Analisi sociodemografica e servizi per l’infanzia e per l’adolescenza del Veneto TURTURRO LAURA n. 545301 OLLOSU ELENA n. 548618 MINUTE MICHELA n.

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Analisi sociodemografica e servizi per l’infanzia e per l’adolescenza del Veneto TURTURRO LAURA n. 545301 OLLOSU ELENA n. 548618 MINUTE MICHELA n. 544647 MISCIOSCIA MARINA n. 548602

Analisi sociodemografica del Veneto TURTURRO LAURA n. 545301 Analisi sociodemografica del Veneto La Popolazione Veneta, la Famiglia e l’Affido-Adozione Minorile

Analisi sociodemografica del Veneto Nel Veneto si assiste all’aumento contenuto della popolazione rispetto al resto d’Italia. 1992 circa 4,4 milioni di abitanti 2004 oltre 4,6 milioni L’aumento medio annuo è di 4,6 persone ogni 100.000 abitanti

La dinamica naturale TASSO DI NATALITA’: nati vivi / popolazione residente ogni 100.000 abitanti TASSO DI MORTALITA’: morti nell’anno in corso / popolazione residente dal 2000 il tasso di natalità è in aumento e si è allineato al livello nazionale.

Cosa accade nelle province? Vicenza risulta essere la provincia con il più alto tasso di natalità (11,2 ‰) Rovigo al contrario il tasso è quello più basso con un andamento stazionario rispetto al resto della regione Per un’analisi completa si deve tenere conto anche del tasso di mortalità.

Cosa accade nelle province? Negli anni ’80 e ’90 si è avuto un basso livello di fecondità, nonché un più alto numero di decessi rispetto alle nascite. Dal 2000 si assiste ad un’inversione di tendenza: ripresa del tasso d’incremento naturale (sia a livello regionale che per le province di PD, TV, VI, VR)

☼ Osservazione L’aumento della natalità e della popolazione può essere conseguenza dell’incremento dei residenti stranieri. Bisogno di strutture e personale competente ed attento ai bisogni del soggetto.

Struttura per età della popolazione La struttura interna della popolazione veneta è simile a quella nazionale, ma si osservano variazioni per quanto riguarda le fasce d’età (giovani / anziani). nel 1992 il 37,5% nel 2004 il 31,8% nel 1992 il 15,3% nel 2004 il 18,7% < 30 anni > 65 anni

Struttura per età della popolazione INDICE DI VECCHIAIA: popolazione con più di 65 anni / popolazione con età compresa tra 0 e 14 anni Tendenziale aumento a partire dagli anni ’90 Belluno, Rovigo considerate più “anziane” con rapporto giovane/anziano di 1 a 2. Vicenza quella più “giovane”

Struttura per età della popolazione Osservando la struttura generale della popolazione (più anziani che giovani) si può facilmente dire che i servizi socio-sanitari dovrebbero essere potenziati proprio per questa fascia d’età!

La popolazione straniera Al 1° gennaio 2004 gli stranieri residenti in Veneto ammontano a 240.434 Gli anni ’90 hanno visto incrementare la presenza straniera non solo a livello locale ma anche nazionale (soprattutto nelle regioni settentrionali)

La popolazione straniera La maggior parte proviene dall’Europa centro-orientale 46,3% Dall’Africa quasi il 30% Dall’Asia il 15,4% 5% dall’America i minori stranieri sono più dei minori di origine veneta (fonte ISTAT)

LA FAMIGLIA NEL VENETO Cos’è la famiglia? Insieme di persone che vivono insieme e sono legate fra loro da vincoli di matrimonio, parentela, adozione o affettivi. Il numero delle famiglie continua a crescere negli anni non solo a livello nazionale, ma anche nel Veneto e nelle singole province del territorio.

LA FAMIGLIA NEL VENETO La struttura familiare tradizionale italiana, caratterizzata dalla convivenza presso la stessa abitazione di più nuclei familiari, ha visto un progressivo declino, lasciando il posto ad un nuovo tipo di famiglia costituito da padre, madre e uno o più figli.

LA FAMIGLIA NEL VENETO Si può dire che il Veneto differisce dal resto del nord Italia perché la percentuale di famiglie di single si avvicina più a quella del sud Italia. In Veneto sono elevate le famiglie con più di 5 componenti Diminuzione dei matrimoni Aumento di separazioni e divorzi I figli vengono affidati maggiormente alla madre

I minori in affido fuori dalla famiglia di origine La Regione Veneto ha avviato un Progetto Pilota per l’affido familiare dell’anno 2004

I minori in affido fuori dalla famiglia di origine Frequenza % A parenti 258 51,2 Eterofamiliare 246 48,8 Totale 504 100 Non risposta 2 Nella maggior parte dei casi il minore viene affidato prevalentemente a parenti stretti: nonni 51,1% o zii 41,2%

I minori in affido fuori dalla famiglia di origine Femmine Maschi Totale % età 0-5 anni 34 39 73 14,4% 6-10 anni 61 70 131 25,9% 11-13 anni 56 53 109 21,5% 14-17 anni 78 151 29,8% 18 anni e più 21 20 41 8,1% non indicato 1 0,2% 251 255 506 100% % genere 49,6 50,4 100

