Cause e fisiopatologia della MCI

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Cause e fisiopatologia della MCI Corso di BLS-D Teorico Pratico Cause e fisiopatologia della MCI Diego Tarricone Milano, 30 Marzo 2009 Unità Operativa di Cardiologia Ospedale San Paolo – Università degli Studi di Milano

La storia dello sport è punteggiata di morti e anche di grandi spaventi perché il cuore fa le bizze, sino a fermarsi. Attilio Ferraris IV, campione del mondo con l’Italia nel 1934, uno dei leoni di Highbury, che Pozzo non convocò per i mondiali successivi per la sua vita Spericolata, morì su un campo di calcio a soli 43 anni, in una partita tra vecchie glorie. Il 30 ottobre del 1977 si interruppe tragicamente la carriera di Renato Curi, cui è stato dedicato lo stadio di Perugia. Aveva 24 anni, era un centrocampista che basava il suo gioco proprio sulla corsa e allora fra i migliori d’Italia. Si accasciò per un arresto cardiaco al 5’ del secondo tempo, nella partita con la Juve, disputata sotto una pioggia torrenziale. Negli ultimi quattro anni altri cinque morti, in campo internazionale. Il 26 giugno 2003, durante la semifinale di Confederations Cup, fra Camerun e Colombia, l’arresto cardiaco fu fatale a Marc Vivien Foè, centrocampista camerunense di 28 anni, che si accasciò all'altezza del cerchio di centrocampo. Per un’ora cercarono di rianimarlo, invano. (Morte x rottura di aneurisma opp per cardiopatia dilatativa?). Una settimana dopo stessa sorte toccò a un brasiliano del Botafogo, il difensore Max, 21 anni, che accusò un malore in allenamento e morì dopo il ricovero in ospedale. Il 25 gennaio 2004 perse la vita per un aneurisma al cervello (?) l’ungherese Miklos Feher, a 23 anni, mentre giocava con il Benfica il recupero della partita con il Vitoria Guimaraes. L'ambulanza arrivò in ritardo perchè ostacolata da un muretto, subito demolito. Secondo wikipedia la causa della morte fu un ACC da FV in una CMIpertrofica. In quello stesso anno, il 27 ottobre, altra tragedia nel campionato brasiliano: in Sao Paulo-Sao Caetano, al 14’ st, Paulo Sergio Da Silva (Serginho, del Sao Caetano), cadde a terra privo di sensi e non si riprese più. Il 25 agosto 2007 Antonio Puerta ha perso conoscenza in campo durante la partita Siviglia-Getafe, colpito da un arresto cardiaco. I suoi compagni e i medici sono intervenuti immediatamente (il compagno Ivica Dragutinović gli ha impedito di inghiottire la lingua). Puerta è riuscito a dirigersi verso gli spogliatoi, ma lì è stato colpito da altri arresti cardiaci. Condotto all'ospedale più vicino da un'ambulanza, è stato sottoposto a rianimazione cardiopolmonare. Nonostante gli sforzi dei medici, le sue condizioni sono rimaste critiche e alla fine Puerta è morto alle ore 14:30 del 28 agosto nell'ospedale di Siviglia, all'età di 22 anni, senza vedere venire alla luce il suo primo figlio che nascerà solo 40 giorni dopo. La malattia scatenante i suoi problemi cardiaci, la displasia ventricolare destra aritmogena, causa frequentemente morte improvvisa tra i giovani e visti i precedenti malori che avevano colpito in precedenza Puerta sarebbe potuta essere dignosticata con esami medici più approfonditi. Al contrario di Lionello Manfredonia, l’ex azzurro, adesso 51enne, colpito da infarto nel dicembre del 1989 a Bologna, durante una gara di serie A con la Roma. Decisivo il massaggio cardiaco che riuscì a tenerlo in vita mentre l'ambulanza lo trasportava all’ospedale Maggiore. A 33 anni, decise di lasciare il calcio, senza più ritornare in campo. Massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca anche per Giancarlo Antognoni, capitano della Fiorentina, che a Genova riportò un forte trauma alla testa sull’uscita del portiere Silvano Martina. Qualche settimana di stop e poi riprese, diventando campione del mondo soli nove mesi più tardi. Importante è anche l’azione preventiva. Dopo il Mondiale del 2002, l’Inter prese il centrocampista rivelazione del Senegal Khalilou Fadiga. Le visite mediche evidenziavano che sotto sforzo il giocatore africano rischiava la vita e dunque non venne tesserato. Lui garantiva di stare benissimo, si fece operare per correggere quell’irregolarità del battito cardiaco e dopo un anno e mezzo d’inattività venne tesserato dal Bolton Wanderers, club inglese. Accusò un malore in campo nel riscaldamento del match di Coppa di Lega con il Tottenham. Si accasciò al suolo perdendo i sensi, il suo procuratore escluse che c’entrasse il cuore ma il sospetto è forte. Adesso ha 34 anni e continua a giocare in Inghilterra. Dove c’è anche Kanu, nel Portsmouth, il nigeriano che ora ha 32 anni e nel ’96 venne fermato dall’Inter e operato. Due anni più tardi riprese a giocare, nell’Arsenal. Nel basket due morti per aneurisma: Luciano Vendemini venne fulminato il 20 febbraio 1977, mentre stava per giocare con la Chinamartini Torino; il 24 agosto del ’97 si spense il mestrino Davide Ancillotto, della Virtus Roma, colpito colpito da malore in amichevole una settimana prima.

