due motivi nello scherzo, poi nel trio si alternano due sezioni (A e B), per poi tornare allo scherzo, ma senza simboli di ritornello tradizionali.

Sinfonia n°5 – Allegro - Scherzo 1° motivo (1-18) sorta di personaggio notturno e ammantellato che tenta una via procedendo a tentoni. In effetti, il motivo prende si diparte dai bassi (violoncelli e contrabbassi) che suonano una sorta di arpeggio nel pianissimo. Motivo oscuro e sinistro ripetuto. (1-9; 9-18). Questa sonorità si ritrova nell’Allegro molto vivace della Sonata per pianoforte op.27 n°14 (ascolto), nell’Allegretto op.10 n°2 (ascolto). Anche Chopin nei sui primi tre scherzi sarà affascinato da questo clima musicale oscuro e tenebroso.

Sinfonia n°5 – Allegro - Scherzo 2° motivo (19-52) che riprende – per contrasto – il tema del destino esposto all’unisono dai due corni in mi bemolle. 1° motivo (52-70) 2° motivo (71-97) In questa sezione i due motivi vengono solo accennati in modo da giustapporli con ancor più vicinanza, creando maggior contrasto espressivo 1° motivo (98-100) – 2°motivo (101-114) Coda (114-140)

Sinfonia n°5 – Allegro – Trio-Scherzo A (141-160) con entrate in contrappunto tra violoncelli e fagotti; a seguire con violini secondi e violini primi. B (160-244) con entrate sempre in contrappunto tra violoncelli, fagotti; a seguire con violini secondi e primi. Collegamento, a tempo (244-255) con un elemento tematico che ricorda il 1° motivo dello scherzo 2° motivo (256-273) con ingresso di vari strumenti: clarinetti (256-259), oboi (263-266), fagotti (315-316), violini (317-322) e timpani (325-328). Mentre si ascolta l’ingresso dei timpani, i violoncelli e cbassi suonano un pedale di la bemolle che crea dissonanza ed instabilità armonica. Senza soluzione di continuità ci ritroviamo nel IV movimento…

Sinfonia n°5 - Allegro Forma sonata talmente stipata da temi principali e secondari, che talvolta si ha l’impressione di ascoltare la varietà motivica di un rondò con i suoi rondò e i couplets. Inoltre, il senso della forma sonata viene attenuato dal fatto che i temi non sono di per sé contrastanti tra loro, ma possiedono caratteristiche affini perché tutti in maggiore, positivi e vittoriosi. La forma possiede inoltre una sua ridondanza poiché ad ogni tema ne segue un conseguente: in effetti, è come se vi fossero ben 4 temi (1° tema e conseguente; 2° tema e conseguente); vi è, inoltre, una citazione dello scherzo e una lunga coda.

Forma molto articolata: Sinfonia n°5 - Allegro Forma molto articolata: Esposizione (1-86) Sviluppo (87-152) Scherzo (153-206) Ripresa (207-281) Lunga Coda (281-404)

Sinfonia n°5 - Allegro 1° tema (1-26) nella solarità del do maggiore con un motivo che richiama l’Inno alla vittoria di Adrien Aine su parole di Lacombe. Tema dal carattere di marcia con orchestra al gran completo nella quale sono stati inseriti anche ottavino, controfagotto, tromboni e timpani, che si sommano agli altri fiati. Al ritmo di marcia delle prime battute, seguono scale ascendenti staccate (6-12) Tema conseguente (26-44). Presentata una melodia trionfante da corni e tromboni (26-34), cui seguono gli archi con un’altra melodia gioiosa e solare.

Sinfonia n°5 - Allegro 2° tema (44-63) in dominante diviso in due parti. 1° parte (44-56) basata sulle terzine sinuose degli archi 2° parte (56-63) archi prima ribattuti, mentre successivamente si lanciano in scale ascendenti. Tema conseguente (64-72) presentato da una sezione dell’orchestra costituita da clarinetti, fagotti e oboi con gli archi (violini, viole e celli) Coda (72-86) che riprende la sezione precedente, ma ribattendo le note.

Sinfonia n°5 - Allegro Sviluppo (87-152) Poco elaborato come lavoro tematico anche se riconosciamo le terzine del 2° tema (91-95) nei primi violini e nei violoncelli (95-99). Segue una progressione (122-132) e poi si giunge ad una sezione (132-139) in cui sotto le terzine degli archi emerge il basso (controfagotti e contrabbassi) che scandiscono 4 note e rievocano l’Hymne dithirambique di Rouget de l’Isle (nel quale si intonava la parola «la Li-ber-tè»).