I minori in affido fuori dalla famiglia di origine Frequenza % Italiana 442 87,4% Straniera 61 12,1% Apolide 3 0,6% Totale 506 100%

I minori in affido fuori dalla famiglia di origine Motivi di affidamento Carenze educative – culturali dei genitori Maltrattamento e incuria del minore Problemi psichiatrici della madre Abbandono del minore Problemi economici della famiglia

La famiglia di origine è prevalentemente il luogo in cui viveva il minore prima di essere accolto (44,9%) ma emerge anche: 9,4% viveva presso parenti prima del progetto di affido 18,6% proveniva da altre strutture in particolare 8,6% da comunità alloggio e 9,8% da comunità familiari 3% proviene da altre famiglie affidatarie in cui il minore non si è integrato

I minori che non ricevono mai visite o che non rientrano mai in famiglia di origine sono il 39,3%. Essi sono anche coloro che provengono dalle situazioni più gravi. Decisore della conclusione dell’affido familiare Tribunale per i Minorenni Comune ULSS di residenza

Motivo della conclusione dell’affido familiare Raggiungimento della maggiore età Difficoltà di inserimento nella famiglia affidataria Miglioramento della situazione con la famiglia di origine Situazione del minore dopo la conclusione dell’affido familiare Obiettivo del Progetto è il rientro in famiglia d’origine (29,9%) 25,4% inseriti in una struttura di tipo residenziale (14-17 anni)

I minori nelle strutture residenziali Nel 2004 i minori ospiti in strutture residenziali della Regione Veneto sono 1.446, il 4,3% in più rispetto all’anno precedente ed in continuo aumento negli ultimi anni. maggioranza ♂ tra 14 e 17 anni i rapporti con la famiglia d’origine risultano pressoché inesistenti la motivazione principale della dimissione dalla struttura è l’allontanamento arbitrario: fuga 34,3%

I minori adottati Le domande presentate evidenziano una maggiore prevalenza di adozioni di bambini stranieri rispetto a bambini italiani. Questi ultimi sono difficilmente adottabili ed i tempi di attesa arrivano anche a 4 anni

ELENA OLLOSU n. 548618 I MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI NELLE STRUTTURE RESIDENZIALI DEL VENETO fonti: Osservatorio Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza- Banca Dati Minori- anno 2004

Minori accolti in strutture residenziali del Veneto anno2004 Italiani 893 Stranieri e nucleo nomade 333 Minori stranieri non accompagnati(MNA) 220 totale 1.446

Caratteristiche socio-demografiche dei MNA Genere:soprattutto maschile (73,2%) Età media:più alta rispetto a italiani e stranieri (MNA dai 14 anni in su 88.6%; stranieri 56.2% e italiani 53.3%) Cittadinanza: Romania (25.5%), Albania (18.2%), Marocco (15.9%) Famiglia e provenienza: tratti comuni fra stranieri e MNA: larga maggioranza di genitori coniugati o conviventi (MNA 44.4%), alta frequenza di dati non conosciuti (per MNA 32.7%)

Provenienza al momento dell’ingresso in comunità Altra struttura: MNA quasi il 24%, stranieri= 26.4% Famiglia d’origine: MNA 59.1%; stranieri 50.5%

Istituzionalizzazione Esiti dei collocamenti ad opera delle forze dell’ordine: la quasi totalità si è risolta con un allontanamento del minore in pochi giorni Progetto per il futuro: immigrazione di lungo periodo (caratteristica comune a molti migranti) Provvedimenti del tribunale dei Minorenni: italiani: 43.1%, stranieri 37.5%, MNA 28.4% Provvedimenti dei Servizi sociali: italiani 37.3%, stranieri 23.0%, MNA 51.9%

Istituzionalizzazione Nella larga maggioranza dei casi (italiani 50.5%, stranieri 49.3%, MNA 91.4%) i minori sono stati affidati al servizio sociale; La motivazione dell’istituzionalizzazione per i MNA è data proprio dal fatto di essere minori non accompagnati da un adulto; per gli italiani è data da problematiche della famiglia e dei genitori; per gli stranieri prevale la motivazione “altro”, seguita dai provvedimenti penali.

Attività MNA: maggior frequenza di soggetti che non frequentano nessuna scuola (dato che deve essere letto in correlazione con l’età mediamente più alta) MNA sono quelli più inseriti nel mondo del lavoro,seguiti dagli stranieri ed infine dagli italiani

Dimissioni Sia per stranieri sia per MNA la causa principale dell’uscita dalla struttura è la fuga del minore stesso (in particolare per la classe d’età fra i 15 e i 17 anni), seguita dal raggiungimento della maggiore età Per la maggior parte dei MNA, non si conosce la situazione dopo la dimissione, lo stesso vale per gli stranieri; per gli italiani la soluzione più frequente è il rientro nella famiglia d’origine

I MINORI NEI SERVIZI SOCIO-EDUCATIVI SCOLASTICI Fonti: Ufficio scolastico regionale “Itinerari e prospettive della scuola in Veneto”, anno 2004 Osservatorio Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza- Banca dati servizi per la prima infanzia- anno 2005 Osservatorio Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza- Banca dati scuole d’infanzia non statali

I minori nei servizi per la prima infanzia Nel 2005: 472 servizi per la prima infanzia, di cui: 178 asili nido 294 servizi innovativi (incremento rispetto al 2004 del 14,6%) Bambini iscritti: 13.545(53,6% in asili nido e 46,4% nei servizi innovativi)

