La Cdg Le disposizioni della CdG che definiscono la qualità di rifugiato possono dividersi in tre gruppi: Clausole di inclusione (indicano i requisiti.

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Transcript della presentazione:

La Cdg Le disposizioni della CdG che definiscono la qualità di rifugiato possono dividersi in tre gruppi: Clausole di inclusione (indicano i requisiti che una persona deve possedere per essere un rifugiato e sono dunque criteri positivi), Clausole di cessazione (indicano le circostanze nelle quali un rifugiato perde lo status) Clausole di esclusione (indicano le circostanze per le quali una persona, pur rispondendo ai criteri positivi delle clausole di inclusione, è comunque da escludere dall’applicazione delle disposizioni della CdG del 1951. Una persona non diventa rifugiata perché è stata riconosciuta come tale, ma è riconosciuta come tale proprio perché è un rifugiato (natura dichiarativa dell’atto).

Nozione di rifugiato nella CdG Art. 1, A 2 CG Coloro che, a seguito di avvenimenti verificatosi anteriormente al 1° gennaio 1951, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra. «A seguito di avvenimenti verificatisi anteriormente al 1° gennaio 1951: limitazione temporale (rimossa dal Protocollo del 1967) Se intesi in Europa o altrove: limitazione geografica.

Temendo a ragione di essere perseguitato Il timore è un fatto soggettivo e occorre valutare anzitutto le dichiarazioni dell’interessato. Fattori come l’età, la vulnerabilità e il genere possono influire sulla percezione del timore; le reazioni psicologiche degli individui non sono necessariamente identiche nelle stesse circostanze: per alcuni sconfessare il proprio credo o le proprie idee politiche è intollerabile, per altri potrebbe essere piuttosto semplice. Il timore deve essere comunque ragionevole. «a ragione»: non è sufficiente lo stato d’animo ma occorre anche un elemento oggettivo (situazione del paese di origine, situazione del richiedente). Il timore deve essere considerato fondato se il richiedente può provare, in modo ragionevole, che la vita nel suo paese gli era divenuta intollerabile. Gli argomenti invocati non devono per forza fondarsi sulla esperienza personale del richiedente. Il timore di persecuzione va riferito non solo a chi sia stato giù perseguitato ma anche a chi voglia evitare di trovarsi in una situazione in cui potrebbe esserlo.

La persecuzione Ogni minaccia alla vita o alla libertà per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza ad un determinato gruppo sociale costituisce persecuzione. Sono persecuzioni altre violazioni gravi dei diritti dell’uomo. Non ogni differenza di trattamento determina persecuzione ma solo quelle misure discriminatorie che implicano conseguenza gravemente pregiudizievoli per la persona. Le persone che fuggono per evitare di scontare una pena per un reato di diritto comune non sono, di norma, da considerare rifugiati. Il rifugiato è una vittima – almeno potenziale- dell’ingiustizia, non una persona che sfugge alla giustizia.

Persecuzione e condanna penale E se il soggetto colpevole fosse colpito da una pena eccessiva? Se il procedimento penale riguardasse proprio uno dei motivi menzionati dalla definizione? E se l’applicazione della legge fosse discriminatoria? E se dietro una misura economica si nascondesse una manovra di ispirazione razziale, religiosa o politica (divieto di commerciare o imposizione fiscale discriminatoria nei riguardi di un certo gruppo)? Chi sono i Rohingya della Birmania?

Gli agenti (ossia gli autori) di persecuzione Di norma è riferita alla condotta delle autorità di un paese.  Accountability theory: la condotta dell’agente di persecuzione è attribuibile direttamente allo Stato alla luce delle norme del diritto internazionale  Persecution theory: lo Stato non è in grado (o non vuole) proteggere la persona dalle persecuzioni perpetrate dai privati.

I motivi della persecuzione La persecuzione può avvenire per uno solo di questi motivi o per una combinazione di due o più di essi (un oppositore politico che appartiene ad un gruppo religioso). Il richiedente può non conoscere i motivi per cui teme la persecuzione spettando, tale accertamento, all’esaminatore. Non è rilevante il fatto che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche per le quali è perseguitato, quanto piuttosto la circostanza che tali caratteristiche gli vengano attribuite dall’autore delle persecuzioni. Il soggetto non è in grado, con i mezzi a disposizione, di difendersi e scongiurare la situazione in cui si trova spesso non per sua volontà ma perché espressione di una minoranza avverso la quale la maggioranza si accanisce.

La razza, la religione, la nazionalità Razza  deve essere intesa in senso ampio tale da comprendere gruppi etnici e sociali con antenati comuni, discriminati per il colore della pelle o per la loro discendenza. Religione il codice internazionali dei diritti proclama la cd triade: il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione e di manifestare la propria religione sia in pubblico che in privato nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti. Le tradizioni o le credenze possono essere, teiste, non teiste o ance ateiste (anche l’astenersi dal seguire le pratiche religiose eventualmente imposte dalla maggioranza può essere motivo di persecuzione). Nazionalità non ci si riferisce esclusivamente alla cittadinanza ma appartenenza ad un gruppo etnico o linguistico o culturale. Si pensi al caso delle minoranze nazionali o alle persecuzioni agìte da parte di una minoranza dominante.