Sinfonia n°5 - Allegro Scherzo (153-206) rievocato come fosse uno scorcio improvviso del movimento precedente. Ripresa (207-404) 1° tema (207-231) Tema conseguente (231-253) 2° tema (253-272) sempre diviso in due parti. 1° parte (253-264) e 2° parte (264-272) Tema conseguente (273-281) Lunghissima coda (281-404)

Quinto concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore, op Perché “Grand”? Non tanto, o non principalmente, per la durata che pure eccede largamente i limiti del tempo. Quanto piuttosto per la forma. Il Quinto - portato a termine nel 1809 - è “grand” perché segue un procedimento formale del tutto diverso rispetto al genere “minore” del concerto solistico e si avvicina invece al genere “maggiore” della sinfonia.

Quinto concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore, op Beethoven, tanto per cominciare, non amava affatto che al Concerto n. 5 per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore op. 73 venisse associato il nome di “Imperatore”, titolo posticcio appiccicato senza alcuna ragione, pare, da Johann Baptist Cramer. L’unica definizione che accettava era quella di “Grand Concerto” che pure non è così neutra.

Quinto concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore, op Nell’arco dei tre movimenti, il pianoforte si fonde infatti costantemente con l’orchestra nell’esposizione, nella elaborazione e nella variazione degli elementi tematici principali, cancellando d’un tratto la contrapposizione “retorica” tra solista e tutti. Con l’ultimo dei suoi concerti pianistici Beethoven perviene dunque all’ideale “sinfonico” della perfetta fusione tra due “attori” che parlano finalmente con una voce sola. Da questo principio discende coerentemente il procedimento prevalente che Beethoven applica allo sviluppo del materiale tematico: che non è quello della contrapposizione, bensì quello della variazione.

Quinto concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore, op Rivelatrice, da questo punto di vista, la costruzione dell’Allegro: la cadenza inziale espone la matrice tematica, i due temi principali la sottopongono ad un profondo processo di variazione, lo sviluppo ramifica ulteriormente l’albero tematico principale e la ripresa rende del tutto superflua, a questo punto, la tradizionale cadenza del solista, che infatti manca del tutto.

Quinto concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore, op Ma il principio della variazione corre, sotto traccia, anche nei due movimenti successivi: al centro dell’Adagio un poco mosso il pianoforte, con il suo corredo di trilli e ascese cromatiche, richiama l’aura del corale esposto poco prima dagli archi, mentre nel Finale, in forma di rondò, ad essere continuamente ripreso e variato è il motivo inziale di quattro misure che costituisce l’ossatura del refrain

Sinfonia n°6 Vi è un’acquatinta colorata dell’artista zurighese Franz Hegi che ben rappresenta il rapporto tra Beethoven e la Natura.

Beethoven al ruscello mentre compone la Pastorale (1833-34 Sinfonia n°6 Franz Hegi Beethoven al ruscello mentre compone la Pastorale (1833-34 L’incisione ci mostra Beethoven che ascolta la Natura in una macchia solitaria di ontani. Sullo sfondo si intravede Vienna, le colline boscose e al centro un gregge con la pastorella. Nonostante la topografia sia poco fedele, l’immagine trasmette un senso di familiarità

Sinfonia n°6 Dello star bene di Beethoven in campagna sappiamo anche attraverso una lettera a Wegler del 29 giugno 1801 in cui si afferma: «se questo mio stato perdurasse [ipoacusia], la primavera ventura vengo da te, mi affitti una casa e per sei mesi voglio diventare contadino». Anche una lettera a Teresa Malfatti del maggio 1810 ci illumina: «Come sarò lieto di potermene andare in giro per un po’ tra siepi e boschi…Non c’è nessuno che possa amare la campagna quanto me.

Sinfonia n°6 Del resto il sottotitolo originale della Sesta sinfonia è Sinfonia pastorale, ovvero il ricordo della vita dei campi (più espressione del sentimento che pittura). Opera che – nonostante nel sottotitolo si ponga l’accento più sui sentimenti, che sulla descrizione – appartiene al genere della musica a programma. Anche negli abbozzi Beethoven la chiama «Sinfonia caratteristica», altro titolo diffuso per le composizioni a programma, che durante il ‘700 erano state tante (Quattro Stagioni, Sinfonie pastorali di Dittersorf, Leopold Mozart e Haydn).

Sinfonia n°6 Ma la composizione che più si avvicina come impostazione esteriore alla Pastorale è la sinfonia intitolata Pittura musicale della Natura di Justin Heinrich Knech, un compositore tedesco di secondo piano nato nel 1852, che pubblicò la sua opera nel 1784. Anch’essa si articola in cinque movimenti. Natura sotto il sole nel primo movimento, con venticelli, ruscelletti e canto di uccelli. Nel secondo si avvicinano nuvole scure, mentre brontolano tuoni lontani. Nel terzo e nel quarto la tempesta raggiunge il culmine e quindi un po’ alla volta si ritira. L’ultimo brano, e questo fa pensare alla Pastorale, è un «Canto di ringraziamento della Natura» per il ritorno del bel tempo.

Pittura musicale della Natura di Justin Heinrich Knech Ascolto

Sinfonia n°6