I minori stranieri nei servizi per la prima infanzia 2005: Asili nido: su 7.266 bambini iscritti il 12,1% sono di nazionalità straniera; Servizi innovativi: la percentuale è notevolmente più bassa: 3,2%; le differenze fra 2004 e 2005 sono variabili tra le diverse province (ad esempio Padova: aumento del 57,9%, Verona: diminuzione del 35,3%)

I minori nelle scuole d’infanzia Pluralismo istituzionale: diversi soggetti giuridici e istituzionali preposti alla gestione di questi organi; Considerando il rapporto tra gli iscritti e la popolazione target (bambini tra i 3 e i 5 anni): valori variano nelle diverse province dal minimo di Vicenza (48,2%) al massimo di Verona (52,9%)

Scuole d’infanzia statali Anno scolastico 2003/2004:attivate 1.734 sezioni, a cui sono iscritti 41.653 bambini tra i 3 e i 5 anni; In media ci sono 24 bambini per ogni sezione, dal minimo di Belluno (21,3) al massimo di Verona (26)

Scuole d’infanzia non statali Anno scolastico 2003/2004: 90.699 bambini iscritti, media regionale per ogni sezione è circa 23 Altro dato importante per la pianificazione dei servizi: livello di copertura sulla popolazione di bambini tra 3 e 5 anni (ISTAT, 01/01/2004): media regionale= 79,3%; massimo Padova con 91%, minimo Belluno con 57% Caratteristiche socio-demografiche: età: equidistribuzione tra le tre classi (3, 4, 5 anni); genere: divisione quasi perfetta

Minori stranieri nelle scuole d’infanzia non statali Sui 90.699 frequentanti, il 5,8% è straniero, con una diffusione sul territorio regionale disomogenea (la maggior parte si trovano nelle province di Verona, Treviso e Vicenza) La quota non supera mai la soglia del 7,3% di Vicenza; Negli ultimi 3 anni scolastici (dal 2001/2002 al 2003/2004)): aumento della quota di stranieri in quasi tutte le province, ad esclusione di Belluno, in cui la cifra si è dimezzata

I minori nella scuola d’obbligo LA SCUOLA ELEMENTARE: 2003/2004 198.237 iscritti; oltre il 94% opta per le scuole statali; Confrontando il numero di iscritti con la popolazione fra 6 e 10 anni: valori superiori al 100% per la presenza degli stranieri che non risultano regolarmente iscritti all’anagrafe ma comunque già frequentanti e per la presenza di ripetenti e bambini con handicap (età superiore al normale corso di studi)

I minori nella scuola dell’obbligo LA SCUOLA MEDIA 2003/2004 130.528 iscritti alle scuole superiori di primo grado (aumento del 2,2% rispetto all’anno precedente) Scuole statali: incremento di 1859 alunni e di conseguenza di 16 sezioni rispetto all’a.s. 2002/2003 Diverso andamento per le province di Verona e Venezia: al decremento degli alunni corrisponde un aumento delle sezioni che potrebbe spiegarsi con una diversa concentrazione di bambini con handicap

I minori nella scuola dell’obbligo SCUOLA MEDIA SUPERIORE: 2003/2004: incremento del numero di alunni pari a 1.355 unità rispetto all’anno 2002/2003, a cui però corrisponde una diminuzione delle sezioni; Tipologia di istituti: 64% degli studenti veneti sceglie un istituto tecnico o professionale; non ci sono differenze significative nelle singole province; iscritti ai licei: circa il 25%

I minori stranieri e nomadi nelle scuole statali 2003/2004: Numero aumentato rispetto all’a.s. 2002/2003; a livello regionale: +13,9% (minimo di Rovigo: 4,1% e massimo di Belluno: 20,2%); Sono iscritti prevalentemente alla scuola primaria, poi, nell’ordine, alla scuola secondaria di primo grado, alla scuola secondaria di secondo grado ed infine alla scuola dell’ infanzia

I MINORI E IL LAVORO Fonti: “Bambini, lavori e lavoretti”, Sistema informativo sul lavoro minorile- anno 2003

Situazione generale 2003: rallentamento del mercato giovanile nel Veneto: diminuzione del tasso di occupazione dal 43% del 2002 al 41,9% del 2003; Tra il 2002 e il 2003: tasso di occupazione tra 15 e 24 anni diminuisce del 1,8%; il Veneto resta comunque la terza regione d’Italia (dopo Trentino ed Emilia Romagna) Tra il 2002 e il 2003: tasso di disoccupazione cresce dal 7,6% all’ 8,8% Analizzando le situazioni di ogni provincia, quella con più alto tasso di occupazione è Treviso, seguita da Vicenza e Padova; quella con più basso tasso di disoccupazione è Verona, con il più elevato Belluno

I MINORI E LA GIUSTIZIA Fonti: Procura della Repubblica- Relazione del Procuratore della Repubblica sulla giustizia minorile nel distretto della corte d’appello di Venezia, anno 2005

Dati generali Dati tratti dalla Relazione sulla giustizia minorile nel distretto della Corte d’Appello di Venezia, realizzata dal Procuratore della Repubblica; riferiti al periodo 2004/2005 Procedimenti iscritti concernono 2.250 reati, 1.255 dei quali iscritti a minori di cittadinanza straniera; le tipologie di reato investite sono: Omicidio Lesioni Rapine o estorsioni Reati sessuali stupefacenti