L’evento finale responsabile della MCI è nel 90% dei casi un’aritmia MCI - Patogenesi L’evento finale responsabile della MCI è nel 90% dei casi un’aritmia

MCI-Aritmie Responsabili Bradiaritmia 15-20% Dissociazione Elettromeccanica 5% Tachiaritmia Ventricolare (TV/FV) 75-80%

Fattori di Rischio della MCI Precedente Arresto cardiaco Improvviso Precedente episodio di Tachicardia Ventricolare Precedente Infarto Miocardico Malattia coronarica Scompenso cardiaco Cardiomiopatia Ipertrofica o Dilatativa Sindrome del QT lungo, di Brugada, DAVD Una combinazione di questi fattori di rischio aumenta ulteriormente il rischio di MCI Studies have identified several factors that increase a patient’s risk for SCA. Individual risk factors are more predictive of SCA if they are combined with other risk factors. NOTE: Slides are provided on each risk factor if additional information is desired.

Aritmie Fatali: Eziologia 80% Malattie Coronariche 5% Altre* 15% Cardiomiopatie Heikki et al. N Engl J Med, Vol. 345, No. 20, 2001. * ion-channel abnormalities, valvular or congenital heart disease, other causes

I fattori di rischio: modificabili e non La Prevenzione delle malattie Cardiovascolari I fattori di rischio: modificabili e non

FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI Fumo di sigaretta Ipertensione arteriosa Età Abuso di alcool Diabete Mellito Sesso Dieta ricca di grassi saturi, ipercalorica Ipercolesterolemia Basso colesterolo HDL Fattori genetici e predisposizione familiare Gli individui maschi sono maggiormente esposti al rischio di coronaropatia aterosclerotica rispetto alle donne, perquanto le differenze legate al sesso siano meno marcate dopo la menopausa, a causa della perdita degli effetti protettivi degli estrogeni. Gli uomini si ammalano di coronaropatia aterosclerotica più precocemente, mentre nel sesso femminile la malattia si sviluppa con un ritardo di 10-15 anni. Tra le donne è ancora diffusa la convinzione che il pericolo maggiore per la salute sia rappresentato dai tumori, ma ciò non è vero : la mortalità per coronaropatia aterosclerotica è quasi il doppio di quella legata ai tumori, compreso il tumore della mammella. Inattività Fisica Obesità Storia personale di malattie cardiovascolari

Fumo di sigaretta Aumenta i valori di pressione arteriosa Determina un danno a livello dell’integrità dell’endotelio vasale facilitando il processo di aterosclerosi L’aterosclerosi è definita come un processo degenerativo a carico della parete interna dei vasi arteriosi (endotelio) caratterizzata dalla formazione di placche aterosclerotiche costituite dall’accumulo di materiale lipidico (colesterolo), tessuto fibroso, cellule muscolari lisce della parete del vaso e cellule infiammatorie. La placca aterosclerotica cosi costituita determina un restringimento del calibro vasale con diminuzione del flusso sanguigno al tessuto irrorato. Aumenta i livelli plasmatici di colesterolo COL TOT

