La predisposizione dei modelli di organizzazione ex D.Lgs. 231/01

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La predisposizione dei modelli di organizzazione ex D.Lgs. 231/01 Avv. Valeria PECE Nικε Istituto di ricerca S.r.l. Bologna, 13 febbraio 2003

I modelli di organizzazione, gestione e controllo di cui al D. Lgs Ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. b) del D.Lgs. 231/01, i modelli organizzativi consistono in “protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’Ente” finalizzati a prevenire la realizzazione degli illeciti specificatamente indicati dalla legge.

Gli obiettivi dei modelli organizzativi Ridurre i rischi di commissione dei reati Contenere il rischio-reato nell’ambito della soglia del “RISCHIO ACCETTABILE” Prevedere misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività d’impresa nel rispetto della legge Linee Guida di Confindustria: “la soglia concettuale di accettabilità è rappresentata da un: sistema di prevenzione tale da non poter essere aggirato se non intenzionalmente”

I modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/01 “su misura” dell’Ente Il D.Lgs. 231/01 offre criteri generali per l’attuazione del sistema di organizzazione, gestione e controllo validi per qualsiasi realtà aziendale che necessitano di adattamenti in relazione a: dimensioni dell’Ente struttura organizzativa natura dell’attività esercitata entità ed aree di rischio-reato.

Le modalità di adeguamento al D.Lgs. 231/01 La realizzazione di un sistema di controllo interno ex D.Lgs. 231/01 consta di sei fasi operative: 1. Individuazione delle aree di rischio 2. Realizzazione dei protocolli organizzativi 3. Istituzione Organismo di Vigilanza 4. Predisposizione di un codice etico 5. Previsione di un sistema disciplinare 6. Diffusione del modello organizzativo

1. Individuazione delle aree di rischio Una puntuale individuazione delle aree di rischio presenti nella realtà aziendale di riferimento presuppone tre momenti fondamentali: 1. l’analisi interna dell’Ente; 2. la valutazione del rischio-reato; 3. l’analisi del sistema di controllo preventivo (ove esistente).

1.1 Analisi interna dell’Ente L’ analisi interna dell’Ente ha ad oggetto: l’organizzazione interna, attraverso: l’esame delle procure e deleghe esistenti, l’esame dell’organigramma funzionale e altre disposizioni organizzative (ordini di servizio, mansionari, ect.); l’attività svolta nelle singole aree o settori, attraverso: lo svolgimento di interviste ai singoli responsabili di area per verificare altresì l’eventuale sussistenza di aree di rischio connesse allo svolgimento di funzioni esercitate “di fatto” e non ufficializzate in disposizioni organizzative. OUTPUT n.1): Mappatura delle aree aziendali a rischio reato

1.2 Valutazione del rischio-reato La valutazione del “rischio potenziale” nelle aree sensibili presuppone: la rappresentazione delle modalità attuative dei reati ex D.Lgs. 231/01 nel contesto operativo interno ed esterno in cui opera l’Ente; la valutazione di vicende pregresse della vita dell’Ente inerenti la commissione di reati. La quantificazione del rischio-reato è strettamente correlata alla probabilità di realizzazione del reato stesso nell’Ente: più alto sarà il rischio-reato, più efficace dovrà essere il sistema di controllo. OUTPUT n.2): Mappatura dei reati e modalità di realizzazione - Valutazione dei rischi

1.3 Analisi del sistema di controllo preventivo Tale fase si concretizza nella: analisi delle c.d. procedure interne; verifica della idoneità del sistema di controllo preventivo al raggiungimento dei fini propri del D.Lgs. 231/01. Adeguamento del S.C.I. al D.Lgs.231/01 Superamento soglia del c.d. “rischio accettabile” Previsione ex novo di un S.C.I. Inesistenza del S.C.I. all’Ente OUTPUT n.3): Indicazioni su adeguamenti necessari al sistema di controllo preventivo esistente o per creazione procedure interne

2. Realizzazione dei protocolli organizzativi ex D.Lgs. 231/01 Attuazione del progetto di un sistema di controllo interno idoneo al contenimento del rischio-reato di cui al D.Lgs. 23/01 Implementazione delle procedure di controllo (manuali ed informatiche) già esistenti Creazione di nuove procedure di controllo (manuali ed informatiche), ove l’ente ne fosse sprovvisto in tutto o in parte