Gli stupefacenti In particolare riguardo agli stupefacenti: Uso di sostanze sintetiche (ad esempio l’ ecstasy) commisti all’assunzione di bevande alcoliche che generano reazioni imprevedibili; lo spaccio di stupefacenti si sviluppa in una sottocultura giovanile che induce alcuni minori, che svolgono spesso la professione di PR nelle grandi discoteche, a spacciare in proprio Massiccia diffusione del traffico di hashish negli ambienti giovanili, compreso quello scolastico Lo spaccio per strada vede coinvolti soprattutto minorenni stranieri, soprattutto magrebini, impegnati in ruoli secondari rispetto ai maggiorenni

I minori denunciati Nel 2001, alla procura di Venezia, furono 1.890, di cui 54,97% italiani e il 45,03 stranieri Nel 2003/2004: decremento in termini assoluti; incremento rispetto alla percentuale di stranieri

Dati dell’Istituto Penale Minorile di Treviso Accoglie minorenni provenienti soprattutto dal triveneto, in cui rappresenta l’unica struttura detentiva minorile; Nel secondo semestre del 2004 presenza media giornaliera di circa 20 detenuti, secondo le statistiche del Dipartimento Giustizia Minorile; Di questi 20 minori, 13 sono di nazionalità straniera e 7 italiani.

I servizi per l’infanzia e per l’adolescenza MINUTE MICHELA n. 544647 I servizi per l’infanzia e per l’adolescenza DATI REGIONALI DEL VENETO Fonti Osservatorio Regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza: - Banca dati servizi per la prima infanzia (Anno 2005) - Banca dati scuole d’infanzia non statali (Anno 2004) - Banca Dati Minori (Anno 2004) - Monitoraggio attività Equipe adozioni (Anno 2004) - Banca Dati Consultori familiari pubblici (Anno 2004)

I servizi per l’infanzia La domanda di interventi orientati ai cittadini più piccoli e alle loro famiglie è cresciuta in questi ultimi anni. La famiglia è un’importante risorsa nell’ambito del sistema dei servizi: all’interno di essa si genera un tessuto fondamentale di relazioni comunicative, relazionali, di ascolto e di reciprocità; essa, inoltre, ha funzione socio educativa. La Regione Veneto si sta impegnando a sostenere, accompagnare, tutelare e proteggere i minori e la famiglia nel suo insieme, valorizzando i bisogni, gli spazi e i tempi necessari allo sviluppo individuale e sociale.

I servizi a sostegno della famiglia Grazie alla legge 32/90 (Disciplina degli interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia: asili nido e servizi innovativi), progetti innovativi di numerose associazioni e organizzazioni del privato sociale affiancano i tradizionali asili nido. I servizi innovativi si avvicinano sempre più ai bisogni delle famiglie attraverso la diversificazione e la flessibilità organizzativa.

Nel 2005 la Regione Veneto ha autorizzato 112 servizi, raggiungendo quota 822. Rispetto al 2001 il numero dei posti disponibili in servizi alla prima infanzia è più che raddoppiato, passando da 8.813 a 23.470 posti. L’indice di offerta è passato dal 4,5% del 2000 al 18% di oggi.

Distribuzione provinciale dei servizi funzionanti per la prima infanzia- Anno 2005   ASILI NIDO SERVIZI INNOVATIVI Provincia Asilo Nido Asilo Nido Minimo Nido Integrato Nido Famiglia Centro Infanzia Totale servizi BELLUNO 4 5 1 14 PADOVA 26 3 38 8 76 ROVIGO TREVISO 13 2 40 17 VENEZIA 36 27 7 70 VICENZA 37 6 33 89 VERONA 35 62 15 121 Veneto 159 19 219 61 472

Asili Nido Gli asili nido funzionanti nel Veneto sono 178 nel 2005, con un aumento di 10 unità. In particolare, a Vicenza ci sono 5 asili nido in più rispetto al 2004. La titolarità degli asili nido è del Comune, nel caso degli asili nido minimi la gestione è in convenzione con altri enti privati, associazioni o cooperative. I posti disponibili in queste strutture sono 7.978; 450 in più rispetto al 2004.

Il rapporto personale educativo/utenti è indicatore della qualità del servizio. A livello regionale lo standard medio garantito offre un rapporto educatore/bambini pari a 1:5, migliore di quello previsto dalla legge 32/90 (1 educatore ogni 6 bambini fino ai 15 mesi e 1 educatore ogni 8 bambini sopra i 15 mesi).

I servizi innovativi I servizi innovativi funzionanti sul territorio regionale sono aumentati notevolmente nel 2005, raggiungendo quota 294 (46 in più rispetto al 2004). Gli sviluppi provinciali sono diversi: a Venezia e Rovigo l’aumento di questi servizi è maggiore. Nel 37,8% dei casi il servizio è gestito da un Ente religioso, mentre per il 21,4% da associazioni.

