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Le origini del totalitarismo Vita activa La banalità del male Hannah Arendt Le origini del totalitarismo Vita activa La banalità del male

Cenni biografici Nasce nel 1906 a Hannover in Germania, da famiglia ebrea benestante. Vive prima a Konisberg, poi a Berlino.

Per motivi politici nel ’33 lascia la Germania; si rifugia in Francia ed è apolide dal ’33. Dal ’41 risiede definitivamente negli Stati Uniti. Prende la cittadinanza americana, insegna in diverse università e pubblica le principali opere.

Nel 1951 pubblica Le origini del totalitarismo, scritto in collaborazione col marito E.Brucher. Il dopoguerra era il primo momento in cui ci si poteva interrogare: come era potuto succedere?

Dalla riflessione sul totalitarismo all’analisi della condizione umana nei tempi moderni: nel 1958 pubblica Vita activa (titolo italiano La condizione umana) Come inviata speciale del New Yorker, segue a Gerusalemme il processo contro il burocrate nazista A.Eichmann. 1963 : pubblica La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme. Le tesi sostenute sono aspramente contestate dagli ambienti ebraici Muore nel 1975, prima di terminare l’ultima sua opera importante :La vita della mente

Libera e indipendente La sua formazione deve molto agli esistenzialisti (Heidegger, Jaspers) ma approfondisce anche i greci, Agostino, Cartesio, Husserl e altri Scrive e riflette in totale indipendenza di pensiero da ogni scuola, indirizzo, ideologia. Anche a ciò si deve una certa “sfortuna” filosofica Donna emancipata, intellettuale laica, è autonoma anche nelle scelte di vita e nell’orientamento politico

Le origini del totalitarismo (1951) Analizza le premesse e i caratteri dei regimi totalitari Novità storiografica: NAZISMO E STALINISMO riconducibili alla stessa idea di totalitarismo Il dopoguerra era il primo momento di riflessione per chiedersi : Che cosa succedeva? Perché succedeva? Come era potuto succedere ?

Le premesse Dal confluire delle conseguenze di: Antisemitismo (otto-novecento) Imperialismo (dall’ultimo ottocento al primo dopoguerra,con un nuovo protagonismo della borghesia) è sorto il totalitarismo nazista e stalinista

Ma a tali premesse va aggiunto il nuovo fenomeno della società di massa e “senza classi” In essa le tendenze totalitarie avanzate da ristrette elités trovano fertile terreno

Il totalitarismo non è assimilabile ai tradizionali regimi tirannici o dittatoriali. Nasce dal tramonto della società classista: “Dovunque è giunto al potere, ha creato istituzioni completamente nuove e distrutto le tradizioni sociali, giuridiche e politiche del paese. Ha trasformato le classi in masse, sostituito il sistema dei partiti (…) con un movimento di massa”

I caratteri : l’intreccio tra TERRORE e IDEOLOGIA Il TERRORE è esercitato tramite La polizia segreta (spionaggio, clima di sospetto, violazione della vita privata) I campi di concentramento (da oppositori politici a “nemici”)

“l’inferno nel senso più letterale della parola era costituito da quei campi perfezionati dai nazisti in cui l’intera vita era sistematicamente organizzata per infliggere il massimo tormento possibile”

“Non è tanto il filo spinato, quanto l’irrealtà abilmente creata (…) che provoca crudeltà così enormi che alla fine fa apparire lo sterminio come una misura perfettamente normale”

Ma prima che con la tortura e la morte, il totalitarismo uccide gli uomini tramite l’ideologia con logica stringente, le idee incarnate dal regime vengono imposte come direttrici di un cammino fatale, inevitabile, naturale e storico

l’ideologia totalitaria : pretende di fornire una spiegazione totale della storia e conoscerne tutti i segreti, senza confrontarsi con i fatti concreti mira alla “trasformazione della natura umana”, cercando di “rendere superflui gli uomini” In tal modo riflette l’esperienza delle masse moderne, che “devono constatare la loro superfluità su una terra sovrappopolata”

l’ideologia totalitaria mira a capovolgere le norme della logica : “mentre distrugge tutte le connessioni di senso con cui normalmente si calcola e si agisce, il regime impone una specie di <supersenso> che le ideologie avevano in mente quando pretendevano di aver scoperto le chiavi della storia”

“Le ideologie sono opinioni innocue solo finché nessuno vi crede sul serio. Una volta presa alla lettera la loro pretesa validità esse diventano il nucleo di sistemi logici in cui, come nei sistemi dei paranoici, ogni cosa deriva comprensibilmente e necessariamente, perché una prima premessa viene accettata in modo assiomatico”

di conseguenza … “Nel contesto di un’ideologia totalitaria, nulla appare più sensato e logico: se gli internati sono dei parassiti, è logico che vengano uccisi col gas se sono degenerati, non si deve permettere loro di contaminare altri se hanno un’<anima da schiavi> non si deve perder tempo a tentare di rieducarli”

