IL COLLOQUIO CON IL PREADOLESCENTE E CON L’ADOLESCENTE Prof. Claudio Billi Università di Firenze
Posizione paradossale della nostra società: Tendenza a ritenere necessaria una piena e precoce autonomia. Maturazione biologica più rapida e precoce. Tendenza a mantenere il giovane in un sistema di non accesso all’autonomia e a prolungare la dipendenza. Tendenza a considerare l’adolescenza come un processo evolutivo che “sfuma” nell’età adulta.
L’adolescenza (1) Il fenomeno “adolescenza” è stato definito a partire dal bisogno di inquadrare comportamenti e fenomeni psicologici legati ad una certa età biologica. Pubertà: insieme dei cambiamenti essenzialmente biologici e anatomici che sfociano nella capacità di riproduzione. Il cambiamento puberale non interessa solo il corpo e la sua morfologia, ma modifica anche il mondo interno, le rappresentazioni, gli affetti, le emozioni, l’immagine del corpo.
L’adolescenza (2) I processi di individuazione, coinvolgono: l’immagine del proprio corpo, l’identità, la visione del mondo, Le rappresentazioni primitive di sé, le rappresentazioni delle persone significative. Elaborazione del lutto dell’Io infantile, del corpo infantile e dei genitori così come erano stati investiti nel corso dell’infanzia.
L’adolescenza (3) Il gruppo dei pari costituisce la possibilità di un’alleanza che aiuta ad affrontare il processo di cambiamento. Bisogno di nuove relazioni e identificazioni Difesa narcisistica che preserva l’assetto identitario
L’adolescenza (4) L’adolescenza è il periodo in cui matura il pensiero autoriflessivo e autocosciente. L’adolescenza, con il suo “essere contro”, ha in sé una forza immensa con la quale impegna in un confronto la famiglia e le strutture sociali. Idealizzazione delle figure adulte di riferimento Rappresentazione più realistica delle figure adulte di riferimento ADOLESCENZA INFANZIA
L’incontro con il pre-adolescente In genere con pre-adolescenza ci si riferisce all’età compresa tra i 10-11 anni e i 13-14. Problematiche maggiormente frequenti: disturbi alimentari, difficoltà cognitive e dell’attenzione, mutata gestione dell’aggressività. La consultazione è rivolta anche ai genitori, al fine di: Accogliere ansie e offrire chiarimenti Eventuale bisogno di prolungare la riflessione sul figlio e sulle relazioni familiari. Prospettare spazi separati per genitori e preadolescente.
Spesso il preadolescente arriva al primo colloquio per motivi “di superficie” (rendimento scolastico, irritabilità, comportamenti incomprensibili). Mondo degli adulti Mondo dell’infanzia Mondo dei coetanei Senso di solitudine legato al non sentirsi appartenente a nessuno di questi mondi. Preadolescente
Il preadolescente, molto più dell’adolescente, sembra restare in posizione di attesa. All’inteso lavoro sul modo interno non sempre fa riscontro un’espressività di pari livello → “tregua” con l’ambiente esterno. Spesso l’atteggiamento del preadolescente è caratterizzato da una prematura saggezza, conformismo, riservatezza formale, “anonimato”, ironico distacco. Dietro questo atteggiamento si può celare un’inquietudine di fondo legata alla difficoltà a contenere a livello mentale i cambiamenti in atto soprattutto quando essi risultano particolarmente dolorosi.
Ancora desiderati ma considerati oggetti infantilizzanti Il clinico può avere il timore di turbare, di esercitare una pressione eccessiva, di costringere il preadolescente a pensare a cose che devono essere ancora vissute. Utilizzo di materiale che favorisca la comunicazione su un terreno meno cosciente e che permetta l’espressione dei conflitti senza un precoce svelamento. Ancora desiderati ma considerati oggetti infantilizzanti GIOCHI Mezzo troppo esplicativo di stati d’animo interni, complessi, ancora confusi, da proteggere dal mondo degli adulti PAROLA DISEGNO e SCRITTURA permettono una comunicazione silenziosa e indiretta.