I posti messi a disposizione sono 6 I posti messi a disposizione sono 6.279; 719 in più rispetto all’anno precedente. Questi servizi sono aperti in media 215 giorni l’anno (43 settimane) e beneficiano di una serie di entrate che per circa l’85% sono costituite dalle rette pagate dalle famiglie, il restante da altri contributi comunali. In generale le spese per la gestione dei servizi per la prima infanzia riguardano il personale, il vitto, il materiale didattico, l’affitto e la manutenzione.

Le scuole d’infanzia Nell’anno scolastico 2003/2004 sono state 1.216 le scuole d’infanzia non statali attive sul territorio veneto. Padova e Treviso sono le province con più alta percentuale di scuole presenti.

L’83% dei comuni ha almeno una scuola d’infanzia non statale, e nel 22% dei casi tali scuole sono in numero superiore a 3. Negli ultimi 4 anni si è verificato un aumento sia delle sezioni, che dei posti disponibili. Il 60% dei gestori del servizio è rappresentato da Enti religiosi, il 20% da associazioni. Tale composizione si differenzia, però, a livello provinciale (Enti religiosi: a Padova gestiscono l’84% delle scuole, a Verona solo l’8%). Il 96,7% delle scuole d’infanzia non statali del Veneto ha la parità scolastica (riceve alcuni contributi statali).

Il personale è costituito da insegnanti (45,9%), direttrice, amministrativi, inservienti e cuoche. Il numero medio di insegnanti per sezione è 1,40; mentre il numero medio di iscritti per insegnante è 16,62. Quest’ultimo dato varia a seconda della provincia. Circa l’88% delle scuole organizza corsi di formazione per genitori, rivolgendosi anche ad esperti esterni. Il costo medio mensile a bambino è pari a € 211,42.

I servizi sostitutivi della famiglia Le strutture residenziali per minori del Veneto ammontano a 273; 56 in più rispetto al 2003.

Le strutture residenziali per minori del Veneto La tipologia delle strutture di accoglienza nel Veneto vede la netta prevalenza di comunità alloggio residenziali, gruppi famiglia e case famiglia, che insieme rappresentano il 74,4% del totale. Nel 2004 circa il 38% dei centri servizi sono gestiti da Enti religiosi, seguiti dalle associazioni e dalle cooperative sociali. I centri servizio sono suddivisi in 3 categorie: centri per maschi (15,6%), per femmine (11,4%) o per entrambi (73%).

Tipologia di strutture residenziali per minori del Veneto   Totale Centro o servizio di pronta accoglienza 2 Comunità alloggio residenziale 92 Gruppo famiglia 36 Casa famiglia 75 Comunità terapeutica riabilitativa 4 Appartamento di sgancio 7 mamma/bambino 48 Struttura residenziale per disabili 9 273

CLASSE DI ETÀ DEGLI UTENTI: 0 - 5 ANNI: 43,5% 6-13 ANNI: 62% 14-17 ANNI: 65,7% 18-21 ANNI: 32,8% Altra Classe: 25,1% Oltre il 60% dei centri accoglie ragazzi tra i 6 e i 17 anni, mentre il 43,5% bambini nella fascia più giovane. Le varie tipologie dei centri hanno diverse esigenze: per questo nei centri e servizi di pronta accoglienza l’80% degli operatori lavora a tempo pieno, mentre negli appartamenti di sgancio il 90% lavora part-time. Anche la composizione del personale varia a seconda del tipo di rapporto lavorativo.

attività di supervisione. La maggior parte degli operatori (43%) sono volontari, gli altri sono lavoratori dipendenti, obiettori, religiosi o altri consulenti o collaboratori. Gli operatori svolgono funzione educativa, di coordinatore, amministrativa o terapeutica. L’attività organizzativa delle strutture residenziali per minori è suddivisa in: progetto di comunità (che definisce obiettivi, risorse, modalità d’intervento) carta servizio (che definisce i criteri per l’accesso alla comunità) cartella personale registro ospiti attività di supervisione.

In quasi tutte le strutture è presente il Progetto Educativo Individualizzato (PEI), che riporta gli obiettivi, i tempi, le attività, le modalità di verifica e il referente per ogni accoglienza. La retta media regionale è pari a 62,78 € per gli utenti residenziali, variabile dal minimo di una struttura di Rovigo ( 5,00 € ), al massimo di un centro di Venezia ( 214,70 € ).

Le équipe adozioni Nel Veneto l’équipe adozione del consultorio familiare è preposta ad informare e sensibilizzare le coppie sull’adozione internazionale e sulle relative procedure (soprattutto attraverso la diffusione di una guida regionale), a svolgere l’indagine psico-sociale sugli aspiranti genitori adottivi, a seguire gli affidi preadottivi e a vigilare sugli inserimenti. Nel 2004 le équipe adozioni attive sul territorio veneto sono 26, con un totale di 105 assistenti sociali e 110 psicologi.

Le coppie partecipano ad un corso di informazione e sensibilizzazione di 12 ore presso il consultorio e altre 16 presso un Ente autorizzato. La regione prevede un contributo alla spesa sostenuta dalla coppia di 103,29 €. Nel 2004 sono stati assegnati 576 contributi e sono stati realizzati 148 corsi di informazione per 1.102 coppie. Una volta frequentato il corso la coppia invia la dichiarazione di disponibilità all’adozione al Tribunale per i minorenni di Venezia, il quale incarica l’équipe adozioni di effettuare lo studio di coppia.

