della Religione Cattolica Ufficio Diocesano per l’Insegnamento della Religione Cattolica Percorsi di formazione sugli aspetti psicologici e pedagogici dell'insegnamento UNA RELAZIONE CHE FA CRESCERE
UNA RELAZIONE il percorso CHE FA CRESCERE 1° ANNO 2007/2008 QUALE ARMONIA? Prospettive e problemi nel rapporto tra persone. SILENZIO!? Ascolto e dialogo nella scuola, tra adulti, tra insegnanti e alunni. TI FIDI DI ME? Le dinamiche della fiducia nel contesto formativo. IO + TU = NOI. Insieme alla scoperta dell’empatia. 2° ANNO 2008/2009 NON SIAMO TUTTI UGUALI. L’insegnante in relazione con i colleghi. LA DIDATTICA, IL MIO STILE. Mettersi in gioco tra modelli e bisogni personali. LA FIDUCIA NON E’ UN REGALO. Imparare ad avere fiducia degli altri per dare fiducia. COLLABORARE! CHI IO? Dalla sopportazione all’adattamento creativo
Dalla sopportazione all’adattamento creativo a cura di Girardi Gaetano 4° incontro COLLABORARE. CHI, IO? Dalla sopportazione all’adattamento creativo a cura di Girardi Gaetano
COLLABORARE: PERCHE’? 1 - La scuola è una comunità di persone, organizzate secondo regole scritte e non scritte che ne definiscono compiti, ruoli, competenze, responsabilità, relazioni reciproche Il processo di insegnamento-apprendimento non è possibile senza relazioni significative tra tutte le persone coinvolte Nella società di oggi nessuno possiede competenze talmente complete da poter fare da solo In particolare nella scuola le competenze richieste sono talmente ampie e diversificate, oltre che sempre in sviluppo, che bisogna necessariamente agire insieme
COLLABORARE: PERCHE’? L’ organizzazione scolastica prevede molte forme di collaborazione all’interno della scuola: collegio docenti, dipartimenti disciplinari, consigli di classe /interclasse/istituto/circolo. Per non parlare dei rapporti con le famiglie, pure questi obbligatori per legge. Se allarghiamo l’orizzonte, “bisogna” collaborare con la segreteria, i bidelli, i tecnici, il comune, i servizi sociali, l’ULSS,…….. Tutte queste sono forme di collaborazione istituzionalizzate, ma ce ne sono altre meno formali, anche se comunque previste e regolamentate: progetti, gruppi di studio e di autoformazione. Infine ci sono tutte le forme di collaborazione spontanee.
COLLABORARE: PERCHE’? C’è un proverbio che dice: “Chi fa per sé, fa per tre”, intendendo che a fare da soli si hanno risultati migliori. Questo proverbio vuole mettere in luce le difficoltà del lavorare insieme , che avrebbero come conseguenza una maggiore lentezza e una minor efficacia nell’ottenere risultati. Ma è sempre vero? E poi, visto che “comunque” dobbiamo collaborare, perché non trasformare questa situazione da un “obbligo” a una “risorsa”?