L’incontro con l’adolescente I LUOGHI DELL’INCONTRO: Contesti istituzionali specifici per gli adolescenti: ad es. consultori giovani, CIC (centro di informazione e consulenza). Studi privati: in questi casi la richiesta nasce frequentemente dai genitori, spesso a partire da una segnalazione della scuola o da altri luoghi di aggregazione giovanile.
TIPOLOGIA DELLA RICHIESTA D’AIUTO: Segnalazione da parte dei genitori. Nel caso di un primo incontro con i genitori è necessario “decodificare” la domanda: la richiesta è di essere aiutati nella funzione di genitori? c’è l’intenzione di delegare al clinico la soluzione dei problemi e dei comportamenti del figlio? viene chiesto un aiuto psicologico per il figlio? Comprendere se e in che misura il ragazzo è stato coinvolto nella decisione di chiedere una consultazione psicologica. Riflettere con i genitori su come coinvolgere il figlio.
Richiesta dell’adolescente senza il coinvolgimento dei genitori. Comprendere le ragioni della scelta di chiedere aiuto del clinico senza coinvolgere i genitori. Può essere comunque opportuno coinvolgere i genitori aiutando il ragazzo a parlare con loro.
La segretezza Spiegare al ragazzo e alla famiglia che non sarà riferito loro il contenuto dei colloqui, se non nelle parti che si decideranno insieme. clima di fiducia e di apertura. si attribuisce rilevanza al bisogno di segretezza: l’esigenza di uno spazio privato precluso ai genitori è fondamentale in questa fase di vita e permette di stabilire dei confini del Sé.
I primi colloqui Si configurano come una sorta di prova generale della qualità e delle caratteristiche della relazione adolescente-adulto e delle potenzialità e dei problemi che verranno affrontati nel corso dell’eventuale presa in carico. E’ importante la costruzione del rapporto affinché il conflitto tra l’adolescente e il mondo degli adulti non venga riproposto all’interno del colloquio clinico. Porsi agli occhi dell’adolescente come un “nuovo adulto”, non coinvolto nei suoi conflitti, non investito emotivamente come i suoi genitori.
Per il clinico il lavoro con gli adolescenti implica: L’adolescente attribuisce al clinico uno status, dei giudizi, una funzione che dipendono strettamente dalle proprie relazioni con le immagini genitoriali (intenso investimento transferale). Per il clinico il lavoro con gli adolescenti implica: ripensare allo spazio e al significato che ha per lui l’adolescenza rispetto alla propria vita attuale. rinunciare a molte idealizzazioni del proprio passato. fare i conti con il passare del tempo.
La diagnosi Non fornire all’adolescente un’etichetta diagnostica in cui possa identificarsi. Fornire all’adolescente in crisi un’identità negativa rischia di impedire la complessa elaborazione di altre possibili identità (Pietropolli Charmet, 1990). La focalizzazione sul sintomo rafforza il sentimento di incomprensione, solitudine e disperazione dell’adolescente. La diagnosi può procedere attraverso la costruzione e l’approfondimento di modelli di comprensione dei comportamenti dell’adolescente e il contatto empatico con i vissuti generati da tali comportamenti.
Aree da indagare (1) Tappe evolutive e compiti di sviluppo Quale è la situazione attuale del ragazzo rispetto alle competenze cognitive e sociali e all’assetto emotivo? E nel passato? Cosa si aspetta il ragazzo? Cosa si prepara ad essere nel futuro? L’esperienza del cambiamento corporeo Come si pone il ragazzo nei confronti di questi cambiamenti? Quale ruolo informativo hanno la famiglia, la scuola e il gruppo dei pari?
Aree da indagare (2) Qualità delle relazioni tra l’adolescente e la famiglia Che tipo di rapporto ha il ragazzo con la famiglia? (ad es. evoluzione del processo di distacco, influenza degli altri significativi sul disagio, modalità del ragazzo di veicolare e gestire le emozioni all’interno della famiglia etc.) Gruppo dei pari Che tipo di rapporti ha il ragazzo con il gruppo dei pari? Che importanza ha il gruppo dei pari per la costruzione della propria identità?
Nonostante gli sforzi del clinico per favorire il colloquio può capitare che l’adolescente risponda con lunghi silenzi. Condividere i momenti di silenzio e di distanza senza sentirsi annullati e costruire un campo relazionale in cui l’adolescente possa sentirsi sicuro quando parlerà di sé.