I consultori familiari Il consultorio familiare si attesta nella Regione Veneto come un servizio ad alta integrazione socio-sanitaria e come osservatorio privilegiato proprio delle strutture familiari e delle sue problematiche, seguendo la famiglia nelle diverse fasi del ciclo di vita dell’individuo. I 110 consultori familiari presenti nelle 21 diverse Ulss del Veneto si occupano sia di prestazioni specialistiche, sia di prevenzione e di presa in carico delle crisi evolutive.

Lo standard regionale è di 40-50 Lo standard regionale è di 40-50.000 abitanti per servizio, ma varia molto nelle diverse Ulss. In particolare si evidenziano le Ulss 2 di Feltre e la 6 di Vicenza, in cui il numero medio di abitanti per équipe supera la soglia dei 70.000, e le Ulss 12, 13 e 18 che hanno un bacino di utenza inferiore ai 30.000 abitanti. Il personale è composto da: ginecologi, psicologi, infermieri, ostetriche, consulenti legali, assistenti sociali, sociologi e pedagogisti, e raggiunge le 660 unità nel 2004.

Utenza La composizione dell’utenza che si rivolge ai consultori ha subito un progressivo sbilanciamento a favore della categoria dei nuclei familiari e delle coppie, a svantaggio delle donne, che comunque mantengono la percentuale più alta di richiesta, ed è costituita soprattutto da persone di età compresa tra i 25 e i 44 anni. Il 76% degli utenti proviene da comuni del bacino di utenza del consultorio (forte valenza locale). La categoria degli stranieri raggiunge il 10% del totale degli utenti (2 punti percentuale in più rispetto all’anno precedente).

I casi registrati nel 2004 sono poco meno di 150 mila, relativi per l’80% a prestazioni ostetriche e ginecologiche e per il restante 20% a prestazioni psicologiche e sociali. Tra il 2001 e il 2004 sono aumentate le prestazioni riguardanti i problemi di affidamento dei figli nei casi di separazione o divorzio dei genitori e diminuiti i servizi inerenti alle domande di adozione e di affido preadottivo. I servizi consultoriali di tutte le Ulss venete hanno svolto attività di informazione e di educazione alla salute, promuovendo 5.432 incontri con la popolazione; la tematica prevalente è stata quella relativa all’educazione sessuale. Sono state organizzate anche attività di gruppo quali corsi di preparazione al parto e incontri su adozione e affido.

Attività dei consultori familiari pubblici Anno 2004 NUMERO ÉQUIPES 110 -residenti per équipe 42.208 -famiglie per équipe 16.845 NUMERO SEDI 150 -residenti per sede 30.953 -donne 15-49 per sede 7.352 -famiglie per sede 12.353 NUMERO CASI TRATTATI   148.985 -prestazioni ostetriche e ginecologiche 120.394 -prestazioni psicologiche e sociali 28.591

I progetti a favore dell’infanzia e dell’adolescenza MARINA MISCIOSCIA n. 548602 I progetti a favore dell’infanzia e dell’adolescenza Il nuovo piano biennale infanzia e adolescenza ex legge 285/97

La Regione Veneto ha finanziato il primo anno del nuovo biennio di attività progettuale ex legge 285/97 e ciò ha consentito la prosecuzione della progettazione nel territorio regionale di azioni e progetti orientati alla promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. I progetti (secondo i criteri e i vincoli dettati dalla regione) si inseriscono all’interno di un contesto di promozione e sostegno della famiglia e della genitorialità nelle sue molteplici realizzazioni ed espressioni (naturale-biologica, affidataria, adottiva, della comunità educante in generale).

Tipologia di interventi possibili. Area A: Supporto alla genitorialità in situazioni di normalità e di disagio. Area B: Valorizzazione della genitorialità sociale espressa attraverso le reti di famiglie,e l’associazionismo familiare. Area C: Comunità,scuola, famiglia:collaborazioni tra le diverse agenzie formative del territorio Tipologia di interventi possibili. Attivazione di progetti orientati all’accompagnamento delle famiglie nello svolgimento dei compiti educativi. Individuazione e promozione di forme innovative di supporto alla genitorialità per realtà familiari problematiche. Potenziamento e promozione di interventi socio-educativi per favorire forme di accoglienza del minore della famiglia in difficoltà, in una rete integrata di servizi e con particolare riferimento alla promozione e valorizzazione dell’affido familiare e delle reti di associazionismo familiare Attivazione di progetti coordinati per la promozione di reti territoriali,in collaborazione tra famiglie,associazionismo, scuole dell’infanzia, scuole elementari e medie, scuole superiori, altre agenzie formative territoriali, per la realizzazione di spazi e progetti educativi finalizzati alla crescita consapevole dell’infanzia e alla creazione di rapporti e relazioni inclusive tra territorio e agenzie formative territoriali anche con l’obiettivo di facilitare l’inserimento lavorativo in apprendistato o altre forme protette di lavoro per giovani problematici non rientranti nelle categorie protette.

Il ruolo dell’osservatorio: Tale osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza ha un ruolo di monitoraggio e di valutazione delle progettualità del territorio. L’osservazione avviene attraverso la compilazione di una scheda i monitoraggio che rileva le principali informazioni riguardanti il progetto. E’ somministrata periodicamente a ciascun referente dei 21 ambiti territoriali. La scheda, suddivisa in 7 sezioni, consente l’analisi dettagliata della strutturazione di ciascun progetto finanziato ed attivato.

