La pelle di zigrino: Storia del testo

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Transcript della presentazione:

La pelle di zigrino: Storia del testo Dicembre 1830: Balzac pubblica un racconto intitolato Le Dernier Napoléon su “La Caricature”, firmandolo con lo pseudonimo Henri B.; Gennaio 1831: Balzac firma un contratto per un romanzo con gli editori Charles Gosselin e Urbain Canel; si accordano per una consegna a metà febbraio, ma la consegna sarà in luglio; Maggio 1831: Balzac pubblica a scopo promozionale due frammenti legati al progetto di questo romanzo: Une Débauche, in «La Revue des deux mondes», e Le Suicide d’un poète, in «La Revue de Paris»; Agosto 1831: Il libro viene pubblicato con il titolo La Peau de chagrin: Conte philosophique, e riscuote un ampio successo. Poco dopo viene ripubblicato in una raccolta che comprende dodici romanzi e racconti di carattere fantastico, intitolata Romans et contes philosophiques. Una terza edizione appare nel marzo 1833.

La pelle di zigrino: Ambientazione e struttura La storia è ambientata a Parigi tra l’ottobre del 1830 e la primavera del 1831; È divisa in tre parti, intitolate Il talismano, La donna senza cuore, L’agonia: Il talismano: La storia inizia a fine ottobre 1830 ed è narrata in terza persona (narrazione eterodiegetica); La donna senza cuore: ha un taglio retrospettivo (analessi o flashback): il protagonista racconta la sua storia precedente, in prima persona (narrazione autodiegetica) L’agonia: Riprende la vicenda dopo un’ellissi (“Uno dei primi giorni di dicembre”), ed è di nuovo in terza persona. Segue un breve Epilogo, in forma di dialogo tra narratore e lettore.

Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica (1970) Strano: Avvenimenti insoliti, in un contesto normale e razionale Meraviglioso: Avvenimenti impossibili, soprannaturali Fantastico: Incertezza, esitazione tra una spiegazione razionale e una spiegazione soprannaturale

Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica (1970) “Così penetriamo nel cuore del fantastico. In un mondo che è sicuramente il nostro, quello che conosciamo, senza diavoli, né silfidi, né vampiri, si verifica un avvenimento che, appunto, non si può spiegare con le leggi del mondo che ci è familiare. Colui che percepisce l’avvenimento deve optare per una delle due soluzioni possibili: o si tratta di un’illusione dei sensi, di un prodotto dell’immaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quelle che sono, oppure l’avvenimento è realmente accaduto, è parte integrante della realtà, ma allora questa realtà è governata da regole a noi ignote. […]”

Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica (1970) “Il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza; non appena si è scelta l’una o l’altra risposta, si abbandona la sfera del fantastico per entrare in quella di un genere simile, lo strano o il meraviglioso. Il fantastico è l’esitazione provata da un essere il quale conosce soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale”.

Il suspense Roland Barthes, Maschile, femminile, neutro (1970): Mette l’accento sulla struttura fondamentalmente “interrogativa” della narrazione, che si basa su una domanda (o su una serie di domande) a cui la storia – con il suo sviluppo – deve fornire una risposta; E su questa base, propone una distinzione tra quattro tipologie di domande:

Il suspense Roland Barthes, Maschile, femminile, neutro (1970): “Il “suspense” [...] si lega in modo evidente alla domanda: una domanda vitale la cui risposta, incerta, tarda in maniera particolare. Ogni racconto, a quanto pare, comporta fondamentalmente una domanda. Si possono ricondurre i racconti classici della letteratura occidentale, per quanto semplificate siano le sue strutture, a quattro domande principali, a quattro tipi di “suspense”: due suspense d’essere e due suspense di fare. Secondo il primo tipo di suspense, il racconto assolve la funzione di ritardare e di rispondere alla domanda Chi? (Chi ha fatto questo? Chi è in realtà questo personaggio? ecc.) [...]”

Il suspense “Il secondo tipo di suspense è più raro: il problema non è quello di identificare il nome proprio dello sconosciuto, ma – se così possiamo dire – il suo nome di specie, il suo nome comune: Chi diviene Che cosa? Che cos’è? [...] Il terzo tipo è il più banale e fornisce il modello di tutti i racconti “drammatici”: la domanda riguarda l’esito dell’azione intrapresa: andrà a finire bene o male? Chi vincerà? [...] Per finire ci sono dei racconti la cui conclusione è conosciuta dal lettore fin dall’inizio e la cui struttura è non di meno sospensiva: la domanda verte allora sul modo in cui l’esito sarà raggiunto. A quest’ultimo suspense appartengono tanto la tragedia, fondata sulla molla dell’ineluttabilità, quanto quel tipo di racconto di cui si sa in anticipo il risultato, per poi risalire alle origini, secondo il procedimento del flash-back” (21-22).

Il suspense Roland Barthes, S/Z (1970): “La dinamica del testo [...] è paradossale: è una dinamica statica: il problema è quello di mantenere l’enigma nel vuoto iniziale della sua risposta; laddove le frasi fingono lo “svolgimento” della storia e non possono impedirsi di portare, spostare questa storia, il codice ermeneutico esercita un’azione contraria: deve disporre nel flusso del discorso dei ritardi (zig-zag, fermate, deviazioni); la sua struttura è essenzialmente reattiva gaicché oppone all’avanzata ineluttabile del linguaggio un gioco scaglionato di fermate: costituisce, tra la domanda e la risposta, tutto uno spazio dilatorio, il cui emblema potrebbe essere la “reticenza”, quella figura retorica che interrompe la frase, la sospende e la devia [...]”.

Il suspense “Donde, nel codice ermeneutico, comparativamente ai suoi termini estremi (la domanda e la risposta) l’abbondanza dei morfemi dilatori: l’inganno, o esca (sorta di deviazione deliberata della verità), l’equivoco (misto di verità e d’inganno che, molto spesso, delimitando l’enigma, contribuisce a infittirlo), la risposta parziale (che non fa altro che acuire l’attesa della verità), la risposta sospesa (arresto afasico dello svelamento), e il blocco (constatazione di insolubilità)” (72). Barthes, S/Z: «[Raphaël] è costretto dal discorso [a entrare nel negozio dell’antiquario]: la libertà del personaggio è dominata dall’istinto di conservazione del racconto» (124).

Ernst Robert Curtius, Balzac (1951) «Eccoci di fronte a un dilemma insolubile. Se l’energia è il bene più prezioso, e se ogni vita è un consumo di energia, bisognerebbe, a fil di logica, ridurre al minimo il dispendio di energia e rallentare il più possibile il processo di combustione vitale. Ma in questo modo si paralizzerebbe ogni benefico spiegamento di energia, riportando l’umanità a una vita vegetativa. Salvo che non si aspiri a un massimo di rendimento, ma allora si accelera il consumo di energia, precipitando la vita nella morte. Questo ferreo dilemma ha impegnato tutta la vita di Balzac» (69).