La ricerca psicosociale ha da tempo messo in rilievo che l’attività in collaborazione, rispetto a quella in competizione, dà migliori risultati: Maggiore coordinamento degli sforzi Maggiore diversità di contributi di ciascun membro Più suddivisione di attività Più pressione verso il conseguimento di un risultato Più comunicazione reciproca
Più attenzione ai compagni di gruppo Più comprensione reciproca nella comunicazione Più valutazioni comuni di una comunicazione Maggiore orientamento e maggiore produttività per unità di tempo Migliore qualità del prodotto e delle discussioni Una valutazione più favorevole del gruppo e delle discussioni
Maggiore cordialità e amicizia durante le discussioni Una valutazione più favorevole del gruppo e dei suoi prodotti 13. Maggior numero di comportamenti diretti ad aiutare il gruppo e migliore funzionamento del gruppo stesso 14. Maggiore sensazione di risultare simpatico/a agli altri membri del gruppo 15. Maggior senso di sentirsi obbligati e desiderio di vincere rispetto agli altri
COLLABORARE. COME? Affinchè la collaborazione in un gruppo sia efficace e soddisfacente sono necessarie alcune condizioni: Interdipendenza positiva: ciascuno dei membri raggiunge i propri obiettivi solo se anche gli altri raggiungono i propri, cioè ha bisogno di tutti gli altri per raggiungere i propri obiettivi Abilità comunicative Abilità di negoziazione del conflitto Abilità di risolvere problemi Abilità del prendere decisioni Una leadership distribuita
Interdipendenza positiva: ciascuno dei membri raggiunge i propri obiettivi solo se anche gli altri raggiungono i propri, cioè ha bisogno di tutti gli altri per raggiungere i propri obiettivi: è necessario un obiettivo comune che tutti sentono come proprio e al raggiungimento del quale tutti sono disposti a dare il loro contributo Abilità comunicative: ascoltare, esprimere il messaggio in modo efficace, cioè personalizzato, chiaro, completo, appropriato; saper esprimere sentimenti ed emozioni…………………………………………..
Abilità di negoziazione del conflitto: individuare i fatti che sono all’origine del conflitto ed essere disponibili a discuterlo per superarlo; identificare i propri bisogni e i propri scopi e che cosa si vuole dall’altro; essere capaci di confrontarsi; cercare di comprendere la prospettiva dell’altro (= empatia); essere capaci di inventare soluzioni di mutuo vantaggio; ricercare creativamente le soluzioni possibili; trovare un accordo che sia soddisfacente per entrambi
Abilità di soluzioni dei problemi: saper stabilire quando ci si trova di fronte a un problema; definire il problema; trovare delle soluzioni, valutarle, sceglierne una e decidere come realizzarla. L’esecuzione dei vari momenti può essere svolta in molti modi e questi possono pregiudicare o determinare la soluzione.
Abilità del prendere decisioni: Modalità decisionali Tempo richiesto Qualità della decisione Utilizzo delle risorse Soddisfazione dei membri Responsabilità dei membri autoritaria breve scarsa nessuno bassa Minima Attraverso esperti buona Nessuno Bassa Scarsa Consultazione individuale dei membri Variabile a seconda dei membri Discreta Parziale Autoritaria dopo discussione Per lo più lungo Buona Buono Discreta per chi sente di aver avuto influenza Lasciata a una minoranza Breve Buona/discreta Scarso Votazione a maggioranza Sufficiente Ricerca del consenso Lungo buono alta
Leadership distribuita: ogni situazione può richiedere di volta in volta abilità di leadership diverse, per cui è più efficace il gruppo o l’insieme di persone che assicura la distribuzione e la rotazione degli incarichi di leadership tra tutti i suoi componenti. Esistono funzioni di leadership orientate al compito e funzioni orientate a favorire le relazioni fra i membri del gruppo e la loro soddisfazione.
Funzioni di leadership orientata al compito: esporre nuove idee, portare suggerimenti, fornire informazioni Cercare informazioni e opinioni Orientare il lavoro di gruppo e attribuire ruoli Riassumere Stimolare l’approfondimento dell’argomento o aprire nuove prospettive Controllare il livello di comprensione dei membri Funzioni di leadership orientata alla relazione Incoraggiare la partecipazione Facilitare la comunicazione Sollevare le tensioni Osservare il processo Risolvere problemi interpersonali Mostrare accettazione dei membri ed elargire riconoscimenti
COLLABORARE: CON CHI? COLLEGHI DIRIGENTE PERSONALE A.T.A. GENITORI
COLLABORARE CON LE FAMIGLIE Al di là delle dichiarazioni di principio e delle norme scritte, dei “luoghi” istituzionali in cui si svolgono le relazioni tra scuola e famiglia, spesso tali relazioni sono più formali che altro, viziate da un clima più di competizione che di vera collaborazione. Le ragioni sono tante e radicate nel tempo. In attesa che si arrivi a una vera “corresponsabilità” tra scuola e famiglia, che cosa possiamo fare? Magari cominciare a prendere coscienza delle paure che spesso interferiscono negativamente nella comunicazione fra docenti e genitori, generando diffidenza e distacco.