Le sezioni sono le seguenti: Sezione A Informazioni sul progetto Sezione B Risultati attesi Sezione C Utenza Sezione D Amministrazione Sezione E Azione di monitoraggio e valutazione effettuate sul progetto Sezione F Lavoro di rete Sezione G Positività/criticità

Queste sono le tipologie di progetti attuati nelle seguenti percentuali:

Il numero totale di progetti attivati 56 Vi è stata una riduzione rispetto ai precedenti piani area minori attuati, ciò è dovuto ai limiti imposti dalla dgr 4222/03 che ha favorito macro progettualità in tre aree inerenti la genitorialità con una possibilità di realizzare al massimo tre progetti.

è stata imposta la compartecipazione al finanziamento dei progetti da parte dei territori che dovevano garantire un contributo pari al 20 % che poteva sostanziarsi anche nella messa a disposizione di risorse umane, attrezzature e locali.

Nell’area A abbiamo l’attivazione di interventi di educativa domiciliare e la realizzazione di spazi ascolto e spazi incontro. Nell’area B abbiamo la promozione e la sensibilizzazione in tema di affido familiare e la valorizzazione della genitorialità sociale attraverso la costituzione di reti di famiglie e in una certa misura anche la formazione degli operatori e delle famiglie. Nell’area C si caratterizza per la realizzazione di laboratori, centri di aggregazione per adolescenti e preadolescenti interventi di mediazione linguistica culturale

Il 30,9% dei progetti è ancora in fase iniziale (luglio 2005); ciò è dovuto al fatto che in alcuni ambiti si sono verificati dei passaggi di referenza tecnica ed amministrativa per la gestione del Piano Area Minori ex L.285/97 che hanno provocato un rallentamento della fase di realizzazione di tali progetti .

Sono state rilevate due tematiche importanti: Quella della genitorialità e del sostegno alla genitorialità nella normalità, nel disagio e nella promozione della genitorialità sociale; Quella della rete intesa come modalità di approccio al problema e come presa in carico delle situazioni complesse.

1^ pianificazione- triennio 1997/99 Servizi di sostegno alla relazione genitori-figli di contrasto alla povertà nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali. 33% Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia. 1^ pianificazione- triennio 1997/99 16% Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero. 40% Azioni positive per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. 35% Servizi per il sostegno economico e non a famiglie affidatarie o naturali con all’interno disabili in età evolutiva. 5% 2^ pianificazione- triennio 2000/2002 Sostegno alla genitorialità. 30% Riconoscimento delle esigenze in età adolescenziale. 27% Promozione della mediazione familiare. 5% Promozione della mediazione culturale. 14% 3^ pianificazione- biennio 2003/2004 Sostegno alla genitorialità in situazioni di normalità e di disagio. 30% Valorizzazione della genitorialità sociale espressa attraverso le reti di famiglie e l’associazionismo famigliare. 30% Comunità, scuola, famiglia: collaborazioni tra le diverse agenzie formative del territorio. 35% Progettazione mista. 5%

PROGETTO PILOTA “RETI DI FAMIGLIE, RETI DI SOLIDARIETA’ PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA”

Grazie ad un progetto pilota regionale, promosso attraverso l’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza, la Regione Veneto ha inteso sollecitare i territori a censire tutte le risorse esistenti a favore della famiglia (gruppi di volontariato, associazione, reti informali ecc.) e a mobilitare la loro sinergia a favore della creazione di reti di solidarietà stabili sul territorio.

Sono stati 9 i progetti approvati in ambito di questa iniziativa. I vari progetti hanno evidenziato come l’intervento prioritario nei confronti della famiglia sia di tipo culturale, ossia si è potuto prendere coscienza del fatto che la famiglia è la principale risorsa della società, e che la società cresce e si sviluppa se cresce la famiglia, che l’una non può svilupparsi senza l’altra.

“ l’esperienza fatta si è dimostrata particolarmente positiva in quanto il progetto ha catalizzato energie positive già presenti nella società (famiglie, privati, istituzioni, gruppi ecc..) e le ha collegate fra loro orientandole al raggiungimento di obiettivi condivisi, potenziando implicitamente il raggio di azione di ciascuno. Questa esperienza ha arricchito ciascuno e ha dato evidenza delle potenzialità grandissime del lavoro di rete, tanto che molti soggetti coinvolti desiderano rendere stabile questa esperienza…” ( I Sassolini di Pollicino).

LE SECONDE GENERAZIONI DI IMMIGRATI IN ITALIA E IN VENETO A cura di Gianpiero Dalla Zanna (Università degli studi di Padova)

Nei paesi dove sono stati garantiti gli ingressi agli stranieri, la qualità della vita è fortemente legata alla modalità d’integrazione dei figli degl’immigrati. La prima generazione G1 è disposta a fare lavori pesanti e poco pagati, consapevole della necessità di cominciare con “la gavetta”. Per i figli degli immigrati G2 le cose sono molto diverse. Essi vivono la loro infanzia e adolescenza a contatto con una società ricca e con coetanei autoctoni sui quali i genitori riversano aspettative, sogni, desideri di riscatto sociale. La conseguenza è quella che le G2 sono poco disponibili ad accettare condizioni di vita e di lavoro come quelle delle G1. Molto spesso le g2 sono costrette a ridimensionare i loro sogni e le loro aspettative e ciò porta ad un meccanismo di insoddisfazione, rancore e frustrazione.