Fumo di sigaretta L’effetto del fumo è sinergico con gli altri fattori di rischio, in particolare ipercolesterolemia, ipertensione e diabete mellito Il danno è tanto più grave quanto più alto è il numero delle sigarette fumate e quanto più giovane è l’età di inizio dell’abitudine tabagica L’aterosclerosi è definita come un processo degenerativo a carico della parete interna dei vasi arteriosi (endotelio) caratterizzata dalla formazione di placche aterosclerotiche costituite dall’accumulo di materiale lipidico (colesterolo), tessuto fibroso, cellule muscolari lisce della parete del vaso e cellule infiammatorie. La placca aterosclerotica cosi costituita determina un restringimento del calibro vasale con diminuzione del flusso sanguigno al tessuto irrorato.

Riduzione dell’incidenza di cardiopatia ischemica Smettere di fumare Riduzione dell’incidenza di cardiopatia ischemica In un soggetto di 35 anni che smette di fumare: l’aspettativa di vita aumenta di 3-5 anni il rischio si riduce dopo un anno di astensione dal fumo dopo 20 anni diventa simile a quello di un soggetto che non ha mai fumato L’aterosclerosi è definita come un processo degenerativo a carico della parete interna dei vasi arteriosi (endotelio) caratterizzata dalla formazione di placche aterosclerotiche costituite dall’accumulo di materiale lipidico (colesterolo), tessuto fibroso, cellule muscolari lisce della parete del vaso e cellule infiammatorie. La placca aterosclerotica cosi costituita determina un restringimento del calibro vasale con diminuzione del flusso sanguigno al tessuto irrorato.

Inattività fisica e obesità L’eccesso di peso e l’inattività fisica sono in aumento in età pediatrica. L’obesità presente al momento della pubertà, aumenta il rischio per malattie cardiovascolari anche qualora in età adulta si modifichi lo stile di vita e si raggiunga un peso normale.

Attività fisica L’esercizio fisico aerobico (corsa, ciclismo, nuoto) moderato ma costante nel tempo, riduce il rischio cardiovascolare in quanto: aiuta a mantenere un peso ideale riduce i valori di pressione arteriosa e di colesterolo LDL aumenta i valori di colesterolo HDL e migliora l’utilizzazione dei carboidrati potenzia la capacità dei muscoli di utilizzare l’ossigeno riduce la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa durante sforzo riducendo quindi il consumo di ossigeno del cuore

Angina pectoris L’angina pectoris, il cui termine deriva dal latino e letteralmente significa “dolore di petto”, è il nome dato ad un dolore toracico che compare quando una parte di tessuto muscolare cardiaco soffre a causa di una temporanea carenza di ossigeno (ischemia transitoria). Anche il cuore infatti, come ogni altro organo, deve essere continuamente irrorato da sangue arterioso, ossia ricco di sostanze nutritive prima fra tutte l’ossigeno (O2) e povero di cataboliti cioè di sostanze di rifiuto quali l’anidride carbonica (CO2). In particolare questo compito è svolto dalle arterie coronarie

Le coronarie Se le arterie coronarie sono sane, il cuore può aumentare rapidamente il proprio rifornimento di ossigeno, quando ne aumenta la richiesta (ad esempio durante attività fisica). La parete di un’arteria coronaria normale è liscia, senza ostruzioni, per poter trasportare al cuore la quantità di sangue ricco di ossigeno sufficiente a mantenerlo in buona salute.

Se le nostre arterie si ammalano? La parete di un’arteria può essere danneggiata dalla pressione sanguigna elevata, dal fumo, dall’elevato tasso di colesterolo e di zuccheri nel sangue o da altri fattori, così che si accumula su di essa un deposito di grasso (placca aterosclerotica). Quando la placca si forma, il flusso sanguigno al cuore si riduce. In presenza di una piccola ostruzione (stenosi), tuttavia, la quantità di sangue che arriva al cuore ne consente ancora un normale funzionamento per cui il soggetto può non percepire alcun sintomo.

Un’arteria stenotica Man mano che la placca si ispessisce (sporgendo maggiormente all’interno del lume vascolare), la coronaria si restringe. Il flusso sanguigno al cuore diviene così parzialmente ostacolato e il soggetto può percepire i sintomi dell’angina.