In che modo il regime impone il terrore e l’ideologia? Attraverso due strumenti: PARTITO UNICO e POLIZIA SEGRETA

Partito unico e polizia segreta sono controllati direttamente dal <capo>. La <volontà del capo> è l’unica legge del partito Il potere si distribuisce in modo gerarchico, secondo la maggiore o minore prossimità al leader “per adoperare il linguaggio dei nazisti, è la instancabile <volontà del Fuhrer> che diventa la <legge suprema> in uno stato totalitario”

Un’altra domanda fondamentale Qual è la condizione degli individui in un regime totalitario? “quale esperienza di base nella convivenza umana permea una forma di governo che ha la sua essenza nel terrore e il suo principio d’azione nella logicità del pensiero ideologico?”

L’ISOLAMENTO DEI SINGOLI NELLA SFERA POLITICA L’esperienza di base è L’ISOLAMENTO DEI SINGOLI NELLA SFERA POLITICA che corrisponde a L’ESTRANEAZIONE NELLA SFERA SOCIALE

tratto peculiare del totalitarismo moderno è infatti la DISTRUZIONE DELLO SPAZIO PUBBLICO DI CONFRONTO POLITICO DELLA SFERA DELLA LIBERTA’ INDIVIDUALE

SOCIETA’ DI MASSA CONFORMISMO SOCIALE Regimi totalitari come quelli del Novecento sono possibili solo in una SOCIETA’ DI MASSA caratterizzata da ISOLAMENTO DEGLI INDIVIDUI e CONFORMISMO SOCIALE laddove ci sono tali condizioni, è sempre presente il rischio degenerativo dei sistemi politici

Verso “Vita activa” individuata la condizione umana di base del totalitarismo (estraneazione sociale – isolamento politico - espropriazione dei diritti di cittadinanza - condizione di “superfluità” dell’uomo) H.Arendt si pone una nuova domanda filosofica : Perché un agire sociale e politico di questo genere nei tempi moderni?

Vita activa (1958) Oggetto del saggio è la vita attiva distinta dalla vita contemplativa: i due momenti fondamentali della condizione umana (Aristotele) Si parla di condizione umana. Non di “natura” o “essenza”, ma di “condizione storico-esistenziale”dell’uomo Le condizioni dell’uomo sono : vita, natalità e mortalità, mondanità, pluralità e terra

Le forme dell’agire umano H.Arendt individua tre forme di attività umana, corrispondenti a tre aspetti della condizione umana :

ATTIVITA’ UMANE SIGNIFICATO CONDIZIONE UMANA Animal laborans politikon Sviluppo biologico del corpo tramite il lavoro. (questa sfera ci accomuna agli animali) La vita stessa 2. Homo faber Operare. Dimensione non-naturale dell’esistenza. Mondo artificiale di cose (non naturale) L’essere-nel-mondo 3. Zoon politikon L’azione. Pluralità, condizione della vita politica. Comunicazione basata su linguaggio, discorso La pluralità

conditio sine qua non / conditio per quam Nella gerarchia delle forme dell’attività umana, massima importanza ha l’agire politico possibile solo nella dimensione della pluralità la PLURALITA’ è conditio sine qua non / conditio per quam di ogni agire politico

La tesi centrale del saggio : A partire dalla fine della polis, l’agire politico è stato sostituito prima dal <fare> (homo faber) e poi dal <lavorare> (animal laborans : lavoro per la pura sopravvivenza) Ma attraverso quali passaggi è avvenuta tale “degradazione” dell’agire?

1. La vita activa nella polis La gerarchia delle tre attività, teorizzata da Aristotele, è praticata nella polis greco-romana. La prassi politica è la dimensione della vita attiva in cui gli uomini comunicano non tramite oggetti ma attraverso il discorso e le nobili gesta

La polis : sviluppare una “seconda vita” in netto contrasto con quella privata Sfera pre-politica Dimensione della casa e della famiglia. La comunità naturale della casa considerata frutto della costrizione e della necessità (provvedere con il lavoro degli schiavi al sostentamento dei figli) Schiavi, in quanto soggetti alla necessità, considerati “non-uomini” Sfera politica dimensione della pluralità dimensione politica come sfera della libertà, condizione essenziale per la felicità (eudaimonia) uomini sono propriamente quelli che, liberi dalla sfera della necessità, vivono nella polis, dimensione della libertà