L’assimilazione delle G2 è quindi necessaria ma il più delle volte avviene solo in alcuni ambiti di vita e non in tutti. Se le G2 sono dis-integrate, rischiano di vivere male, sviluppando processi di Downward assimilation, diventano delle vere e proprie bombe sociali (creano razzismo, e disordine pubblico). Per evitare che ciò accada devono essere alla pari con gli autoctoni in modo tale da favorire una sana competizione sociale. Le G2 in Italia sono sempre più numerose e in continua crescita è quindi necessario attuare delle azioni pubbliche che favoriscano un integrazione.

Negli Usa l’immigrazione ha una lunga storia Negli Usa l’immigrazione ha una lunga storia. L’integrazione delle G2 vive momenti di contrasto a grandi successi si accompagnano disastri veri e propri. Inoltre in america le condizioni delle G2 sono fortemente determinate da tratti ascritti. Oggi negli USA vivono 30 milioni di persone nate altrove, e un americano under 18 su cinque è nato all’estero o da genitori provenienti dall’estero.

Questi ragazzi per potersi integrare devono superare tre ostacoli: 1)le discriminazioni di razza; 2) un mercato di lavoro “a clessidra”; (gran parte dei nuovi posti di lavoro sono creati nei servizi, poiché parte dell’industria si è trasferita nei paesi a minor costo del lavoro.) 3) la ghettizzazione della società americana.

Un altro problema da non sottovalutare è quella della segmentazione territoriale della società americana. Secondo il Boreau of the Census, nel marzo del 2002 il 40% delle famiglie recentemente immigrate risiedeva nel centro delle città, dove vivono i poveri. Di conseguenza gran parte dei figli di immigrati sono invischiati in processi di Downward assimilation. Paradossalmente frequentare la scuola di questi quartieri è un fattore di rischio per i figli delle buone famiglie immigrate che possono venire a contatti con gang criminali e con il mondo della droga.

La caduta delle G2 è legata spirali di criminalità, al paese di provenienza, alla scuola frequentata e al capitale umano della famiglia di provenienza. Il successo è dovuto al sostegno di una fitta rete di supporto sociale e familiare nel periodo “sensibile” dell’adolescenza. In Italia non esiste una consolidata tradizione razzista e i casi di aggressione alle persone di pelle non bianca sono molto limitate. Il rischio razzista potrà svilupparsi in futuro quando le G2 cercheranno di uscire dalla loro situazione di integrati subalterni che ha caratterizzato i loro genitori. In Italia le scuole primarie sono in gran maggioranza territoriali raccogliendo, quindi, tutti i coetanei di un paese o di un quartiere, interclassiste e, dove vivono gli immigrati, interetniche. Inoltre l’organizzazione familista e corporativa della società italiana può essere d’ostacolo alle strategie di mobilità degli immigrati, che meno degli altri possono giovarsi di risorse ascritte.

LA SCUOLA: UNA POSSIBILE “VIA ITALIANA” ALL’INTEGRAZIONE.

La gran diffusione in Italia della scuola pubblica, in prevalenza interclassista fa sì che il giovane straniero si trovi subito immerso, per 5-7 ore al giorno, in un ambiente protetto, in cui convivono ricchi e poveri, e la qualità della scuola è spinta in alto dal controllo sugli insegnanti e sull’intero sistema messi in atto dai ricchi e dai genitori più istruiti. E’ raro che attraverso la scuola passi la downward assimilation. In Italia la scuola può essere strada maestra verso l’ascesa e il riscatto sociale, purché si mettano in atto strategie per colmare l’Handicap (non solo linguistico) spesso vissuto dai giovani stranieri.

In questo quadro di crescita è inquietante costatare che negli ultimi anni le risorse dedicate all’integrazione diminuiscono anziché aumentare e che il peso dell’integrazione degli stranieri ricada sempre più sugli insegnati, ormai sempre meno. Questo settore dovrebbe essere incrementato, è durante l’adolescenza e la prima giovinezza che gli immigrati accumulano la parte più consistente del loro capitale umano, quando cominciano a fare scelte loro. La scuola non è tutto, ci vuole un approccio integrato dove vengano coinvolti tutti i soggetti sociali con cui gli stranieri vengono a contatto.

Conclusioni Ciò che è stato appena riportato è l’esempio di come l’epidemiologia può essere utile alla pianificazione e valutazione dei servizi. È importante non dimenticare come i criteri utilizzati per la ricerca risentano di influenze politiche e sociali.

In particolare è stato riscontrato che: Nell’ambito psichiatrico la famiglia è stata poco studiata ma in Veneto sono stati attuati degli interventi di supporto alla genitorialità in situazione di normalità e di disagio psichico riconoscendo l’importanza del ruolo dell’ambiente famigliare. L’epidemiologia è utile nel campo della conoscenza teorica e clinica di diverse problematiche come demenza senile, ritardo mentale, disturbi psichiatrici infantili, abuso di alcool, depressione, ecc. Essa permette di identificare i fattori di rischio e gli eventuali progetti volti alla realizzazione di spazi che tutelino il soggetto e il suo ambiente.