Il particolare gruppo sociale e le opinioni politiche Gruppo sociale si tratta del motivo «meno chiaro» della Cg ed anche quello che ha conosciuto una interpretazione evolutiva e dinamica assai interessante specie per le persecuzioni gender-oriented e per quelle originate dall’orientamento sessuale. Tradizionalmente comprendeva le persone con educazione analoga, analogo modo di vivere o stato sociale. Come vedremo, si parla di immutabilità o essenzialità delle caratteristiche che accumunano i membri del gruppo. Opinione politica la persecuzione si pone nei riguardi di idee non tollerate dalle autorità (opinioni critiche verso la politica e i metodi di governo). Le opinioni possono essere attribuite all’individuo anche se ciò non corrisponde a verità. Anche chi non ha mai pubblicamente rivelato le proprie opinioni politiche prima di fuggire, può chiedere lo status di rifugiato purchè sia in grado di dimostrare che queste opinioni lo metterebbero a rischio di persecuzione in caso di rientro nel Paese d’origine.

Si trova fuori del paese di cui ha la nazionalità Qui ‘nazionalità’ designa la cittadinanza. Una delle condizioni generali per il riconoscimento dello status è che il richiedente si trovi fuori dal paese di cui è cittadino. Occorre accertare che il richiedente possegga quella cittadinanza. Il timore di essere perseguitato non deve estendersi necessariamente all’intero territorio (ipotesi di guerra civile e le persecuzioni contro un determinato gruppo etnico o nazionale in una sola part del paese). Rifugiati «sur place»: si può chiedere lo status di rifugiato anche dopo aver legalmente lasciato il proprio paese e risieduto all’estero e in seguito a situazioni sopravvenute nel paese di origine durante la sua assenza (diplomatici, studenti, lavoratori emigranti)

«E non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese». Sia che non possa o non voglia avvalersi della protezione del proprio governo, un rifugiato è sempre una persona che non gode di questa protezione. Non potersi: circostanze indipendenti dalla volontà del soggetto (guerra, gravi disordini, rifiuto di protezione). Potrebbe essere lo stesso Stato (o sue agenzie) l’agente di persecuzione o lo Stato non sia in grado di proteggere il soggetto (stato al collasso). Non voglia: se può fruire della protezione del proprio paese e non abbia alcun motivo, fondato su un giustificato motivo, per rifiutare tale protezione il soggetto non ha bisogno della protezione internazionale.

Clausole di cessazione Clausole di cessazione: quali le condizioni per cui un rifugiato cessa di essere tale? Possiamo distinguere tra : A) cambiamento nella situazione del rifugiato per effetto di una sua iniziativa:  riassunzione volontaria della protezione nazionale;  riacquisto volontario della cittadinanza;  acquisto di una nuova cittadinanza e godimento della relativa protezione;  ristabilimento volontario della residenza nel paese rispetto a cui sussisteva il timore di persecuzione. B) Mutamenti radicali nel paese in cui il rifugiato temeva di essere perseguitato. Interpretazione restrittiva delle clausole di cessazione.

Clausole di esclusione: chi può essere escluso dallo status di rifugiato? Si tratta di tre categorie di persone: A) le persone che già beneficiano di protezione o assistenza da parte delle nazioni Unite; B) le persone per le quali non è ritenuta necessaria una protezione internazionale; C) persone considerate non meritevoli della protezione internazionale. Per il caso A) si pensi all’UNRWA (Ufficio di soccorso e lavori delle Nazioni Unite per i rifugiati di Palestina nel Medio Oriente). Per il caso C), la CdG prevede che le sue disposizioni non si applicano a coloro i quali che: a) abbiano commesso un crimine contro la pace, di guerra o contro l’umanità; b) abbiano commesso un crimine grave di diritto comune al di fuori del paese di accoglimento e prima di esservi ammessi come rifugiati; c) si siano resi colpevoli di azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Obblighi derivanti dalla CdG Quanto alla natura degli obblighi, abbiamo: A) Obblighi solidali (cooperare per garantire il rispetto della Convenzione, vigilare sul rispetto della Convenzione da parte degli stati con cui si coopera. Sono ammesse deroghe sono in bonam partem Quanto al contenuto, si distingue tra:  obblighi negativi (non-refoulement)  obblighi positivi (garantire un determinato status al rifugiato: quali diritti?

Obbligo di non-refoulement (art. 33 CdG). Nessuno Stato contraente potrà espellere o respingere (refouler) – in nessun modo – un rifugiato verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza ad una determinata categoria sociale o delle sue opinioni politiche. Quanto alla portata geografica di tale obbligo, la posizione dell’UNHCR è che esso valga anche in acque internazionali perché è strumentale e consentire alla persona l’accesso alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato. Ricordate la sent. della Corte Edu, Hirsi Jamaa c. Italia del 2002? Eccezioni detta disposizione non può essere invocata da persone per le quali vi siano gravi motivi per considerarle un pericolo per la sicurezza dello Stato in cui si trova oppure da un rifugiato che rappresenti una minaccia per la comunità dello Stato.

Altri obblighi  Obbligo di prevedere procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato (informazione e accessibilità alla procedura);  Obbligo di concedere un documento di identità e di viaggio. Quanto allo status del rifugiato, le parti contraenti dovranno assicurargli un trattamento uguale agli stranieri regolarmente soggiornanti (art. 7) per alcune cose (accesso al lavoro autonomo, alloggio, istruzione superiore) e un trattamento uguale ai cittadini per altre (religione, accesso alla giustizia, istruzione elementare, prestazioni socio-assistenziali). Vengono previsti del limiti alla espulsione (solo per tutelare la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico; occorre concedere un termine per trovare un nuovo rifugio; occorre tener conto del divieto di refoulement). Vi è infine l’obbligo di facilitare la naturalizzazione.