Aristotele : tra tutte le attività delle comunità umane, solo l’azione (praxis) e il discorso (lexis) appartengono veramente all’agire politico “ciò originariamente significava non solo che l’azione più politica, in quanto rimane estranea alla sfera della violenza, si realizza nel discorso, ma che trovare le parole opportune al momento opportuno (…) significa agire. Solo la mera violenza è muta, e per questa ragione soltanto essa non può mai essere grande” essere politici = abbandonare la violenza e basarsi solo sulla forza persuasiva del discorso

2. Crisi dell’impero romano e civiltà cristiano-medievale Decade la civiltà della politica, quindi il primato della vita attiva Non più vita attiva ma “vita mondana” contrapposta alla “vita eterna” Cristianesimo : esaltazione della “vita contemplativa” sulla “vita attiva” la superiorità del “bios theoreticos” sul “bios politicos” (già di Platone - Aristotele) è ora rafforzata dal cristianesimo

3. La crisi dei tempi moderni A partire da Cartesio, la modernità ha portato a compimento la negazione della vita attiva. Radicando nel soggetto ogni certezza, la filosofia cartesiana porta ad alcune conseguenze : Nell’uomo prevale l’interesse per le sole cose prodotte dall’uomo stesso, che crea e produce in totale autonomia (iniziale trionfo dell’homo faber) In epoca secolarizzata resta un interesse per la vita, ma essa non ha più nulla di sacro

“darsi da fare” per sopravvivere 3. Col tempo il mondo moderno, secolarizzato e de-sacralizzato, porta alla disfatta dell’homo faber e al prevalere dell’animal laborans l’agire dell’animal laborans tende unicamente alla conservazione della vita il “produrre gli oggetti” (homo faber) lascia il posto al meschino “darsi da fare” per sopravvivere

Nel mondo moderno l’agire politico, ossia la condizione propriamente umana, è divenuto impossibile

“La vittoria dell’animal laborans non sarebbe mai stata completa se il processo di secolarizzazione, la perdita della fede derivata dal dubbio cartesiano, non avesse privato la vita individuale della sua immortalità (…) Il mondo fu ancora meno stabile, meno permanente e offrì quindi ancor meno affidamento che nell’era cristiana. L’uomo moderno, quindi, perse la certezza di un mondo a venire, e si ripiegò su se stesso”.

“Lo stesso pensiero - usato solo in funzione strumentale - divenne solo una funzione cerebrale, col risultato che strumenti elettronici adempiono queste funzioni molto meglio di noi” la fine della politica ci consegna alla <società del lavoro> e ci trasforma in <impiegati> “è come se la vita individuale fosse stata sommersa dal processo vitale della specie”

dunque all’individuo, in età moderna, viene richiesto solo “… di abbandonare la sua individualità, la fatica e la pena di vivere sentiti ancora individualmente e di adagiarsi in un attonito, <tranquillizzato> tipo funzionale di comportamento”. E’ quella passività che può produrre gli Eichmann e la “banalità del male”

La banalità del male – Eichmann a Gerusalemme (1963) Nel 1961 H.Arendt, come inviata speciale del New Yorker a Gerusalemme, segue il processo contro il burocrate nazista Adolf Eichmann, appena catturato in Argentina

Per conto dell’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich (fusione SS/Polizia/Gestapo), Eichmann aveva coordinato l’organizzazione dei trasferimenti degli ebrei verso i vari campi di concentramento e di sterminio

processato da un tribunale israeliano, nella sua difesa afferma che “si era occupato solo di trasporti” E’ condannato a morte e giustiziato nel maggio 1962 Il resoconto del processo viene pubblicato sul New Yorker e poi con il libro “La banalità del male”

La tesi centrale Le ragioni profonde dei crimini nazisti dipendono non tanto dalla ferocia di alcuni carnefici, quanto dalla assenza di pensiero in uomini del tutto “normali”, tipici rappresentanti della società di massa

Se inseriti negli ingranaggi della BUROCRAZIA nazista e della sua ideologia, uomini del tutto “normali” possono compiere i crimini più atroci Per fare il male non è necessario essere malvagi

H.Arendt evidenzia il contrasto tra l’uomo comune (superficiale, mediocre, normale) e il male atroce da lui commesso Eichmann aveva agito nei limiti delle leggi e nella cieca obbedienza agli ordini Non vede in lui una particolare “stupidità” ma la completa incapacità di pensare

Eichmann non era il solo “normale” tra altri burocrati “mostri”: “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso” Eichmann non era il solo “normale” tra altri burocrati “mostri”: c’era una massa compatta di “normali” i cui atti erano “mostruosi”

Questa “normalità” appartiene a un nuovo tipo di criminale che agisce quasi senza accorgersi del male che fa Dunque H.Arendt si chiede: esiste una relazione tra la facoltà di pensare e il male? (“La vita della mente”)

" La manifestazione del vento del pensiero non è la conoscenza; è l'attitudine a discernere il bene dal male, il bello dal brutto. " (La vita della mente) L’uso del pensiero previene il male