LA MEDICINA DIFENSIVA In Italia, si calcola che su di ricoveri annui, almeno il 4% ( ) si conclude con una qualche tipologia di danno per il paziente. Attualmente sono circa le cause civili pendenti per risarcimenti conseguenti a danni legati a prestazioni di tipo sanitario. La richiesta di risarcimento complessiva si aggira intorno ai 2.5 miliardi di euro. Pertanto il fenomeno della malpractice e del connesso contenzioso medico-legale assume oggi un grande rilievo in relazione alla risposta di una pratica professionale difensiva che pone confini impropri, inefficaci ed inefficienti allautonomia del medico ed al suo atteggiamento nelle decisioni cliniche. D.M. Studdert, M.M. Mello, W.M. Sage, C.M. Des Roches, J. Peugh, K. Zapert, T.A. Brennan, Defensive medicine among high-risk specialist physicians in a volatile malpractice environment, JAMA Jun. 1;293(21): La definizione di medicina difensiva ancora oggi più convincente ed attuale è quella formulata dallOTA (Office of Technology Assessment) nel 1998, in cui si esamina il fenomeno in relazione allatteggiamento di medici che «ordinano esami, percorsi diagnostico-terapeutici o visite ed evitano pazienti o procedure ad alto rischio per ridurre la loro esposizione al rischio di essere accusati di malpractice. Quando i medici prescrivono esami o procedure supplementari per ridurre tale rischio, si parla di medicina difensiva positiva. Quando invece evitano la cura di determinati pazienti o la prescrizione di alcune procedure, stanno praticando la medicina difensiva negativa ». R. Grevis, L.Marazzi, in Il Risk Management nelle Aziende Sanitarie, Ed. Franco Angeli, 2003, p. 99. Sul piano della metodologia clinica, pertanto, la pratica difensiva è in grado di amplificare in modo patologico una caratteristica fisiologica delle decisioni cliniche, e cioè la variabilità che può dipendere dalla tipologia della malattia stessa che ci si trova a curare, dalla differente sensibilità o specificità di indagini strumentali e test che si utilizzano, dalle differenti aspettative prognostiche in relazione alla tipologia di iter terapeutico che si decide di intraprendere. Non a caso le situazioni a maggior rischio di medicina difensiva, e quindi di prescrizioni inappropriate ed inefficaci, sono quelle che riguardano casi in cui la malattia o la condizione da diagnosticare o prevenire sia determinante quoad vitam o quoad valetudinem; quando i tempi di diagnosi modificano lintervento terapeutico; quando sussiste levidenza che un cambio di orientamento terapeutico comporti concretamente un reale miglioramento delle condizioni. La medicina difensiva non risolve il vero problema che si trova alla base di questa problematica, ovvero laccostamento al paziente mediante un approccio diagnostico-terapeutico sensato e qualitativamente progettato non nellottica di evitare di incorrere in denunce ma finalizzato alla tutela della salute del paziente in termini di efficacia di indagini strumentali diagnostiche e di interventi terapeutici risolutivi. Il problema della responsabilità professionale sanitaria, invece, continua a condizionare fortemente lesercizio della professione, al punto che agli innumerevoli tentativi di tutelarsi dalle denunce ponendo unesasperata attenzione alla parte formale della medicina, si contrappone ancora oggi la moltitudine di casi di responsabilità nati per semplice mancanza di comunicazione fra medico e paziente. Anche nella nostra esperienza di Gestione del Rischio Clinico presso la Zona 3 di Fano si è dimostrato come la maggior parte dei casi « denunciati » da parte dei pazienti siano da attribuire al mancato o non corretto approccio medico-paziente che si sostanzia in particolare nella evidenza di contrapposizione fra il corretto approccio diagnostico terapeutico-assistenziale ed il paradosso di un non adeguata comunicazione. La nostra esperienza, in condivisione con il panorama nazionale ed internazionale, ci ha condotti alla consapevolezza che, per poter affrontare il vasto problema della medicina difensiva in rapporto a quello dellancora più ampia tematica che riguarda anche la comunicazione, è necessaria una «modifica culturale » che comporti la creazione di unambiente socio-culturale favorevole al confronto positivo dellerrore medico, nonchè un continuo interscambio di pareri con i professionisti, gli stessi cittadini ed i mass media.