2. Realizzazione dei protocolli ex D.Lgs. 231/01- Segue Caratteristiche dei protocolli: Sufficiente formalizzazione e chiarezza delle mansioni, regole e procedure (di decisione, controllo, informazione, comunicazione interna, etc.) Forma scritta, indispensabile per imputare la paternità delle regole di comportamento organizzativo dell’Ente Separazione dei compiti tra coloro che svolgono attività a rischio (es. area gestione finanziaria – separazione della funzione acquisti e pagamenti) Poteri autorizzativi e di firma assegnati in coerenza con responsabilità organizzative e gestionali con previsione di limiti di spesa Controllo documentato delle attività sensibili e tempestiva segnalazione di situazioni di criticità

2. Realizzazione dei protocolli ex D.Lgs. 231/01- Segue Un “ideale” sistema di controllo interno ex D.Lgs. 231/01 prenderà in considerazione: Gestione risorse finanziarie (inerente i flussi finanziari in entrata ed uscita) Gestione amministrativa (inerente comunicazioni, informazioni e contabilità) Rapporti con la P.A. (inerente gare, appalti e finanziamenti/contributi agevolati) Rapporti con fornitori e consulenti (inerente acquisti, incarichi professionali e consulenze) Rapporti con i terzi: (inerente omaggi, donazioni, assunzione del personale, rimborsi spese a dipendenti e terzi)

3. Istituzione dell’Organismo di Vigilanza L’istituzione di un Organismo di Vigilanza è condizione necessaria per l’esonero dell’Ente da responsabilità conseguenti la commissione dei reati da parte di soggetti in posizione apicale e/o dipendenti dello stesso. Rinvio alla relazione “L’istituzione di un organo di controllo interno conforme al D.Lgs.231/01” della Dott. Federica ASSUMMA.

4. Predisposizione del codice etico Codice etico: documento “ufficiale” che prevede l’insieme dei principi fondamentali di comportamento dell’ “Ente” e dei propri dirigenti e dipendenti nell’esercizio di tutte le attività. Funzione: promuovere o vietare determinati comportamenti al fine di impedire la realizzazione dei reati ex D.Lgs. 231/01.

5. Previsione di un sistema disciplinare L’art. 6 co. 2 lett. e) del D.lgs. 231/01 pone in capo all’Organo dirigente l’obbligo di introdurre un sistema disciplinare, onde garantire ad una prevenzione avente forza esimente in caso di realizzazione dei reati di cui alla nuova disciplina. La sanzione disciplinare risulta totalmente autonoma dall’eventuale valutazione del Giudice penale sulla responsabilità amministrativa dell’Ente. Tale autonomia, unitamente all’immediatezza e tempestività delle sanzioni disciplinari, comporta che la loro applicazione può essere disposta senza dover attendere la definizione del procedimento penale e potrà, comunque, essere comminata anche nei casi in cui alla violazione del codice etico o dei protocolli, rilevante ai fini disciplinari, non corrisponde una responsabilità amministrativa dell’ente.

6. Diffusione del modello organizzativo La diffusione del modello di organizzazione all’interno dell’Ente può essere effettuata tramite: la previsione e sviluppo di un piano di comunicazione generale al personale, diretto alla diffusione del modello; la predisposizione di corsi di formazione per i dirigenti ed il personale dipendente, finalizzati alla comprensione dei contenuti del modello e delle modalità di applicazione dello stesso nelle singole aree/settori dell’Ente. Tale attività di formazione e comunicazione dovrà sostenere qualsiasi eventuale aggiornamento del modello originariamente adottato.

Adozione dei modelli organizzativi Ai sensi dell’art. 6, co.1, il modello organizzativo deve essere adottato dall’organo dirigente. L’adozione consta di un procedimento deliberativo di approvazione da parte dell’organo amministrativo dell’Ente ed il successivo affidamento del modello organizzativo alla gestione dell’Organismo di Vigilanza appositamente creato.

Dinamicità dei modelli organizzativi Il modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/01 è uno strumento dinamico. L’individuazione delle aree di rischio, la predisposizione dei protocolli, i contenuti del codice etico e del sistema disciplinare dovranno essere oggetto di aggiornamenti strettamente correlati: all’evoluzione della vita dell’Ente ai mutamenti della organizzazione interna alle novità legislative. Il processo di auto-aggiornamento ed auto-adattamento del modello è affidato all’organo di controllo ai sensi dell’art. 6, co.1, lett. b).