Paure degli insegnanti Paure dei genitori “Si credono migliori di me” (minaccia alla propria autostima). • “Vogliono farmi fare quello che vogliono”(minaccia alla propria indipendenza). • “Credono di essere più competenti di me nella mia disciplina” (minaccia alla propria autonomia didattica). • “Pretendono troppo da me, che sia sempre a loro disposizione” (paura di essere fagocitati dai genitori). • “Se mi metto in opposizione, i genitori se la prendono con me e mi fanno la guerra” (paura del conflitto e delle ritorsioni) • “Si credono migliori di me” (minaccia alla propria autostima). • “Danno sempre la colpa alla famiglia” (minaccia alla propria autostima, paura di sentirsi inadeguati). • “Non riesce a capire mio figlio e lo giudica in modo ingiusto” (paura che il docente non comprenda i bisogni e le potenzialità del figlio”). • “Mio figlio non mi considera più, crede solo a quello che dice l’insegnante” (paura di non essere più il principale punto di riferimento del figlio). • “Non possiamo dire niente che sia in disaccordo con quanto pensa l’insegnante, altrimenti si vendica sui nostri figli” (paura del conflitto e delle ritorsioni).
REAZIONI INADEGUATE REAZIONI INADEGUATE aggressività alzare la voce, colpevolizzando l’altro e dando giudizi sulla persona (“Suo figlio è un gran maleducato”), assumere una postura d’attacco e svalorizzare l’altra persona (“Quella non capisce niente”), attaccandola in modo diretto (“Ma lei chi si crede di essere?!?”), o mascherato (“Cosa pensa di una persona che crede di essere sempre dalla parte del giusto?”), manifestare atteggiamenti di indifferenza (“Di quella persona non mi può importare di meno!”), o di superiorità (“Non vale la pena di perdere il mio tempo con quello lì!”), chiamarsi fuori e addossando all’altro tutta la colpa (“Io ho fatto tutto il possibile, è suo figlio che non si applica”);
REAZIONI INADEGUATE passività evitare il confronto (“Non ho nulla da dire”), o lo scontro (“Devo stare zitta”), con la fuga (“Meglio che me ne vada!”) o con la negazione delle paure (“Non è vero che c’è un problema”), e delle ansie (“Io sto bene, questo problema non mi sfiora nemmeno!”), oppure addossare tutta la colpa a se stessi (“È colpa mia, sono io che non capisco niente”), o rimanere inerte all’aggressione del genitore o dell’insegnante;
REAZIONI ADEGUATE assertività cercare il colloquio, il confronto, una soluzione concordata al problema, elaborando insieme le paure, raggiungendo un punto d’accordo, costruendo insieme delle programmazioni condivise. La convinzione principale è la seguente: “Io sono capace, tu sei capace, troviamo un accordo, una collaborazione, una proposta che vada bene per entrambi”.
IdR e FAMIGLIE La specifica identità dell’ IRC facilita o ostacola una piena collaborazione con le famiglie? Le famiglie si aspettano dall’IdR le stesse cose che si aspettano dagli altri insegnanti? La considerazione che le famiglie hanno dell’IdR è come quella che hanno degli altri docenti? Si sentono più liberi perché meno condizionati dalla valutazione? Sentono di poter pretendere di più perché la materia è facoltativa? C’è differenza nel rapporto con le famiglie “credenti e praticanti” rispetto alle altre? E con quelle immigrate?
COLLABORARE? SI’, IO BUON LAVORO!