Le caratteristiche dell’angina Caratteristiche del dolore toracico: Senso di oppressione localizzato prevalentemente alla zona mediana del petto Bruciore precordiale Senso di strangolamento Dolore profondo, gravoso, attanagliante Aumento graduale dell’intensità seguito da una risoluzione altrettanto graduale spesso agevolata dal riposo o dalla assunzione di farmaci (nitroglicerina).

STORIA NATURALE DELLA MALATTIA ATEROSCLEROTICA DELLE CORONARIE: DALLA FORMAZIONE DELLA PLACCA SINO ALLA SOVRAPPOSIZIONE DI UN TROMBO OCCLUSIVO CHE DETERMINA L’INFARTO MIOCARDICO ACUTO

Patogenesi della TROMBOSI dell’ateroma maggiore causa di sindromi coronariche acute 1. erosione/rottura della placca aterosclerotica 2. esposizione di sostanze trombogeniche (es. collagene, Fattore Tissutale) che attivano: -PIASTRINE -CASCATA DELLA COAGULAZIONE

Infarto Acuto del Miocardio La conseguenza di uno sbilanciamento critico tra le necessità del muscolo cardiaco e l’apporto di ossigeno che vi giunge attraverso il flusso sanguigno delle arterie coronariche é l’infarto miocardico acuto. L’infarto miocardico é quindi la conseguenza di una occlusione di un’arteria coronarica. La conseguenza di questa occlusione é lo sviluppo di alterazioni irreversibili (necrosi) del tessuto miocardico, che col tempo diventa elettricamente e meccanicamente inerte e viene sostituito da tessuto di cicatrizzazione fibroso.

Complicanze aritmiche dell’ Infarto Acuto praticamente tutte le aritmie ipercinetiche praticamente tutte le aritmie ipocinetiche FREQUENTI CAUSE DI MORTALITA’ NELLE PRIME FASI Fibrillazione Ventricolare Blocco AV completo

Infarto Acuto del Miocardio Tra i 40–60 anni l’infarto miocardico colpisce in misura maggiore il sesso maschile, mentre oltre i 60 anni non vi sono più differenze di sesso. La malattia compare più frequentemente sopra i 45 anni, tuttavia alcuni gruppi particolari di popolazione (consumatori di cocaina, pazienti con diabete mellito o ipercolesterolemici, pazienti con predisposizione genetica) possono esserne colpiti anche in età giovanile.

Infarto Acuto del Miocardio La riapertura dell’arteria chiusa deve essere effettuata in tempo in modo da limitare i danni provocati dalla mancanza di apporto di ossigeno al muscolo cardiaco. Il muscolo cardiaco e’ in grado di sopravvivere in mancanza di apporto di ossigeno circa 4 ore (4-6 ore). Superato questo intervallo se non si ristabilisce l’apporto di ossigeno i danni al muscolo cardiaco diventano irreversibili.

Ricanalizzazione coronarica Arteria occlusa Terapia trombolitica Angioplastica Stent Ristabilire la pervietà coronarica Salvare miocardio Migliorare la sopravvivenza Scopi La ricanalizzazione coronarica può essere conseguita farmacologicamente o meccanicamente mediante PTCA o bypass aortocoronarico.

Aritmie Fatali: Eziologia 80% Malattie Coronariche 5% Altre* 15% Cardiomiopatie Heikki et al. N Engl J Med, Vol. 345, No. 20, 2001. * ion-channel abnormalities, valvular or congenital heart disease, other causes

Cardiomiopatia dilatativa

Registro italiano pacemaker e defibrillatori 2007 Numero impianti ICD in Italia: 13.152 (220 impianti / milione di abitanti) +17,5% rispetto al 2006 GIAC, vol 11, settembre 2008, n.3

Il sogno di cardiologi è quello di predire il futuro e poter sconfiggere la MCI. Ci riusciremo? Probabilmente no, non del tutto, non solo col defibrillatore impiantabile. Ma è importante anche che vengano selezionati meglio i pazienti per non sprecare risorse e – soprattutto – per migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti.

un paziente vivo e senza danni cerebrali Formare e addestrare un numero elevato di persone, capaci di svolgere le prime manovre della catena della sopravvivenza dall’allarme alla rianimazione cardiopolmonare aumenta le probabilità di consegnare al 118 un paziente vivo e senza danni cerebrali