L’800 e il ‘900 Il periodo napoleonico terminò e tornarono a regnare in Piemonte i Savoia, tuttavia il declino dell’industria serica fu sempre più diffuso,

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L’800 e il ‘900 Il periodo napoleonico terminò e tornarono a regnare in Piemonte i Savoia, tuttavia il declino dell’industria serica fu sempre più diffuso, mentre prendeva piede la produzione lombarda, che completava il ciclo con la fase di tessitura ad alto livello. L’allevamento del baco sul territorio era tuttavia ancora importante, tanto da far pensare alla distribuzione di fogli volanti che, utilizzando i proverbi in dialetto, diffondessero e garantissero l’utilizzo di corrette tecniche di allevamento. Verso la metà dell’800 vi furono ammodernamenti nelle fasi di lavorazione e la zona trainante divenne il cuneese (Racconigi contava 30 filatoi nella prima metà dell’800). Una forte crisi si verificò a causa di un’epidemia di pebrina, grave malattia che colpiva i bachi provocandone la morte. La produzione di bozzoli quasi si interruppe, fino a quando non si trovò una razza di bachi resistente al contagio, ma ormai il declino produttivo era irreversibile e allevare bachi sempre meno redditizio.

Numerose filande riuscirono a sopportare la crisi, molte altre dovettero poco alla volta terminare la produzione. Dall’Oriente giungevano inoltre sete di ottima qualità e, a metà del ‘900, a completare la crisi dell’industria serica piemontese arrivò l’invenzione della seta artificiale, estremamente competitiva nel prezzo. La gelsibachicoltura a propria volta resistette in Piemonte sino intorno agli anni ’40, per essere poi abbandonata perché non più redditizia.

La manodopera Ancora all’inizio dell’industrializzazione, particolarmente nell’industria tessile che richiedeva poca forza fisica, venivano assunti preferibilmente donne e bambini perché erano meno costosi degli uomini e, in più, avevano dita piccole e agili ed una vista acuta. Soprattutto i bambini percepivano salari più bassi e si mostravano sottomessi ed ubbidienti. Il loro sfruttamento continuò per molto tempo e all’inizio dell’industrializzazione venivano tenuti a lavorare per ore al giorno già all’età di 5-6 anni. Fu solo verso la fine del 1800 che lo Stato italiano tentò di intervenire, con i progetti Cairoli e Minghetti-Luzzati del 1880: il secondo in particolare fissava a 10 anni l’età minima per lavorare in opificio, con orari differenziati a seconda dell’età. Nell’industria serica il salario era comunque correlato all’età; il lavoro delle operaie era stagionale ed il salario delle donne era la metà di quello degli uomini, per questo era ancor più conveniente utilizzare bambine.

Occorre osservare che l’industria serica era arretrata tecnologicamente rispetto ad altri settori, per cui il lavoro veniva condotto in minima parte dalle macchine e moltissimo dalla manodopera: era un campo in cui si verificavano le maggiori evasioni alle leggi di tutela del lavoro minorile e femminile. Anche l’ambiente di lavoro non era molto salutare: vi era notevole differenza di temperatura fra l’interno e l’esterno, il vapore maleodorante che usciva dalle bacinelle riempiva l’aria, non erano infrequenti tubercolosi, bronchiti, polmoniti e addirittura morti fra le dipendenti. Particolarmente duro era il lavoro delle “sbatöse”, che tenevano per tutto il giorno le mani nell’acqua bollente accumulando vesciche e lacerazioni che non avevano il tempo di guarire e lasciavano cicatrici.